Torta di zucca semplice, senza guscio

Quella di stasera è la notte di Halloween.
Subito prima di cena diversi gruppi di bambini del quartiere, accompagnati da qualche genitore o dai responsabili dei gruppi scout della parrocchia suoneranno alla porta ridendo e gridando: “Dolcetto o scherzetto?” aspettandosi che gli si dica, fingendosi impauriti, quanto sono orribili e come spaventi il loro aspetto.
Naturalmente sul mobile d’ingresso anche quest’anno ci sarà un cestino pieno di caramelle, cioccolatini, piccole porzioni di biscotti e barrette ai cereali, che vanno per la maggiore, tutto pronto per quando suonerà il campanello.
Abbiamo imparato che non bisogna essere troppo generosi coi primi contingenti di piccoli mostri, perché i gruppi agiscono individualmente e può accadere di esaurire le scorte pensando che il campanello non suonerà più, mentre è successo che agli ultimi bambini che non aspettavamo più, qualche anno fa abbiamo dovuto dare i biscotti per la colazione e perfino i crackers, per non farli andare via a mani vuote. Ma ormai non succede più.
Dunque, contagiati da questo spirito di giovanile entusiasmo, nonostante non festeggiamo per nulla Halloween, per non rischiare lo scherzetto, finisce sempre che anche per noi preparo un dolcetto.
E dato il periodo, è quasi sempre una torta di zucca. Questa è senza guscio di sfoglia, ma non se ne sente la mancanza.

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Si taglia a fette circa 1 kg di zucca della vostra zona. Si eliminano scorza, semi e filamenti e si passa in forno a 200 gradi per circa mezz’ora.
Si mette in una casseruola con 1/2 litro di latte e un baccello di vaniglia e si cuoce ancora finché la polpa non ha assorbito tutto il liquido.
Si recupera la vaniglia, si frulla il composto e si versa in una ciotola.
Si aggiungono 100 gr di farina di mandorle, 100 gr di savoiardi frullati, 1 pizzico di sale, 100 gr di zucchero, 50 gr di burro fuso, ma a temperatura ambiente, 3 uova, una alla volta, 1/2 cucchiaino di cannella e una generosa grattata di noce moscata.
Si fodera di carta forno, umida, strizzata e imburrata leggermente, una tortiera da 20 cm, meglio se a cerniera e si versa il composto.
Si livella e si inforna a 180 gradi coperta con un foglio di alluminio per circa un’ora.
Si fa la prova stecchino e poi si sforna.
Si lascia intiepidire e si affetta.
Si completa con una cucchiaiata di panna acida, che equilibra la dolcezza dell’impasto.

In alternativa alla panna acida si può anche spolverizzare la superficie di cacao amaro e se vi piace l’idea di entrare nello spirito di Halloween, ma non siete abili nel cake design, perché non utilizzare una mascherina con un soggetto “mostruoso” come un ragno o un pipistrello per decorare la torta?

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Dolce frangipane ai fichi

Ormai occorre rassegnarsi: ci saranno ancora giornate calde e soleggiate, ma quando cominciano le scuole l’estate è proprio finita, indipendentemente da quello che dice il calendario.
E si porta via molti degli ingredienti che ho amato e utilizzato nelle mie ricette, primi fra tutti i fichi, che ormai anche il fruttivendolo Pakistano, specializzato in primizie e prodotti tardivi, vende con riluttanza in cestini di dimensioni ridotte per accontentare tutti i clienti.
Gli ultimi che ho trovato sono quelli piccolini, scuri, dolcissimi, che danno l’impressione di essere già lievemente appassiti. Hanno un sapore e una consistenza straordinari, che si faranno ricordare per un anno, perché tanto bisognerà aspettare prima di poterli assaporare di nuovo!
Questa settimana li ho usati sia in una ricetta dolce che in una salata.
Questa è la torta.

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Si prepara la crema frangipane montando con le fruste elettriche 150 gr di burro con 150 gr di zucchero a velo.
Si aggiungono 2 uova, una alla volta, sempre mescolando, poi è la volta di 50 gr di farina 00, 150 gr di farina di mandorle e 1 pizzico di sale.
Si fodera con una confezione di pasta sfoglia pronta uno stampo rettangolare imburrato, si bucherella con una forchetta, si farcisce con questa crema e sopra si accomodano 3-4 fichi a fettine sottili sovrapponendole leggermente
Si inforna a 180 gradi per 30-35 minuti.

È un dolce facile e squisito, che si farà ricordare.
Naturalmente con la crema frangipane del ripieno stanno benissimo anche i lamponi, che miscelo delicatamente al composto anziché accomodarli sulla superficie.

Torta “svizzera” cioccolato e pistacchio

Questa è la ricetta di una torta farcita senza tempo e senza stagione.
L’origine è inconfondibilmente siciliana comunque, ma è talmente, assolutamente divina da essere diventata internazionale!! L’ho infatti assaggiata la prima volta ad una festa ai piedi dell’Etna e ritrovata con sorpresa e gioia in Svizzera.
Molti anni fa un amico catanese ci aveva accompagnati alla festa di San Rocco di Linguaglossa, dove sotto l’albero della cuccagna abbiamo assistito alla corsa con i sacchi e a molti altri giochi popolari, come se il tempo si fosse fermato qualche secolo indietro.
Abbiamo mangiato il falsomagro al sugo e insieme ai mastazzoli una fetta di incredibile torta al pistacchio, che nonostante le molte altre vacanze in Sicilia, non avevo più avuto occasione di gustare.
Molti anni dopo in occasione di una delle visite annuali per gli acquisti del negozio al Salon International de la Haute Horlogerie di Ginevra, mentre bevevo un delizioso café viennois ho riconosciuto, nella vetrina davanti al banco della pasticceria, la stessa torta di Linguaglossa.
È stato un po’ come partecipare a “Carramba che sorpresa” perché ho parlato con il proprietario e lui mi ha fatto conoscere suo padre, per scoprire che la famiglia era originaria di Zafferana Etnea e aveva portato in Svizzera molte delle deliziose tradizioni siciliane in fatto di dolci. Pensate che nonostante vivessero nel Paese del cioccolato, quello per i loro dolci se lo facevano mandare da Modica.
Incredibilmente, la ricetta l’ho rubata lì.

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Si prepara il guscio esterno del dolce con 250 gr di burro a temperatura ambiente, 175 gr di zucchero, 2 uova intere, 50 gr di farina di mandorle, 30 gr di cacao amaro, 350 gr di farina setacciata, 1 pizzico di sale.
Si impasta velocemente, si avvolge nella pellicola e si mette in frigorifero per almeno mezz’ora.
Intanto si prepara la crema al pistacchio per farcire la torta. Si può utilizzare il food processor inserendo nel vaso 150 gr di burro morbido, 150 gr di zucchero, 4 uova, 150 gr di farina di mandorle, 75 gr di pasta di pistacchio (oppure 100 gr di pistacchi pelati leggermente tostati in forno e tritati) e 30 gr di farina 00.
Si frulla finché il composto non diventa uniforme e omogeneo.
Si preleva la pasta al cacao dal frigorifero, si divide in due e con un po’ più di metà si fodera una tortiera, bordo compreso, leggermente imburrata.
Si bucherella con una forchetta e si farcisce con la crema al pistacchio.
Si stende con il mattarello l’altra metà scarsa di pasta e si copre la torta sigillando bene i bordi.
Si inforna a 180 gradi per 30 minuti, poi si abbassa a 160 gradi e si prosegue la cottura per altri 15 minuti.
Mentre cuoce, si prepara una golosa copertura setacciando in un pentolino 100 gr di confettura di lamponi per eliminare i fastidiosi semini, e si scioglie a fuoco dolce con 1 bicchierino di rum e una tavoletta di cioccolato fondente da 50 gr grattugiata.
Quando si sforna, mentre è ancora calda, si spennella la torta con lo sciroppo di confettura, cioccolato e rum e si copre tutta la superficie con granella di mandorle e pistacchi tostati.

È un dolce irresistibile: morbido, burroso, con una piacevole consistenza data dal ripieno e una golosa copertura al cioccolato.
Non posso dire che quello mangiato in Sicilia fosse uguale a quello di Ginevra, ma erano entrambi notevoli… come il mio!

Torta Delizia

Sono nata, con l’aiuto della levatrice del paese natale della mia mamma, in casa dei nonni materni, come era tradizione in quegli anni.
Era un paese minuscolo, ormai inglobato come periferia nel Comune di Verona. Infatti dista non più di 6 o 7 km dal centro della città.
La casa dei miei nonni era accanto a quella della mia bisnonna, che viveva con il figlio primogenito e la sua famiglia. Le due case avevano un grande cortile in comune con un fico e il pollaio e si affacciavano direttamente sulla strada Provinciale, non lontano dalla fontana con il lavatoio comune ormai scomparso, insomma “in centro”.
La Parrocchia (di cui un mio prozio era il campanaro) sorge invece nella località “Molini” dove il mio trisavolo aveva la sua attività di mugnaio, ma ve ne ho già spesso accennato.
Fino al 1958 la Valpantena era servita da un tramway che partiva da Porta Vescovo e andare a trovare i parenti con “il trenino” era una vera avventura per una bambina cresciuta in pieno centro storico.

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Oltre a passare a salutare tutti i parenti, una sosta d’obbligo era quella dalla signora Gigia: una delle persone più ricche e influenti del paese. Più che una visita era un dovere per renderle omaggio: retaggio d’infanzia della mia mamma.
La sua domestica preparava un dolce indimenticabile che ci è stato servito per moltissimi anni, ogni volta con un bicchierino di vino passito che anch’io dovevo assaggiare per compiacerla.
L’eredità di questa ricetta è arrivata a me attraverso la cortese figlia della signora Gigia, ex compagna di scuola della mia mamma, ma solo dopo la sua morte.
Questa è la Torta Delizia e adesso capirete il perché del nome, seguendo la mia ricetta modernizzata.

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Si prepara il guscio di questa delizia con 200 gr di farina 00, 100 gr di burro molto freddo tagliato a cubetti grandi come piselli, 1 cucchiaio di zucchero, 1 pizzico di sale e 2-3 cucchiai di acqua gelata.
Si impasta velocemente con la punta delle dita, si fa una palla, si incarta con la pellicola e si mette in frigorifero.
Intanto si prepara la crema frangipane classica come ripieno.
Con le fruste si battono 100 gr di burro questa volta a temperatura ambiente, dunque morbido, con 80 gr di zucchero. Quando il composto è gonfio si incorpora 1 uovo, si miscela col frullino e poi si aggiunge 1 altro uovo.
Si uniscono adesso 80 gr di farina di mandorle e 50 gr di farina autolievitante e si mescola accuratamente.
Si toglie la pasta dal frigo, si impasta velocemente e si stende con il mattarello tra due fogli di carta forno della misura della tortiera, compreso il bordo.
Si trasferisce così com’è nella tortiera scelta, leggermente imburrata. Si inforna per 10 minuti a 180 gradi.
Trascorso questo tempo si toglie il foglio superiore e si cuoce per altri 5 minuti, finché la pasta non risulta dorata.
Si sforna, lasciando il forno acceso, e si lascia intiepidire.
Si spalma il fondo con 200 gr di confettura di prugne e si versa delicatamente la crema frangipane. Si livella, si cosparge di lamelle di mandorle e si inforna di nuovo per altri 40 minuti circa.
Quando si sforma, la carta forno inferiore va tolta con delicatezza per non rompere la torta.

È una torta veramente deliziosa, che a me piace servire con un bicchiere di Recioto Bianco di Soave, contravvenendo alle regole ferree della signora Gigia.

Crostata di mandorle e lamponi con crema frangipane

Dei pochi dolci che preparo credo che le crostate siano comunque quelli che faccio più spesso, in genere sono le classiche, con l’intreccio di pasta sopra la confettura scelta di volta in volta.
Sono adatte alla colazione e anche a un tè non impegnativo. Si presentano bene perché accavallo con molta grazia le strisce di pasta frolla sulla marmellata creando un intreccio regolare e piacevole.
Però, come sempre, ho bisogno di sperimentare qualcosa di nuovo e di diverso, anche se magari è passato più di un mese dall’ultima crostata!
Dunque oggi parliamo di questa, farcita con una golosa crema frangipane e la marmellata di lamponi. Sentirete che goduria.

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Si prepara una pasta frolla con 250 gr di farina, 120 gr di burro, 2 tuorli, 100 gr di zucchero, la buccia grattugiata di 1 limone e 1 pizzico di sale.
Si fa riposare in frigorifero e nel frattempo si prepara il ripieno.
Si mescolano con le fruste elettriche 120 gr di burro morbido con 100 gr di zucchero per ottenere un composto spumoso ed omogeneo.
Si aggiungono 150 gr di farina di mandorle e 2 uova intere e si continua a sbattere ancora qualche minuto.
Si fodera una tortiera imburrata con la pasta frolla tirata con il mattarello, si bucherella il fondo con una forchetta e si versa il composto preparato.
Si distribuiscono su tutta la superficie 200 gr di confettura di lamponi e si copre con 40 gr di mandorle a scaglie.
Si inforna a 200 gradi per circa 35 minuti, come sempre dipende dal forno.

Questo è un dolce davvero squisito, che si può servire anche come dessert a fine pasto perché è più raffinato di una classica crostata.
Volendo si possono fare anche delle tartellette monodose, più eleganti.

Dolce alle mandorle con sciroppo di orzata

Anche l’orzata è per me un ricordo d’infanzia. Come il tamarindo e l’acqua di Vichy fatta con le bustine.
In casa d’estate c’è n’era sempre una bottiglia con cui la mia mamma faceva la granita.
Avvolgeva I cubetti di ghiaccio in un asciugapiatti fresco di bucato e li frantumava con il martello.
L’orzata era davvero un must e me la ricordavo squisita, così ne ho comprato una confezione all’EsseLunga, ma non sono riuscita a ricreare la magia della mia lontanissima fanciullezza, perché l’ho trovata insopportabilmente dolce e stucchevole.
Se non avessi rispolverato questa ricetta, sarebbe finita nella dispensa degli “acquisti eccentrici” come il sale blu di Persia, i petali di rosa canditi, il tè per la notte di Natale… fino alla data di scadenza e poi buttata.

20140906-225812.jpgSi montano a neve ferma con le fruste elettriche 4 albumi con il succo di 1/2 limone e poco per volta si aggiungono 200 gr di zucchero a velo continuando a frullare finché hanno assunto la consistenza del preparato per la meringa.
In un’altra ciotola, sempre utilizzando le fruste, si montano i 4 tuorli con 250 gr di mascarpone, 100 gr di maizena, 1 bustina di lievito per dolci, 200 ml di sciroppo di orzata e 200 gr di farina di mandorle.
Si frulla fino ad ottenere una massa liscia ed omogenea alla quale si incorporano delicatamente gli albumi montati a neve.
Si versa il composto in uno stampo a cerniera ben imburrato e si inforna a 180 gradi per circa 40 minuti.
Quando si sforna, meglio attendere che il dolce si sia intiepidito prima di sformarlo.
Si prepara intanto una ghiaccia reale con 200 gr di zucchero a velo, 1 cucchiaio di sciroppo di orzata e tanto succo di limone quanto eventualmente ne occorre per ottenere una glassa della consistenza del dentifricio che va spalmata sulla sommità della torta una volta che si è completamente raffreddata e lasciata colare liberamente anche sui lati.

Sì, è un dolce… dolce, ma stuzzicante, dal sapore pieno e la consistenza cremosa, che andrebbe accompagnato da un bicchierino di Porto o di Marsala.
Prima di averlo assaggiato non esprimete pareri, perché secondo me è un’esperienza che va fatta.

Spaghetti con sugo di pesce (di recupero)

Quando cucino i filetti di pesce (orata, branzino, merluzzo o cernia) “alla Mediterranea”, cioè semplici e piccantini con pomodori ed erbe, ne preparo sempre ben più delle due porzioni canoniche previste per una coppia che si siede a tavola mediamente affamata.
In famiglia nessuno ama mangiare il giorno dopo quello che è avanzato, così ormai ho acquisito una certa abilità nel camuffare i piatti che ripongo in frigo coperti di pellicola o sistemati nei contenitori a chiusura ermetica tipo Tupperware per riproporli il giorno successivo.
Dunque non faccio altro che scaldare i filetti di pesce cucinati in più e sminuzzarli con con la forchetta, poi con qualche piccola aggiunta, condisco un paio di porzioni di spaghetti.

20140628-011722.jpgFaccio tostare in una padella antiaderente 1 cucchiaio di pangrattato. Fuori dal fuoco aggiungo un cucchiaino di farina di mandorle e uno di parmigiano grattugiato.
Lesso al dente gli spaghetti, li verso nella padella con il sugo di pesce, li faccio brevemente saltare, li cospargo con la miscela di pangrattato, mandorle e parmigiano, li spolverizzo di prezzemolo tritato, li divido in due piatti e li condisco con un giro d’olio crudo.

È un “recupero” intelligente e saporito e se non lo raccontate in giro, pare che il sugo lo abbiate preparato al momento, proprio per il pranzo.

Quasi una crostata di albicocche

Martedì 8 luglio ho postato una ghiotta torta di pesche la cui ricetta è piaciuta tanto da indurre anche la mia consuocera Luisa Anna a prepararla, come ha riferito il marito Giorgio “in tempo reale” e l’amico Giovanni (http://giovannileo.wordpress.com) mi chiedeva se è un dolce che faccio anche con le albicocche.
La sua domanda mi ha fatto ripensare ad una non-proprio-crostata con le albicocche fresche che non facevo da un po’.
Eccola qua.

20140708-231921.jpgInizio preparando una pasta frolla alle mandorle che darà al dolce una certa nota di fragrante personalità già dall’inizio.
Metto nel vaso del food processor 150 gr di burro, 120 gr di zucchero, 2 uova, 1 pizzico di sale, 200 gr di farina, 50 gr di fecola di patate e 100 gr di farina di mandorle.
Aziono l’apparecchio e quando il composto fa la palla, lo prelevo, lo lavoro velocemente, lo divido in due e lo metto a riposare in frigorifero.
Preparo nel frattempo una crema pasticciera con 1/2 litro di latte, 4 tuorli, 100 gr di zucchero e 40 gr di farina e poi la lascio intiepidire e aggiungo 4 cucchiai di marmellata di albicocche.
Riprendo la pasta, ne stendo metà e fodero una piccola tortiera quadrata. Distribuisco sul fondo 120 gr di amaretti sbriciolati (che raccoglieranno il succo della frutta) e accomodo sopra 400 gr di albicocche lavate, tagliate a metà e private del nocciolo con la parte tagliata a contatto dei biscotti.
Copro con la crema mescolata alla marmellata e la livello.
Tiro con il mattarello l’altra metà della pasta e ne ricavo le classiche strisce che intreccio sulla superficie del dolce.
Inforno a 180 gradi per circa 40 minuti.

Non è la solita crostata anche se l’aspetto può trarre in inganno. È un dolce squisito con un ripieno morbido e goloso.
Se vi è piaciuta la ricetta suggerisco di provarla, finché ci sono ancora le albicocche.

La torta a sorpresa di Odette

Oggi sto per raccontarvi una fiaba e vi darò anche una ricetta che con la fiaba ha molto a che vedere.

La bella e capricciosa contessina Odette era da tempo assiduamente corteggiata da tre nobiluomini ricchi e attraenti e tutti e tre, follemente invaghiti di lei, l’avevano chiesta in sposa.
Ognuno aveva almeno una dote che li rendeva affascinanti agli occhi della giovane Odette, che non era in grado quindi di operare una scelta definitiva e concedere la sua mano ad uno solo dei tre.

20140317-205151.jpgIl premuroso Visconte Ludovico l’ascoltava con dedizione infinita quando lei lo intratteneva suonando il liuto e le suggeriva con amore le strofe delle più dolci ballate romantiche.

20140317-205618.jpgL’appassionato Barone Manfredi, agile ballerino, le insegnava pazientemente a danzare il Rigodon perché durante le feste che si tenevano nei Palazzi signorili fosse la più brava e la più ammirata.

20140317-210449.jpgIl sofisticato Marchese Nicodemo la educava a riconoscere i vini più pregiati e le parlava di poesia durante i pomeriggi in cui non era impegnata con la danza e la musica e le offriva tazze di cioccolata calda, vero status Symbol dell’epoca.
Le attenzioni dei tre uomini erano così assidue e gradite a Odette che la giovane non riusciva a sciogliere gli indugi. Decise quindi di lasciar fare al caso e fece preparare un dolce all’interno del quale ordinò di introdurre un suo anello.
Il nobiluomo che l’avesse trovato nella fetta a lui destinata, sarebbe stato il prescelto.
La torta che il Mastro Pasticcere scelse per questo scopo era costituita da un morbido ripieno trattenuto da 2 dischi di pasta sfoglia.
Fece quindi montare al suo primo aiutante 100 gr di burro con 150 gr di zucchero, poi personalmente aggiunse 2 tuorli, uno alla volta, i semi di 1 baccello di vaniglia, 1 bicchierino di Cognac, 1 pizzico di sale, la buccia grattugiata di 1 limone e 150 gr di mandorle pelate, tritate così finemente nel mortaio dal secondo aiutante da sembrare farina.
Ordinò che venissero montati a neve fermissima i 2 albumi e li incorporò con attenzione dal basso verso l’alto.
Foderò con 1 disco di pasta sfoglia, che aveva già pronto, una teglia tonda, versò il composto preparato e lasciò cadere al suo interno l’anello che gli aveva consegnato la Contessina.
Coprì con un secondo disco di sfoglia che rigò con un coltello a striscioline perché uscisse il vapore, sigillò accuratamente i bordi e spennellò tutta la superficie con una tazzina di latte.
Fece infornare il dolce con una lunga pala ad una temperatura che ai nostri giorni si aggirerebbe sui 200 gradi per 30 minuti.
Trascorso questo tempo, quando la torta ebbe preso un bel colore dorato, la fece togliere dal forno e appena si fu intiepidita la sformò e la fece portare nel salotto dove Odette attendeva intrattenendo i suoi tre spasimanti, tra i quali divise la torta.
La storia non narra chi fu a trovare l’anello, ma colui che assolutamente all’oscuro del piano della sua amata, addentò il boccone contenente il gioiello, si scheggiò irreparabilmente due denti e non volle più saperne di lei.
Offesi da questo sotterfugio anche gli altri due innamorati l’abbandonarono.
Non ci è dato di sapere cosa ne fu di lei.
Se la torta di Odette fosse fatta ai giorni nostri, avrebbe più o meno questo aspetto:

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Torta frangipane con le pere

La storia è questa: avevo un po’ troppe pere tutte allo stesso punto di maturazione e ho cominciato a pensare di cuocerne alcune, magari col vino, oppure di fare la mostarda o un dolce.
Alla fine ho optato per un dolcetto e dato che la torta di pere e cioccolato l’avevo fatta da poco, ho preso in considerazione questa alternativa, che si è rivelata un’idea vincente.

Si prepara una pasta frolla mettendo nel food processor 125 gr di burro, 275 gr di farina, 100 gr di zucchero, 1 pizzico di sale, 50 gr di farina di mandorle (la stessa che avete usato per gli amaretti morbidi) e 1 uovo intero.
Quando l’impasto diventa una palla, si lavora brevemente e dopo il solito riposino in frigorifero di mezz’oretta, si stende con il mattarello, si fodera una tortiera rettangolare imburrata e si rimette in frigorifero ancora per 30 minuti.
Nel frattempo si prepara una crema mescolando con le fruste elettriche 100 gr di burro morbido, 100 gr di zucchero, 50 gr di farina 00 e altri 100 gr di farina di mandorle. Si incorporano poi 1 uovo intero e 1 bicchierino di liquore Amaretto mescolando con una spatola.
Si versa la crema sul guscio di frolla tolta dal frigorifero, punzecchiata con una forchetta e si pareggia stendendola uniformemente.
Si sbucciano 3 pere Williams, si tagliano a metà, si elimina il torsolo e si accomodano sulla crema una accanto all’altra alternate.
Si inforna come sempre a 180 gradi per circa 45 minuti e si sforna quando è bella dorata come nella foto qui sotto.

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Si lascia intiepidire e si spolverizza con dello zucchero a velo.

Naturalmente, se non avete una teglia da forno rettangolare, potete accomodare le pere a raggiera nella tradizionale tortiera tonda. Ci piace anche così.