
Quando ero ragazzina, un anno siamo andati al mare a Pesaro.Le famiglie come la nostra, agiate ma che non potevano permettersi un soggiorno in albergo di un intero mese, a Pasqua o al massimo il Primo Maggio, facevano una … Continua a leggere
Quando ero ragazzina, un anno siamo andati al mare a Pesaro.Le famiglie come la nostra, agiate ma che non potevano permettersi un soggiorno in albergo di un intero mese, a Pasqua o al massimo il Primo Maggio, facevano una … Continua a leggere
Come definire la Jambalaya?
Insieme al Gumbo è uno dei più famosi piatti della cucina creola. Le sue origini sono provenzali ma si è nel tempo arricchita di molte successive varianti grazie alle influenze spagnola e africana.
Si potrebbe dire, semplificando giusto per dare un’idea, che è la versione della Paella che si mangia in Louisiana perché si cucina tradizionalmente con riso, carne, verdure e gamberi.
Non sono mai stata in Louisiana, ma la tipica cucina Cajun si gusta anche in Florida per esempio, e lì sì che ci sono stata, più volte e sempre divertendomi un sacco, facendo esperienze sensoriali diverse e interessanti: passeggiando con Topolino a Orlando, abbronzandomi a Miami Beach, quasi sfuggendo a un uragano a Key West, cercando la Fonte dell’eterna giovinezza di Ponce de Leon, raccogliendo conchiglie a Sanibel Island e mangiando specialità della cucina creola e molto altro un po’ dappertutto: sulla Costa Atlantica e sul Golfo del Messico.
Questa è la mia Jambalaya.
In una larga padella si fanno saltare con 4 cucchiai di olio una grossa cipolla tritata, 2 spicchi d’aglio grattugiati, 1 peperone verde a cubetti, le foglioline di 2 rametti di timo e 2 gambi di sedano affettati sottili.
Quando sono appassiti, si aggiungono 200 gr di petto di pollo (oppure di prosciutto cotto) a dadini e 200 gr di salsiccia piccante tagliata a fette di circa 1/2 cm, si fanno dorare e si cuociono per una decina di minuti abbassando la fiamma.
Si uniscono 1 scatola di pomodori pelati sgocciolati e spezzettati con una forchetta, 200 gr di riso parboiled, 1/2 cucchiaino di sale, 1 foglia di alloro, 1/2 cucchiaino di chiodi di garofano pestati, 1 cucchiaino di peperoncino a scaglie, 1 cucchiaino di origano secco e 1 cucchiaio di prezzemolo tritato.
Si mescola, si fa insaporire poi si versa 1/2 litro di brodo e si fa cuocere coperto per circa 30 minuti, tanto questo riso non scuoce, ma diventa tenero e assorbe quasi tutto il liquido.
A questo punto si aggiungono 500 gr di code di gambero pulite e sgusciate e si prosegue la cottura per altri 5 o 6 minuti.
Il risultato è un riso morbido e profumato, caldo, speziato, piccante e ricco di sapore. Indimenticabile.
Quello che si avvicina di più al chorizo, la salsiccia piccante della ricetta originale, è il salamino napoletano o la salsiccia calabra al peperoncino non troppo stagionati, ma piuttosto morbidi, che sono decisamente più facili da reperire.
Da qualche anno volare si è rivelato un problema per la nostra famiglia. Abbiamo quindi diradato i voli intercontinentali: troppo lunghi.
Peccato, perché se si esclude il piroscafo, l’aereo è l’unico mezzo per raggiungere l’America…
Una volta, volando con la US Airways, abbiamo fatto scalo a Filadelfia, per cambiare aereo e raggiungere la Florida.
Se non si tiene conto del “girotondo” di quasi un’ora nei cieli sopra il Philadelphia International per poter atterrare in questo aeroporto notoriamente trafficatissimo, la sosta in attesa della coincidenza non è stata poi così male, perché abbiamo avuto l’opportunità di assaggiare un robusto panino per cui la città più importante della Pennsylvania è giustamente famosa.
Io avevo sempre pensato che gli abitanti della storica culla dell’Indipendenza degli Stati Uniti, la rigorosa ed elegante città fondata dal quacchero William Penn sulla riva del Delaware, fossero raffinati amanti di una cucina ricercata e signorile, mentre in realtà mangiano come draghi affamati.
Lo dimostra il “Philly Cheesesteak Sandwich”.
Si fa arrostire in forno 1 peperone, lo si priva delle pelle e dei semi e lo si taglia a striscioline.
Si fa saltare in padella con un pochino di olio 1 cipolla tagliata a fette piuttosto spesse. Si unisce il peperone e si fa insaporire.
Si scola e si mette da parte. Nella stessa padella si cuociono 7-8 funghi champignon affettati.
Si fanno rosolare brevemente su una piastra (una griglia o una bistecchiera) leggermente oliata, 300 gr di fettine di carne di manzo rigirandole una volta.
Tenendole sulla piastra, si dividono in due mucchietti, sopra ciascuno si posizionano 80 gr di fettine di formaggio tipo provolone e si fanno fondere.
Si trasferiscono le verdure saltate, salate e pepate, su 1 baguette tagliata in due, aperta a metà e scaldata sulla piastra, si coprono con la carne e il formaggio e si completano con salsa ketchup piccante e maionese.
Se fate uno scalo a Filadelfia e avete un po’ di tempo in attesa della coincidenza del vostro volo con il prossimo, in Aeroporto vi consiglio di assaggiare questo panino, che è famosissimo.
Se invece avete in programma di visitare veramente la città e non solo di darle una sbirciatina dall’alto, per ammirare la Liberty Bell, visitare Congress Hall o Independence Hall e guardare da vicino la Dichiarazione di Indipendenza, lo potete mangiare anche nella caffetteria del Museo.
Se non avete mai preso in considerazione la possibilità di visitare la Pennsylvania, poco male, però pensateci perché qui, nella Contea di Lancaster, che dista solo 120 km da Filadelfia, c’è la più popolosa colonia Amish d’America.
Intanto comunque per un pranzo domenicale in giardino o sul terrazzo, piuttosto affamati e ben disposti a ungervi un po’, adesso sapete come preparare un perfetto Philly Cheesesteak!
E non dimenticatevi le patatine fritte…
Com’è che si dice? Se non è zuppa è pan bagnato, vero?
In Costa Azzurra invece il “pan bagnat” (non “pain baigné”) non è affatto una zuppa ma un fantastico piatto unico che chiamare panino farcito è veramente riduttivo.
Giudicate da soli!
A Nizza è una vera istituzione, una sorta di cibo da strada che ho visto mangiare anche sulla spiaggia.
Io ho imparato ad apprezzarlo in un delizioso locale d’atmosfera di Cours Saleya dove si pranza e ci si riposa dopo aver girato per il Marchè aux Fleurs e si può scegliere un piatto veloce tipo Petit Farcis, Salade Nicoise, Socca, Pissaladière, Moules et Frites o il nostro stuzzicante Pan Bagnat.
Faccio rassodare 2 uova, le sguscio e le taglio a rondelle. Preparo una vinaigrette con 4 cucchiai di olio, 2 cucchiai di aceto, sale e pepe.
Elimino i semi da 1 peperone verde, rosso o giallo e lo affetto sottile. Affetto anche 2 grossi pomodori maturi, 4-5 ravanelli e 2 cipollotti (oppure 1 cipolla rossa).
Taglio 4 panini a metà, bagno l’interno con qualche cucchiaiata di vinaigrette e li riempio con le cipolle, i pomodori, il peperone, le uova e in più circa 200 gr in totale di tonno sott’olio sgocciolato, 1 mazzetto di rucola (che può essere sostituita da 1 mazzetto di basilico, molto più provenzale), 8 filetti di acciughe e una decina di olive nere denocciolate.
Sopra distribuisco il resto della vinaigrette, copro con l’altra metà del panino, presso un po’ e servo subito perché il pane deve risultare sì “bagnat”, ma non troppo imbevuto.
Si può usare anche una baguette, ma l’ideale per me è utilizzare dei panini più morbidi, che si inumidiscono meglio di vinaigrette.
Quando si sente dire: Riso all’Orientale, si pensa subito al Riso alla Cantonese, vero? O almeno a me era sempre successo così.
Ma esiste anche una versione poco conosciuta dello squisito riso Basmati (il cui nome deriva dalla fusione delle parole Hindi: “bas” che significa fragrante e “mati” che significa prodotto dalla terra) che ho ribattezzato Riso del Sultano, perché ha origini Persiane. Se siete curiosi, vi consiglio di prenderlo in considerazione con o senza le varianti che ho introdotto rispetto alla ricetta originale. È insolito e profumato, stuzzica e sazia, è adatto anche ai pic nic.
Come sempre, di questo piatto esistono tante versioni quante sono le famiglie Iraniane, Siriane o Turche che lo cucinano. Questa non è che la mia. Italianizzata al massimo.
Prima di tutto sciacquo 2 tazze di riso Basmati sotto l’acqua corrente fresca e lo lascio a bagno per una decina di minuti.
Nel frattempo faccio appassire in olio e burro 1 cipolla affettata sottile e 1 spicchio d’aglio grattugiato senza farli imbiondire troppo. Aggiungo 3 tazze di brodo vegetale nel quale ho fatto sciogliere 1 bustina di zafferano e aggiunto cannella, curry in polvere, 2 chiodi di garofano e porto a bollore.
A questo punto aggiungo il riso (che ho scolato e poi asciugato tamponandolo), copro e faccio cuocere 20 minuti senza mai sollevare il coperchio. Passato questo tempo il liquido sarà completamente assorbito.
Verso il riso in un contenitore piuttosto basso, che possa andare in tavola e lo sgrano con due forchette, aggiungo 1 mela a cubetti, 1 petto di pollo cotto alla piastra tagliato a pezzetti, 50 gr di mandorle spezzettate e 50 gr di uvetta ammollata, aggiusto di sale e pepe e mescolo.
Naturalmente scelgo la Sultanina, dato il titolo della ricetta! Però se avete in casa uvetta di Corinto, di Smirne o di Malaga, va bene lo stesso, anzi a me piace utilizzarne anche due tipi insieme. È bello il contrasto tra i chicchi grossi e biondi e quelli piccoli e scuri.
A questo punto vi potete fermare, perché avrete un piatto “comme il faut”, ma io introduco anche una nota Mediterranea di casa nostra, aggiungendo funghetti champignon crudi affettati sottili, qualche falda di peperone arrostito e spellato ridotto a striscioline e alcune olive verdi farcite e altre nere aromatizzate.