
Quando ero ragazzina, un anno siamo andati al mare a Pesaro.Le famiglie come la nostra, agiate ma che non potevano permettersi un soggiorno in albergo di un intero mese, a Pasqua o al massimo il Primo Maggio, facevano una … Continua a leggere
Quando ero ragazzina, un anno siamo andati al mare a Pesaro.Le famiglie come la nostra, agiate ma che non potevano permettersi un soggiorno in albergo di un intero mese, a Pasqua o al massimo il Primo Maggio, facevano una … Continua a leggere
Quando si invita a cena un certo numero di persone, nonostante l’esperienza accumulata nel tempo, la scelta di piatti che possono essere felicemente preparati in anticipo e la capacità di intrattenere gli ospiti a mano a mano che arrivano, ci sono dei tempi morti che occorre riempire, così come gli stomaci di chi sta aspettando che ci siano tutti per potersi mettere a tavola.
È bene quindi offrire con l’aperitivo qualche stuzzichino per far pazientare gli ospiti arrivati per primi.
Se la cena prevede piatti non troppo sofisticati, come una vellutata o un passato di verdure e un unico arrosto, magari farcito, ci stanno bene questi crostini semplici, dall’aria piuttosto casalinga, che creano un clima rilassato e conviviale in attesa dell’antipasto.
Prima di tutto si affettano 2 baguette ottenendo delle tartine alte circa 1 cm e 1/2 e si passano in forno per farle diventare croccanti.
Si prepara per esempio una fresca insalata greca con pomodori a cubetti, olive denocciolate, basilico, menta e formaggio feta. Si miscela tutto e si tiene nel frigorifero fino al momento dell’aperitivo.
Un altro suggerimento è un composto di sgombro sott’olio sminuzzato, cipolla rossa di Tropea tritata, capperi sott’aceto strizzati, origano e pomodoro a dadini.
Se per cena avete previsto il baccalà (come nel mio caso) una terza proposta è quella di frullarne una piccola parte con l’aggiunta di qualche cucchiaiata di mascarpone, 1 pizzico di paprika affumicata e 1 cucchiaino di prezzemolo tritato.
Anche queste due preparazioni vanno fatte riposare in frigorifero.
Pochi minuti prima dell’ora in cui arriveranno gli ospiti si completano le fettine di baguette con una cucchiaiata di ciascun composto.
Non sono esattamente quelli che definisco amuse bouche, più sofisticati, eleganti e raffinati di questi, adatti a serate formali e a un menù ricercato, creato più per stupire che per divertirsi.
Ci sono anche serate così, ma per quelle più familiari e rilassate consiglio di cuore questo tipo di stuzzichini, meno chic ma molto golosi.
La Catalana di crostacei è uno dei nostri piatti preferiti, forse il nostro più frequente peccato di gola.
La preparazione classica è quella del post https://silvarigobello.com/2013/10/29/le-code-di-gambero-preziose-alleate-in-cucina/ uno dei primi nei quali ho parlato della mia attitudine a cucinare piuttosto spesso le code di gambero.
Ormai ho condiviso da allora talmente tante ricette con questo ingrediente che penso sempre di averle esaurite tutte, ma poi ho un piccolo guizzo di golosa fantasia e creo qualcosa di diverso con un l’aggiunta di uno o due altri ingredienti.
È il caso di questa recente Catalana di gloriose code di gambero condite con una salsa profumata col frutto della passione.
Si emulsionano, battendoli con una piccola frusta: 1/2 bicchiere d’olio, 1 cucchiaio di succo di limone, una presa di sale, una macinata abbondante di pepe e qualche goccia di Tabasco oppure un pizzico di peperoncino.
Si tagliano a metà 2 frutti della passione, si recuperano con un cucchiaino la polpa e i semi e si uniscono all’emulsione.
Si affettano 2 pomodori sodi e maturi e una cipolla rossa di Tropea, si trita un piccolo ciuffo di prezzemolo, si aggiunge tutto al condimento preparato e si aggiusta di sale.
Si fa riposare la salsa in frigorifero e intanto si lessano nel solito court bouillon 300 gr di code di gambero sciacquate e devenate.
Questa è un’operazione da fare prima della cottura perché così il filo intestinale verrà via intero.
Appena i gamberi arrivano a bollore si spegne il fuoco e si lasciano intiepidire nel loro liquido di cottura.
Si sgusciano, si mettono in una ciotola e si condiscono con la salsa preparata.
Si mescola con cura e si serve.
Se serve un ripasso, vi ricordo gli ingredienti base per il court bouillon: acqua, sale, pepe in grani, gambi di prezzemolo, vino bianco, buccia di limone, sedano, carota e cipolla.
A me il cibo gratinato piace almeno quanto quello fritto. Ho una vera predilezione per le classiche crosticine che si formano grazie al pangrattato.
Trovo che, contrariamente al fritto, più problematico per i noti motivi, il gratin si possa cucinare e offrire con più facilità perché si può preparare in anticipo e infornare all’occorrenza senza stress.
Un piatto unico davvero straordinario è una teglia di pesce, gratinata al forno, che si può combinare a seconda del proprio gusto scegliendo i filetti di quei pesci che ci piacciono di più. È un’idea di gusto un po’ francese secondo me molto attraente.
Nel marzo dell’anno scorso ne avevo già proposta una con zucchine e cozze (https://silvarigobello.com/2014/03/06/teglia-gratinata-di-pesce-e-zucchine/), mentre ho assaggiato da poco questa, con salmone, merluzzo e gamberi.
Ve la propongo perché a me questo abbinamento è piaciuto moltissimo, ma come dicevo si può spaziare con fantasia reinterpretando la ricetta secondo il gusto personale.
Si cuociono a vapore filetti di merluzzo e tranci di salmone, privati della pelle e delle lische, per un totale di 800 gr circa.
Si lessano 400 gr di code di gambero in un classico court bouillon, che si conserva, e si sgusciano.
Si fanno imbiondire 2-3 scalogni con una noce di burro, si aggiungono 1/2 litro di court bouillon, filtrato, 1 cucchiaio di maizena e 30 gr di burro e si fa ridurre a fuoco dolce mescolando continuamente, finché non si ottiene una salsa vellutata. Fuori dal fuoco si profuma con 1 cucchiaio di curcuma o di curry.
In una ciotola si riuniscono i pesci tagliati a grossi pezzi e i crostacei, si aggiungono 300 gr di pomodori privati della pelle e dei semi e tagliati a cubetti, 1 ciuffo di basilico tritato, la buccia grattugiata di 1/2 limone e il suo succo, 1 spruzzo di Cognac, sale, pepe e la salsa vellutata ottenuta col court bouillon.
Si unge il fondo di una pirofila con 2 cucchiai di olio e si accomoda il composto livellandolo.
Si cosparge con 3 cucchiai di pangrattato misto a 1 cucchiaio di parmigiano grattugiato e si inforna a 200 gradi per 15 minuti circa.
Quando si è formata una bella crosticina dorata, si sforna e si serve dopo 5 minuti a cucchiaiate.
Lo considero un piatto della domenica, perché potendolo preparare già il sabato, per esempio, non resta che gratinarlo, senza faticare.
A me piace con delle semplici patate lesse condite con olio, sale e prezzemolo.
Se siete convinti che cuocere due uova sode e lessare un mazzetto di fagiolini significhi cucinare… d’accordo: vi toccherà di cucinare anche oggi.
Se invece la pensate come me, questa insalata nizzarda vi consentirà di preparare velocemente un pasto completo e godervi la domenica pigramente e in libertà.
Sono certa non occorrano spiegazioni, ma se avete bisogno di qualcosa, sapete dove trovarmi!
Buona domenica a tutti.
Il petto di pollo è il taglio di carne più versatile che mi venga in mente.
Infatti è elegante, neutro a sufficienza per essere abbinato a moltissimi ingredienti, facilissimo da reperire, relativamente economico e senza scarti. Non è granché saporito, d’accordo, ma per quello ci siamo noi!
Sia le ricette regionali, che quelle di famiglia, internazionali, di grandi chef o di pura fantasia a base di petto di pollo sono infinite e suscettibili di molte varianti.
Lo so, in genere finisce che facciamo sempre gli stessi piatti, per pigrizia, per abitudine o per tranquillità, ma variare un po’ i menù di casa serve anche a vivacizzare i pasti, a mostrare la nostra creatività e a divertirsi un po’.
Un esempio può essere questa ricetta dove il “solito” petto di pollo diventa insolito perché è arricchito da una densa e invitante salsa alla paprika. A me ricorda certi piatti che si possono ordinare un po’ in tutta l’Europa dell’Est e infatti questa ricetta specifica arriva più o meno da una delle isole della Croazia.
Si inizia arrostendo 2 peperoni rossi, privandoli dei semi e della buccia e mettendoli da parte.
Si condiscono con sale, pepe, 1 pizzico di peperoncino e 1 cucchiaio di paprika dolce circa 600 gr di petto di pollo fatto tagliare dal macellaio a fette non troppo sottili.
Si infarinano leggermente e si fanno rosolare in un tegame con olio e burro.
Quando sono ben dorate si tolgono e si tengono al caldo avvolte in un doppio foglio di alluminio.
Al loro fondo di cottura di aggiungono 1 spicchio d’aglio, 2 scalogni tritati e 2 cipolle dorate affettate molto sottili.
Si fanno stufare per una decina di minuti a fuoco dolce poi si uniscono 1 cucchiaino di semi di cumino in polvere, 2 cucchiai di paprika dolce, 2 pomodori pelati e privati dei semi a cubetti, 1 cucchiaio di concentrato di pomodoro, 1 foglia di alloro, timo e maggiorana tritati.
Si sala appena, si sfuma con 1 bicchiere di vino bianco.
Si aggiungono 2 mestoli di brodo e si porta a ebollizione.
Si rimettono nel tegame i petti di pollo e si cuociono a fuoco dolce per almeno altri 20 minuti, mescolando ogni tanto.
Si versa una confezione di panna da cucina e si prosegue la cottura per un’altra decina di minuti: il pollo deve risultare morbido.
Si sgocciola dalla salsa, si trasferisce sul piatto da portata e si aggiunge al sugo circa metà dei peperoni arrostiti, si frulla con il minipimer, si completa con il secondo peperone tagliato a cubetti e 1 cucchiaio di prezzemolo tritato, si aggiusta eventualmente di sale e si versa sul pollo.
Questo succulentissimo petto di pollo si serve con il riso, ma è perfetto anche con il purè o le patate bollite.
La mia prozia Albina, a cui dobbiamo questa ricetta, era vissuta per diversi anni sull’isola di Cherso, che fino al 1947 era italiana, come la vicina Istria, e che ora fa parte della Croazia.
Quando era tornata in Italia si era riportata a casa questa ricetta che ha condiviso con le sorelle e così è arrivata fino a me, insieme a quella dei “Subioti” (che in dialetto veneto significa “maccheroni”) di Cherso, ma di questi magari parliamo un’altra volta.
Ci sono piatti che non so perché, nonostante gli ingredienti, la cottura, i sapori non siano propriamente estivi, a casa nostra si sono sempre mangiati non tanto spesso a luglio, ma in agosto, più precisamente proprio a cavallo del Ferragosto.
Si era al mare a Jesolo, in una di quelle case prese in affitto di cui tante volte ho parlato “ambientando” le mie ricette e questo era uno dei primi piatti che si mangiavano a pranzo: veloci, saporiti, pesantissimi da digerire probabilmente, anche se da bambini non ce ne rendevamo conto.
Il piatto di Ferragosto della mia famiglia possiamo forse considerarlo questo: abbondanti porzioni di pasta speciale condita con lardo e provolone, ma non solo.
Ci vogliono innanzitutto 400 gr di pasta secca formato “gnocchi”, ma vi passo anche le conchiglie, che si lessano al dente.
Mentre l’acqua bolle e poi la pasta cuoce, si fa imbiondire una cipolla tritata con poco olio. Quando è dorata si aggiungono 150 gr di lardo a fettine sottili e si fanno rosolare.
Si sbollentano, si pelano, si privano dei semi e si tritano 2 pomodori sodi e maturi. Si aggiungono al lardo e si fanno cuocere per 1/4 d’ora.
Si aggiusta di sale e si condisce la pasta, scolata e versata in una capiente zuppiera con un giro di olio crudo.
Si completa con una falda di peperone rosso (o giallo) tritato sottilissimo, abbondante basilico a striscioline e una generosa grattugiata di provolone piccante stagionato.
Poi si aspettano tre ore prima di fare il bagno.
Confesso che ho apportato qualche insignificante modifica a questo piatto estivo della mia infanzia: non utilizzo il peperone crudo, ma il peperoncino fresco privato di tutti i semi e tritato sottile e anziché il lardo uso il guanciale.
Ma lo spirito del piatto resta invariato.
La cucina etnica che va per la maggiore a casa nostra, anche se spesso con cautela, è quella Messicana.
Quando ancora mio figlio viveva in famiglia era piuttosto quella Cinese e durante i pasti a base di spaghettini di riso, gamberi al curry, maiale in agrodolce e riso fritto il nucleo familiare si spaccava in due perché mio marito e nostra figlia si cibavano di semplice carne alla griglia, insalate e riso al pomodoro.
Con l’introduzione saltuaria delle specialità della cucina Messicana nei nostri menù, abbiamo fortunatamente recuperato un altro membro della famiglia, mentre mio marito continua a dissociarsi e resta fedele alla semplice cucina… diciamo caucasica.
Comunque burritos, fajitas, tacos, chili, empanadas e enchiladas sono ormai più o meno entrati a far parte del nostro lessico culinario.
Chi mi conosce sa che non riesco a riprodurre semplicemente una ricetta, ma devo metterci del mio e dunque ecco dei divertenti bicchieri “messicani” che adesso che molti mangiano in giardino o sul terrazzo, diventano un simpatico e gustoso piatto unico o un antipasto, questo decidetelo voi.
Quello che ho fatto in pratica è stato accomodare a strati nei bicchieri il classico ripieno delle fajitas, eliminando le tortillas.
La fotografia illustra chiaramente gli strati, ma vi do alcune spiegazioni, anche se sono magari superflue.
Si inizia distribuendo sul fondo dei bicchieri (i più adatti naturalmente sono i tumbler bassi, data la loro forma) qualche cucchiaiata di guacamole che si ottiene semplicemente schiacciando con la forchetta la polpa degli avocado maturi e insaporendo con cipolla tritata finemente, succo di lime, pepe, sale e peperoncino in polvere.
Si copre la salsa guacamole con fettine di petto di tacchino prima fatto marinare in frigorifero per circa 8 ore (in pratica tutta la notte) con succo di limone, peperoncino piccante a fettine, origano secco, semi di cumino e paprica dolce e poi cotto alla piastra e tagliato a pezzettini.
Si prosegue con una cucchiaiata abbondante di bacon reso croccante come sempre in padella antiaderente, sulla piastra o a microonde, sminuzzato.
Si copre con una dadolata di peperone giallo le cui falde sono state scottate in padella e condite con olio e sale, poi con cubetti di pomodori sodi e maturi privati dei semi e insaporiti con sale e succo di limone.
Alla fine si completa con formaggio Edam, per esempio, oppure provolone dolce a filetti: basta usare la grattugia a fori grossi.
Per la decorazione finale si utilizzano due fettine di avocado o di lime e qualche nacho.
Lo so che sembra una preparazione laboriosissima, ma in realtà i vari passaggi sono piuttosto semplici.
Come sempre basta organizzarsi con le diverse fasi, cominciando dalla marinatura del petto di tacchino già il giorno precedente, passando poi alla sua veloce cottura alla piastra, quindi a quella del peperone giallo (non rosso perché così il colore contrasta con quello della dadolata di pomodoro), alla rosolatura del bacon e alla preparazione del guacamole.
Basta poi assemblare il tutto, conservare i bicchieri in frigorifero coperti di pellicola e passare alla decorazione solo quando si portano in tavola.
Il titolo del post di oggi sembra quello di uno dei film di Lina Wertmuller, ma non saprei come altro descrivere questo angolo del nostro terrazzo.
Sul nostro terrazzo i glicini dal delicato profumo hanno ormai solo foglie e le azalee sono quasi tutte sfiorite: il caldo arrivato troppo presto e tutto in una volta le ha fatte durare pochissimo quest’anno. Peccato perché i colori erano straordinari, abbellivano le ringhiere e incorniciavano le colline regalandoci una vista che faceva dimenticare che viviamo in un quartiere di città, circondati da altri condomini, fortunatamente con un piano in meno del nostro.
Adesso comincia però la stagione dei fiori bianchi dai profumi inebrianti che caratterizzano la nostra estate in città.
Le roselline tappezzanti sono già cuscini rigogliosi, i gelsomini e i rincospermi hanno iniziato le fioriture, che dureranno tutta l’estate, e a breve sbocceranno le gardenie, vero orgoglio di mio marito e legittimazione sia della sua passione che dell’intensa tonalità di verde del suo pollice.
Pranzare all’ombra sul terrazzo anche con una semplice insalata è molto piacevole quando l’acuto profumo dei fiori bianchi, che quasi stordisce, fa sognare di essere in altri luoghi…
Magari “semplice insalata” può sembrare un po’ riduttivo per questa coperchiona* colorata e golosa, ma in realtà è proprio un modo veloce e simpatico di preparare una cena estiva.
Si mette sul fondo di una coppa (o di una ciotola) di vetro trasparente uno strato di lattuga spezzettata con le mani.
Si copre con un petto di pollo affettato e cotto alla griglia, salato, pepato e tagliato a bocconcini.
Si versa sul pollo un barattolo di fagioli neri (oppure rossi) sgocciolati e sciacquati, conditi con sale, olio e limone.
Si coprono con una dadolata di pomodori sodi e maturi insaporiti con origano fresco o maggiorana tritati e si completa con un mango a cubetti per un tocco esotico più accentuato.
Dopo una sosta in frigorifero, si porta in tavola l’insalata con il condimento a parte, per non sciupare l’effetto coperchiona*.
Il condimento che mi piace per questa che in fondo è una fresca e briosa insalata di pollo è una salsa che giudico stia bene con tutti gli ingredienti che compongono questo piatto, ma può essere variata o semplificata a piacere secondo il gusto personale.
Preparo la salsa semplicemente frullando 1 peperoncino, 1/2 spicchio d’aglio, 1 cipollotto fresco, 1 pezzetto di gambo di sedano, il succo di 1 lime, 1 ciuffo di menta, 2-3 cucchiai di olio, 1 vasetto di yogurt magro, 1 spruzzo di ketchup, sale e pepe.
La verso in una salsiera e la servo accanto all’insalata.
Se come in passato vi fidate di me, assaggiate insalata e condimento e poi ne parliamo.
* La vera storia della coperchiona la trovate su https://silvarigobello.com/2014/05/20/la-coperchiona/
Lungo le coste di tutto il New England addentrandosi sui pontili di legno e passeggiando sui moli di diverse stupende cittadine, ognuna con il suo magnifico faro, ci si imbatte nell’esposizione di nasse e di coloratissimi galleggianti per la pesca delle aragoste.
La pesca è sempre stata la più fiorente delle attività lungo le coste del Nord Est degli Stati Uniti e mangiare nel Maine o in Massachusetts un piatto a base di aragosta non è costoso come ci si aspetterebbe.
Incredibilmente molti ristoranti sono assolutamente informali e offrono pasti veloci a base di sandwich e rolls farciti con i pregiati crostacei o le ostriche, mentre i bambini potranno avere hamburger e patatine.
I Lorster Rolls li conoscete già perché ne ho parlato nel post https://silvarigobello.com/2014/03/13/un-irresistibile-panino-con-laragosta/ ma scommetto che non avevate ancora pensato a un Club Sandwich con l’aragosta! Inutile dire quanto sia delizioso.
Si tostano leggermente 3 fette di pancarrè per ogni sandwich.
Si spalma la prima di maionese e si copre con 4 fette di bacon croccante (si può fare in mocroonde, in padella antiaderente o sulla piastra), si aggiungono un pomodoro maturo affettato, salato, pepato e condito con un goccio d’olio e qualche foglia di lattuga.
Si richiude con la seconda fetta di pane spalmata anch’essa di maionese da entrambi i lati.
Si continua la farcitura di questo fantastico sandwich con qualche fettina di avocado spruzzato di limone, si aggiungono 2-3 belle cucchiaiate di polpa di aragosta lessata, tagliata a pezzi e condita con panna acida, sale e peperoncino in polvere.
Si copre con altre foglie di lattuga e si finisce con la terza fetta di pane sempre spalmata di maionese.
Si taglia a triangoli e si cerca di addentarlo senza spargere in giro tutta la farcitura.
Come dicevo, nel New England le aragoste si trovano e si mangiano davvero dappertutto e soprattutto a prezzi più che ragionevoli.
Mantenendo lo spirito generale di questo sandwich, qui da noi si può anche farcirlo con code di gambero o scampi bolliti e sognare comunque le coste del Maine.