Frutti di bosco nei bicchieri

Per favore, volete tornare un momento al post di ieri, quello con la ricetta di “pizza e fichi”?
Ve lo chiedo perché il dessert che propongo oggi è proprio il modo per finire in bellezza “un pranzo improvvisato o una piccola cena tra amici”, come dicevo ieri, a base di pizza o di torta salata magari particolarmente insolita e saporita.
Quando mi è capitato di offrirlo senza essermi preparata con largo anticipo alla fine di una cena non proprio organizzata, ma lo stesso riuscita benissimo, non avevo in freezer uno dei soliti semifreddi che cerco di avere sempre a disposizione, quindi con qualche cestino di frutti di bosco, un pacchetto di savoiardi e una confezione di mascarpone, me la sono cavata con poca fatica e in poco tempo.

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Ho sciacquato un cestino per tipo di fragole, lamponi, more e mirtilli.
Ho montato con 2 cucchiai di zucchero e 1 bicchierino di Cognac 250 gr di mascarpone.
Ho imbevuto con l’Alchermes circa 1/2 confezione di savoiardi.
Ho preparato il dessert posizionando a strati nei soliti bicchieri “tumbler” savoiardi spezzettati, ho messo sopra more e mirtilli, quindi qualche cucchiaiata di mascarpone, di nuovo qualche savoiardo, poi fragole e lamponi, di nuovo mascarpone, per finire con alcuni frutti misti a decorare la sommità dei bicchieri.
Con tutta questa pioggia mi si è ammalata la menta, se no un rametto sopra ci stava proprio bene!

Come dicevo, è un dessert fresco, veloce e delizioso, che va tenuto in frigorifero fino al momento di servirlo.
È una di quelle piccole idee che consentono di riuscire ad organizzare in breve tempo un allegro momento conviviale senza troppe formalità e senza stress.

Mica pizza e fichi…

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E invece sì, proprio pizza e fichi. E l’abbinamento è di una bontà unica.
Naturalmente per questo piatto dovete sentirvi audaci e avventurosi, perché ha un gusto deciso ed esce dai soliti schemi.
Se siete interessati (e non ve ne pentirete) vi racconto come faccio la mia personale versione di “pizza e fichi”.

Preparo velocemente con la punta delle dita una pasta brisè con 200 gr di farina, 80 gr di burro, 75 ml di acqua molto fredda e 1 pizzico di sale, l’avvolgo nella pellicola e la faccio riposare in frigorifero. Quando la riprendo, la tiro con il mattarello, fodero una teglia e faccio una cottura cieca (con i fagioli secchi) a 200 gradi finché la pasta non è dorata.
Nel frattempo faccio stufare con 1 cucchiaio di olio 1-2 belle cipolle affettate, le salo leggermente ed eventualmente aggiungo 1 cucchiaiata d’acqua per farle appassire senza che coloriscano troppo.
Cospargo di cipolle il fondo della brisè, sopra distribuisco 6-8 fichi tagliati a spicchi, completo con del formaggio di capra (chevre), che è molto saporito ed è perfetto per contrastare la dolcezza dei fichi, aggiungo qualche rametto di timo e inforno giusto 2 minuti perché il formaggio si fonda leggermente e i fichi appassiscano appena appena.

Io adoro questa… pizza? Torta salata? Comunque la si chiami è squisita.
È adatta ad un pranzo improvvisato, ad una piccola cena tra amici, ad un raffinato buffet e se non vi piace lo chevre, suggerisco di sostituirlo con il taleggio.

Linguine con le cozze allo zafferano

Alzi la mano per favore l’amica blogger con la quale mi ero accordata ai primi del mese di condividere una ricetta di spaghetti con le cozze non appena l’avessi realizzata perché è arrivato il momento!
Questa ricetta è semplice, profumata, non ha dietro una storia affascinante come altre, non fa parte delle tradizioni di famiglia, non vanta ingredienti insoliti, ma è riuscita talmente bene che ve ne devo proprio parlare.

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Spazzolo, lavo e privo del bisso 1 kg di cozze, le faccio aprire in una pentola coperta con 1/2 bicchiere di olio e 2 spicchi d’aglio.
Quando sono tutte aperte le sguscio tenendone da parte solo alcune col guscio per la decorazione finale dei piatti.
Filtro il liquido di cottura, lo verso in un tegame largo e sciolgo al suo interno 1 bustina di zafferano, aggiungo le cozze sgusciate e 400 gr di linguine scolate al dente.
Pepo generosamente e faccio saltare la pasta a fuoco vivace per far amalgamare il tutto.
Divido nei piatti, spolverizzo di prezzemolo tritato e decoro con le cozze col guscio tenute da parte.

Mi piacerebbe raccontarvi che questa è un piatto che ho mangiato sul Lungomare di Biarritz oppure al porto di Marsiglia, ma dietro questa ricetta non c’è una mini-storia che la arricchisca di particolari.
È un semplice piatto di pasta con le cozze mangiato la prima volta a Pesaro in un ristorante vicinissimo al Villino Ruggeri…
Dunque una storia dietro c’è in fondo e magari un giorno se volete ve la racconto!

Una tarte tatin di albicocche

Quelle che si trovano adesso in commercio sono proprio le ultime albicocche, infatti non sono più granché… ma se te ne accorgi quando ormai in casa ne hai già un cestino, cosa fai?!
Esatto! Fai una torta.
E stavolta sarà una deliziosa, raffinata e burrosa tarte tatin, classico dolce d’Oltralpe che le signore francesi preparano davvero in “catrecattrot”.
Io a Parigi l’ho casualmente assaggiato a colazione farcito con le susine Mirabelle, le Gocce d’oro insomma, mentre ero ospite della cognata di quell’amica francese di cui vi ho già parlato.
Questa elegante e ospitale signora che viveva letteralmente all’ombra della Tour Eiffel, mi aveva assicurato che la tatin viene bene anche con le albicocche, le pesche o i fichi.
Oltre naturalmente che con le classiche mele o pere. Ca va sans dire.
Per concludere, ieri avevo questo chiletto di albicocche così così e per cambiare ho cercato la mia ricetta francese scritta su un foglietto a quadretti con la pubblicità del Pernod in alto, un po’ stropicciato, ma per fortuna leggibile e traducibile abbastanza agevolmente, una ricetta che avevo provato solo una volta, con le susine, quando? Trent’anni fa, ma le buone ricette non hanno scadenza per fortuna.

20140817-004448.jpgPer fare proprio una cosa da fighi, come direbbe Cracco, si tuffano nell’acqua in ebollizione circa 1 kg di albicocche già lavate.
Si scolano, si spellano, si tagliano a metà e si eliminano i noccioli. Se no basta tagliarle a metà e togliere i noccioli: vedete voi.
In una tortiera di acciaio inossidabile dal fondo spesso o in una antiaderente già collaudata sulla fiamma, si fanno caramellare dolcemente 4 cucchiai di zucchero con 50 gr di burro.
Si aggiungono le albicocche in un solo strato con la parte tagliata verso l’alto.
A fuoco dolcissimo, magari con uno spargi fiamma sotto, si fanno cuocere per una decina si minuti: basta che appassiscano un po’. Poi si fanno leggermente intiepidire e si accomodano meglio che si può.
Si stende un abbondante disco di pasta sfoglia pronta sulle albicocche, si “rimbocca” con cura inserendo il contorno tra la frutta e la tortiera e si inforna a 180 gradi per circa 15-20 minuti, finché la pasta non è dorata.
Quando si sforna conviene aspettare qualche minuto o col caramello si rischia di scottarsi, quindi si capovolge con decisione su un piatto rotondo da portata, si ripuliscono leggermente i bordi e si offre.

Al burro e allo zucchero per caramellare le albicocche, io aggiungo anche un bicchierino di Cognac, ma in casa nostra non ci sono bambini…

Facile e stuzzicante: il pan bagnat nizzardo

Com’è che si dice? Se non è zuppa è pan bagnato, vero?
In Costa Azzurra invece il “pan bagnat” (non “pain baigné”) non è affatto una zuppa ma un fantastico piatto unico che chiamare panino farcito è veramente riduttivo.
Giudicate da soli!
A Nizza è una vera istituzione, una sorta di cibo da strada che ho visto mangiare anche sulla spiaggia.
Io ho imparato ad apprezzarlo in un delizioso locale d’atmosfera di Cours Saleya dove si pranza e ci si riposa dopo aver girato per il Marchè aux Fleurs e si può scegliere un piatto veloce tipo Petit Farcis, Salade Nicoise, Socca, Pissaladière, Moules et Frites o il nostro stuzzicante Pan Bagnat.

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Faccio rassodare 2 uova, le sguscio e le taglio a rondelle. Preparo una vinaigrette con 4 cucchiai di olio, 2 cucchiai di aceto, sale e pepe.
Elimino i semi da 1 peperone verde, rosso o giallo e lo affetto sottile. Affetto anche 2 grossi pomodori maturi, 4-5 ravanelli e 2 cipollotti (oppure 1 cipolla rossa).
Taglio 4 panini a metà, bagno l’interno con qualche cucchiaiata di vinaigrette e li riempio con le cipolle, i pomodori, il peperone, le uova e in più circa 200 gr in totale di tonno sott’olio sgocciolato, 1 mazzetto di rucola (che può essere sostituita da 1 mazzetto di basilico, molto più provenzale), 8 filetti di acciughe e una decina di olive nere denocciolate.
Sopra distribuisco il resto della vinaigrette, copro con l’altra metà del panino, presso un po’ e servo subito perché il pane deve risultare sì “bagnat”, ma non troppo imbevuto.

Si può usare anche una baguette, ma l’ideale per me è utilizzare dei panini più morbidi, che si inumidiscono meglio di vinaigrette.

La terrina di sgombro del Calvados (terrine au maquereau)

Andando al Lago l’altro giorno, l’autoradio era sintonizzata su un’emittente che mio marito ama molto, una di quelle che trasmettono quasi esclusivamente canzoni vecchiotte e sentimentali spesso a richiesta e con dedica.
Mi è venuto in mente proprio allora che noi non abbiamo una “nostra” canzone, perché nel corso degli anni ne abbiamo accumulate moltissime, ognuna in un momento speciale della nostra vita.
La più recente entrata a far parte della nostra hit-parade personale è “Boum” di Charles Trenet, che con altre canzoni francesi melense e sorpassate ci ha tenuto compagnia qualche anno fa mentre percorrevamo il tragitto Parigi-Deauville con il “système de navigation” della Megane a noleggio fuori uso.
Eravamo incappati per caso in questa stazione radiofonica che proponeva nostalgiche interpretazioni anche di Yves Montand, Édith Piaf, Gilbert Becaud, Charles Aznavour e Maurice Chevalier e abbiamo continuato a sentirle ogni volta che andavamo in giro per il Dipartimento del Calvados, ma la nostra preferita è rimasta Boum. Ascoltatela, se ne avete occasione: è anche il jingle dei biscotti Galbusera ed è diventata perfino una delle suonerie del cellulare di mio marito.
Be’, dato che siamo qua in Normandia, (anche come clima oggi, eh?!) parliamo anche di una squisita terrina di sgombro di cui abbiamo assaggiato e gustato una generosa porzione mentre attendevamo in una locanda di Trouville che fosse pronta la “Marmite Dieppoise”, vera chicca culinaria a base di gamberi, cozze, pesce e funghi stufati insieme in un tegame di terracotta, della quale mi ripropongo di parlare non appena la rifaccio.
La terrina di sgombro di oggi invece è una preparazione semplice, veloce, rustica e molto saporita che esprime al massimo le sue golose caratteristiche se la spalmate su fettine tostate di baguette.
Se non avere altro da fare oggi, provatela.

20140816-114841.jpgTrito grossolanamente 50 gr di pomodori secchi, spezzetto 6 filetti di alici, sminuzzo 250 gr di sgombro in scatola già sgocciolato, tutti e tre sott’olio, aggiungo 120 gr di burro morbido (lo so, è moltissimo, ma è una ricetta francese…), il succo e la scorza grattugiata di 1 arancia e 1/2 spicchio d’aglio ridotto a crema, 1 cucchiaino di prezzemolo, 1 pizzico di peperoncino in polvere e alcuni grani di pepe rosa pestati grossolanamente.
Metto tutto nel vaso del food processor e frullo finché non si è miscelato tutto.
Con una spatola verso il composto in un contenitore, lo compatto bene e lo metto in frigorifero per almeno 4 ore.
Io lo servo con la maionese al basilico, ma ci sta bene anche la salsa tartara.

Non è il paté di sgombro affumicato del 25 giugno, quello da mangiare coi Buitost, l’avete notato, vero?

Buon ferragosto con un antipasto di frutta

Oggi non vi faccio cucinare, nel senso che non vi faccio accendere i fornelli per questa ricetta, però vi faccio faticare lo stesso, perché la preparazione di questo fresco e bellissimo antipasto è effettivamente un po’ lunghetta.
Se però domani avete in programma una di quelle riunioni con gli amici in cui ognuno prepara qualcosa, offritevi di portare l’antipasto e stendeteli tutti con questa scacchiera di frutta che è una vera tavolozza!

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Occorrono 3 avocado, 2 meloni retati a buccia gialla, 1 melone cosiddetto invernale a pasta bianca (verdina), 1/2 anguria, il succo di 1 lime e di 1 arancia, 1 abbondante macinata di pepe alla Creola.
Gli ingredienti sono questi.
Adesso basta liberare la frutta dalla buccia e dai semi, tagliarla tutta a fette alte circa 2 cm e ricavare dei quadrati di circa 3 cm di lato.
Si accostano i diversi tipi di frutta su un grande vassoio rettangolare alternando le varietà e i colori e si spruzzano col succo dell’arancia e del lime.
Si conservano in frigorifero fino al momento di servire e da ultimo si cospargono di pepe alla Creola (quello bellissimo, tutto colorato) e si porta in tavola.
A parte naturalmente si passa un vassoio di prosciutto, coppa o culatello, quello che vi piace di più.

Coi ritagli che sono avanzati dopo aver realizzato i quadrati, si fa una normale macedonia per la sera, aggiungendo banana, fragole, pesche, susine, pera, mela, albicocche, zucchero, succo di limone e 1 bicchierino di Sherry, oppure quella frutta che siete abituati a mettere nella vostra macedonia.
A tutti un felice lungo week end di Ferragosto!

Pollo, panna e funghi

Dato che ieri ho trovato dei bellissimi porcini (i primi, freschissimi, che mi si dice arrivino dalla vicina Croazia), oggi vi racconto come ho fatto il petto di pollo con la panna e i funghi, che è stata una delle prime ricette della mia “carriera”.
Probabilmente quella originale l’avrò trovata in uno dei numeri de La Cucina Italiana, che è stata la base della mia educazione gastronomica alla fine degli anni Sessanta.
Questo, non so perché, è diventato quasi esclusivamente un piatto che servo al Lago quando ho ospiti a pranzo.
Non è troppo elaborato, ma è elegante e completo, lascia il tempo per stare in piscina o di fare una passeggiata sul Lungolago ed è adatto ad un pranzo informale ma che richieda una certa attenzione.
Se prevedo di pranzare sul terrazzo, in genere penso al riso freddo, al vitello tonnato e a un gran piatto di formaggi con le mostarde, i mieli e le confetture.
Se apparecchio all’interno invece (dipende dal tempo) prevedo di offrire un pranzo più formale e servo di norma un antipasto e poi un secondo piatto di carne o di pesce che sia già completo di verdure di accompagnamento, come lo spezzatino con i piselli, la cernia coi pomodorini oppure appunto il pollo alla panna con i porcini.

20140629-004810.jpgIn un largo tegame faccio rosolare 400 gr di petto di pollo a fettine con 30 gr di burro e 3-4 foglie di salvia.
Salo e pepo con moderazione, sfumo con 1 bicchierino di Cognac e continuo la cottura a tegame coperto aggiungendo 200 ml di panna da cucina.
Nel frattempo elimino la terra dai gambi e passo velocemente sotto l’acqua 250 gr di porcini.
Li affetto e li rosolo con altri 30 gr di burro, 1/2 spicchio d’aglio tritato, sale e pepe e poi li cuocio mantenendoli però piuttosto morbidi.
Li trasferisco nel tegame del pollo e faccio insaporire tutto insieme.
Pronto. Servo il mio Pollo, panna e funghi con una spolveratina di prezzemolo tritato.

Ovviamente questo piatto è squisito anche se non lo si mangia al lago…
È che le abitudini sono dure a morire!

Gamberi al bacon

Vi ho raccontato vero, che con lo scambio della nostra Multiproprietà al Lago di Carezza, una volta siamo approdati anche in un residence appena a nord di San Diego?
Direi di sì e ci è piaciuto così tanto che ci siamo tornati anche alcuni anni dopo, per due volte, prendendo semplicemente in affitto uno Studio nello stessa struttura.
Adoravo fare la spesa al Supermercato Albertsons, passeggiare lungo l’Oceano, nutrire gli scoiattoli, cenare al Vera Cruz, dove dal Residence si poteva arrivare anche a piedi… solo che in California nessuno va a piedi a meno che non stia facendo jogging!
Comunque, che ci si vada con la Station Wagon o con la Cabriolet, in questo rinomato ristorante unicamente di pesce, che all’ingresso ha anche una vetrina con prodotti freschi da asporto, si viene accolti dal profumo dei gamberi avvolti nel bacon, degli astici insaporiti con la paprika affumicata, degli spiedini di scampi con una delicata salsa al limone e un leggero profumo di aglio, dei tranci di salmone grigliati con l’alloro…
Insomma avete capito come si mangia alla Fish House Vera Cruz di Carlsbad, nel Sud della California, vero?!
Quando rientro a casa, per non essere presa dalla quella “nostalgia gastrica” che ogni tanto mi assale, preparo alcuni dei cibi che ho scoperto in viaggio e se non ho le indicazioni dello chef, faccio un paio di tentativi per ottenere il sapore, il profumo e la consistenza del piatto così come lo ricordo.
Uno dei più semplici da replicare è quello dei gamberi al bacon.
Consiglio di prepararne un’infinità perché andranno a ruba!

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Si prepara un composto di pancarrè frullato, aglio (che si può anche omettere), prezzemolo tritato, parmigiano grattugiato, alici sott’olio ridotte a crema con la lama di un coltello e erba cipollina tagliata sottile. Si condisce con qualche cucchiaiata di olio e si mescola.
Si sgusciano e si puliscono le code di gambero, quelle belle grosse, lasciando solo le codine. Si passano nel composto facendolo aderire bene e poi si avvolgono una per una nelle fettine di bacon.
Sono pronte per essere cotte alla griglia, pochi minuti per parte: basta che il bacon sia ben rosolato e si possono portare in tavola.

Sono da provare accompagnate da una ciotola di peperoni e formaggio (Asiago, Gouda, fontina) a cubetti minutissimi, cipolla rossa affettata sottile, qualche oliva, origano, succo di lime, olio, sale e pepe.
È un’insalata insolita, ma… vi fidate di me?!

Insalata di spinaci e chevre: una vera ricetta New Age Angelena

La California è senza dubbio la mia meta preferita negli Stati Uniti.
È lo Stato che ho visitato più volte e in modo più approfondito, soprattutto lungo la Costa, da quella deliziosa zona a Nord di San Francisco oltre il Golden Gate, dove c’è un bel parco di sequoia giganti e cominciano i vigneti, giù a Sud fino San Diego, quasi al confine con il Messico, dove si sente già profumo di chili e tortillas.
La città della California che preferisco è forse Los Angeles. Lo dico sempre: è una città che mi toglie il fiato.
Non mi importa se dipende dall’emozione o dalla concentrazione di monossido di carbonio che si respira, la adoro. E la conosco ormai piuttosto bene. Ogni area mi offre qualcosa di divertente e diverso.
A Beverly Hills per esempio non faccio davvero shopping ma ci vado per comprare i profumi più esclusivi, come Bijan di Bijan nella boutique di Rodeo Drive, ma mi limito a questo!
Se in questa magica atmosfera, circondati da abbronzature permanenti, limousine e denti incapsulati, sotto un cielo che ricorda il color turchese delle imposte di Santorini, vi venisse fame, potreste scegliere di mangiare un’insalata a prezzi ragionevoli, servita il più delle volte da avvenenti e impeccabili aspiranti attori in uno dei tanti locali, magari al ristorante di un grande albergo.
Al Beverly Wilshire per esempio ci si può sfamare con questa elegante insalata, che non costa di più del calice di Chablis o Chardonnay che non avrete resistito alla tentazione di ordinare, da veri VIP…

Per rifarla a casa e continuare a sentirsi come Pretty Woman si procede in questo modo.
Si fanno marinare in frigorifero per qualche ora 250 gr di formaggio di capra (chevre) tagliato in quattro dischi con 50 ml di olio e le foglioline di 1 rametto di timo.
Si lavano e si asciugano 500 gr di foglie di spinaci piccole e freschissime.
Si prepara una salsa morbida, tipo maionese, sbattendo con la frusta 1 tuorlo, 1 cucchiaino di prezzemolo, 1 cucchiaio di aceto di vino rosso, 1 cucchiaino di senape e 100 ml di olio, si sala e si pepa abbondantemente. Si versa sugli spinaci e si mescola con delicatezza.
Si fanno scaldare sulla piastra i dischi di chevre sgocciolati dalla marinata giusto 30 secondi per parte e si dispongono sull’insalata di spinaci, che si cosparge con 50 gr di gherigli di noce.
Io aggiungo anche qualche pomodorino che nella versione originale non c’era.
Si fanno infine diventare croccanti 3-4 fette di bacon e se lo si desidera, si sbriciolano su questa insalata assolutamente chic.
Io lo faccio.