Cocktail di gamberi con salsa vodka e lime

Di antipasti insoliti e freschi in questo periodo non se ne ha mai abbastanza, vero?
Mi è tornata in mente questa abitudine di “appendere” le code di gambero al bordo dei bicchieri o delle coppette, mentre guardavo l’album del nostro viaggio negli Stati Uniti del 1989.
È un modo di servire il cocktail di gamberi molto all’americana ed è senz’altro scenografico, sia presentato su un tavolo da buffet che sui singoli piatti da antipasto.

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Con 2-3 cucchiai di olio, si fanno dorare in un tegame 2 spicchi d’aglio schiacciati e 1 peperoncino (che vanno poi eliminati). Si fanno sciogliere nello stesso olio 4 alici sott’olio spezzettate.
Si aggiunge 1/2 kg si pomodori ramati sodi e maturi, sbucciati e tagliati a cubetti, alcune foglie di basilico fresco spezzettate con le mani, 1 abbondante pizzico di origano, 1 macinata di pepe e 1 presa di sale.
Si fa appassire tutto velocemente, si lascia intiepidire e poi si frulla aggiungendo 1 tazza di ketchup, 1 bicchierino di Vodka, il succo di 1 lime.
Si lessano nel solito court bouillon 400 gr circa di code di gambero si sgusciano e si fanno raffreddare.
Si suddivide la salsa in 6-8 coppette da macedonia (dipende da quanti sono i vostri commensali).
Sul bordo delle coppette si alternano code di gambero e fettine sottili di lime e si completa con alcuni steli di erba cipollina.
I gamberi si mangiano con le mani, dopo averli intinti nella salsa. Non è previsto che siano accompagnati né da pane, né da grissini o crackers.

Questo antipasto che, diciamocelo, è davvero molto bello, mi è stato presentato più o meno così la prima volta al Bacchanal Buffet del Caesars Palace di Las Vegas e mi ha molto colpito.
La loro salsa non era granché comunque: probabilmente solo ketchup, Tabasco, lime e Bourbon. La mia è più complessa e francamente anche molto più buona.

La salsa Rouille

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Ho citato la Salsa Rouille quando ho illustrato il mio modo di cucinare e presentare in tavola la Bouillabaisse.
A Marsiglia la vera Bouillabaisse viene servita con il suo brodo nel piatto e i pesci interi, che sono serviti per prepararla, in un vassoio a parte da cui servirsi.
Quelli che navigano nel brodo sono gli stessi crostini che ho proposto anch’io nella mia versione… modernizzata? Personalizzata? Semplificata? Quella che trovate insomma cliccando su https://silvarigobello.com/2015/07/23/bouillabaisse/

La salsa Rouille può essere fatta tradizionalmente in almeno due modi.
Il primo è forse il più conosciuto e prevede che si spelli 1 peperone rosso, dopo averlo passato sotto il grill per facilitare l’operazione e si tagli a pezzetti.
Intanto si fa ammorbidire 1 panino raffermo senza la crosta in 1 mestolo di brodo di pesce, anche ottenuto col brodo granulare se non si ha a disposizione quello “vero”.
Si strizza e si mette con il peperone nel vaso del frullatore, si aggiungono 1 peperoncino affettato, 2 spicchi d’aglio privati dell’anima, 1 tuorlo d’uovo, 1 pizzico di sale e circa 50 ml di olio.
Si inizia a frullare e lentamente si aggiungono altri 100 ml di olio continuando a frullare finché la salsa non si ispessisce, come una comune maionese.
Si versa in una ciotola e si serve con la bouillabaisse.

Come dicevo, di questa salsa, che si spalma sui crostini e accompagna diverse versioni di zuppa di pesce tipiche del Sud della Francia, ho anche una variante più semplice, ma di sapore più forte, forse maggiormente adatta al gusto dei pescatori marsigliesi, che al nostro.
Magari però a qualcuno piace di più questa, sempre che non soffra di gastrite o di ulcera, quindi eccola.

Nella seconda ricette che ho della salsa Rouille, si pestano nel mortaio 3 spicchi d’aglio e 1 peperoncino piccante, prima tritati con il coltello o l’operazione durerà per ore,
Quando sono diventati una crema, si trasferiscono in una ciotola e si aggiungono, 1 pizzico di sale, 1 cucchiaio di Moutarde de Dijon (la senape insomma) nella variante “forte” e 1 tuorlo d’uovo.
Con una piccola frusta si comincia a montare la salsa unendo a filo 100 ml di olio e si smette quando è soda e gonfia.

Provatene almeno una versione, se vi va di cucinare una volta o l’altra alla Marsigliese.

Paella de Marisco: la mia preferita

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Uno dei grandi segreti intorno alla Paella è che non si dovrebbe mai usare una padella antiaderente, ma una “paellera” in ferro, così si formerà sul fondo quell’invitante crosticina che si gratta col cucchiaio di servizio ogni volta che ci si serve di paella.
Le ricette tradizionali di questo saporito piatto di riso spagnolo, quelle che ci raccontano la storia del Paese attraverso i sapori, i profumi e i colori sono la Paella Valenciana Mixta, che prevede l’utilizzo insieme di carne, pesce e verdure, quella de Pescado, a base di pesce e quella de Marisco, di cui parliamo oggi, con i frutti di mare.
Preparare la paella è un lavoro lungo e impegnativo, ma il risultato è garantito e il profumo di questo piatto porterà voi e i vostri commensali direttamente sulle Ramblas di Barcellona.

Si fanno lessare per una decina di minuti 150 gr di piselli congelati, si scolano e si versano in una ciotola.
Si abbrustoliscono e poi si privano della pelle, dei semi e dei filamenti 1 peperone rosso e 1 giallo. Se ne utilizza metà di ciascuno e si riducono a striscioline.
Si aggiungono ai piselli.
Si puliscono con cura 1 kg di cozze tenendole sotto l’acqua corrente, spazzolandole con la paglietta di ferro e privandole del bisso.
Si fanno aprire in un tegame coperto a fuoco vivo. Si sgusciano tenendone da parte alcune per la decorazione finale e si filtra il loro liquido.
Si tuffano un attimo in acqua in ebollizione 200 gr di gamberetti sgusciati, appena cambiano colore si scolano rapidamente e si conservano con le cozze sgusciate.
Si prepara circa 1,2 litri di brodo di pesce anche utilizzando il dado di pesce granulare che si trova nelle pescheria e gli si aggiunge il liquido delle cozze.
Si incide con un coltellino il dorso di 8 gamberoni, si elimina il filo intestinale e si sciacquano.
Con le forbici si apre la parte inferiore del carapace di 8 grossi scampi, si passano sotto l’acqua, si asciugano e si fanno saltare brevemente con i gamberoni a fuoco medio con 2 cucchiai di olio.
Si sgocciolano e si tolgono dalla padella. Nel grasso rimasto si fanno imbiondire una cipolla tritata, 1 spicchio d’aglio grattugiato e 1 peperoncino senza semi affettato molto sottile.
Appena sono rosolati si aggiungono 600 gr di anelli di calamari puliti con cura e si fanno cuocere finché non diventano teneri. Dovrebbero bastare 7-8 minuti.
Si aggiungono le cozze sgusciate, i gamberetti, i peperoni, i piselli e il brodo di pesce in cui si sono sciolte 2 bustine di zafferano.
Al bollore si versano a pioggia 400 gr di riso e si amalgama tutto brevemente. Si assaggia ed eventualmente si aggiusta di sale e pepe.
Si pareggia il riso col dorso del cucchiaio e non si mescola più fino alla fine della cottura, quando cioè il riso avrà assorbito tutto il liquido.
Si completa allora con prezzemolo tritato ed erba cipollina tagliata sottile e si accomodano sulla superficie della paella gli scampi, i gamberoni e le cozze col guscio tenute da parte.
Finalmente si può servire, accompagnata da spicchi di limone.

La spettacolare Paella che ho pubblicato più sopra è quella che viene servita in un noto ristorante della mia città, mentre quella meno sfarzosa che cucino in famiglia è questa, di cui garantisco comunque la medesima bontà.

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Qualche settimana fa ho “ceduto” la ricetta della mia paella all’amico Davide, che l’ha pubblicata sul sito http://www.vinamour.it con il quale saltuariamente collaboro, che propone eccellenti abbinamenti dei piatti con i vini più adatti, capacità che personalmente mi manca. Suggerisco di dargli un’occhiata: le fonti da cui prendere buone idee non sono mai troppe, vero?

La mia Bouillabaisse

Oggi è l’Anniversario della Presa della Bastiglia. Pensavo all’inno Nazionale Francese, la Marsigliese, e mi è venuta in mente la famosa bouillabaisse, vanto appunto di Marsiglia.
I marsigliesi sono così orgogliosi della loro zuppa di pesce, da averne addirittura depositato il brevetto.
Devo dire che è veramente squisita anche se in realtà non sono da meno il nostro cacciucco, il brodetto, le zuppe di pesce con o senza spine.
Comunque per divertirmi ogni tanto preparo una stupenda… come chiamarla? bouillabaisse semplificata? Ma sì, in fondo il sapore c’è.

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Per essere sicura di poter disporre di tutto il pesce che mi serve e soprattutto che sia squamato, eviscerato e che i più grossi siano tagliati a tranci, prendo accordi in anticipo col mio pescivendolo e cerco di procurarmi circa 1,5 kg di pesci misti fra coda di rospo, gallinella, scorfano, dentice, nasello, triglie, San Pietro, sarago e orata, più 8 bellissimi gamberi.
In un tegame largo e molto capiente faccio stufare nell’olio 2 cipolle bionde, 2 carote e 1 gambo di sedano tritati con 1 spicchio d’aglio grattugiato e 1 peperoncino affettato.
Dopo una decina di minuti aggiungo i pomodori pelati di 1 barattolo sgocciolati e tagliati a pezzi, 1 rametto di timo, 2 foglie di alloro, 2 pezzetti di buccia d’arancia, 1 peperoncino e i pesci che richiedono una cottura più lunga. E questo ve lo deve dire il pescivendolo, se è veramente “di fiducia”.
Verso 1 bicchiere di vino, copro a filo con dell’acqua tiepida in cui ho sciolto 2 bustine zafferano e li faccio cuocere a fuoco vivace per 10 minuti, aggiungo gli altri pesci e i gamberi e proseguo la cottura per altri 10 minuti circa, smuovendo il tegame senza mescolare, salando appena e pepando in abbondanza.
Quando tutto il pesce risulta morbido, lo tolgo dal brodo di cottura con la schiumarola e lo passo con il passaverdura (e moltissima pazienza), aiutandomi con il liquido rimasto nella pentola, filtrato. In questo modo si eliminano anche tutte le lische.
Lo rimetto sul fuoco e lo lascio sobbollire piano ancora per 10 minuti.
Lo distribuisco in ciotole di terracotta individuali e lo completo con piccole bruschette spalmate di salsa rouille.
Spargo un pizzico di zafferano giusto per fare scena, ma i veri chef direbbero che è per ricordare uno degli ingredienti fondamentali della bouillabaisse.

Questa è la mia bouillabaisse, ma non ditelo ai Marsigliesi per carità.
Se non sapete fare la salsa Rouille, uno dei prossimi giorni vi do le mie due versioni, così farete anche voi un figurone.

Spaghetti integrali con pesce spada e olive

Non è che a noi il caldo faccia passare sempre l’appetito, a volte ci fa venire voglia piuttosto di piatti e ricette che ci ricordino il mare, meta ideale per tutta la durata dell’estate. Beato chi se lo può permettere!
Chi resta in città si può consolare con i miei spaghetti al pesce spada.

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La ricetta è semplice, il risultato eccellente. Le dosi sono per due.
Si fanno imbiondire in padella con l’olio 2 spicchi d’aglio schiacciati. Si eliminano e si aggiungono 4 pomodori pelati sgocciolati e tagliati e pezzetti, si sala, si pepa e si insaporisce con un peperoncino tritato e privato dei semi (oppure no, se preferite un sugo molto piccante).
Si fanno asciugare i pomodori a fuoco vivace, mescolando, e si aggiungono 2 fette di pesce spada (di circa 200 gr l’una) private della pelle e tagliate a cubetti.
Si spruzza di vino bianco, si lascia evaporare e si completa con 1 cucchiaino di prezzemolo tritato e 10-12 olive nere denocciolate.
Mentre il sugo cuoce, ed è una cottura rapidissima, si lessano 150 gr di spaghetti, si scolano al dente, si versano nella padella del sugo e si lasciano insaporire due minuti aggiungendo una cucchiaiata di parmigiano grattugiato.
Si servono con un giro d’olio a crudo.

Naturalmente anziché i pelati si possono utilizzare i pomodori freschi sbollentati e sbucciati, ma ci vuole più tempo. I pelati a volte sono una bella soluzione… rapida e sapida.

Hamburger all’orientale, ovvero Chessaddafapeccampà

Con questo caldo l’appetito è latitante a casa nostra, dunque mi devo sempre inventare qualche sfizio particolare perché ci si sieda a tavola con il consueto entusiasmo.
Ieri sera l’idea era quella di preparare degli hamburger, ma avevo assolutamente bisogno dell’intuizione giusta per qualcosa di più fresco, stuzzicante, allettante e ghiotto.
Quindi, hamburger sì, ma all’orientale…

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Si fanno tritare a coltello dal macellaio circa 400 gr di ottima polpa di manzo.
Una volta a casa si mette in una ciotola e si insaporisce con la parte verde di 1 cipollotto oppure 1/2 mazzetto di erba cipollina, 1 cucchiaino di zucchero di canna, 2 cucchiai di aceto di mele, 1 generoso pizzico si peperoncino in polvere, 1/2 spicchio d’aglio ridotto a crema, 1 grattugiata di zenzero secondo il proprio gusto, qualche cucchiaiata di salsa di soia, 1 cucchiaio di arachidi tritate grossolanamente e un ciuffo si germogli di soia spezzettati.
Si mescola tutto con le mani umide e si formano delle polpette piuttosto piccole, non occorre siano regolari.
Si trasferiscono in una larga padella con qualche cucchiaio d’olio.
Si cuociono velocemente rigirandole con l’aiuto di una paletta finché la carne non è ben cotta ma non asciutta.
Si sciacquano e si asciugano alcune foglie prese dal cuore di una bella lattuga, si sistemano su un vassoio e su ognuna si appoggia uno di questi hamburger orientaleggianti.

Questi hamburger si mangiano reggendoli con una mano. La foglia di lattuga, che si addenta insieme alla carne, impedirà che ci si ungano le dita.
Non è previsto il pane questa volta, ma tanto non avevamo nemmeno fame!

Pranzo a base di insalata sul terrazzo fiorito di bianco

Il titolo del post di oggi sembra quello di uno dei film di Lina Wertmuller, ma non saprei come altro descrivere questo angolo del nostro terrazzo.

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Sul nostro terrazzo i glicini dal delicato profumo hanno ormai solo foglie e le azalee sono quasi tutte sfiorite: il caldo arrivato troppo presto e tutto in una volta le ha fatte durare pochissimo quest’anno. Peccato perché i colori erano straordinari, abbellivano le ringhiere e incorniciavano le colline regalandoci una vista che faceva dimenticare che viviamo in un quartiere di città, circondati da altri condomini, fortunatamente con un piano in meno del nostro.
Adesso comincia però la stagione dei fiori bianchi dai profumi inebrianti che caratterizzano la nostra estate in città.
Le roselline tappezzanti sono già cuscini rigogliosi, i gelsomini e i rincospermi hanno iniziato le fioriture, che dureranno tutta l’estate, e a breve sbocceranno le gardenie, vero orgoglio di mio marito e legittimazione sia della sua passione che dell’intensa tonalità di verde del suo pollice.
Pranzare all’ombra sul terrazzo anche con una semplice insalata è molto piacevole quando l’acuto profumo dei fiori bianchi, che quasi stordisce, fa sognare di essere in altri luoghi…

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Magari “semplice insalata” può sembrare un po’ riduttivo per questa coperchiona* colorata e golosa, ma in realtà è proprio un modo veloce e simpatico di preparare una cena estiva.

Si mette sul fondo di una coppa (o di una ciotola) di vetro trasparente uno strato di lattuga spezzettata con le mani.
Si copre con un petto di pollo affettato e cotto alla griglia, salato, pepato e tagliato a bocconcini.
Si versa sul pollo un barattolo di fagioli neri (oppure rossi) sgocciolati e sciacquati, conditi con sale, olio e limone.
Si coprono con una dadolata di pomodori sodi e maturi insaporiti con origano fresco o maggiorana tritati e si completa con un mango a cubetti per un tocco esotico più accentuato.
Dopo una sosta in frigorifero, si porta in tavola l’insalata con il condimento a parte, per non sciupare l’effetto coperchiona*.
Il condimento che mi piace per questa che in fondo è una fresca e briosa insalata di pollo è una salsa che giudico stia bene con tutti gli ingredienti che compongono questo piatto, ma può essere variata o semplificata a piacere secondo il gusto personale.
Preparo la salsa semplicemente frullando 1 peperoncino, 1/2 spicchio d’aglio, 1 cipollotto fresco, 1 pezzetto di gambo di sedano, il succo di 1 lime, 1 ciuffo di menta, 2-3 cucchiai di olio, 1 vasetto di yogurt magro, 1 spruzzo di ketchup, sale e pepe.
La verso in una salsiera e la servo accanto all’insalata.

Se come in passato vi fidate di me, assaggiate insalata e condimento e poi ne parliamo.

* La vera storia della coperchiona la trovate su https://silvarigobello.com/2014/05/20/la-coperchiona/

Finger food tiepidi e sorprendenti il giorno dopo: oggi scampi al prosciutto

Come anticipavo ieri, la ricetta di oggi è di nuovo un finger food molto semplice da realizzare, ma molto raffinato.
Questa volta si utilizzeranno degli scampi freschi e del prosciutto e sarà sufficiente la prelibatezza di due soli ingredienti a creare questi ghiotti manicaretti.

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Si sgusciano, si liberano del filo intestinale e si sciacquano delle belle code di scampi, meglio se fresche, ma vanno bene anche quelle surgelate lasciate scongelare in frigorifero.
Se sono molto grosse, come le mie, si tagliano in due per rispettare la dimensione dei finger food.
Si insaporiscono con pepe, un pizzico di peperoncino in polvere, qualche goccia di aceto balsamico e si avvolgono in fettine di crudo di Parma tagliate longitudinalmente a metà.
Si passano velocemente in una padella antiaderente calda e quando il prosciutto si è fatto croccante si spegne il fuoco e si mette il coperchio per permettere la cottura, se pur breve degli scampi.
Si servono anche questi tiepidi, come le capesante di ieri, accompagnati dal Prosecco invece bello fresco.

Ho proposto queste due ricette di finger food in due giorni diversi per praticità, ma naturalmente sia le Capesante al bacon che questi Scampi al prosciutto stanno bene insieme e andrebbero serviti nello stesso momento per godere due volte del piacere che danno questi facili, ma eccellenti bocconcini.

Spaghettini al sugo di canestrelli

C’era una volta… anzi c’è ancora il lido di Jesolo, un lungo litorale sabbioso punteggiato di stabilimenti balneari, moltissimi alberghi e un’infinità di trattorie e ristoranti apprezzati per la specialissima cucina marinara caratteristica dell’Adriatico.
Il suo limite a Ovest è il faro del Cavallino, da cui si vede Venezia, mentre la zona Est, oltre la pineta, culmina nella frazione di Cortellazzo, alla foce del fiume Piave, col suo piccolo porticciolo sul canale Cavetta.
Ho raccontato in diverse occasione come la zona di Jesolo sia stata per un’infinità di estati della mia infanzia e dell’adolescenza, la meta delle nostre vacanze.
Durante quei soggiorni, che duravano tutto il mese di agosto, si andava almeno una volta a Venezia in motonave e ogni tanto la domenica si pranzava a Cortellazzo perché lì c’erano, già dagli anni ’50, i migliori ristoranti di pesce della zona.
È ancora così: tuttora si può contare su pesce freschissimo e ricette del territorio assolutamente deliziose.
Ve ne do un esempio con questi spaghettini, semplici e basici, ma innovativi perché con i canestrelli non è facile trovare ricette di primi piatti.
Oggi c’è anche il vantaggio che in pescheria li vendono già sgusciati e privati delle parti che darebbero al mollusco un cattivo sapore, se no occorre mettersi al lavoro, con pazienza e una certa abilità, per tempo!

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Si sciacquano molto bene sotto l’acqua corrente, per liberarli di eventuale sabbia residua, 400 gr di canestrelli già sgusciati e puliti.
Si fanno rosolare brevemente in una padella con olio, 1 spicchio d’aglio schiacciato e 1 peperoncino intero.
Si sfumano con 1/2 bicchiere di vino bianco e quando è evaporato, si scartano aglio e peperoncino e si versano nella padella 300 gr di pomodorini tagliati a metà, 350 gr di spaghettini lessati al dente, qualche cucchiaio di acqua di cottura e un giro d’olio crudo.
Si fanno saltare per qualche minuto e si insaporiscono con sale, pepe e un generoso trito di prezzemolo ed erba cipollina.
Si servono subito passando a parte il “parmigiano dei poveri”: pangrattato asciugato in padella con olio, peperoncino in polvere, sale e pepe.

È un piatto che bisogna assolutamente assaggiare almeno una volta e poi si avrà voglia di rifarlo e rifarlo e rifarlo…

Tagliatelle con le seppioline

Quand’ero piccola, ma poi anche grandicella, qui da noi in Veneto, i sughi di pesce, molluschi o crostacei si mangiavano solo con il riso o con gli spaghetti. Alla pasta all’uovo erano riservati unicamente i ragù di carne.
In Romagna erano già molto più avanti.
La prima volta che a Rimini, all’inizio degli anni Settanta, ho mangiato delle tagliatelle con gli scampi è stata una vera rivelazione.
Adesso trovo che la morbidezza e la corposità della pasta all’uovo si sposino perfettamente con molti tipi di pesce e diano la possibilità di creare piatti squisiti ed equilibrati proprio da provare.
L’altra settimana l’amica blogger Sonia http://foodnuggets.wordpress.com ha postato delle linguine condite con un sugo di seppie all’inaspettato profumo di rum che mi ha molto colpita, alle quali mi sono liberamente ispirata per la ricetta di oggi.
Il mio tocco personale sono le seppioline piccole piccole che ho cucinato intere, l’aggiunta del peperoncino, l’uso delle tagliatelle e poco altro che scoprirete leggendo più sotto.

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Ho fatto imbiondire con qualche cucchiaiata d’olio 1 spicchio d’aglio e 1 peperoncino.
Li ho eliminati e ho aggiunto 1 scalogno tritato lasciandolo appassire.
Ho spellato, privato dei semi e tritato 2 pomodori ramati sodi e maturi, li ho versati nel tegame, salati e fatti asciugare.
Ho sciacquato e controllato 400 gr di seppioline piccolissime già pulite dal pescivendolo e le ho aggiunte alla salsa.
Le ho fatte insaporire, sfumate con una generosa spruzzata di vino Zibibbo e aggiustate di sale e pepe. Ho proseguito la cottura per una ventina di minuti controllando che diventassero tenere e non gommose.
Fuori dal fuoco ho completato con prezzemolo tritato, qualche cucchiaiata di acqua di cottura della pasta, 1 filo d’olio, peperoncino tritato e 30 gr di parmigiano grattugiato creando un sugo cremoso col quale ho condito 1/2 chilo di tagliatelle all’uovo fresche lessate e scolate.

Se utilizzate la pasta secca, per 4 persone ne bastano 300 gr.
Lo Zibibbo si può sostituire con il Moscato di Pantelleria o il Recioto bianco di Soave, oppure seguire il suggerimento di Sonia e sfumare le seppie con il rum.