Tradizione e fantasia

da “I tempi andati e i tempi di cottura ( con qualche divagazione)

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Mi piace pensare di essere figlia d’arte e un po’ anche nipote.
Più per le caratteristiche culinarie del ramo materno ,che per quelle legate allo spettacolo del ramo paterno. Anche se in fondo, sotto certi aspetti, non mi manca una piccola dose di teatralità.
La mia nonna materna, l’indimenticabile nonnina Virginia, entusiasta esempio di come si possa trarre gioia anche dalle cose più semplici, era una persona straordinaria, piena di calore umano e quando era felice manifestava la sua gioia battendo le mani come una bambina.
È vissuta con noi per lunghi periodi,prima a Cisano e poi a Cavaion,aiutandomi a tirare su i bambini con amore infinito e a tenere in ordine il giardino con indomabile entusiasmo, in cambio di una ospitalità affettuosa e di una grande considerazione per la sua esperienza, la sua saggezza, il suo calore e la sua umiltà.
Cucinava benissimo,come del resto la mia mamma, che però non ci metteva la stessa dose di allegria, ma piuttosto considerava la fantasia in cucina un po’ una perdita di tempo,uno sforzo inutile e non amava sperimentare di persona nuove ricette.
Era una persona pragmatica e volitiva, di grande rigore, poco incline ad accettare la ” diversità” in qualunque campo, quindi anche in cucina.
In questo non le somiglio affatto: io mi butto nelle novità come Tania Cagnotto si tuffa dal trampolino e m’ingarello come Valentino Rossi se si tratta di provare un piatto nuovo. E mi ci diverto.So di essere una persona complessa, non complicata,ma con qualche contraddizione.
Esempio: una volta l’anno-più spesso non si potrebbe- faccio i sugoli seguendo esattamente la ricetta di mia suocera Dina,che faccio di tutto per non dimenticare nonostante non ci sia più da così tanti anni, e anche la bole,ossia il castagnaccio,proprio come lo facevano la mia mamma, mia nonna e prima ancora probabilmente la mia bisnonna Libera,che ho conosciuto prima che morisse,alla fine degli anni ‘ 40. Faccio inoltre la crema fritta a rombi,impanati nel semolino come mi ha insegnato la zia Celina.
Insomma ,nel mio piccolo, salvo le ricette tradizionali,quelle di famiglia, perché non vadano perdute e perché la vita non è tutta nouvelle cuisine in fondo.
Ecco volevo dire questo accennando alla mia indole complessa: faccio il ragù che resta sul fornello almeno tre ore,proprio come lo faceva la mia mamma, ma anche degli amuse bouche di granchio, che le sarebbero piaciuti per raccontarlo alle amiche e degli antipasti insoliti e diversi ogni Natale, che la stupivano sempre.Ma del Natale parliamo un’altra volta perché questa si che è una faccenda complessa e complicata!
Quando ancora lavoravo e avevo veramente poco tempo da dedicare alla cucina, oltre che dei sughi per la pasta assolutamente squisiti (di funghi, di tonno e di piselli), la mia mamma ci faceva un pollo al limone che era una delizia, quello che mio figlio,verso i tre,quattro anni chiamava il “pollo zoppo” .E con ragione.
Si trattava di cucinare per noi mezzo pollo, a quarti, con l’aggiunta di un petto per il bambino e tre patate sbucciate ma intere:una a testa perché in quel tegame pesante, basso e un po’ ammaccato che usava per il pollo e che ho sempre visto per casa, di più non ce ne stavano.
Un bambino intelligente e precoce come il mio Simone,guardando nel tegame,non poteva non chiedersi perchè ci fosse un’unica coscia,giungendo quindi alla conclusione che il pollo della nonna, prima di finire in pentola, doveva aver avuto grossi problemi di deambulazione.
Abbiamo continuato a chiamare questo particolare pollo arrosto “pollo zoppo” anche dopoché la famiglia è cresciuta e il pollo veniva cucinato intero e non piu “mutilato” e questa definizione è nostalgicamente diventata parte del nostro lessico familiare.
È una ricetta che non ho mai replicato da quando la mia mamma non c’è più. La sua voce, il suo sguardo, i suoi gesti, i profumi e i sapori che continuo a considerare ” di casa” nonostante abbia una mia famiglia da più di quarant’anni , mi mancano ancora dolorosamente.
L’elaborazione di un lutto è un processo lungo e penoso, me ne sono accorta, ma sto cercando di metabolizzare immagini e ricordi per arrivare ad una serena accettazione di quello che considero ancora un abbandono. E quando ci sarò riuscita ,allora forse potrò cucinare anche il pollo al limone in modo che le lacrime dipendano solo dalla cipolla.

CREMA FRITTA

1 litro di latte intero,4 uova,4cucchiai di zucchero, 4 cucchiai di farina,buccia grattuggiata di 1 limone, 1 pizzico di sale,semolino per impanare,burro per friggere ,zucchero a velo per completare.

In una casseruola mescolo insieme farina,zucchero,buccia di limone e sale.Poi poco alla volta diluisco col latte,attenta a non fare grumi. Aggiungo le uova una alla volta,incorporandole bene al composto e lo metto sul fuoco.
Aspetto che si alzi il bollore e lascio cuocere per una decina di minuti a fuoco dolcissimo,mescolando continuamente.
Quando la crema è cotta ,la verso in una pirofila larga in uno strato alto circa 2 cm. e la lascio raffreddare completamente, poi la passo in frigorifero per almeno 3-4 ore.
La taglio quindi a rombi regolari non troppo grandi,li impano con il semolino e li friggo nel burro spumeggiante pochi alla volta, rigirandoli una sola volta.
A mano a mano che sono pronti li tolgo dal tegame e li cospargo con zucchero a velo setacciato col colino fine.

Giuro che non ricorda per niente quella che si mangiava in Piazza Erbe al banchetto dei bomboloni. Quella di “casa Martini” è buonissima.

AMUSE BOUCHE DI GRANCHIO

200 gr di polpa di granchio in scatola, 1 cipollotto fresco, 2 cucchiaiate di mascarpone,il succo di 1/2 lime,qualche goccia di Tabasco,1 cucchiaiata di prezzemolo tritato, 2 cucchiaiate d’olio,sale e pepe.

Tolgo la polpa di granchio dalla scatoletta,la sgocciolo bene e la metto in una ciotola.
Con la punta delle dita spezzetto ed elimino le eventuali cartilagini (che ci sono sempre).
Affetto molto sottilmente la parte bianca del cipollotto e lo unisco alla polpa di granchio,aggiungo anche il mascarpone e l’olio,il succo di lime, il Tabasco (qui regolatevi voi: la quantità dipende da quanto vi piace il piccante) e il prezzemolo.Salo appena e pepo abbondantemente.
Mescolo con delicatezza per amalgamare perfettamente tutti gli ingredienti e suddivido questo composto sui cucchiaini da tè che poi posiziono a raggiera su un bel piatto.

Servo i cucchiaini di granchio in salotto,prima di andare a tavola: sono uno sfiziosissimo accompagnamento all’aperitivo che precede,per esempio, una cena a base di pesce.

POLLO ZOPPO

1 pollo tagliato in quattro,1 piccola cipolla,1 foglia di alloro,2-3 foglie di salvia,1 spicchio di aglio, 1 limone non trattato, 1/2 bicchiere di vino bianco, 4 patate non troppo grosse,olio e burro,sale e pepe.

La mia mamma tritava la cipolla e la faceva imbiondire appena in olio e abbondante burro,poi accomodava nel tegame i pezzi di pollo,li irrorava col succo di limone,salava, pepava pochissimo e aggiungeva salvia,aglio e alloro.
Rigirava la carne un paio di volte per farla leggermente rosolare , metteva il coperchio e proseguiva la cottura.
Trascorsa la prima mezz’oretta spruzzava col vino e aggiungeva le patate lavate e sbucciate ,accomodandole tra i pezzi di pollo.
Ogni tanto controllava che il sugo restasse abbondante e la carne morbida. Se occorreva aggiungeva un mestolino d’acqua calda in cui scioglieva una punta di Legorn.
Quando il pollo e le patate erano pronti li toglieva dal tegame e filtrava il sugo con un colino eliminando gli odori.Poi rimetteva tutto nella pentola e ce lo faceva avere.
A me non restava che spruzzarlo con dell’altro vino bianco e dare una scaldatina prima di servirlo.

È un piatto semplice e gustoso,un sapore perduto di famiglia che mette sempre un po’ di malinconia.

Pennino

Copyright by Pennino

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Riso e code di astice

Uno dei piatti più semplici e prelibati che io abbia mai assaggiato, e naturalmente poi riproposto a casa, è un semplice risotto bianco.
Naturalmente c’è un inghippo: in realtà era “avvolto” da due code di aragosta bollite ed era stato cotto con il loro “brodo”, un court bouillon aromatico, profumato e molto raffinato.
Se avete in programma un piccolo festeggiamento per una ricorrenza o un evento a due che richieda una certa classe, prendetelo in considerazione, perché è di una semplicità assurda e se l’occasione consente un budget adeguato, be’ non esitate!
Io ho utilizzato due piccole code di astice surgelate anziché l’aragosta: la misura è perfetta, non c’è scarto, non sono difficili da reperire.

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Un court bouillon perfetto per questo piatto si ottiene portando a ebollizione 2 litri d’acqua insaporita con 1 carota a rondelle, 1 gambo di sedano affettato, 1 cipolla tagliata in quattro, 1 foglia di alloro, i gambi di qualche rametto di prezzemolo, 1 foglia esterna di un finocchio, 1/2 cucchiaino di pepe nero in grani, 1 cucchiaino raso di sale marino grosso e 1/2 bicchiere di vino bianco.
Si lascia sobbollire delicatamente, col coperchio, per circa un’ora, poi si filtra eliminando gli odori, si riporta a bollore e si immergono 2 code di astice surgelate decongelate e sciacquate, di circa 400 gr l’una.
Si fanno bollire per una decina di minuti, poi si lasciano intiepidire nel brodo. Si scolano e si rimuove il carapace tagliando dorso e lato inferiore con il trinciapollo, facendo attenzione a lasciare intera la polpa. Si tengono al caldo.
Si prepara il risotto portando a ebollizione 2 tazze di court bouillon (meglio assaggiare per controllare se c’è bisogno di regolare di sale).
Si versa a pioggia 1 tazza di riso, si scuote leggermente il tegame, si cuoce a fuoco medio per circa 15 minuti, cioè fino a che non avrà assorbito il brodo. Si manteca con 40 gr di burro e 2 cucchiai di succo di limone.
Si accomoda sul piatto da portata esattamente al centro, accanto si sistemano le due code di astice che lo devono “abbracciare”.
Si decora con qualche stelo di erba cipollina tagliata con l’apposita forbicina e si porta in tavola, dove si divide equamente in due piatti.

Facile come dicevo, vero? Ma che risultato!
Il risotto è fatto nel solito modo di cui parlo sempre: senza mescolare e il suo volume deve essere la metà del liquido in cui cuocerà.
Il vino che utilizzo per questo court bouillon profumato di finocchio è il Gewurztraminer, aromatico e signorile. Poi lo servo anche con questo piatto, naturalmente.

Tartine rustiche per pazientare

Quando si invita a cena un certo numero di persone, nonostante l’esperienza accumulata nel tempo, la scelta di piatti che possono essere felicemente preparati in anticipo e la capacità di intrattenere gli ospiti a mano a mano che arrivano, ci sono dei tempi morti che occorre riempire, così come gli stomaci di chi sta aspettando che ci siano tutti per potersi mettere a tavola.
È bene quindi offrire con l’aperitivo qualche stuzzichino per far pazientare gli ospiti arrivati per primi.
Se la cena prevede piatti non troppo sofisticati, come una vellutata o un passato di verdure e un unico arrosto, magari farcito, ci stanno bene questi crostini semplici, dall’aria piuttosto casalinga, che creano un clima rilassato e conviviale in attesa dell’antipasto.

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Prima di tutto si affettano 2 baguette ottenendo delle tartine alte circa 1 cm e 1/2 e si passano in forno per farle diventare croccanti.
Si prepara per esempio una fresca insalata greca con pomodori a cubetti, olive denocciolate, basilico, menta e formaggio feta. Si miscela tutto e si tiene nel frigorifero fino al momento dell’aperitivo.
Un altro suggerimento è un composto di sgombro sott’olio sminuzzato, cipolla rossa di Tropea tritata, capperi sott’aceto strizzati, origano e pomodoro a dadini.
Se per cena avete previsto il baccalà (come nel mio caso) una terza proposta è quella di frullarne una piccola parte con l’aggiunta di qualche cucchiaiata di mascarpone, 1 pizzico di paprika affumicata e 1 cucchiaino di prezzemolo tritato.
Anche queste due preparazioni vanno fatte riposare in frigorifero.
Pochi minuti prima dell’ora in cui arriveranno gli ospiti si completano le fettine di baguette con una cucchiaiata di ciascun composto.

Non sono esattamente quelli che definisco amuse bouche, più sofisticati, eleganti e raffinati di questi, adatti a serate formali e a un menù ricercato, creato più per stupire che per divertirsi.
Ci sono anche serate così, ma per quelle più familiari e rilassate consiglio di cuore questo tipo di stuzzichini, meno chic ma molto golosi.

Mousse di sgombro al tartufo: effetto déjà vu

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La fotografia è la stessa del post di ieri nel quale abbiamo parlato dell’insalata di granchio perché oggi vi dico tutto della mousse di sgombro che si vede in secondo piano, servita nei bicchierini da amaro, che ha incuriosito molti di voi.
A me lo sgombro sott’olio piace molto perché è più saporito del tonno ma meno aggressivo delle sardine. Per certe preparazioni è proprio l’ideale. Personalmente lo utilizzo piuttosto spesso per preparare gli antipasti.
Ne ho già parlato in due post anche l’anno scorso: in Paté di sgombro affumicato del 25 giugno e La terrina di sgombro del Calvados del 16 agosto. Se vi sono sfuggiti vale la pena gli diate un’occhiata.
L’insolita mousse di oggi è semplicissima ma davvero deliziosa. Tutti gli ospiti della cena in cui l’ho servita l’hanno gradita molto.

Si frullano insieme circa 300 gr di sgombro sott’olio ben sgocciolato, 100 gr di mascarpone, il succo di 1 arancia, 1 piccolo tartufo nero affettato, 1 generosa macinata di pepe e 1 cucchiaio di olio al tartufo. Finito.
Si può servire questa mousse nei bicchierini, oppure compattarla in una terrina di porcellana completandola sempre con la buccia grattugiata dell’arancia.

Un abbinamento curioso e molto chic, un sapore inconsueto e gradevolissimo, una presentazione elegante, un’idea originale: cosa si può pretendere di più da un antipasto?!

Insalata di granchio nei tumbler

Il 13 gennaio avevo già parlato di antipasti a base di polpa di granchio. E non era la prima volta perché trovo che questo ingrediente si presti a creare una bella aspettativa negli ospiti in attesa dei piatti principali.
In genere preparo una mousse che sistemo nei cucchiaini se si tratta di amuse bouche o nei bicchieri se è un vero antipasto.
Le ricette comunque differiscono di poco, si tratta più che altro di sfumature e del contenitore in cui vengono servite.
L’ultima volta ho sistemato queste mousse di granchio nei tumbler bassi come a Natale e sono piaciute molto.

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Tolgo la polpa di granchio da 2 scatolette, la sgocciolo bene e la metto in una ciotola.
Con la punta delle dita la spezzetto ed elimino le eventuali cartilagini (che ci sono sempre).
Affetto molto sottilmente la parte bianca di 1 cipollotto e lo unisco alla polpa di granchio, aggiungo anche 2 cucchiaiate di mascarpone 2 cucchiai di olio, il succo di 1/2 lime, 1 spruzzata di Tabasco (qui regolatevi voi: la quantità dipende da quanto vi piace il piccante) e 1 cucchiaino di prezzemolo tritato.
Salo appena e pepo abbondantemente.
Mescolo con delicatezza per amalgamare perfettamente tutti gli ingredienti e suddivido la mousse nei bicchieri su una base di insalata riccia spezzettata, spruzzata di limone e leggermente salata e pepata.
Completo con una cucchiaiata di chicchi di melagrana oppure con un rametto di ribes quando lo trovo, più che altro per il colore.

Se non avete in previsione inviti a cena, potreste comunque prepararvi questa insalata come pranzo veloce, magari spalmandola su una fetta di pane ai cereali leggermente tostata e aggiungendo qualche fettina di pomodoro e dei germogli freschi (di soia, di crescione, di piselli, eccetera).
Nel calice da amaro in secondo piano nella fotografia, c’è invece un’insolita mousse di sgombro e tartufo arricchita di buccia d’arancia. Anche quella piuttosto interessante: vale la pena di parlarne uno dei prossimi giorni, va bene?

Antipasto di avocado, mazzancolle e mousse di granchio

20141111-191632.jpgRaffinato, fresco, saporito, esotico… ma semplicissimo.
Dunque questo antipasto decisamente di effetto è senz’altro da tenere in considerazione perché i diversi elementi si possono preparare in anticipo e semplicemente assemblare poco prima dell’arrivo degli ospiti.
Per la mousse si sgocciolano 200 gr di polpa di granchio in scatola e si spezzettano con le dita eliminando le cartilagini.
Si aggiungono 1 cipollotto fresco tritato molto finemente, 2 cucchiaiate di mascarpone, il succo di 1/2 limone, 1 cucchiaio di prezzemolo tritato, 1 pizzico di peperoncino, 1 filo d’olio, sale e pepe.
Si mescola delicatamente e si conserva in frigorifero in un contenitore col coperchio.
Si cuociono a vapore 400 gr di mazzancolle, si fanno raffreddare e si sgusciano. Anche le mazzancolle vanno chiuse in un contenitore e messe in frigorifero.
L’unico elemento da preparare poco prima di servire è l’avocado, che tende a scurirsi, ma sarà sufficiente sbucciarlo, affettarlo dopo aver eliminato il nocciolo e irrorarlo di succo di limone.
Si fa una semplice composizione nei piattini individuali, si completa con qualche filo di erba cipollina tagliuzzato, si decora con due fettine di limone e si serve.

Davvero semplice e facilissimo da realizzare questo è comunque un antipasto per le grandi occasioni.
Segnato?

Dolce alle mandorle con sciroppo di orzata

Anche l’orzata è per me un ricordo d’infanzia. Come il tamarindo e l’acqua di Vichy fatta con le bustine.
In casa d’estate c’è n’era sempre una bottiglia con cui la mia mamma faceva la granita.
Avvolgeva I cubetti di ghiaccio in un asciugapiatti fresco di bucato e li frantumava con il martello.
L’orzata era davvero un must e me la ricordavo squisita, così ne ho comprato una confezione all’EsseLunga, ma non sono riuscita a ricreare la magia della mia lontanissima fanciullezza, perché l’ho trovata insopportabilmente dolce e stucchevole.
Se non avessi rispolverato questa ricetta, sarebbe finita nella dispensa degli “acquisti eccentrici” come il sale blu di Persia, i petali di rosa canditi, il tè per la notte di Natale… fino alla data di scadenza e poi buttata.

20140906-225812.jpgSi montano a neve ferma con le fruste elettriche 4 albumi con il succo di 1/2 limone e poco per volta si aggiungono 200 gr di zucchero a velo continuando a frullare finché hanno assunto la consistenza del preparato per la meringa.
In un’altra ciotola, sempre utilizzando le fruste, si montano i 4 tuorli con 250 gr di mascarpone, 100 gr di maizena, 1 bustina di lievito per dolci, 200 ml di sciroppo di orzata e 200 gr di farina di mandorle.
Si frulla fino ad ottenere una massa liscia ed omogenea alla quale si incorporano delicatamente gli albumi montati a neve.
Si versa il composto in uno stampo a cerniera ben imburrato e si inforna a 180 gradi per circa 40 minuti.
Quando si sforna, meglio attendere che il dolce si sia intiepidito prima di sformarlo.
Si prepara intanto una ghiaccia reale con 200 gr di zucchero a velo, 1 cucchiaio di sciroppo di orzata e tanto succo di limone quanto eventualmente ne occorre per ottenere una glassa della consistenza del dentifricio che va spalmata sulla sommità della torta una volta che si è completamente raffreddata e lasciata colare liberamente anche sui lati.

Sì, è un dolce… dolce, ma stuzzicante, dal sapore pieno e la consistenza cremosa, che andrebbe accompagnato da un bicchierino di Porto o di Marsala.
Prima di averlo assaggiato non esprimete pareri, perché secondo me è un’esperienza che va fatta.

Frutti di bosco nei bicchieri

Per favore, volete tornare un momento al post di ieri, quello con la ricetta di “pizza e fichi”?
Ve lo chiedo perché il dessert che propongo oggi è proprio il modo per finire in bellezza “un pranzo improvvisato o una piccola cena tra amici”, come dicevo ieri, a base di pizza o di torta salata magari particolarmente insolita e saporita.
Quando mi è capitato di offrirlo senza essermi preparata con largo anticipo alla fine di una cena non proprio organizzata, ma lo stesso riuscita benissimo, non avevo in freezer uno dei soliti semifreddi che cerco di avere sempre a disposizione, quindi con qualche cestino di frutti di bosco, un pacchetto di savoiardi e una confezione di mascarpone, me la sono cavata con poca fatica e in poco tempo.

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Ho sciacquato un cestino per tipo di fragole, lamponi, more e mirtilli.
Ho montato con 2 cucchiai di zucchero e 1 bicchierino di Cognac 250 gr di mascarpone.
Ho imbevuto con l’Alchermes circa 1/2 confezione di savoiardi.
Ho preparato il dessert posizionando a strati nei soliti bicchieri “tumbler” savoiardi spezzettati, ho messo sopra more e mirtilli, quindi qualche cucchiaiata di mascarpone, di nuovo qualche savoiardo, poi fragole e lamponi, di nuovo mascarpone, per finire con alcuni frutti misti a decorare la sommità dei bicchieri.
Con tutta questa pioggia mi si è ammalata la menta, se no un rametto sopra ci stava proprio bene!

Come dicevo, è un dessert fresco, veloce e delizioso, che va tenuto in frigorifero fino al momento di servirlo.
È una di quelle piccole idee che consentono di riuscire ad organizzare in breve tempo un allegro momento conviviale senza troppe formalità e senza stress.

Le crostate di frutta di Evelina e Guendalina

20140322-222517.jpgDall’appassionata storia d’amore nata tra la bellissima Angelica e il romantico Rodolfo, sfociata in un matrimonio da favola di cui tutti ancora parlavano, erano nate due splendide bambine: Evelina e Guendalina.

20140322-222642.jpgLe piccole crescevano felici, in perfetta armonia con i genitori che ad ogni compleanno le festeggiavano facendo preparare lo stesso dolce che era stato servito durante il loro ricevimento di nozze.
Si trattava di una crostata alle fragole, che da quando erano nate le gemelle veniva preparata in due piccole teglie a forma di cuore, ognuna per una delle bimbe.
Si trattava di due gusci di pasta sfoglia coperti di crema pasticcera e poi riempiti di fragole fresche affettate e spennellate di gelatina al limone.

20140322-223223.jpgGli anni passarono, le bimbe divennero deliziose adolescenti e poi giovani donne che fecero battere il cuore a molti giovanotti.
Evelina accettò la corte del Conte Andrey, che viveva a San Pietroburgo, lo sposò e si trasferì con lui in Russia dove visse felice in una grande dimora, teneramente amata dal giovane Conte, che la accompagnava spesso a fare lunghe, divertenti escursioni in slitta nei dintorni del palazzo.

20140322-224101.jpgQuasi nello stesso periodo Guendalina si fidanzò invece con il giovane Marchese Jean Baptiste e dopo uno sfarzoso matrimonio si trasferì nel suo castello di famiglia alle porte di Parigi.
Con lui, che galantemente la riempiva di attenzioni e le regalava spesso dei fiori, faceva lunghe passeggiate al Bois de Boulogne, dove arrivavano in carrozza.

20140322-225321.jpgEntrambe le giovani avevano mantenuto l’abitudine di festeggiare il loro compleanno con una crostata alla frutta, anche se non erano più i dolci con le fragole di quando, bambine, vivevano con i genitori.
Andrey faceva infatti preparare per Evelina una crostata con le more.
Lo chef Igor impastava una pastafrolla con 200 gr di farina, 100 gr di zucchero, 100 di burro, 3 tuorli d’uovo e un pizzico di sale, la infornava dopo aver bucherellato il fondo e una volta cotta, la lasciava raffreddare.
Copriva tutta la superficie con della confettura di amarene e sopra accomodava uno strato di more freschissime nate nella serra del Conte e le spennellava di gelatina alla Crème de Cassis che la Contessina Evelina riceveva dalla sorella direttamente da Parigi.

20140322-233444.jpgPer Guendalina invece Jean Baptiste ordinava al suo pasticciere una crostata guarnita di delizioso ribes.
Lo chef Antoine preparava una base di pastafrolla casualmente con le stesse dosi e modalità del collega Russo e, una volta cotta, la spalmava di mascarpone montato con zucchero e Cognac, poi pazientemente la copriva di chicchi di ribes rosso ben accostati e spennellati di gelatina al miele.

20140322-235227.jpgCome a suo tempo gli adorati genitori, gli adoranti consorti avevano entrambi disposto che il dolce per il compleanno delle loro deliziose metà avesse la forma di un cuore, come segno del loro affetto infinito.

Avocado e gamberi per una cena romantica

Mi pare che gli avocado che ho suggerito venerdì 20 dicembre come antipasto abbiano riscosso un notevole successo, o quanto meno abbiano risvegliato una grande curiosità.
Dunque, ho pensato che magari un’altra variante di queste scenografiche “barchette” verdi, sempre abbinate ai crostacei, poteva diventare un’alternativa interessante, oltre che molto chic per questa particolare serata, se come me la passate in casa.
Anche questa non vuole essere una vera ricetta, ma un’idea.

20131231-010531.jpgMettiamo dunque che per stasera abbiate in mente una cenetta romantica, da ricordare, per festeggiare privatamente (per scelta o per necessità) con l’altra metà della vostra mela la fine di questo 2013.
L’importante è partire con il piede giusto, con un antipasto insomma che un po’ stupisca e un po’ suggerisca e anticipi le prelibatezze a base di crostacei che seguiranno. Vi do un esempio? Ravioli neri di scampi al sugo di astice, gamberi su zuppetta di cannellini, piccola grigliata con carciofi… Ma ve ne parlo l’anno prossimo!

Occorrerà quindi 1 avocado maturo, da tagliare a metà e liberare dal nocciolo.
Si strofina la polpa con mezzo lime, che poi si spreme e si aggiunge a 2 cucchiaiate di mascarpone, 1 cucchiaino di maionese, 1/2 scalogno piccolo, tritato molto finemente, qualche goccia di Tabasco e 1 pizzico di sale.
Si ottiene una crema che si suddivide nei due mezzi avocado e si completa con 6 code di gambero a testa (ne bastano anche 4, ma noi siamo molto golosi) lessate e sgusciate, condite appena con olio e lime e disposte con cura.
Si decora con 1 oliva farcita e 1 oliva nera denocciolata tagliate a metà, solo per fare scena, ovviamente.
Si conserva al fresco fino al momento di servire e si usa anche in questo caso un cucchiaino per gustare la polpa dell’avocado, alternandola ad una coda di gambero.

Questa salsa di accompagnamento dei gamberi è squisita, ha carattere e sapore, si abbina benissimo al gusto morbido e cremoso dell’avocado maturo e crea un contrasto molto stuzzicante.
Se però proprio non vi piace l’idea dell’abbinamento con la frutta tropicale, potreste semplicemente amalgamarla ai gamberi, che poi servirete nei tumbler (old fashioned), perché anche la soluzione di utilizzare i bicchieri è molto raffinata e in più fa tanto nouvelle cuisine!
Insomma la raccomandazione è di provarla, perché è davvero curiosa e intrigante. E chi ben comincia…
E a proposito di cominciare bene: dalla mia piccola scrivania a ribalta da dove con l’iPad creo ed elaboro le mie ricette, che poi diventano una quotidiana chiacchierata sul blog, vi faccio i miei più cari auguri perché il 2014 sia per tutti un anno da togliere il fiato… ma non l’appetito!

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