Paella de Marisco: la mia preferita

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Uno dei grandi segreti intorno alla Paella è che non si dovrebbe mai usare una padella antiaderente, ma una “paellera” in ferro, così si formerà sul fondo quell’invitante crosticina che si gratta col cucchiaio di servizio ogni volta che ci si serve di paella.
Le ricette tradizionali di questo saporito piatto di riso spagnolo, quelle che ci raccontano la storia del Paese attraverso i sapori, i profumi e i colori sono la Paella Valenciana Mixta, che prevede l’utilizzo insieme di carne, pesce e verdure, quella de Pescado, a base di pesce e quella de Marisco, di cui parliamo oggi, con i frutti di mare.
Preparare la paella è un lavoro lungo e impegnativo, ma il risultato è garantito e il profumo di questo piatto porterà voi e i vostri commensali direttamente sulle Ramblas di Barcellona.

Si fanno lessare per una decina di minuti 150 gr di piselli congelati, si scolano e si versano in una ciotola.
Si abbrustoliscono e poi si privano della pelle, dei semi e dei filamenti 1 peperone rosso e 1 giallo. Se ne utilizza metà di ciascuno e si riducono a striscioline.
Si aggiungono ai piselli.
Si puliscono con cura 1 kg di cozze tenendole sotto l’acqua corrente, spazzolandole con la paglietta di ferro e privandole del bisso.
Si fanno aprire in un tegame coperto a fuoco vivo. Si sgusciano tenendone da parte alcune per la decorazione finale e si filtra il loro liquido.
Si tuffano un attimo in acqua in ebollizione 200 gr di gamberetti sgusciati, appena cambiano colore si scolano rapidamente e si conservano con le cozze sgusciate.
Si prepara circa 1,2 litri di brodo di pesce anche utilizzando il dado di pesce granulare che si trova nelle pescheria e gli si aggiunge il liquido delle cozze.
Si incide con un coltellino il dorso di 8 gamberoni, si elimina il filo intestinale e si sciacquano.
Con le forbici si apre la parte inferiore del carapace di 8 grossi scampi, si passano sotto l’acqua, si asciugano e si fanno saltare brevemente con i gamberoni a fuoco medio con 2 cucchiai di olio.
Si sgocciolano e si tolgono dalla padella. Nel grasso rimasto si fanno imbiondire una cipolla tritata, 1 spicchio d’aglio grattugiato e 1 peperoncino senza semi affettato molto sottile.
Appena sono rosolati si aggiungono 600 gr di anelli di calamari puliti con cura e si fanno cuocere finché non diventano teneri. Dovrebbero bastare 7-8 minuti.
Si aggiungono le cozze sgusciate, i gamberetti, i peperoni, i piselli e il brodo di pesce in cui si sono sciolte 2 bustine di zafferano.
Al bollore si versano a pioggia 400 gr di riso e si amalgama tutto brevemente. Si assaggia ed eventualmente si aggiusta di sale e pepe.
Si pareggia il riso col dorso del cucchiaio e non si mescola più fino alla fine della cottura, quando cioè il riso avrà assorbito tutto il liquido.
Si completa allora con prezzemolo tritato ed erba cipollina tagliata sottile e si accomodano sulla superficie della paella gli scampi, i gamberoni e le cozze col guscio tenute da parte.
Finalmente si può servire, accompagnata da spicchi di limone.

La spettacolare Paella che ho pubblicato più sopra è quella che viene servita in un noto ristorante della mia città, mentre quella meno sfarzosa che cucino in famiglia è questa, di cui garantisco comunque la medesima bontà.

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Qualche settimana fa ho “ceduto” la ricetta della mia paella all’amico Davide, che l’ha pubblicata sul sito http://www.vinamour.it con il quale saltuariamente collaboro, che propone eccellenti abbinamenti dei piatti con i vini più adatti, capacità che personalmente mi manca. Suggerisco di dargli un’occhiata: le fonti da cui prendere buone idee non sono mai troppe, vero?

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Cozze fritte

Mangiare all’estero è per qualcuno fonte di preoccupazione, altri non vedono l’ora di provare nuovi sapori.
Nella civilissima Francia, indiscussa regina della gastronomia a livello mondiale, ci è capitato di trovare sul menù un ingrediente piuttosto inquietante, una proposta decisamente inaspettata.
Ci è stato suggerito a Caen, in Normandia, un vassoio di Piedi di cavallo, per esempio, ma fritti. Be’ meno male…
Niente panico. I “pieds de cheval” sono le famose ostriche piatte del Cotentin, che abbiamo mangiato appunto fritte perché il crudo non ci piace, né di carne, né di pesce.
Una volta a casa ne ho fatto una mia personale rivisitazione in chiave veneta (e piuttosto economica rispetto all’originale) dove al posto delle ostriche previste nella sontuosa ricetta bretone, ho utilizzato i “peoci”, ossia le cozze.

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Occorrono una trentina di cozze, 2 uova, 100 gr di farina in totale, 30 gr di burro, 100 ml di panna da cucina, 1 bustina di zafferano, pangrattato, sale e pepe, olio per friggere e un po’ di pazienza.

Faccio aprire le cozze a fuoco vivace con 1-2 spicchi d’aglio, le tolgo dal guscio e filtro il loro liquido.
Preparo il roux per la besciamella con il burro e 30 gr di farina, poi unisco la panna e il liquido delle cozze filtrato, in cui ho fatto sciogliere lo zafferano. Faccio addensare la salsa a fuoco molto dolce senza smettere di mescolare.
La faccio raffreddare e poi la spalmo su ciascuna cozza: deve risultare così soda da non sgocciolare.
A mano a mano che sono pronte appoggio le cozze così nappate su un vassoietto e poi le metto in freezer per una mezz’ora.
Sbatto le uova con sale e pepe. Passo le cozze, poche alla volta, nella farina, nell’uovo e nel pangrattato, poi di nuovo nell’uovo e nel pangrattato. La panatura deve risultare bella spessa.
Le friggo in olio profondo di mais o di arachidi, le tolgo con il ragno e le appoggio a scolare sulla carta da cucina.
Fino al momento di servirle le tengo al caldo nel forno a 120° con lo sportello socchiuso, poi le porto in tavola appoggiate sui loro mezzi gusci.

Vi invito a divertirvi come me sperimentando questa variazione di un grande classico bretone. Stupirete tutti servendole con una maionese all’aglio, molto Francese.
Sono perfette come antipasto o secondo piatto, a seconda della quantità che avrete voglia di preparare… e sono un fantastico finger food.

Linguine con le cozze allo zafferano

Alzi la mano per favore l’amica blogger con la quale mi ero accordata ai primi del mese di condividere una ricetta di spaghetti con le cozze non appena l’avessi realizzata perché è arrivato il momento!
Questa ricetta è semplice, profumata, non ha dietro una storia affascinante come altre, non fa parte delle tradizioni di famiglia, non vanta ingredienti insoliti, ma è riuscita talmente bene che ve ne devo proprio parlare.

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Spazzolo, lavo e privo del bisso 1 kg di cozze, le faccio aprire in una pentola coperta con 1/2 bicchiere di olio e 2 spicchi d’aglio.
Quando sono tutte aperte le sguscio tenendone da parte solo alcune col guscio per la decorazione finale dei piatti.
Filtro il liquido di cottura, lo verso in un tegame largo e sciolgo al suo interno 1 bustina di zafferano, aggiungo le cozze sgusciate e 400 gr di linguine scolate al dente.
Pepo generosamente e faccio saltare la pasta a fuoco vivace per far amalgamare il tutto.
Divido nei piatti, spolverizzo di prezzemolo tritato e decoro con le cozze col guscio tenute da parte.

Mi piacerebbe raccontarvi che questa è un piatto che ho mangiato sul Lungomare di Biarritz oppure al porto di Marsiglia, ma dietro questa ricetta non c’è una mini-storia che la arricchisca di particolari.
È un semplice piatto di pasta con le cozze mangiato la prima volta a Pesaro in un ristorante vicinissimo al Villino Ruggeri…
Dunque una storia dietro c’è in fondo e magari un giorno se volete ve la racconto!

Insalata di capesante (più un’altra ricetta in omaggio!)

Sarà a causa questo strano tempo freddo e piovoso che non suggerisce per niente l’idea che siamo in estate, ma ho ripensato alla ricetta di un antipasto che ho preparato mi pare per la cena di compleanno di mio marito, che cade a fine novembre.
È quello a cui vi accennavo ieri quando parlavamo delle polpette di granchio al forno.
Mi fa piacere proporvelo oggi perché tutto sommato, escludendo la difficoltà di reperire i chicchi di melagrana, trovo sia un piatto adatto anche a questo periodo.
E poi a me le capesante piacciono sempre un sacco, lo sapete!

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Pelo a vivo 2 arance e 1 pompelmo, raccogliendo il succo che sgocciola in una ciotola.
Unisco anche quello di 1/2 limone, 2 cucchiai di olio, 1 pizzico di sale e di paprica ed emulsiono
Cuocio sulla piastra (o in una padella antiaderente molto calda oppure sulla griglia) per non più di due minuti per parte, 12 noci di capesante ben sciacquate.
Volendo si possono passare rapidamente sulla piastra anche i coralli, ma proprio per un attimo. Io però preferisco non utilizzarli in questa ricetta, piuttosto ne faccio un sofisticato sugo per il riso, colorato e curioso che magari dopo, se avete tempo, vi racconto.
Tornando alla nostra insalata, distribuisco una manciata di rucola nei piatti, aggiungo le fettine degli agrumi e le capesante e condisco con la “citronette” piccante preparata appunto anche col succo di arancia e pompelmo.
Come dicevo, se è inverno si può decorare anche con qualche chicco di melagrana, se no va bene così.

Per il sugo a cui accennavo prima, faccio saltare in padella con 2 spicchi d’aglio, 1 peperoncino, 2 cucchiai di olio e qualche pezzetto di buccia di lime i coralli delle capesante di cui ho utilizzato solo le “noci” e una ventina di cozze già aperte e sgusciate.
Sfumo con un sorso di Pernod e il sugo è pronto.
Lesso il riso, naturalmente Venere perché questa è una ricetta soprattutto colorata, ma se volete andare sul tranquillo, va bene anche il Carnaroli.
Lo scolo e lo condisco con questo sugo profumato e squisito.
Naturalmente per apprezzarlo dovete amare il gusto inconfondibile dell’anice stellato, se no sfumate pure con il Cognac.
Visto? Oggi due ricette al prezzo di una!

Moules à la crème (cozze alla panna)

La volta che siamo andati in Normandia era la fine di maggio.
Secondo noi, la primavera inoltrata ci avrebbe garantito temperature miti e assenza di pioggia, ma ci eravamo scordati dei problemi incontrati dagli Alleati al momento dello sbarco a Omaha Beach in quell’uggiosa, gelida alba del 6 giugno 1944…
È finita che ci siamo comprati chi un maglione blu da pescatore bretone (come quello del tonno Nostromo), chi uno scialle in lana ricamato molto chic e abbiamo mangiato sempre piatti caldi.
Come base avevamo scelto l’elegante e mondana Deauville. Però, forse perché non era la stagione delle corse ippiche, o dei tornei di polo, né quella del Festival del Cinema Americano, non l’ho trovata poi così movimentata come promesso (o minacciato) dalle Guide, ma anzi piuttosto intima e riservata.
Indossando dunque scialli e maglioni un giorno all’una abbiamo percorso le “planches” di duro legno tropicale, fiancheggiate dalle cabine ognuna con il nome di una star, che delimitano l’immensa spiaggia dai caratteristici ombrelloni blu, gialli e rossi. Una spiaggia molto pittoresca.
Camminando su questa celebre passerella di buon passo perché un vento gelido spazzava la spiaggia creando fastidiosi e accecanti mulinelli di sabbia, abbiamo raggiunto il celebre Bar du Soleil per un pranzo tipico al sole, fortunatamente dietro le vetrate.
Ho ordinato lì per la prima volta le Moules à la crème e le ho trovate sorprendenti. Squisite.
Le cozze in Francia le avevo mangiate spesso, ma mai cucinate in questo modo e naturalmente ho imparato a farle anche a casa.
Non ci vuole niente ma sono molto chic la volta che si vuole fare scena…

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In un tegame largo dai bordi alti faccio stufare a fuoco molto dolce 2 cipolle bianche affettate sottili.
Dopo aver lavato e spazzolato 2 kg di cozze, privandole delle barbe, le verso nel tegame con le cipolle stufate, unisco 1/2 bicchiere di vino, abbondante pepe nero appena macinato e 1 ciuffo di prezzemolo tritato in modo molto grossolano, incoperchio, alzo la fiamma e scuoto di tanto in tanto il tegame.
Non appena tutte le cozze sono aperte, le tolgo con un mestolo forato e le tengo al caldo.
Filtro il liquido, lo faccio restringere a fuoco vivace, unisco 400 ml di panna da cucina, faccio ridurre ulteriormente a fuoco moderato, rimetto le cozze nel tegame, le faccio saltare proprio un attimo e le servo subito.

Sono squisite, in Normandia le ho gustate in due ristoranti diversi. In uno erano complete, nell’altro servite dopo che era stata eliminata la valva vuota. In entrambi i casi, nei gusci resta un po’ di sughetto alla panna che trovo delizioso.
Sono una variante delle “moules marinière” che in genere vengono servite con le frites, sia in Normandia che nel resto della Francia, che io però preferisco senza contorno di patatine.
Le dosi che vi ho suggerito sottintendono che si tratta di un piatto unico. Se le volete servire come antipasto, riducetele drasticamente.

Paccheri ai frutti di mare

Non è che i paccheri siano un formato di pasta che utilizzo tanto spesso, ma li adoro. Almeno quanto adoro i crostacei e i molluschi.
La ricetta di oggi prevede l’utilizzo di tutti questi ingredienti, ma siccome vado un po’ di fretta, lascio che siano soprattutto le foto a parlarne: sono eloquentissime e poi tanto questo sugo lo sapete fare di sicuro e chissà come viene bene anche a voi!

20140306-014559.jpgQui si riconoscono canestrelli e code di scampi e poi code di gambero e cozze. Naturalmente tutto sgusciato e sciacquato bene.

20140306-014923.jpgNel tegame ci sono: pomodorini Pachino, aglio, peperoncino, olio, basilico e tutti i frutti di mare della foto precedente, sale e pepe.

20140306-015055.jpgEd ecco i paccheri lessati, senza foto, scolati leggermente al dente, versati nel sugo della foto precedente (al quale ho aggiunto a fine cottura una bustina di zafferano) e fatti saltare brevemente.
La fase successiva è naturalmente l’impiattamento come da foto, e a seguire la degustazione… non immortalata!
Buon appetito e scusate la fretta.
A domani. Se qualcosa vi sfugge, sono qua.

Pappardelle cozze e fagioli

Sono sempre alla ricerca di qualche ricetta nuova che mi aiuti a portare in tavola piatti sempre diversi.
L’ispirazione la traggo a volte perfino da quello che assaggio quando mangio al ristorante.
In genere, una volta a casa, ricreo la ricetta che mi è particolarmente piaciuta mettendoci qualcosa di mio, sostituendo o aggiungendo qualche ingrediente, modificando a volte il piatto fino a renderlo irriconoscibile!
Spesso quindi finisce che un antipasto, per esempio, lo trasformi in un primo piatto.
È il caso di queste pappardelle: in uno dei nostri ristoranti di pesce preferiti qui a Verona, avevo assaggiato una piccola porzione di cozze e fagioli, servita insieme ad altri della serie infinita di antipastini che vengono serviti e pare non finiscano mai.
Questo assaggio in particolare mi è piaciuto molto, quindi l’ho fatto diventare un sugo per condire delle pappardelle fresche. E devo dire, con grande successo.

20140223-141804.jpgSi puliscono accuratamente 800 gr di cozze, si liberano dal bisso, si raschiano i gusci e si fanno aprire in un tegame dove si sono fatti imbiondire 2 spicchi d’aglio con 1 cucchiaio d’olio. Si aggiunge 1/2 bicchiere di vino bianco, 1 cucchiaio di prezzemolo tritato e 1 peperoncino affettato.
Una volta aperte, si sgocciolano, si sgusciano, escluse alcune che serviranno per la decorazione dei piatti e si mettono da parte col loro liquido filtrato con cura.
Si prepara una salsa con 300 gr di pomodorini tagliati a metà fatti appassire con 2 cucchiai d’olio e qualche foglia di basilico spezzettata.
Si uniscono 250 gr di fagioli borlotti secchi prima fatti ammollare tutta la notte e poi lessati e scolati.
Nel frattempo si lessano 400 gr di pappardelle fresche, si scolano molto al dente, si versano nel tegame dei fagioli con le cozze e il loro liquido.
Si saltano aggiustandole di sale e insaporendole con una macinata di pepe.
Si impiatta, si decora con le cozze ancora con il guscio tenute da parte e un rametto di basilico.

Mi pare non ci sia nient’altro da aggiungere, vero?

Spaghetti allo scoglio o alla pescatora?

Come spesso mi capita, non sempre colgo la differenza tra le denominazioni diverse di alcuni piatti che si somigliano molto.
Mi era successo con il brasato all’Amarone, ricordate? L’altro venerdì infatti mi chiedevo: brasato, stracotto o stufato?
Oggi è la volta di questi formidabili spaghetti con un interessante sugo: ma sono allo scoglio o alla pescatora?
In qualunque modo siate abituati a chiamarli, comunque eccoli qua, tali e quali a quelli che fate voi.

20140208-212348.jpgIo comincio facendo spurgare per qualche ora 300 gr di vongole e poi sciacquandole, pulendo 300 gr di cozze dalle incrostazioni e dalla barba, scartando i molluschi con il guscio rotto e facendo aprire a fuoco vivace le une e le altre.
Sguscio tutti i molluschi tenendone da parte solo alcuni per la decorazione finale dei piatti, filtro i liquidi che hanno emesso e tengo tutto da parte separatamente.
Faccio imbiondire in un tegame molto capiente 2 spicchi d’aglio schiacciati e 1 peperoncino intero, che poi elimino, e aggiungo 300 gr di calamari puliti già tagliati ad anelli (non amo molto i ciuffi) e sfumo con 1/2 bicchiere di vino bianco.
Lascio cuocere per una decina di minuti, li scolo con un ragno e li tengo al caldo.
Taglio a metà 300 gr di pomodori ciliegino e li faccio appassire per un minuto nello stesso tegame con 4 cucchiai di olio. Non devono spappolarsi.
Aggiungo 300 gr di code di gambero sgusciate e le faccio saltare a fuoco vivo coi pomodorini.
Sono pronte appena cambiano colore. Non occorre farle cuocere di più altrimenti diventano gommose.
Nel frattempo lesso al dente 500 gr di spaghetti, li scolo e li verso nel tegame, aggiungo il liquido dei molluschi e il sugo dei calamari, una macinata di pepe, le cozze, le vongole e i calamari, una cucchiaiata di prezzemolo tritato e 1 pezzetto di zenzero grattugiato che dona al piatto una gradevole e piccante freschezza.
Faccio saltare a fuoco vivo, mescolo e servo.

Se volete improvvisare questa golosa spaghettata e non avete lo zenzero, potete grattugiate la scorza di 1 lime o di 1/2 limone e spruzzare il tutto col loro succo.
Questo tocco pungente darà al piatto una marcia in più.
Posso darvi un suggerimento extra? Tanto è gratis! Queste dosi sono per le classiche 6 porzioni di spaghetti “amletici” (allo scoglio o alla pescatora: questo è il dilemma), ma anche se siete solo in 4… fatene lo stesso tanti.
Domani vi spiego perché.

Pasta e fagioli con le cozze

20140127-011208.jpgQuesto è un tipico piatto partenopeo, ma la pasta e fagioli con le cozze si gusta anche nella provincia di Salerno, a Ischia e a Capri. È insomma un abbinamento tradizionale campano che sposa i sapori della terra e del mare con molta abilità.
È uno dei ricordi che ci siamo portati da una delle nostre incursioni nella Penisola Sorrentina, insieme ai limoni, ai peperoncini, alla pasta, alle alici.

L’esecuzione è piuttosto semplice, ma necessita di qualche passaggio al quale noi Veneti, per esempio, non siamo abituati.
Bisogna innanzi tutto lessare con 1 costa di sedano e 1 carota, 200 gr di fagioli secchi (che i Napoletani hanno stabilito debbano essere cannellini) tenuti precedentemente a bagno per qualche ora, oppure 500 gr di fagioli cannellini freschi sgranati.
Intanto si spazzolano, si lavano accuratamente e si liberano dalle “barbe” 800 gr di cozze e si fanno aprire a fuoco vivace in un tegame alto con 1-2 spicchi d’aglio. Si filtra il liquido delle cozze, si staccano i molluschi dalle valve e si tengono da parte.
Si fanno imbiondire in una capace casseruola 2 spicchi d’aglio con 2 cucchiai d’olio, si tolgono, si aggiungono 2-3 pomodori pelati sgocciolati tagliati a pezzi e un pizzico di peperoncino. Si lascia restringere il sugo per qualche minuto, mescolando ogni tanto.
Si aggiungono metà dei fagioli, raccolti col mestolo forato, mentre l’altra metà prima si frulla con qualche cucchiaiata di acqua di cottura e poi si versa nella casseruola con il liquido delle cozze.
Si fa alzare il bollore e si completa con 200 gr di pasta corta adatta alle minestre, precedentemente lessata al dente, e le cozze sgusciate.
Si mescola, eventualmente si aggiusta di sale, si cosparge di abbondante pepe nero macinato al momento, si condisce con un filo d’olio e si serve calda o tiepida.

È una minestra superba, che non ha niente a che fare con la nostra minestra di fagioli con le cotiche, è proprio un altro piatto: sono diversi perfino i fagioli che si utilizzano nelle due preparazioni.
Noi Veneti siamo generalmente molto attaccati al territorio e diffidiamo delle novità, lo so bene, ma se avete voglia di qualcosa che non sia “la solita minestra” provate questo piatto!

Spaghettini in zuppa di cozze

Durante le vacanze e in occasione dei molti viaggi nelle località di mare, abbiamo mangiato cozze fino a non poterne più, ma come rinunciare sapendo che una volta a casa non l’avremmo praticamente più fatto?
‘Mpepata di cozze, cozze alla tarantina, gratinate, fritte, ripiene, alla pizzaiola, pasta con le cozze, zuppetta di cozze, sautè di cozze, cozze e patate, cozze alla birra, à la crème, à la provencale, marinières, au cidre, paella de mariscos…
In quanti modi le abbiamo gustate! Ma c’è un piatto speciale, squisito, di cui vi parlo oggi, che fa parte dei ricordi di famiglia, quindi mi è particolarmente caro.
Gli spaghettini in zuppa di cozze li abbiamo mangiati a Fano, in occasione di un breve soggiorno durante le vacanze del ’78. Sono da assaggiare, anche se non avete ricordi legati a questo piatto o a questa cittadina del Pesarese.

Spaghetti cozze

Bisogna lavare, spazzolare e pulire con molta cura 2 kg di cozze (mitili, muscoli o peoci) e poi farle aprire in un tegame con 1 bicchiere di vino bianco, 1 peperoncino e 2 spicchi d’aglio, mettendo il coperchio e scuotendo un paio di volte.
Si eliminano i molluschi che non di sono aperti e si sgusciano gli altri, tenendone da parte qualcuno per decorare i piatti. Si scartano l’aglio e il peperoncino e si filtra il liquido.
In una casseruola si fa stufare con qualche cucchiaiata d’olio 1 cipolla affettata sottile con timo e maggiorana, si unisce il liquido delle cozze, si aggiungono 400 gr di polpa di pomodoro, una macinata di pepe e si porta a cottura col coperchio perché il sugo deve rimanere piuttosto liquido.
Si versano le cozze sgusciate nel sugo, si fanno insaporire e si aggiungono 300 gr di spaghettini scolati al dente.
Si serve la zuppa completandola con qualche cozza col guscio. La raccomandazione è di non usare sale perché è sufficiente quello presente nel liquido delle cozze, comunque assaggiate.