La precisazione nel titolo è d’obbligo in quanto molti scambiano le due salse quando ne sentono parlare.
Bisogna infatti essere Veronesi DOC o al limite DOP per conoscere la “pearà”, che cito spesso e di cui ho postato la ricetta l’anno scorso, il 24 ottobre, mentre la peverada è decisamente più nota… o no?!
In ogni caso questo secondo goloso intingolo si trova principalmente in Trentino, dove viene servito con la selvaggina, nel Trevigiano come accompagnamento al coniglio arrosto per esempio, nella Bassa Veronese dove nel periodo Natalizio arricchisce la faraona al forno e in chissà in quanti altri luoghi e cucine che non conosco.
Limitatamente alla preparazione della faraona, mi piacerebbe parlare di come veniva cucinata la Peverada dalla nonna Emma.
La faraona, eviscerata e lavata, va messa in una teglia, che possa andare in forno, con un trito di pancetta, salvia, rosmarino, uno spicchio d’aglio e qualche cucchiaiata di olio.
Si fa rosolare, si irrora con 1 bicchiere di vino bianco e quando la carne ha preso colore e il vino è evaporato, si inforna a 180 gradi per una quarantina di minuti.
Ogni tanto si controlla che non si asciughi troppo ed eventualmente si bagna col brodo.
Nel frattempo si prepara la famosa Salsa Peverada.
Si fanno rosolare con olio e burro 2 spicchi d’aglio, si tolgono e si aggiungono nel tegame 400 gr di fegatini sia di faraona che di pollo tritati con 100 gr di classica Soppressa Veneta, la buccia grattugiata di 1 limone, 3 filetti di acciuga sott’olio spezzettati, 1 cucchiaio di prezzemolo tritato.
Si lega tutto facendolo cuocere brevemente sempre mescolando.
Si aggiungono 1 manciata di pangrattato, 2-3 cucchiai di grana grattugiato, si regola di sale e pepe e si spruzza con il succo di 1/2 limone.
La salsa è pronta quando raggiunge la consistenza di un ragù classico di carne.
Si unisce a questo intingolo anche il sugo della faraona e si mescola perché si amalgami bene.
Si serve la faraona ben calda a pezzi accompagnata dalla sua salsa Peverada.
Questa è una delle classiche ricette contadine che ho ereditato dalla famiglia del mio papà ed è veramente antica. Pare risalga al 1700.
Infatti la preparava già la suocera della nonna di mia nonna Emma che viveva con i figli e le loro famiglie in una grande casa colonica della Bassa Veronese, dove gli animali da cortile costituivano l’ingrediente principale di quasi tutti i piatti di carne… vedete un po’ voi se non si va indietro nel tempo!
La soppressa può essere sostituita dalla salsiccia e il succo di limone dall’aceto bianco, la Peverada è comunque squisita e saporita in modo esageratamente invitante.
Che portento le Nonne😊 Mentre ti leggo, m’immagino tutto persino gli animali da cortile…. quando si pensa al passato, conserviamo quella sensazione “di tempo infinito” che in quel momento provavamo….. eh si, a me sembrava che nulla potesse avere un termine…… Bisognerebbe avere un contenitore dell’emozioni; si lo so, direte ce l’abbiamo è il CUORE……Ma io intendo una sorta di macchina del tempo per rivivere ancora e ancora quello che ci ha dato più gioia😀 Mannaggia quanto sono nostalgica! Ti voglio bene Silva😚
Tesoro mio. A questa casa colonica dove era nata mia nonna Emma faccio riferimento nel capitolo “Pelle d’oca e zampe di gallina” del mio primo libro, te lo ricordi? Per me il modo di trattenere emozioni e memorie è stato proprio quello di scriverle.
Bona giornata Marilena cara.
Io non sono Veronese e nemmeno veneta, ma conoscevo solo la “pearà” che mia mamma chiamava “pevreda”. Non ti dico la confusione! Insoma quella salsa col midollo, il pepe ecc… Questa mi sembra davvero da arrosto delle feste!
L’ho detto in apertura, c’é sempre confusione tra pearà e peverada: la pearà è quella che la tua mamma chiamava preveda a base di brodo, midollo, pangrattato e pepe, mentre la peverada è quella a base di fegatini che ho postato oggi.
Le ricette delle nonne sono sempre le migliori: una tradizione da portare avanti proprio come hai fatto tu Silva! Conoscevo queste salse e la loro differenza semplicemente perché mia suocera è veneta e quindi spesso me ne ha parlato ma la pevreda non l’ho mai assaggiata: devo rimediare!
Sai, Manu, io la immagino come una di quelle ricche salse rinascimentali che servivano nei banchetti più sontuosi!
Che bonta’ Silva, mi piace molto, grazie della precisazione che non conoscevo, un abbraccio, buona serata a te, ❤
Si confondono in molti infatti, ma la pearà e la peverada sono proprio due salse diversissime tra loro e accompagnano piatti altrettanto differenti.
Felice serata, Laura cara.
This recipe is a treasure indeed, Silva, and is the best kind of inheritance. How fortunate that you have and prepare it.
I was sure you more than other blogger friends would appreciate this kind of recipes. Thank you.