Il sapore dei ricordi

da “I tempi andati e i tempi di cottura (con qualche divagazione)”

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Un po’ come le briciole che riportarono a casa Pollicino,soprattutto quando organizzo una cena,chiamiamola formale, i miei piatti sono un susseguirsi di ingredienti e sapori che danno loro un carattere,un senso,un gusto particolare e riconoscibile che in un certo qual modo cerca di condurti da qualche parte: verso un angolo della memoria, tipo un giardino di Sorrento che profuma di zagare e limoni, una terrazza sul mare in Costa Azzurra che odora di erbe Provenzali, un Taco Bell in California con l’aroma pungente di Chipote, da Giggi Er Sozzone al Testaccio dove la cucina è vicina alla toilette….ma qui passerei oltre. In generale, sono tutti ricordi ed emozioni che si possono mettere in tavola.
C’è chi le chiama cene a tema, ma io non sarei tanto generica e qualunquista. Insomma non è che a settembre mi metto in mente di fare dei funghi la colonna sonora prevedibile e scontata di un menù a base di ovoli,porcini,finferli e chiodini.
Si può fare,certo,e sarebbe senz’altro tutto squisito…. ma che noia! La mia amica Melina avrebbe detto di sicuro: “Mi scoccio!” dovendo cucinare cose così banali.Tanto vale fare una gita sulle Dolomiti,dove i funghi li fanno benissimo dappertutto e risparmiarsi la fatica.
Insomma quello che voglio dire è che mi piace – e vorrei che finisse col piacere anche a voi, così ne possiamo parlare quando avrò un blog – lavorare intorno a un’idea e svilupparla con fantasia.
Dunque,il tema di una cena di settembre non saranno i funghi e morta lì,ma una gustosa rievocazione di una gita al lago di Carezza,di una passeggiata in pineta a Folgaria,della vista delle Tre Cime di Lavaredo.Capito cosa intendo?
Quindi comincerei col servire un’insalatina di porcini e mele,seguita da maltagliati con pinoli e formaggio di malga,involtini di maiale al ginepro e un gelato alla nocciola con del miele di castagno. Che ne dite?
Adesso non è che per forza vi dovete intestardire su ricette dell’Alto Adige, ma era solo un’idea per mettere in tavola il sapore di un ricordo e condividerlo.
E poiché i ricordi sono come le ciliegie e uno tira l’altro, mi è venuta in mente un’esperienza piuttosto recente vissuta proprio in Trentino.
La regina Vittoria, sovrana molto illuminata, con grande liberalità diceva che “Ognuno può fare quello che vuole, basta che non lo faccia per strada e non spaventi i cavalli”.
Trovo che sia un grande pensiero, di cui avrebbe dovuto tener conto un certo ristoratore, con velleità alberghiere, al quale una Stella Michelin e un trofeo televisivo hanno un po’ dato alla testa,tanto da indurlo ad aprire un Hotel che credo sia il Relais più kitsch delle Tre Venezie ,nonostante le sue 5 Stelle Lusso.
Si tratta di un piccolo Albergo a ridosso di un bellissimo bosco,che vanta lussuosissime suite sontuosamente arredate,ricche di incredibili optional,tipo soffitti di cristallo che ti consentono di guardare le stelle,ampia zona Jacuzzi,biblioteca ben fornita e raccolta di film e CD notevole,oltre a proporre una squisita cena gourmet servita in camera e un massaggio con oli essenziali da eseguire a lume di candela,inclusi nel pacchetto.
Detto così sembra suggestivo vero? Ci avevamo creduto anche noi quando l’abbiamo prenotato l’anno scorso a fine Agosto,dopo che da un pezzo davo il tormento a mio marito per indurlo a passare un weekend in Trentino.
Quando ci siamo decisi,abbiamo scelto la Val di Non un po’ perché è vicina e un po’ perché ci intrigava quello che avevamo letto di questo Hotel.
In realtà la vantata Villa e il Ristorante sorgono in una viuzza decentrata, accanto a piccoli condomini di appartamenti da affittare e casette a due piani decorate col bucato steso ad asciugare, con biciclette e altri giochi per bambini abbandonati in giardinetti mal tenuti. Un quartiere modesto,poco in linea con la ricerca del lusso e raffinatezza inseguita dai proprietari dell’hotel
Il “benessere” era affidato ad un estetista molto dolce ma un po’ improvvisato e mentre Lino si godeva lo splendido Golf Club Dolomiti,per il mio massaggio, anziché rilassarci in camera, sono dovuta scendere in accappatoio al Centro estetico del sotterraneo, dove faceva anche freddino.
Il menù del famoso Ristorante il giorno successivo si è rivelato privo di grandi possibilità di scelta per noi, che avendo goduto la sera precedente della luculliana degustazione compresa nella proposta “Romantica”, in pratica avevamo già assaggiato tutti i piatti più significativi durante una cena servita nella suite e durata un po’ troppo a causa della lentezza del servizio.Abbiamo scelto comunque due proposte abbastanza interessanti, ma non certo indimenticabili ,che ci sono state servite con sussiego e una certa diffidenza dall’arcigna madre del già citato chef, mentre i vini ci venivano consigliati dal gemello sommelier.
Non ho niente contro le conduzioni familiari ,anzi a volte sono proprio vincenti , ma le preferisco meno pretenziose e decisamente meno salate di quella, a mio avviso sopravvalutata, dell’Orso Grigio (Villa e Ristorante). Peccato però , perché le intenzioni erano buone, ma mancava forse quel pizzico di classe, di esperienza e di eleganza che avrebbero fatto la differenza.

INSALATINA DI PORCINI E MELE

300gr di funghi porcini- 2 mele Granny Smith,1 cipollotto,1 gambo di sedano,aglio e prezzemolo,1/2 bicchiere di latte,succo di limone,olio,sale e pepe.

Pulisco benissimo i funghi porcini- che ho scelto con cura dal Mariano- e li affetto. Poi affetto anche il cipollotto e lo metto a bagno nel latte.
Intanto trito insieme il prezzemolo ,il sedano e l’aglio(io ne metto appena una scaglietta, ma se ne può utilizzare anche mezzo spicchio : va a gusti.)
Lavo e sbuccio le mele, le affetto sottili sottili e le spruzzo con il succo del limone perché non anneriscano.
Poi comincio ad assemblare l’insalata ,direttamente nei piatti individuali così non c’è da mescolare e non si corre il rischio di frantumare sia i funghi che le mele.
Dunque, faccio uno strato di fettine di mela, sopra appoggio qualche rondellina di cipollotto scolato dal latte e tamponato con la carta da cucina e sopra ancora distribuisco i porcini.Preparo una citronette classica ma non troppo acida e la miscelo al composto di aglio,sedano e prezzemolo.
Condisco con questa salsina le insalatine e le servo come antipastino….Ma che carino!

INVOLTINI AL GINEPRO

12 fettine sottili di lonza di maiale,150 gr di polpa di maiale macinata, 1 salsiccia, 100 gr di prosciutto cotto a cubetti, bacche di ginepro, 1 rametto di rosmarino, qualche foglia di salvia,olio e burro,sale e pepe, poca farina, 1 bicchierino di gin.

Pesto nel mortaio qualche bacca di ginepro, diciamo 5 o 6 e le mescolo agli aghi di rosmarino tritati,poi unisco il macinato, la salsiccia spellata e i cubetti di prosciutto.
Suddivido questo composto sulle fettine di lonza,le chiudo a involtino e le fermo con uno stuzzicadenti.
Le infarino leggermente ,poi le cuocio in olio e burro con la salvia.
Verso la fine della cottura le spruzzo con il gin e lo lascio evaporare.
Prima di portarle in tavola ,elimino gli stuzzicadenti.

Se non siete patiti del Cocktail Martini, non state a fare spese in più. Se in casa non avete il Gin,usate pure della buona grappa:vengono bene comunque ed hanno una rustica ed apprezzabile aria montanara.

Pennino

Copyright by Pennino

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Filetto quasi alla Wellington

Da anni faccio un filetto in crosta che darebbe del filo da torcere a quello alla Wellington, che peraltro preferisco cucinare in monoporzioni (https://silvarigobello.com/2014/11/26/filetto-in-crosta-di-sfoglia/) se si dovessero sfidare in una gara.
Si tratta di un piatto laborioso, con tanti passaggi e tre diverse cotture, ma il risultato è straordinario.

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Metto a rosolare a fuoco vivace, in una casseruola che lo contenga di misura, un filetto di maiale di circa 600 gr con 1/2 bicchiere di olio, 2 spicchi d’aglio e un rametto di rosmarino.
Quando mostra una bella crosticina su tutti i lati, salo e pepo generosamente, abbasso la fiamma, incoperchio e continuo la cottura per altri 10 minuti rigirandolo più volte.
Tolgo il filetto dalla casseruola e lo lascio raffreddare.
Intanto faccio trifolare 300 gr di funghi champignon affettati sottili nel burro con aglio, pepe, sale e prezzemolo. A fine cottura, fuori dal fuoco, unisco 400 gr di polpa di maiale macinata e mescolo bene.
Imburro uno stampo da plum cake, lo fodero di carta forno anch’essa imburrata, accomodo sul fondo circa 1/3 dell’impasto di funghi e macinato, sopra appoggio il filetto sgocciolato, conservando il sugo, e copro con il restante impasto riempiendo anche i lati dello stampo, facendo attenzione che non restino dei vuoti.
Copro con un foglio di alluminio e inforno a 160° per 50 minuti.
Quando è cotto, aspetto a sformarlo che si sia raffreddato.
Recupero il sugo che si è formato sul fondo dello stampo inclinandolo e versandolo nel contenitore dove ho conservato quello della cottura del filetto.
Capovolgo lo stampo con attenzione al centro di una confezione di pasta sfoglia pronta, stesa sul piano di lavoro e avvolgo il filetto “bardato” di macinato e funghi, sigillandolo con il latte.
Appoggio la preparazione, con la giuntura sotto, su una teglia coperta di carta forno imburrata, la spennello con altro latte e inforno nuovamente a 180° per una ventina di minuti: la sfoglia deve risultare bella dorata.
Sforno, aspetto 5 minuti e intanto unisco i due sughi ottenuti dalla cottura delle carni, li filtro con un colino fine, li scaldo aggiungendo un generoso pezzetto di burro e servo a parte in salsiera.
Naturalmente porto in tavola il filetto intero e lo affetto davanti agli ospiti, perché il suo bello è proprio mostrarlo con la crosta, delicata, friabile, intatta.

Lo so che è una ricetta complicata e laboriosa, ma in certe occasioni vale davvero la fatica.
In fondo però si tratta di un piatto che si può preparare in più riprese, quindi… sapete già come la penso.

Arista al latte con salsa di mele e di cipolle

Da un po’ sto seguendo in TV un Talent Show culinario che si svolge in Australia. Mi piace molto, anche se non riesco a trarre grandi ispirazioni dalle ricette che le coppie in gara presentano.
Comunque ho notato che quello a cui tengono particolarmente i due giudici Manu Feildel, chef di origine francese già giudice di Masterchef Australia e Pete Evans, chef autore di molti best sellers di cucina, è la salsa che accompagna, o dovrebbe accompagnare le ricette dei concorrenti: per entrambi non ce n’è mai a sufficienza e quindi giudicano spesso le preparazioni troppo asciutte.
Io sono una grande sostenitrice di questa necessità: anche la carne più tenera e saporita ha bisogno di una salsa per essere perfetta.
L’arista, per esempio, è una preparazione molto gustosa ma ha purtroppo il limite di non essere morbida e succulenta come ci si aspetta da un arrosto.
Un modo per renderla meno asciutta è cuocerla con il latte e servirla con qualche salsa ricca e morbida in aggiunta al suo sugo.

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Si fanno rosolare in olio e burro circa 8-900 grammi di lombata di maiale disossata, o lonza, che una volta cotta prenderà il nome di arista.
Si aggiungono 2 spicchi d’aglio schiacciati, 1 rametto di rosmarino, 1 foglia di alloro, 3-4 foglie di salvia, un paio di rametti di timo e se è possibile anche 1 di mirto.
Si rigira ripetutamente e quando la carne è ben rosolata dappertutto, si sfuma con 1/2 bicchiere di Marsala, si sala e si pepa, si insaporisce con 2 chiodi di garofano e qualche bacca di ginepro e si copre con 1 litro di latte caldo.
Si mette il coperchio e si fa cuocere almeno per un’ora facendo attenzione che a mano a mano che il latte si consuma la carne non si attacchi al fondo del tegame.
Se il liquido dovesse asciugarsi troppo, si può aggiungere 1 mestolo di brodo oppure altro latte.
A fine cottura, dopo circa un’ora e mezza, la carne deve risultare morbida e il sugo trasparente in superficie. Sul fondo invece si sarà formato un “sedimento”, lasciato dal latte, che darà ancora più gusto alla carne.
Fintanto che l’arista cuoce si prepara una salsa di accompagnamento a base di mele, che col maiale stanno benissimo, e una di cipolle per bilanciare la loro dolcezza.
Si tagliano a metà e si affettano non troppo sottili 600 gr di cipolle dorate, quelle dolci, o in alternativa quelle bianche.
Si fanno stufare dolcemente in olio e burro, si salano e si lasciano ammorbidire aggiungendo qualche cucchiaiata d’acqua.
Quando diventano trasparenti e quindi sono appassite ma non rosolate, si tolgono dal tegame con l’aiuto di una forchetta e si tengono da parte.
Si versano nello stesso tegame 1/2 kg di mele renette sbucciate e tagliate a pezzi.
Si fanno saltare a fuoco vivo, si aggiunge 1 cucchiaio di miele e si completa con una manciata di noci tritate molto grossolanamente.
Si serve l’arista a fette accompagnata dalle due salse, di mele e di cipolle, e si passa a parte in salsiera il sugo della carne filtrato.

Secondo me questo si può considerare uno dei grandi arrosti da prendere in considerazione anche a dicembre. Tenetelo a mente perché quando saremo sotto le Feste tornerà utile avere qualche idea nuova da portare in tavola.
L’arista si può cuocere anche al forno e la salsa si può fare anche cuocendo insieme mele e cipolle, ma questa volta mi piaceva di più offrire due salse anziché una, per dare più importanza alla ricetta…

La fougasse

Adoro la cucina francese.
Sarà per via di quella parentela a cui ho già accennato, o delle frequentazioni durante gli anni vissuti in campagna, oppure del fatto che la cucina francese è davvero eccellente, fatto sta che quando ho la fortuna di trascorrere qualche giorno oltre confine, mi diverto a sperimentare sempre qualche nuovo piatto e a portarmi a casa la relativa ricetta.
Nella scelta di come nutrirmi in Costa Azzurra, per esempio, sono molto democratica: ceno con gioia in ristoranti prestigiosi e pranzo con altrettanto entusiasmo con un’insalata o un “pan bagnat” in localini semplici consigliatimi da chi vive lì.
La “fougasse garni” è una rustica scoperta piuttosto recente e non potevo resistere oltre senza condividerla.

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Si soffriggono con una noce di burro 2 cipolle bianche tritate, si sala appena e quando si sono imbiondite, si aggiungono 3 salsicce (tipo luganiche, trevigiane o mantovane) private della pelle e tagliate a rondelle.
Si lasciano insaporire e si completa la cottura unendo 2 foglie di salvia tritate.
Si fanno intiepidire e si tengono da parte.
Si tagliano a cubetti 2 pomodori ramati privati dei semi e della pelle
Si setacciano 350 gr di farina, si fa la fontana, si aggiungono un pizzico di sale, 2 cucchiai di olio, 1 bustina di lievito di birra liofilizzato e qualche cucchiaiata di acqua tiepida, da aggiungere poca per volta per ottenere un impasto elastico e omogeneo.
Si lavora a lungo, poi si stende la pasta con il mattarello dandole una forma tonda. Deve essere alta circa 1/2 cm.
Se ne copre metà con il composto di cipolle e salsicce, lasciando libera l’altra metà e un bordo di un paio di centimetri.
Si cosparge col pomodoro a cubetti e si dividono sopra a ciuffetti 2 cilindretti di formaggio caprino.
Si sala e si insaporisce con una macinata di pepe. Si completa con una cucchiaiata di olive nere tagliate a metà e denocciolate e si copre con l’altra metà del disco di pasta.
Prima di quest’ultima operazione si praticano dei tagli simmetrici in diagonale per far uscire il vapore in cottura (che rappresentano la caratteristica della fougasse) e poi si sigillano i bordi della “mezzaluna” che nella forma ricorda un maxi panzerotto.
Si spennella d’olio, si cosparge di aghi di rosmarino e si spolverizza con una cucchiaiata di parmigiano grattugiato.
Si inforna a 160 gradi per circa mezz’ora e la fougasse è pronta per essere assaggiata.

Questa è la versione “garni” mentre quella semplice, senza il ripieno, che si acquista dal fornaio, ha la forma di una foglia di filodendro e si mette in tavola con il pane.

Follie al barbecue

Scommetto che in molti ieri avete fatto la classica grigliata di Ferragosto, tempo permettendo.
Si dice che la carne cotta appunto alla griglia, alla piastra, ai ferri o al barbecue possa rientrare anche nelle diete più severe.
Probabilmente il dietologo o il nutrizionista che in buona fede ha fatto questa generica affermazione contando sul ritegno e il senso della misura di chi lo ascoltava, non ha tenuto conto dell’insaziabile ghiottoneria di alcuni di noi.
Ma chi, invitato a un barbecue, saprebbe rinunciare a questi formidabili spiedini di pancetta e pollo spennellati durante la cottura con una salsa al bourbon e miele? Giusto un vegano o qualcuno con una coscienza eccezionalmente diligente e ligia, direi.
Chi avrà il coraggio di copiare la ricetta e mangiarsi queste delizie, potrà concorrere con noi alla gara nazionale di colesterolo, rischiando il primo posto sul podio!

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Finché chi si occupa della griglia si sta organizzando per ottenere le braci calde al punto giusto, si può cominciare preparando una ciotola di salsa che possiamo chiamare barbecue, che andrà spennellata sulla carne, con l’aiuto di alcuni rametti di rosmarino, timo e possibilmente mirto, legati insieme.
Si incorporano a 1/2 bicchiere di bourbon, o di whiskey, 1 cucchiaio di senape di Digione, 2 cucchiai di miele, 2 cucchiai di olio all’aglio, 1 spruzzo di Tabasco, 1 pizzico di sale, il succo di 1/2 arancia e la sua buccia grattugiata
Si miscelano bene tutti gli ingredienti con una piccola frusta e si lascia riposare la salsa.
Nel frattempo si preparano i famigerati spiedini con la stessa tecnica illustrata nel vecchio post https://silvarigobello.com/2013/07/16/spiedini-alla-moda-del-maine/
Si parte infilzando l’inizio di una fetta di bacon fatta tagliare piuttosto spessa, poi un bocconcino di pollo, che può essere petto o sovracoscia disossata, si ripiega il bacon, si infilza un altro bocconcino di pollo, di nuovo il bacon e avanti così fino ad aver completato lo spiedino.
Se ne preparano tanti quanti ne suggerisce la coscienza. Si dà una rimestata alla salsa, si immerge il “pennello” di erbe aromatiche, si spennellano gli spiedini su tutti i lati e si collocano sulla griglia.
L’addetto alla cottura si dovrà preoccupare di spennellarli di salsa ogni volta che li girerà per farli cuocere da tutti i lati.

Naturalmente questa salsa barbecue può essere spennellata su qualsiasi tipo di carne si intenda cuocere, ma non su tutti insieme: a me piace che ogni porzione abbia una sua precisa identità e un aroma personale.

Filetto e friggitelli

È stato nelle vicinanze di Pontassieve che nell’autunno successivo all’attentato alle Torri Gemelle ho assaggiato per la prima volta i peperoncini verdi dolci chiamati friggitelli.
Prima di raggiungere l’Agriturismo che ci avrebbe ospitati, ci siamo fermati a pranzo in una rinomatissima trattoria della zona, dove ho scelto un filetto “olio e aglio” accompagnato dai friggitelli. Tutto molto semplice. Tutto molto saporito.

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Cosa ci avesse portato proprio nella terra di Renzi e del Mostro di Firenze è una strana storia che state per sorbirvi in aggiunta alla ricetta.
Erano gli anni in cui il significato di estate coincideva con i Villaggi Valtur: credo li abbiamo frequentati tutti.
Quella fu l’estate di Pollina, vicino a Cefalù.

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Quell’anno avevamo fatto un corso di Tai Chi Chuan che ci aveva entusiasmato tanto da farci iscrivere per partecipare a fine estate ad una sessione speciale organizzata in Toscana dai due maestri di Arti Marziali fiorentini.
Questa ricetta è rimasta dimenticata nei famosi cassetti della memoria fino a quando non ho acquistato dei friggitelli freschissimi per un altro piatto (del quale parleremo senz’altro) e mi è tornata in mente.
L’introduzione è piuttosto lunga, lo so, ma come sapete ho una memoria formidabile e quando i ricordi tornano a farsi vivi, mi fa piacere condividerli, per dare un senso e una fisionomia alla ricetta, che in compenso è semplice e veloce.

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Si affettano sottili 2-3 spicchi d’aglio e si mettono in infusione in un piatto con una tazzina di olio.
Si aggiungono 2 fette piuttosto alte di filetto di manzo di circa 150-180 gr l’una e si lasciano insaporire in frigorifero, coperte con la pellicola, per qualche ora, si rigirano una volta.
Nel frattempo di lavano accuratamente circa una dozzina di friggitelli freschi possibilmente tutti della stessa misura e si asciugano.
Si scalda molto bene una piastra o la griglia e si sgocciola il filetto.
Si arrostiscono per primi i friggitelli che vanno spennellati ogni volta che si rigirano, quindi spesso, con un rametto di rosmarino intriso con l’olio in cui si è marinato il filetto.
Quando sono belli rosolati si tolgono dalla piastra e si tengono da parte.
Velocemente si cuociono su tutti i lati i filetti, spennellandoli sempre col rosmarino e l’olio all’aglio, si aggiustano di sale e pepe e, raggiunto il grado di cottura desiderato, si servono insieme al friggitelli.

Questa ricetta sembra una di quelle sciarade che partendo dall’indicazione 11 Settembre 2001 e attraverso il Tai Chi e il Pacciani, portano alla cottura di un filetto profumatissimo d’aglio, vero?

Stuzzichini pere e gorgonzola

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Ricettina domenicale. Non impegnativa, semplice e gustosa.
Ci vogliono: una baguette (affettata e tostata), una pera a fette sottili (saltate in padella con una noce di burro, una spruzzata di aceto balsamico, un rametto di rosmarino e qualche foglia di salvia), miele di corbezzolo (quello amaro) e dell’ottimo gorgonzola dolce (quello morbido, con la goccia) e una bottiglia di eccellente Prosecco di Valdobbiadene.
Si spalma un cucchiaino di miele sui crostini di baguette, si appoggiano sopra due fettine di pera dorata e un cucchiaino di gorgonzola.
Si stappa il Prosecco, si versa nelle flûte e si serve tutto insieme.
È ammesso fare cin cin.

Buona domenica a tutti!

Il Roast beef all’Inglese

Una delle preparazioni più semplici per mettere in evidenza la bontà della carne di manzo è senza dubbio il Roast Beef all’Inglese.
Ho sentito parlare di decine di ricette, ne ho provate alcune, ma resto fedele alla mia: collaudatissima e deliziosa.
Naturalmente perché piaccia anche a voi dovere avere lo spirito di veri Beef Eater e apprezzare la cottura media della carne, quella che i Francesi definiscono “à point” e gli Anglosassoni “medium”. Ignoro la definizione in Tedesco, ma mi posso documentare. In Spagnolo potrebbe essere “poco cocido”, ma sto improvvisando.
Ci sono poche regole da seguire per ottenere fette di controfiletto di manzo tenere e succulente come quelle della fotografia, ma vanno rispettate senza modifica alcuna.

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Prima di tutto: io il roast beef lo faccio in tegame e non al forno. Acquisto circa 800 gr di controfiletto, che è la quantità che garantisce di ottenere un roast beef perfetto. Si può legare con refe da cucina per mantenere la forma, ma io non lo faccio.
Per ogni 100 gr di carne occorrono 3 minuti di cottura distribuiti su ogni lato del taglio di carne, che va spalmato con 1 cucchiaino di salsa alla senape e messo in un tegame che lo contenga di misura.
Si insaporisce con 1/2 cucchiaino di sale grosso, una generosa macinata di pepe nero, una spruzzata di salsa Worcestershire e si rosola a fuoco vivace.
Poniamo dunque che il nostro roast beef pesi, come abbiamo detto, 800 gr e abbia la forma di un parallelepipedo: andrà cotto quindi 6 minuti per lato, rigirandolo solo una volta, come si fa con la carne alla griglia.
Quando è cotto, si toglie dal tegame, si avvolge in un foglio doppio di stagnola e si lascia riposare almeno 15 minuti prima di affettarlo.
Si filtra il sugo, si versa in una salsiera e si porta in tavola con la carne.

L’operazione di affettare il roast beef è molto scenografica, quindi consiglio di farlo davanti ai commensali.

Pollo alla Folies Bergère, o più semplicemente: Pollo brasato ai funghi

Domenica avevo in mente di cucinare il leggendario Pollo Zoppo (https://silvarigobello.com/2014/05/17/la-ricetta-del-primo-anniversario-del-mio-bolg-un-nostalgico-pollo-zoppo/) ma dato che ero già immalinconita per una serie di problematiche personali, ho preferito non commuovermi con i ricordi.
Quindi il pollo già tagliato a quarti dal macellaio, ha cambiato destinazione ed è diventato quello che ho chiamato Pollo alla Folies Bergère perché vagamente assomiglia al francesissimo Coq au Vin. Mi dovevo ben divertire per non farmi trascinare nella Palude della Tristezza, no?!

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Si fanno rosolare in una casseruola 150 gr di pancetta a dadini con 20 gr di burro, si aggiungono 200 gr di cipolline sbucciate e si fanno rosolare.
In un altro tegame si fanno saltare con 1 cucchiaio di olio e 2 spicchi s’aglio schiacciati 200 gr di funghetti coltivati piccoli piccoli, interi o affettati. Quando tutta la loro acqua di vegetazione si è assorbita, si sala, si pepa, si elimina l’aglio e si aggiungono alle cipolline..
Con 2 cucchiai di olio si fa dorare nello stesso tegame passato con la carta da cucina 1 pollo bello grosso tagliato in 8 pezzi con 1 rametto di rosmarino e 2 rametti di timo avvolti in 1 foglia di alloro e legati per poter essere recuperati facilmente a fine cottura.
Si versa nel tegame 1/2 litro di ottimo vino rosso della propria zona. Io ho usato il Valpolicella Classico.
Si aggiusta di sale e di pepe, si aggiunge 1 cucchiaino di doppio concentrato di pomodoro e a tegame coperto si lascia cuocere circa 3/4 d’ora.
Se occorre si fa restringere il sugo e si eliminano gli odori, si versano nel tegame le cipolline e i funghi e non appena si sono scaldati si può servire.

È un piatto fantastico con la polenta, che non troverete mai nel menù delle Folies Bergère…
Mi perdoneranno gli amici francesi per questa trasgressione.

Pollo al miele

Il pollo è l’ingrediente che più di molti altri si presta ad essere il protagonista di tantissime ricette.
Intero non lo cucino quasi mai, però se il pollivendolo me lo taglia in 8 pezzi e me lo pulisce bene, riesco a cucinare con molta semplicità delle teglie saporite e succulente.
Come questa.

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Il segreto perché la carne di pollo resti morbida e succosa è immergerla a lungo in una marinata aromatizzata con ingredienti diversi.
Se si prende l’abitudine di far riposare la carne in frigorifero, anche per tutta la notte, immersa in una marinata, la successiva cottura non l’asciugherà troppo.
Questa abitudine mi viene dalla curiosità con cui cerco sempre di farmi raccontare, spesso dagli stessi chef, se non dai proprietari dei ristoranti che frequento, alcuni dei loro segreti. In verità a volte se li sono lasciati rubare a denti stretti, ma l’essenziale è che ho imparato, tra le altre cose, il trucco della marinata.

Per questa ricetta ho messo in un grosso sacchetto gelo a chiusura ermetica (si comprano anche all’Ikea e sono ottimi): 4 cucchiai di olio, 1 cucchiaio di miele di acacia, 1 bicchierino di Marsala, 2 foglie di alloro, 1 rametto di rosmarino, 2 spicchi d’aglio, il succo di 1 limone e la parte gialla di metà della buccia.
Ho mescolato tutto, ho inserito i pezzi di pollo, li ho “massaggiati” per bene con la marinata, ho messo il sacchetto ben chiuso in una ciotola e riposto in frigo fino all’indomani.
Ho scaldato il forno a 200 gradi. Ho versato tutto il contenuto del sacchetto gelo in una teglia, ho salato, pepato e infornato per una quarantina di minuti.
Ho rigirato i pezzi un paio di volte perché la pelle diventasse dorata e croccante dappertutto.

Insieme al pollo si possono infornare anche delle patate tagliate a metà e si risolve così il problema del contorno.