La scoperta dell’America

da “I tempi andati e i tempi di cottura con qualche divagazione”

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Nel 1985 sono andata per la prima volta negli Stati Uniti
Sognavo di riuscirci fin da bambina , da quando, verso la metà degli anni Cinquanta, nel nostro quartiere abitavano le famiglie dei militari della SETAF di stanza alla caserma Passalacqua e io subivo il fascino esotico di Cadillac, Chevrolet, Buick ,Ford, sconfinate Station Wagon, biciclette super accessoriate, abiti con le sottogonne, guantoni da baseball e ragazzine che sembravano tutte figlie di Doris Day.
Sono tornata negli Stati Uniti altre dodici volte e restano sempre una delle mie mete preferite.
Contrariamente alla maggioranza dei miei coetanei o quasi- tanto per stabilire un punto fisso generazionale vi ricordo che sono del ’47 – non ho mai associato l’idea di “America” a New York.
Per me l’America è la California. Lo è sempre stata. In fondo sono venuta su a pane e Hollywood, data la professione del mio papà e la mia idea di America è sempre stata la West Coast, senza ripensamenti.
Ormai adesso tutti fanno viaggi intercontinentali con molta facilità , spesso a costi competitivi ed estremamente ragionevoli e poi internet – a saperlo usare – ti da’ la possibilità di prenotare voli e alberghi senza passare dalle Agenzie Viaggi e ti consente di accedere sia tour virtuali che a tariffe scontate, ma negli anni Ottanta era tutto un po’ più complicato e molto più avventuroso.
Noi eravamo tra pochi a non scegliere i viaggi organizzati, ne’ allora ne’ mai, anzi proprio “vade retro”!
Per affrontare quel primo viaggio mi ero procurata il maggior numero possibile di depliant e tutte le brochure che ero riuscita a racimolare e sera dopo sera, creavo il mio itinerario, lo modificavo, lo ampliavo o lo riducevo tenendo conto dei desideri e delle esigenze degli altri partecipanti alla nostra avventura, delle mete da raggiungere, dei luoghi da visitare, del chilometraggio giornaliero-anzi del “mileage”- e degli orari dei “domestic flies”, se previsti.
A questo punto ero pronta a confrontarmi vis-à- vis col mio referente dell’Agenzia Viaggi, che alla fine mi consegnava i biglietti aerei, la ricevuta dell’Autonoleggio, il blocchetto di Voucher dei Travelodge e le prenotazioni pre-pagate degli Hotel nelle grandi città, le metropoli, dove non puoi mica dormire nei Motel ,scherziamo?
Il più era fatto , praticamente si poteva partire. Immaginare e comporre come un mosaico quella prima avventura Americana è stato bellissimo. E anche un po’ pionieristico. Quante aspettative, quante illusioni ,quanta eccitazione, quante speranze!
Sono emozioni che riesco a provare ancora, anche adesso che sono cintura nera di viaggi in U.S.A.
Pensate: ogni volta che sbarco a Los Angeles mi manca il fiato.Lo so ,probabilmente non dipende dall’emozione ma piuttosto dal monossido di carbonio presente nell’aria ma, che vi devo dire, per me è sempre una sensazione fantastica.
Sono affetta da una memoria di ferro,che a volte è proprio una maledizione perché non dimentico proprio niente e non riuscendo ad essere selettiva, purtroppo spesso vengo assalita da reminiscenze anche sgradevoli, ma nel complesso riesco a ripescare e rivivere momenti che vale proprio la pena di ricordare.
Di quel primo viaggio in America, il più classico dei cosiddetti Coast to Coast (Los Angeles-San Diego-Las Vegas-Parco delle Sequoia-Monterey-San Francisco-New York) non ho buttato via niente ,nemmeno fisicamente,anche se ho dovuto ridurre la quantità di ricordi cartacei perché entrassero nell’album delle memorabilia,album con poche foto ma tutte le matrici degli ingressi ai Parchi,gli scontrini di Macy’s e di Saks Fifth Avenue, i tovagliolini di carta col logo dei Fast Food- che non erano ancora arrivati in Italia- e perfino le Guide TV. E sono solo degli esempi.
Quello che non sono riuscita a mettere nell’album me lo ricordo comunque:Aldo che si gonfiava, la Fanou che preferiva la “piscine” alla Seventeen Miles Drive, la Melodie che si annoiava a See Word, la felicità di Simone che ha passato il decimo compleanno dentro il Toys “R” Us di Visalia, il mio primo pranzo a base di insalata al Blue Bayou di Disneyland.
Ho vissuto quelle prime tre indimenticabili settimane negli Stati Uniti anche come esperienza culinaria, mentre mio marito si è cibato praticamente solo di New York steak, qualche T-Bone steak e baked potatoes.Solo occasionalmente si è adattato all’assunzione di un sandwich, rigorosamente al prosciutto,ignorando le zuppe e le insalate.
In fatto di cibo era sempre stato molto abitudinario e anche un pochino diffidente.Adesso è cambiato, ampliando enormemente i suoi orizzonti culinari e oggi appoggia con fervore molte specialità gastronomiche prima disdegnate, anche Statunitensi.
Dovreste sentirlo in America, come ordina ormai con disinvoltura e senza grossi errori di pronuncia, Clam chowder,Prime Rib, Pancake,Sea food,Hashbrown e soprattutto steamed,baked o broiled Lobster, il tutto con l’entusiasmo del neofita che è uscito dal tunnel della falsa convinzione che gli Americani mangino solo Hamburger e Hot Dog.

CLAM CHOWDER
(Le dosi sono a tazze perché la ricetta è quella originale)

2 confezioni di vongole surgelate sgusciate, 6 tazze di acqua, 1/2 tazza di bacon tritato grossolanamente, 1 tazza e 1/2 di cipolle bianche tritate, 2 tazze e 1/2 di patate a cubetti, 2 tazze di latte tiepido, 1 confezione di panna da cucina, 1 foglia di alloro, sale e pepe bianco , prezzemolo tritato.

Faccio scongelare le vongole,quelle veraci quando le trovo, filtro il liquido che si è formato nel sacchetto e lo tengo da parte. Sciacquo le vongole e le conservo a temperatura ambiente.
In una casseruola piuttosto grande faccio rosolare il bacon a fuoco basso finché non rilascia tutto il suo grasso e comincia ad abbrustolire ed è allora che aggiungo le cipolle e le faccio cuocere salando appena e mescolando spesso perché diventino morbide ma non colorite.
Unisco il liquido delle vongole, le patate, l’alloro e l’acqua e dopo una decina di minuti aggiungo le vongole e continuo la cottura per una mezz’oretta :le patate devono essere morbide. Verso il latte e la panna e aspetto che la zuppa riprenda il bollore mescolando di tanto in tanto con delicatezza, abbasso la fiamma e faccio cuocere altri dieci minuti.
Elimino l’alloro (non vorrei mai che qualche commensale mangiasse la foglia e poi scoprisse la ricetta!) e la clam chowder è pronta.Regolo di sale e pepe la porto in tavola.

Mi piace servirla in ciotole individuali, cosparsa di prezzemolo tritato e accompagnata dai cracker all’acqua,proprio come fanno nel New England. E anche in tutto il resto degli Stati Uniti per la verità.

CAESAR SALAD

Lattuga romana, 1 spicchio d’aglio,2 cucchiai di succo di limone, 1 cucchiaio di salsa Worcestershire, 1 cucchiaio di senape, 3 cucchiai di panna da cucina, 1 tazzina di olio d’oliva, sale e pepe, parmigiano a scaglie, filetti di alici sott’olio,crostini fritti.

Riduco a crema l’aglio e lo lavoro con la senape, il succo di limone e la Worcester .Un po’ alla volta unisco la panna e l’olio, salo e ottengo un’emulsione ben montata con la quale condisco la lattuga prima lavata e poi spezzettata con le mani.
Mescolo delicatamente e poi cospargo di pepe nero appena grattugiato e di scaglie di parmigiano.
Completo con i filetti d’acciuga e un cucchiaio di crostini e l’insalata e’ pronta.

Negli Stati Uniti la propongono come entree prima del Main course, ma diventa un piatto unico a pranzo se si arricchisce con un petto di pollo alla griglia tagliato a listarelle , oppure con una tazza di gamberetti al vapore.
La panna e’ una variante che preferisco all’uovo crudo o in camicia che spesso si trova nelle ricette originali e che crea una specie di maionese: se volete provate anche questa versione, ma come la faccio io è proprio buona.

Pennino

Copyright by Pennino

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Lonza arrosto con bacon e mele

Non ditemi che non eravate preparati: sta per cominciare la stagione degli arrosti.
Questo è infatti il periodo perfetto per iniziare a cucinare qualcuna di quelle ricette sontuose e succulente che potranno essere replicate per i pranzi e le cene del periodo in cui si sta volentieri in casa a preparare e a gustare piatti particolarmente ricercati e gustosi.
E questo arrosto sembra davvero piuttosto elaborato, anche se in realtà l’unica difficoltà potrebbe essere preparare la “stuoia” di bacon che avvolge la carne.
Osservare le fotografie comunque, aiuta senz’altro a superare l’ostacolo.

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Si fanno soffriggere in olio e burro un paio di scalogni tritati e uno spicchio d’aglio intero.
Si accomoda nel tegame circa 1 kg di lonza di maiale in un solo pezzo e si fa dorare da tutti i lati.
Si insaporisce con sale, pepe, una grattugiata di noce moscata e si aggiungono 2 chiodi di garofano, 3-4 bacche di ginepro, una stecca di cannella (o 1/2 cucchiaino di cannella in polvere), una foglia di alloro e 1 rametto di salvia.
Si sfuma con 1 bicchiere di vino bianco, si aggiunge 1 mestolino di brodo e si porta a cottura, col coperchio, rigirando la carne e aggiungendo altro brodo se necessario.
Finché l’arista cuoce conviene procedere alla preparazione dell’intreccio di circa 200 gr di fettine di bacon appoggiandole su un foglio di carta forno, che se non si è già abituati a farlo con le strisce di pasta sulle crostate, porta via un po’ di tempo.

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Quando si è ottenuto un rettangolo di misura adeguata a coprire l’arista, si tiene da parte.
Quando l’arista è morbida e quindi cotta (ci vorrà circa 1 ora e 1/2) si toglie dal tegame e si appoggia su una teglia da forno.
Si copre con la “stuoia” di bacon: il calore della carne aiuterà a farla aderire.
Intorno si accomodano alcune mele Golden delicious lavate, tagliate a quarti, private del torsolo ma non sbucciate.
Si spennella tutto con il fondo di cottura filtrato e si inforna a 200 gradi sotto il grill finché il bacon non risulta dorato e le mele morbide ma non sfatte.
Si serve con patate al forno e il sugo dell’arrosto a parte, in salsiera.

È un arrosto davvero di grande effetto anche se, come ho prima anticipato e poi dimostrato, è di facilissima esecuzione.
A me l’abbinamento classico delle mele con il maiale piace molto, ma chi non ama aggiungere la frutta alla carne, può ometterle.

Sugo “con le conchiglie”

Gli spaghetti con le vongole li facciamo un po’ tutti. Conosco moltissime ricette, che differiscono fra loro per motivi diversi: il genere di molluschi, le tradizioni regionali, le abitudini familiari, la propensione o meno verso il piccante, i gusci nel piatto, l’aggiunta del pomodoro.
Insomma gli spaghetti con le vongole sono fantastici cucinati in mille modi.
Ho già postato almeno altre tre ricette di sughi con le vongole, sembrerebbe impossibile che avessi ancora qualcosa di nuovo da dire al riguardo, ma ho in serbo un’altra sorpresa.
Questa ricetta mi è tornata in mente mentre mi preparavo a cucinare proprio un sugo di vongole, ricordando i tanti viaggi in America fatti con i figli prima che diventassero adulti indipendenti e ne è uscito un post, oltre a un insolito e saporitissimo piatto.

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L’Old Town di San Diego è un insediamento che ricostruisce gli albori della California e le sue origini Messicane, riconoscibili dall’architettura delle case e della chiesa di un bianco abbagliante.
È un quartiere turistico che ha comunque un suo fascino. È ricco di negozi di souvenir locali, di artigianato tipico dei Nativi Americani e di ristoranti per lo più messicani, con camerieri vestiti come i Mariachi.
Le volte in cui ci siamo andati noi c’erano comunque anche una pizzeria italiana e il Brigantino, uno dei migliori ristoranti di pesce, insieme al Vera Cruz, della Contea di San Diego.
Questi sono dunque gli spaghetti con le vongole che qualche volta si mangiano in California. Sono cucinati con il bacon, ma garantisco che non c’è di che lamentarsi.

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L’esecuzione della ricetta è semplice come al solito.
Faccio spurgare accuratamente per qualche ora in acqua molto salata 1/2 kg di vongole, poi le controllo battendole sul tavolo per essere certa che non contengano più sabbia.
Le faccio aprire in padella a fuoco vivace con uno spicchio d’aglio, qualche gambo di prezzemolo e uno spruzzo di vino bianco.
Le sguscio lasciandone qualcuna intera per decorare il piatto.
Filtro il liquido e lo conservo.
In un tegame grande abbastanza per contenere anche gli spaghetti, faccio imbiondire 2 spicchi d’aglio con qualche cucchiaiata di olio, li elimino e aggiungo 150 gr di bacon a cubetti.
Lo faccio rosolare, unisco un peperoncino fresco privato dei semi e affettato sottile, le vongole sgusciate e il loro liquido tenuto da parte.
Aggiungo 320 gr di spaghettini lessati e scolati al dente, aggiusto di sale se occorre e completo con abbondante pepe al mulinello.
Li faccio saltare finché il liquido è stato assorbito dalla pasta, li servo cosparsi di prezzemolo tritato e li completo con le vongole nel guscio, come decorazione.

Ho chiamato questo sugo “con le conchiglie” perché quando erano piccoli, a nessuno dei miei figli piaceva il pesce, e per pesce intendo anche crostacei e molluschi, e quando preparavo gli spaghetti con le vongole li definivano con un certo disgusto: quelli con le conchiglie.

Sorpresa: bacon, mele e formaggio!

A volte succede che in cucina ho proprio voglia di divertirmi, di sperimentare, di uscire dagli schemi… più del solito intendo.
L’altra sera per cena avevo previsto qualcosa di estremamente semplice: un passato e un’omelette, ma me ne sono pentita subito…
Dunque anziché le uova, ho cucinato invece un “tortino” (non saprei come altro definirlo) con mele, formaggio e bacon.
Lo so, fa un po’ baita in montagna, ma dopo il primo boccone non ci si fa più caso.

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È un piatto facile e insolito, come sono spesso le mie ricette, e soprattutto è buonissimo.
Si fodera con 200 gr di bacon una tortiera lasciando debordare le fette.

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Si sbucciano, si tagliano a metà e si affettano il più regolarmente possibile 3 mele renette.
Si tagliano a fettine sottili 300 gr di Emmental. Oppure si acquista al Supermercato lo stesso peso di quelle specie di sottilette di Emmental già affettate alla perfezione che hanno la misura del pane da toast.
Si alternano all’interno della tortiera strati di mele e strati di formaggio livellandoli perfettamente perché non ci siano gobbe.
Si richiudono le fettine debordanti sul ripieno e si inforna a 160 gradi per una mezz’oretta.
Quando si sforna, si lascia intiepidire per dare modo al formaggio di ricompattarsi, poi si capovolge su un tagliere e si affetta come una torta.

Questo piatto rustico e goloso per me ha un po’ il sapore dei ricordi: dei soggiorni sulle Dolomiti con i miei genitori da bambina, dei rifugi che si raggiungevano in funivia, dei panorami a 360 gradi, del profumo della legna bruciata nel camino.
Emozioni belle e dolci risvegliate spesso dal cibo, che proprio il cibo ci consente di rivivere.

Gli ultimi fichi in versione salata

Come dicevo, lunedì ho acquistato due cestini di fichi neri, dolcissimi e leggermente appassiti.
Con alcuni ho preparato la torta con la crema frangipane (https://silvarigobello.com/2015/09/15/dolce-frangipane-ai-fichi/) gli altri li ho usati per un vassoio di amuse bouche per uno di quelli che temo finiranno per essere gli ultimi aperitivi in terrazza, a meno di uscire con una giacca.

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Si puliscono con la carta da cucina inumidita 10-12 fichi neri (o verdi, è lo stesso) e si tagliano a metà.
Si infornano a 250 gradi per qualche minuto, per farli solo asciugare appena appena.
Si accomodano su un vassoio e si lasciano intiepidire.
Approfittando del forno acceso si fanno anche tostare un paio di cucchiaiate di pinoli.
Si rendono croccanti (a microonde, alla piastra o in padella antiaderente) 7-8 fettine di bacon tagliate in tanti pezzetti quanti sono i mezzi fichi.
Si montano in una ciotola 200 gr di caprini freschi (o robiola) con un pizzico di pepe e qualche cucchiaiata di rum bianco, gin o tequila e si suddivide questa crema sopra i fichi.
Si aggiungono alcuni pinoli e si completa con il bacon croccante.
Su tutto si lascia colare qualche goccia di miele, quello che preferite e la ricetta è completa.

L’accostamento dei sapori è indovinato e nell’insieme molto goloso: sono dei finger food insoliti e divertenti, meno scontati degli abbinamenti più comuni e anche più variati e saporiti.
Si servono a temperatura ambiente.

Un’altra insalata semplice e gustosa

Soprattutto in questa stagione, le insalate secondo me sono i piatti più graditi.
Se ne possono fare di molti tipi e con molti ingredienti, sempre diverse, genuine e saporite.
La mia ultima creazione semplice e gustosa, ha tra gli altri componenti, la stracciatella di bufala di origine pugliese, generosamente fornitaci da un amico, che accentua la gradevole freschezza dell’insieme.

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Si sceglie una ciotola di vetro (una delle famose “coperchione”: io ne ho di diverse fogge e misure, per tutte le occasioni) perché si possano vedere gli strati, colorati e divertenti.
Si prepara una base con due manciate di spinacini lavati e asciugati con la centrifuga per l’insalata e si coprono con uno strato di peperoni rossi (o gialli) a cubetti, saltati in padella con olio e sale e sfumati con 1 cucchiaio di aceto balsamico, che gli da un certo brio.
Si prosegue con qualche cucchiaiata di pisellini surgelati semplicemente lessati, conditi con cipollotto fresco affettato sottile, olio, pepe e sale.
Si coprono con uno strato di stracciatella di bufala, uno di formaggio saporito tipo Edamer o Provolone e si completa con l’immancabile bacon croccante spezzettato, che dona a tutte le insalate quell’aroma affumicato che secondo me contrasta e insieme combina tutti i sapori.
Si porta in tavola senza mescolare per mantenere intatto il gradevole effetto a strati e si passa a parte una salsa fresca, cremosa e saporita secondo il proprio gusto.
Si può scegliere fra la Thousand Island, la Tartara, la Tzatziki o la Blue Cheese, per esempio, ma i più virtuosi si potranno limitare alla citronette.

Come al solito questa insalata è solo un suggerimento perché alcuni ingredienti si possono variare senza comprometterne il gradevole insieme di sapori.
Per esempio si possono sostituire gli spinacini con la misticanza, più varia, utilizzare i fagiolini, più di stagione, anziché i piselli e scegliere la ricotta, più leggera, al posto della stracciatella di bufala.

Follie al barbecue

Scommetto che in molti ieri avete fatto la classica grigliata di Ferragosto, tempo permettendo.
Si dice che la carne cotta appunto alla griglia, alla piastra, ai ferri o al barbecue possa rientrare anche nelle diete più severe.
Probabilmente il dietologo o il nutrizionista che in buona fede ha fatto questa generica affermazione contando sul ritegno e il senso della misura di chi lo ascoltava, non ha tenuto conto dell’insaziabile ghiottoneria di alcuni di noi.
Ma chi, invitato a un barbecue, saprebbe rinunciare a questi formidabili spiedini di pancetta e pollo spennellati durante la cottura con una salsa al bourbon e miele? Giusto un vegano o qualcuno con una coscienza eccezionalmente diligente e ligia, direi.
Chi avrà il coraggio di copiare la ricetta e mangiarsi queste delizie, potrà concorrere con noi alla gara nazionale di colesterolo, rischiando il primo posto sul podio!

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Finché chi si occupa della griglia si sta organizzando per ottenere le braci calde al punto giusto, si può cominciare preparando una ciotola di salsa che possiamo chiamare barbecue, che andrà spennellata sulla carne, con l’aiuto di alcuni rametti di rosmarino, timo e possibilmente mirto, legati insieme.
Si incorporano a 1/2 bicchiere di bourbon, o di whiskey, 1 cucchiaio di senape di Digione, 2 cucchiai di miele, 2 cucchiai di olio all’aglio, 1 spruzzo di Tabasco, 1 pizzico di sale, il succo di 1/2 arancia e la sua buccia grattugiata
Si miscelano bene tutti gli ingredienti con una piccola frusta e si lascia riposare la salsa.
Nel frattempo si preparano i famigerati spiedini con la stessa tecnica illustrata nel vecchio post https://silvarigobello.com/2013/07/16/spiedini-alla-moda-del-maine/
Si parte infilzando l’inizio di una fetta di bacon fatta tagliare piuttosto spessa, poi un bocconcino di pollo, che può essere petto o sovracoscia disossata, si ripiega il bacon, si infilza un altro bocconcino di pollo, di nuovo il bacon e avanti così fino ad aver completato lo spiedino.
Se ne preparano tanti quanti ne suggerisce la coscienza. Si dà una rimestata alla salsa, si immerge il “pennello” di erbe aromatiche, si spennellano gli spiedini su tutti i lati e si collocano sulla griglia.
L’addetto alla cottura si dovrà preoccupare di spennellarli di salsa ogni volta che li girerà per farli cuocere da tutti i lati.

Naturalmente questa salsa barbecue può essere spennellata su qualsiasi tipo di carne si intenda cuocere, ma non su tutti insieme: a me piace che ogni porzione abbia una sua precisa identità e un aroma personale.

L’ABC della felicità… di’ la tua

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Viaggiando con Bea… si hanno sempre delle belle sorprese!
Bea (http://viaggiandoconbea.com) è stata una della prime blogger con la quale sono entrata in rapporto all’inizio di questa avventura e mi è molto cara.
Pochi giorni fa mi ha invitata a rispondere al Tag di Carla “L’ABC della felicità… di’ la tua”.
Grazie di cuore.

Attenendomi strettamente allo spirito del mio blog, per definire il mio personale ABC della felicità scelgo tre ingredienti legati alla cucina.

A come ANETO. Mi sono imbattuta la prima volta nell’aneto a Parigi, in Luna di miele. Arricchiva con il suo insolito e penetrante profumo di anice e finocchio dei deliziosi crostini di salmone affumicato. Eravamo seduti a un tavolino tondo piccolo come un vassoio non lontano dal Mercato dei Fiori dell’Ile de la Cité e bevevano una flûte di Champagne. Da allora associo l’aneto alla felicità di quei giorni spensierati, ricchi di aspettative per il futuro e di speranza. E alla mia giovinezza.

B come BACON. Il bacon è forse l’ingrediente più usato nella cucina Ameriacana. È un sapore che collego sempre alla felicità e all’entusiasmo con cui ho sempre vissuto i miei viaggi in U.S.A. fin dalla loro pianificazione. Infatti il bacon era presente a Manhattan nei Club Sandwich, a San Francisco accanto ai pancake, a Boston nella Clam Chowder, ad Anaheim nell’insalata di patate, a San Diego avvolto attorno ai gamberi, a Woodstock dove fasciava il polpettone. È un ingrediente che ha insaporito insomma molti piatti, molti luoghi e molti momenti felici.

C come CANNELLA. La cannella è LA spezia per eccellenza. Ha riscaldato e rallegrato per anni bellissimi momenti di inverni nevosi e felici in baite e rifugi delle Dolomiti dove la si ritrovava nel vin brûlée e negli strudel di pere e mele soffici e fragranti. Ma che sia adatta a tutte le stagioni lo dimostra l’eccezionale gelato miele, rum e cannella che servono in Piazza San Marco, in uno dei grandi, splendidi salotti seicenteschi di Venezia. Col suo profumo caldo, esotico, pungente, dolce, stuzzicante e inconfondibile come può non risvegliare pensieri felici e richiamare le sottili fragranze caratteristiche di una vita dedicata alla ricerca della gioia?

Grazie Bea anche per avermi anche generosamente menzionata con Affy prima di scegliere i blog a cui hai assegnato il Very Nice Blog Award Fmtech.

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Non avendo un blog preferito, come sempre dedico a tutti voi che seguo e che mi seguite la possibilità di proseguire il gioco “L’ABC della felicità… di’ la tua” se vi fa piacere. Con un abbraccio.

Fajitas nei bicchieri. No tortillas? Ahi, ahi, ahi!

La cucina etnica che va per la maggiore a casa nostra, anche se spesso con cautela, è quella Messicana.
Quando ancora mio figlio viveva in famiglia era piuttosto quella Cinese e durante i pasti a base di spaghettini di riso, gamberi al curry, maiale in agrodolce e riso fritto il nucleo familiare si spaccava in due perché mio marito e nostra figlia si cibavano di semplice carne alla griglia, insalate e riso al pomodoro.
Con l’introduzione saltuaria delle specialità della cucina Messicana nei nostri menù, abbiamo fortunatamente recuperato un altro membro della famiglia, mentre mio marito continua a dissociarsi e resta fedele alla semplice cucina… diciamo caucasica.
Comunque burritos, fajitas, tacos, chili, empanadas e enchiladas sono ormai più o meno entrati a far parte del nostro lessico culinario.
Chi mi conosce sa che non riesco a riprodurre semplicemente una ricetta, ma devo metterci del mio e dunque ecco dei divertenti bicchieri “messicani” che adesso che molti mangiano in giardino o sul terrazzo, diventano un simpatico e gustoso piatto unico o un antipasto, questo decidetelo voi.
Quello che ho fatto in pratica è stato accomodare a strati nei bicchieri il classico ripieno delle fajitas, eliminando le tortillas.
La fotografia illustra chiaramente gli strati, ma vi do alcune spiegazioni, anche se sono magari superflue.

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Si inizia distribuendo sul fondo dei bicchieri (i più adatti naturalmente sono i tumbler bassi, data la loro forma) qualche cucchiaiata di guacamole che si ottiene semplicemente schiacciando con la forchetta la polpa degli avocado maturi e insaporendo con cipolla tritata finemente, succo di lime, pepe, sale e peperoncino in polvere.
Si copre la salsa guacamole con fettine di petto di tacchino prima fatto marinare in frigorifero per circa 8 ore (in pratica tutta la notte) con succo di limone, peperoncino piccante a fettine, origano secco, semi di cumino e paprica dolce e poi cotto alla piastra e tagliato a pezzettini.
Si prosegue con una cucchiaiata abbondante di bacon reso croccante come sempre in padella antiaderente, sulla piastra o a microonde, sminuzzato.
Si copre con una dadolata di peperone giallo le cui falde sono state scottate in padella e condite con olio e sale, poi con cubetti di pomodori sodi e maturi privati dei semi e insaporiti con sale e succo di limone.
Alla fine si completa con formaggio Edam, per esempio, oppure provolone dolce a filetti: basta usare la grattugia a fori grossi.
Per la decorazione finale si utilizzano due fettine di avocado o di lime e qualche nacho.

Lo so che sembra una preparazione laboriosissima, ma in realtà i vari passaggi sono piuttosto semplici.
Come sempre basta organizzarsi con le diverse fasi, cominciando dalla marinatura del petto di tacchino già il giorno precedente, passando poi alla sua veloce cottura alla piastra, quindi a quella del peperone giallo (non rosso perché così il colore contrasta con quello della dadolata di pomodoro), alla rosolatura del bacon e alla preparazione del guacamole.
Basta poi assemblare il tutto, conservare i bicchieri in frigorifero coperti di pellicola e passare alla decorazione solo quando si portano in tavola.

Insalata Cobb “alla marinara”

Ve la ricordate l’insalata Cobb, con la sua storia di dove è stata creata, compresi gli accenni a Hollywood, Marilyn Monroe e Clark Gable? No?! Be’ allora la trovate qui https://silvarigobello.com/2014/07/25/insalata-cobb/.
È un piatto unico principalmente estivo, ricco e saporito che mi piace così tanto che ne ho fatto anche una versione “alla marinara” perfetta per un pranzo informale ma chic, oppure una di quelle cenette sul terrazzo che, dato che qui la cucina è al piano di sotto, richiedono piatti freddi e preparati in anticipo.

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Anche questa è facile come l’originale e l’utilizzo del pesce e della mela ne fa un piatto goloso e curioso.
Per primi vanno preparati gli ingredienti che richiedono la cottura.
Si rassodano le uova per 8 minuti, si fanno raffreddare e si sgusciano.
Si cuociono a vapore le code di gambero, si liberano con delicatezza del guscio lasciando le codine per decorazione.
Si rende croccante il bacon a microonde o se preferite in padella antiaderente oppure sulla piastra. Come al solito.
Adesso si possono foderare i piatti individuali con qualche foglia di lattuga e sopra, proprio come nella Cobb originale, si fanno delle strisce ordinate coi diversi ingredienti, che si acquistano al Supermercato o nelle pescherie ben fornite: fettine di carpaccio di tonno affumicato, cetrioli affettati, gamberi, uova tagliate a spicchi, bacon, fettine sottili di mela, polpa di granchio (in scatola) sgocciolata.
Si condisce individualmente con una semplice citronette oppure con qualche cucchiaiata di salsa Thousand Island.

Questo è un suggerimento, naturalmente ognuno può variare la composizione del suo piatto come preferisce.
La versione che ho proposto comunque è equilibrata e molto interessante come abbinamento di sapori e consistenze: tenete conto che è stata più volte testata!
In America quando non ordino la Caesar Salad, il mio condimento preferito per l’insalata mista è proprio la Thousand Island. La vendono anche al Supermercato, ma domani magari vi do la mia ricetta.