Quando ero bambina e passavamo tutto il mese di agosto in un appartamento in affitto al Lido di Jesolo, due volte durante la permanenza al mare, si andava a Venezia. Immancabilmente.
Si lasciava l’auto a Punta Sabbioni, da dove partivano i traghetti e si raggiungeva una volta San Marco, mentre l’altra si andava al Lido per curiosare alla Mostra del Cinema.
Erano gli anni Cinquanta.
Allora il Lido era un luogo di grande charme, frequentato da un’élite internazionale, con alberghi splendidi e negozi eleganti, ristoranti chic e durante i giorni della Mostra, se si era fortunati, si potevano incrociare i divi dell’epoca.
Ricordo la volta in cui il mio papà, che era un gran bell’uomo, alto, attraente, con gli occhi azzurri, appena stempiato, venne scambiato per l’attore Curd Jurgens e anziché negare, quel burlone fece diversi autografi a un gruppo di Francesi, pronunciando persino qualche frase in Tedesco!!
Il Tedesco l’aveva imparato in un Lager di Amburgo, dove era stato deportato dopo l’8 Settembre del ’43…
Il mio papà era una persona speciale.
Dunque, dato che le vacanze le passavamo in un appartamento, cucinava sempre la mia mamma. Andare a Venezia o al Lido quindi significava anche pranzare al ristorante ed era una festa.
Il mio menù preferito consisteva in un gran piatto di vongole (che ancora mi piacciono molto più delle cozze, per esempio) e un sontuoso fritto di scampi sul quale mi sono sempre rifiutata di spremere il limone, come insistevano facessi i miei.
Nell’alto Adriatico non si mangiavano le vongole veraci, ma le “peverasse”, più piccole e saporite.
Dato che mi sono dilungata troppo con questa narrazione collaterale, la ricetta sarà brevissima.
Si lavano e si fanno spurgare 1,2 kg di peverasse.
Si scelgono come per tutti i molluschi quelle intatte e si versano in un grosso tegame con 1/2 bicchiere d’olio e 2-3 spicchi d’aglio e si fanno cuocere coperte a fuoco vivace, scuotendo ogni tanto il tegame.
Quando cominciano ad aprirsi, si bagnano con 1 bicchiere di vino bianco e si insaporiscono con abbondante pepe nero e 1 ciuffo di prezzemolo tritato.
Si completa la cottura senza coperchio finché tutte le peverasse si sono aperte.
Si distribuiscono nei piatti fondi e si servono con qualche fetta di pane bruschettato.
Caspita.. Che storia interessante dev’essere quella della vita di tuo papà!e la tua, immagini, puntellata dai suoi racconti. E squisite le vongole!! 🙂 evviva!!
Grazie Nicoletta, mi fa sempre piacere raccontare, oltre alla ricetta, qualche piccola storia che la accompagna.
beh guardando te, immagino che somigli molto al tuo Papà!!!! E come non perdersi in questo piatto!!!! Silva che acquolina mi hai stuzzicato:-)
In effetti ho i suoi occhi chiari!
Ero certa che avresti trovato le mie vongole, seppure peverasse, interessanti: ci sono piatti che “dalle tue parti” non passano inosservati!
Riappaio per dire che nonostante io sia più vicino al partito delle cozze a un bel piatto di arselle non resisto.
E poi sono assolutamente d’accordo con te: niente limone spremuto sul fritto!!!
🙂
Mono male! A volte ho l’impressione di essere lasciata sola in questa scelta!
Mi sono talmente entusiasmata al tuo ricordo tanto da perder di vista la ricetta che invece, ora che il caldo avanza, è sempre bene avere a portata di mano considerata anche la sua semplicità … e bontà.
Che bell’Uomo il tuo papà. 🙂
Buon settimana, ti abbraccio Silva
Affy
Grazie Affy cara, amica sempre ricettiva ed entusiasta.
Il mio papà adorava il cinema e nel cinema lavorava come direttore in una società proprietaria di alcuni “cinematografi” di prima e di seconda visione. Tu pensa che uno, che ormai è chiuso da mille anni, si chiamava Cinema Moderno… roba da primo dopoguerra eh?!
Vedi che non scherzo quando dico che sono cresciuta a pane e Hollywood…
Il limone ? No sul fritto di pesce no!! anche per me! Eri piccola ma sapevi già come gestire il tuo palato!!;) Belline queste vongole voglio proprio provarle con il vino bianco..io alla stessa maniera ma senza vino faccio i “datteri” !
Un abbraccio
Grazie di essere venuta a vedere la mia ricetta. Il vino profuma molto il sughetto che si crea con l’apertura delle vongole. Io col vino sfumo anche i “peoci”, che sono i tuoi “datteri”!
Concordo con “senza limone” sul fritto… l’unica in famiglia. Qui lo mettono tutti! Ricetta semplice e perfetta …. mi hai fatto venire voglia di farci una spaghettata… saranno buoni anche gli spaghetti senza glutine???
Ciao Silvia, buon pomeriggio!
Dimenticavo… bellissimo il papà!!! ;-))))
Ma sì che saranno buoni anche gli spaghetti senza glutine! Con le vongole è buon tutto!
Ma le paverasse sono i lupini?
Bellissima storia, io invece adoro il limone sul fritto 🙂
Sì! In dialetto veneto chiamiamo peverasse i lupini, così come chiamiamo peoci le cozze!
Perfino mio marito spreme il limone sul pesce fritto, a me non piace invece perché gli toglie croccantezza.
la ta narrazione è bella e piacevole Silva. Dilungati quanto vuoi quindi! la figura appena abbozzata dintuo padre affascina…
Grazie Claudia. Ognuno nella mia famiglia a modo suo è stato ed è una persona speciale. In tutti loro riesco a vedere il bello che emanano ed esprimono e me ne beo. Le ricette sono a volte un semplice pretesto per ricordarli o accennare alla loro presenza nella mia vita.
che poi è per questo che amiamo tanto la cucina no? perchè contiene la nostra memoria 😉
Hai ragione, la cucina è in parte un percorso della memoria e in parte un passaggio di consegne.
bella l’immagine del passaggio di consegne. oggi ho scritto per quella rubrica regionale, e proprio questo era il tema… ed è così bello parlarne!
Ma che bell’uomo il tuo papà! Ed a ragione lo scambiavano per un divo del cinema.
Anch’io preferisco le vongole alle cozze, ma il limone sul fritto lo spremo. Mea culpa. Anche se, a dire il vero, solamente sul pesce non sui crostacei. 😉
Mchan
Sì, il mio papà era proprio speciale. Ci ha lasciati troppo presto. Peccato: era uno che sapeva godersi la vita.
Al limone spremuto sul fritto ho accennato perché proprio non riesco ad accettare non tanto il sapore acidulo, che ci sta bene, quanto la tendenza a rendere molliccia la panatura. A casa nostra comunque lo spremono anche sulle cotolette.
Una ricetta semplice, le “peverasse” come occasione per parlare della propria famiglia, ricordare chi non c’è più ma ha lasciato un’impronta indelebile dentro di noi……
la mia mamma ha avuto suo fratello deportato nei lager siberiani ed è riuscito a tornare a piedi e arrivare a casa un anno dopo la fine della guerra. Ancora oggi quando racconta di quei tempi, mi fa venire un groppo in gola…..
Sai Lella il mio papà non raccontava della guerra e della prigionia che qualche buffo episodio che non mi ha mai spaventata. Quando ho visto La vita è bella di Benigni mi sono ricordata delle sue storie ed è stato un momento molto triste e molto dolce.