Fichi, sempre fichi, fortissimamente fichi

Per me i fichi sono come le ciliegie, con quel che segue.
E come per le ciliegie ahimè o li mangi di continuo per un breve periodo dell’anno o resti con la voglia fino all’estate successiva.
Con i fichi faccio un sacco di cose squisite e per quelle che non mi vengono in mente spontaneamente, per esempio, trovo ispirazione in altri blog.
L’ispirazione per questo appetitoso piatto unico di fine estate (o inizio autunno) l’ho tratta da una pizza coi fichi di Ines (Inesblog).
Come al solito ho stravolto la sua ricetta, l’ho modificata, trasformata, resa irriconoscibile. Insomma è tutta un’altra cosa, ma mi pareva giusto renderle onore perché in qualche modo mi ha influenzato nella preparazione di questi fichi con prosciutto e gorgonzola piccante.

fichi

Si tagliano in quattro, 6-7 fichi belli sodi, lavati e asciugati.
In una padella si fanno fondere 30 gr di burro, si aggiungono 2 cucchiaiate di miele e due di Porto o di Marsala e ci si accomodano dentro i quartini di fico.
Si caramellano velocemente, si tolgono dalla padella e si distribuiscono nei piatti. Nella stessa padella si passano per qualche attimo alcune fette di prosciutto crudo o anche di speck, si mettono sui fichi e ci si spezzettano sopra un 200 gr di gorgonzola piccante.
Si completa con il sughetto a base di miele. Si mangia con i crackers.

Veloce, squisito, stagionale. Ahimè ipercalorico.

I biscotti della Jole

Avevo un’amica che non cucinava quasi mai e quando lo faceva, svogliatamente, i tentativi le riuscivano piuttosto male.
C’era una cosa però che faceva bene: le ciambelline al vino, che i miei figli allora bambini, chiamavano semplicemente “i biscotti della Jole”.
Le ciambelline al vino sono dei dolcetti talmente rustici e senza pretese che finiscono con l’essere assolutamente perfetti per completare un pasto altrettanto rustico e senza pretese, o per finire in un cesto da pic nic ed essere inzuppate nel vino.
Sono semplicissime da fare e quelle che avanzano si conservano per giorni in una scatola di latta per essere ripescate in uno di quei momenti della giornata in cui si ha voglia di una piccola gratificazione.

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Si mettono tutti insieme nel vaso del robot da cucina e si frulla fino a che il composto non diventa una palla, questi ingredienti:
– 500 gr di farina
– 125 ml di olio
– 125 ml di vino rosso
– 175 gr di zucchero
– 1 cucchiaino di lievito per dolci
– 1 cucchiaino di bicarbonato
– 1 pizzico di sale
Si impasta brevemente e si fa riposare una mezz’oretta. Si riprende la pasta e si fanno dei cordoncini spessi 1 dito lunghi 15/20 cm. Si sigillano bene le estremità e si infornano a 180 gradi per 25 minuti, però controllate perché ogni forno è un discorso a parte.

Facili, no? Però danno soddisfazione e si possono anche mangiucchiare bevendo una tazza di tè o di caffè, anziché aspettare di fare un pic nic per inzupparli nel vino!

La crema fritta

Mi raccontava la mia mamma che per il suo compleanno, che cadeva in febbraio, mia nonna le preparava sempre la crema fritta, mentre a mio zio, che compiva gli anni a luglio, toccava un dolce freddo fatto con savoiardi e strati di crema fatta coi tuorli delle uova sode.
La crema fritta è un classico dolcetto invernale veronese, col quale quando ero bambina si poteva fare merenda acquistandone una fetta al banchetto di Piazza Erbe dove friggevano anche i bomboloni.
Le sue caratteristiche sono il taglio delle fette a forma di rombo e la spolverata finale di zucchero semolato, naturalmente si può usare anche lo zucchero a velo, ma non è la stessa cosa.

Crema fritta

Per una crema fritta come si deve bisogna miscelare in una casseruola dal fondo spesso 4 cucchiai di farina 00, 4 cucchiai di zucchero, la buccia grattugiata di 1 limone e 1 pizzico di sale.
Si aggiungono una alla volta 4 uova, amalgamandole bene con la frusta e si diluisce tutto con 1 litro di latte versato a filo, mescolando con cura per non fare grumi.
Si mette la casseruola sul fuoco e da quando inizia il bollore si fa cuocere a fuoco dolcissimo per 10 minuti senza smettere di mescolare.
Si versa quindi la crema in una pirofila rettangolare formando uno strato alto circa 2 cm. Si lascia raffreddare e poi si passa in frigorifero per almeno 3-4 ore.
Quando si è rassodata a sufficienza, si taglia a rombi regolari non troppo grandi, che si passano nel semolino e si friggono da entrambi i lati in molto burro spumeggiante, poche fette per volta.
A mano a mano che sono pronte, si sollevano con una paletta e si cospargono di zucchero.

Lo zucchero semolato, a differenza di quello a velo, rende la crosticina della crema ancora più croccante e questo crea un golosissimo contrasto con il suo interno invece piuttosto morbido.

È una ricetta tradizionale, di famiglia, semplice e squisita, che io preparo solo per ospiti speciali.

A proposito di spaghetti con le vongole

Una delle cose fondamentali che un imprenditore di successo deve sempre tenere d’occhio e mai sottovalutare è la concorrenza.
E, come racconto nel mio libro, nonostante avessi una commessa che per contare fino a 20 si doveva sfilare le scarpe, sono stata per una quindicina d’anni un’imprenditore di successo.
Probabilmente anche perché venivo dall’esperienza professionale di circa sedici anni, maturata nel Marketing di una grande Azienda.
Ma queste sono altre storie, relative alle mie vite precedenti.
Oggi le mie “analisi di mercato” si svolgono sostanzialmente nei ristoranti dei luoghi che visitiamo o che frequentiamo durante le vacanze, i viaggi, le gite. Trovo molto divertente, oltre che scegliere piatti che in generale danno grande soddisfazione al palato, confrontare l’insieme dei sapori che ho nel piatto con quelli che nascono nella mia cucina.
E questo è il momento in cui vedo negli chef la concorrenza! Lo so, finirò col credermi Napoleone…
Nonostante spesso riesca a parlare con loro, presentandomi come food blogger e scrittrice, non sempre riesco a farmi svelare quel particolare ingrediente o metodo di cottura che mi era sfuggito.
Poco male. Francamente, una volta a casa non mi servono neanche troppi tentativi per ricreare il sapore che ho tanto apprezzato. Chiedetelo pure a mio marito.

Così come da qualche anno avevo carpito il segreto dell’acqua pazza di cui abbiamo parlato nell’ultimo post (l’utilizzo del fumetto ottenuto dalla cottura di scarti del maggior numero possibile di pesci differenti), quest’anno finalmente ho colto la differenza fra il sugo di vongole mangiato il mese scorso a Positano e il mio, quello postato il 5 agosto, che faccio solitamente: un delicato e sapientissimo tocco di zenzero e cumino.
Questo è lo squisito piatto “svelato”. Se lo volete provare…

Spaghetti con le vongole

Filetti di orata all’acqua pazza

Per questo piatto io uso l’orata, ma nella Penisola Sorrentina lo preparano con la pezzogna (che si pesca però solo nel Golfo di Napoli) e in Costiera Amalfitana con la gallinella, o pesce cappone (che lì chiamano coccio).
È uno dei piatti preferiti di mio marito che anche quest’anno, durante il nostro tradizionale viaggetto di fine agosto, l’ha gustato in loco nelle due versioni, preferendo quella di Positano a quella di Vico Equense.
La mia ricetta è piuttosto facile da realizzare perché scelgo di utilizzare le orate già sfilettate, ma si dovrebbero cuocere i pesci interi nel loro sugo e sfilettarli al momento di servirli.
Lo so, la mia scelta di cucinare senza stress penalizza un po’ il risultato finale, ma mi creerebbe veramente una certa tensione dover cucinare il pesce intero, toglierlo a fine cottura dal tegame, liberarlo della testa, della pelle e delle lische lasciando intatti i filetti.
Mi rivolgo quindi al solito pescivendolo compiacente (che mi fornisce anche teste e lische per preparare il fumetto) e il risultato finale è tale e quale a questo:

orata

Faccio imbiondire in abbondante olio 3-4 spicchi d’aglio e 1 peperoncino affettato. Aggiungo 1/2 kg di pomodorini tagliati a metà (l’ideale sarebbero i pomodorini del piennolo del Vesuvio), bagno con 1 bicchiere di vino bianco (non necessariamente Fiano o Falanghina) e 1 di fumetto di pesce filtrato.
Porto a bollore, lascio restringere un po’ e aggiungo i filetti di orata. Dopo pochi minuti li giro con molta delicatezza e proseguo la cottura per altri 10 minuti.
Cospargo di prezzemolo tritato, aggiusto di sale e di pepe e metto in tavola.

Garantisco personalmente che la mia ricetta non sfigurerebbe sulla tavola di molti dei ristoranti in cui abbiamo mangiato nel corso delle nostre abituali gite alla ricerca di emozioni paesaggistiche, culturali e perfino gastronomiche.

And the winner is…

versatile-blogger-awardAmici, che settimane. È stato come sfilare più volte sul Red Carpet: ho ricevuto tre Awards e una nomination!
Roberta (Cucinare con fantasia e allegria) a Carola (La mora in cucina) mi hanno benevolmente assegnato The Versatile Blogger Award e A fine binario mi ha citata tra i blog che segue, sempre in relazione a questo premio.

Liebster AwardInoltre Elly (Ovosodo Cook) mi ha premiato con il Liebster Blog Award.
Sono felice, orgogliosa e infinitamente grata a queste nuove amiche, followers sempre calorose e generose nei commenti, per tanta considerazione.

Cose su di me ne ho già dette tante, quindi se per voi, blogger che premio oggi con questa segnalazione, va bene, mi limito ad elencare i vostri link (in ordine alfabetico) senza porvi domande:

I premiati sono 20 e comprendono sia quelli che avrei citato per il Liebster Blog Award che quelli per The Versatile Blogger Award.
Bravissimi tutti, i vostri blog sono interessanti, piacevoli, educativi, condivisibili e coinvolgenti.
Un abbraccio.

Silva (né Silvia, né Silvana)

I primi porcini

Finalmente ho trovato (dall’ortolano, non personalmente nel bosco) i primi funghi porcini, che quest’anno fino ad ora latitavano perché l’estate è stata, fortunatamente per i vacanzieri, poco piovosa. Vista la stagione asciutta appena trascorsa, mi sa che non mi andrà tanto bene neanche coi tartufi dei nostri Lessini. Generalmente ne surgelo perfino alcuni per utilizzarli a Natale, ma quest’anno chissà se ci riuscirò.
Il clima però, almeno per lo standard della nostra zona, non è ancora autunnale e non invita quindi a preparare quelle classiche, ricche e corpose ricette a base di salsicce, formaggio e polenta che in genere i funghi trifolati suggeriscono.
Quella di oggi quindi è una ricetta decisamente borderline, a cavallo tra estate e autunno, che di entrambe le stagioni mostra il lato migliore, per la gioia dei golosi che mi seguono!

Porcini

La fotografia dice tutto, ma ecco gli step per arrivare a questo risultato:

– si puliscono i funghi, si tagliano a spicchi, si fanno rosolare in olio e burro con aglio e scalogno, si salano, si pepano, si cospargono di prezzemolo tritato e si tengono al caldo;
– si infornano a 200 gradi per 10 minuti alcuni rametti di pomodorini ciliegini appoggiandoli sulla placca del forno coperta di carta forno, salati, pepati e spennellati d’olio;
– si fa una polenta così come si fa di solito, si distribuisce in più stampini a ciambella (di silicone o antiaderenti, quelli che avete) e poi si capovolgono sui piatti;
– si accomodano nel foro centrale i funghi e i pomodorini e si serve subito prima che diventi tutto freddo.
Si può considerare questo piatto un antipasto, a cui personalmente faccio seguire non un primo piatto, ma un secondo di carne.

Naturalmente si può utilizzare per la polenta anche un unico stampo col foro centrale, anzi, così il piatto diventa anche più conviviale, ma personalmente trovo che le mono porzioni siano più eleganti.
Tutto dipende però dal tipo di cena che avete organizzato… e anche dal tipo di ospiti che avete invitato!
A me a volte è successo che facendo passare un unico vassoio, alcuni commensali si sono serviti per primi troppo abbondantemente, lasciando gli ultimi a raspare sul fondo del piatto da portata.
Il più delle volte quindi preferisco preparare porzioni individuali, anche se richiedono più tempo e l’impiego di un maggior numero di utensili e accessori da cucina.

Buffet e controbuffet

A volte persino le verdure per il pinzimonio, se composte e presentate con stile e fantasia, possono addirittura diventare l’elegante centro focale di un bel tavolo da buffet predisposto per una cena in piedi.
La fotografia qui sotto, per esempio, dà un’idea di come può essere carino questo tipo di composizione.

buffet

Anche se mio marito è per i soli fiori, a me piacciono come centrotavola anche composizioni miste di frutta, fiori, bacche e ortaggi (però mi raccomando niente cavoli, soprattutto per una merenda: spesso sono addirittura amari… ).
In mezzo ad una tavola ben apparecchiata, sono sempre molto accattivanti, così invitanti che può succedere quello che narro nel Capitolo 4 del mio libro, parlando di buffet.

“Su un tavolo bello grande va sistemata una ciotola centrotavola di fiori, frutta e foglie di stagione con accanto, per esempio, altre due ciotole più piccole piene di verdure, quelle classiche per il pinzimonio.
Disponetele con grazia e tenete conto dei colori, saranno molto carine. Può succedere che a volte gli ospiti si mangino anche i frutti del centrotavola… lasciateli fare, ma non ditegli che li avevate spruzzati con la lacca per capelli per renderli belli lucidi.”

Quegli strani involtini di pollo

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Se non li avessi assaggiati a luglio in Sardegna, nemmeno a me sarebbe venuto in mente di farcire coi gamberi del petto di pollo, eppure sono un piatto veramente delizioso, se si supera l’iniziale diffidenza verso l’abbinamento piuttosto azzardato.
D’altronde le ricette solite, quelle della mamma per capirci, le conoscete tutti, quindi dobbiamo darci una mossa e sperimentare l’insolito preparando piatti inconsueti e curiosi. Vero? Allora proviamoci!

Bisogna ricavare da 1 petto di pollo 6 scaloppine regolari e senza sbavature, batterle leggermente e allinearle sul piano di lavoro.
Si frullano i ritagli ottenuti con 4 code di gambero sgusciate e tagliate a pezzetti, 1 albume, 1 cucchiaino di prezzemolo tritato, sale e pepe.
Si spalma questo composto sulle fettine di pollo e si arrotolano con al centro altre due code di gambero sgusciate e naturalmente private del filo intestinale.
Si avvolge ogni involtino in più giri di pellicola, quella senza PVC, chiudendoli a caramella.
Si tuffano in acqua in ebollizione e si fanno cuocere 10 minuti circa. Poi si lasciano leggermente intiepidire nel loro liquido di cottura.
Intanto si prepara la salsa di accompagnamento frullando insieme 2 cucchiaiate di mandorle pelate, 1 bustina di zafferano, il succo di 1/2 arancia, le foglioline di 2 rametti di maggiorana, 1 pizzico di sale e tanto olio a filo quanto ne occorre per renderla fluida.
Si liberano gli involtini dalla pellicola, si affettano e si servono con la salsa e delle patate al vapore.

Questa è la ricetta originale, quella “sarda”, ma si possono fare molte variazioni sia sul fronte della salsa di accompagnamento, ovviamente, che in relazione al metodo di cottura.
Io lascerei comunque tutto come sta perché è proprio un piatto saporito ed equilibrato.

Torta soffice di pere e ricotta

Ho già detto che non amo particolarmente fare le torte, ma naturalmente di tanto in tanto ne sforno qualcuna.
Le più gettonate soprattutto per la colazione del mattino, a casa nostra sono la crostata con la marmellata gialla e le torte di mele, sia strudel che apple pie.
La marmellata gialla è quella di pesche o di albicocche, come la chiamavano i nostri figli quando erano piccoli, mentre quella rossa era indifferentemente di amarene o di fragole.
Siccome però sono sempre alla ricerca di qualcosa di diverso, se non proprio di nuovo, questa settimana ho provato una torta di pere e ricotta proprio niente male.

Torta pere e ricotta

Ho sbattuto con le fruste elettriche 75 grammi di burro morbido e 300 gr di ricotta vaccina con 150 gr di zucchero, poi ho aggiunto la buccia grattugiata da 1 limone, 1 bicchierino di grappa di pere Williams (ma si può usare anche un altro liquore a piacere) e ho incorporato 3 uova intere, una alla volta.
Usando una spatola ho aggiunto a questo composto semi liquido 250 gr di farina setacciata, 1 bustina di lievito, 1 pizzico di sale e 4 pere kaiser (si possono scegliere anche le Abate) sbucciate e tagliate a cubetti e ho mescolato delicatamente per amalgamare bene tutti gli ingredienti.
Ho versato questo composto in una tortiera a cerniera imburrata e infarinata e prima di infornare a 180 gradi per circa 50 minuti, ho affettato sottilissima in orizzontale la parte centrale di un’altra pera con la mandolina e ho decorato la superficie della torta.
Non ho spolverizzato con lo zucchero a velo perché le fettine di pera erano carine così.