Spada alla mediterranea

Vado pazza per il pesce a tranci alla griglia. Mi piace servirlo con una salsa fresca e piccante a base di pomodoro, come il pico de gallo, per esempio, che è adattissimo ad accompagnare questo piatto.
Ma senza arrivare fino in Messico, si può creare anche una squisita salsa di gusto un po’ più mediterraneo che col pesce spada alla griglia, per esempio, è eccezionale.

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Si affettano per tempo dei bei pomodori maturi e si trita mezza cipolla rossa dolce. Si mettono in una ciotola prima passata all’interno con uno spicchio d’aglio tagliato a metà, per dare profumo ma senza aggiungerlo al condimento.
Si condisce con sale, pepe, un pizzico di peperoncino in polvere, olio abbondante, succo di limone, capperi sott’aceto sciacquati e abbondante basilico.
Si mescola e si conserva in frigorifero almeno una mezz’oretta.
Si cuociono alla griglia delle belle fette di pesce spada, private della pelle, pochi minuti per parte. Si aggiusta di sale e pepe e si serve con la nostra salsa mediterranea.

È un condimento fresco, squisito, gustoso e facilissimo. Mia nonna ci condiva il lesso avanzato e io ho ampliato lo share!

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Il cappone ripieno della moglie del macellaio

Quando il 13 ottobre ho postato la ricetta dei casoncelli bresciani, ho accennato al fatto che la moglie del macellaio del mio paese al Lago utilizza lo stesso ripieno per farcire un cappone disossato.
E dunque perché non accogliere questo suggerimento e cucinare un arrosto di cappone con gli ingredienti della tradizione contadina e povera di molte parti dell’Italia del Nord?
Il risultato è molto interessante e un po’ insolito e secondo me può anche avere un senso di appartenenza e di semplicità che tendiamo a dimenticare un po’ tutti scegliendo, io per prima, ricette ricche e sontuose che si allontanano dall’essenziale sobrietà dei tempi andati.
Sono sicura che questa ricetta sarebbe piaciuta molto a mia nonna, che farciva la gallina con cui faceva il brodo per le tagliatelle di Natale con pochi saporiti ingredienti, ma soprattutto col pane raffermo e la pancetta.
So che molti di voi possiedono abilità che io non ho, come per esempio la capacità di disossare personalmente un volatile, ma io preferisco affidarmi al macellaio e ordinare per tempo un cappone sui 2 kg già disossato.

20141202-105141.jpgPreparo per primo il ripieno per il nostro cappone, che è lo stesso dei casoncelli, come dicevo, ed è molto semplice.
Si fanno rosolare col burro in padella 150 gr di pancetta e 100 gr di prosciutto cotto tagliati a dadini con 1 spicchio d’aglio e 1 ciuffo di salvia tagliuzzato, poi si frullano con 250 gr di pane raffermo, 100 gr di grana grattugiati e 200 gr di bietole già lessate e tritate.
Si versa il composto in una ciotola, si insaporisce con sale, pepe, noce moscata e si aggiunge un pochettino di brodo.
La consistenza di questo ripieno deve essere come quella delle polpette.
Lo tengo da parte e intanto preparo il cappone.
Passo la pelle con il cannello per caramellare così da eliminare eventuali residui di penne sulla superficie.
Lo sciacquo, lo asciugo, lo stendo sul piano di lavoro e posiziono il ripieno al suo interno.
Riavvicino le due parti e riunisco il taglio praticato dal macellaio prima aiutandomi con gli stuzzicadenti e poi cucendolo con cura con un grosso ago da lana e lo spago da cucina.
Finita questa delicata e antipatica operazione, rosolo il cappone in una teglia che possa poi andare in forno, con olio e burro, rosmarino, salvia, aglio e alloro.
Lo salo, lo insaporisco con pepe e noce moscata, lo sfumo con 1 bicchiere di vino e quando è evaporato aggiungo il solito mestolino di brodo di quasi tutti i miei arrosti, che li mantiene umidi e succulenti durante la cottura.
Inforno a 200 gradi per circa 1 ora e 20, rigirandolo almeno un paio di volte e ricoprendolo col suo liquido di cottura. Se dovesse asciugarsi troppo, aggiungo altro brodo.
Una volta sfornato, deglasso il fondo di cottura con 1 bicchiere di vino bianco staccando bene tutte le incrostazioni caramellate dal fondo della teglia. Faccio addensare la salsa aggiungendo una punta di maizena, la filtro e la servo con il cappone affettato.

I funghi champignon trifolati, le bietole ripassate in padella e le patate al forno sono l’ideale per accompagnare questo cappone gustoso e ricco di sapori d’antan, che raccomando di non sottovalutare.

Piccoli arrosti monoporzione

Se anche voi in questi giorni cominciate il “mumble mumble” relativo al menù di Natale e magari anche a quello di Capodanno, vi do un suggerimento che pur non essendo uno dei segreti dello chef, agevola i preparativi, o quanto meno non li ingolfa
Un petto di pollo può essere la soluzione che risolve il problema di provare per tempo la ricetta di un arrosto farcito da portare in tavola durante una di queste Feste, quando invece si userà almeno 1,5 kg di petto di tacchino e ingredienti per la farcia più o meno quadruplicati.
Se ho ospiti non mi pongo il problema e preparo un arrosto intero e abbondante, ma dato che normalmente siamo ormai solo in due e i figli ci danno man forte solo occasionalmente, questo escamotage è perfetto.
Suggerisco di provare questa ricetta indipendentemente dall’intenzione di utilizzarla poi a Natale, è un arrostino veramente buono anche senza secondi fini!

20141202-012454.jpgIl solito macellaio, col quale ormai avrete instaurato un rapporto di fiducia e di reciproca stima dovrà tagliare i due mezzi petti di un pollo in modo da ottenere due belle fette basse e larghe di carne.
Meglio chiedere anche che le appiattisca perché chissà come mai i batticarne professionali non hanno niente a che vedere con l’attrezzino che ognuno di noi ha a casa e che non garantisce lo stesso risultato.
È come per i coltelli del salumiere: quando compro un salame intero o mezza soppressa, le fette non mi riescono mai, nonostante la mia piuttosto ampia scelta di coltelli, come quelle che taglia il bottegaio. Anche questo di fiducia, mi raccomando, se no chissà che insaccati vi rifila.
Dunque, si appoggiano sul piano di lavoro coperto di carta forno 80 gr + 80 gr di fettine di bacon accostate fra loro ma divise in due porzioni.
Su ognuna si posizionano le due grosse fette di petto di pollo, si pareggiano il più possibile tappando eventuali fori con fettine sottili ricavate dalla parte più spessa della carne.
Si prepara un composto con 150 gr di prosciutto cotto battuto a coltello, un trito di timo, maggiorana e rosmarino, 1/2 cucchiaino di origano secco, 80 gr di parmigiano grattugiato, una decina di pomodorini secchi sott’olio tritati, una cucchiaiata di pane raffermo grattugiato e poco olio, giusto per legare il composto.
Si suddivide sui due petti, si spalma, con l’aiuto della carta forno si arrotolano entrambi nel bacon, si legano con lo spago da cucina, si fanno rosolare in olio e burro, aglio, salvia, alloro e rosmarino.
Si sfumano con 1/2 bicchiere di vino bianco e quando è evaporato di aggiunge un mestolino di brodo e si porta a cottura rigirandoli con delicatezza, perché il bacon resti al suo posto, due o tre volte.
In genere non occorre salare, ma assaggiate.

Si liberano dallo spago, si filtra il sugo, si affettano e si servono. Io ci ho messo vicino le false patate al forno, quelle invece saltate in padella.

Bombe alla pesarese

Nel mio libro racconto che da ragazzina un anno sono andata coi miei genitori in villeggiatura a Pesaro, dove sono tornata in diverse occasioni anche da adulta.
Pesaro era una bella cittadina, con dintorni storici e paesaggistici molto interessanti, una cucina straordinaria, una discreta scelta di divertimenti serali e trattandosi di una vera città, offriva una mondanità balneare decisamente più soft ed elegante rispetto a quella più aggressiva e modaiola della limitrofa Riviera Romagnola.
Come dicevo la cucina Marchigiana è fantastica e non solo quella di pesce, che è sublime.
Non ho ancora dimenticato le famigerate “bombe”, (che assomigliano un po’ alle Uova alla Scozzese) gustate a casa di un’amica Pesarese, che sospetto venissero chiamate così non per la loro forma, ma piuttosto perché erano delle vere bombe caloriche.
Ma a quei tempi chi ci pensava: la cellulite allora era lontanissima dalle nostre menti e anche dai nostri glutei!
Quando la “nostalgia gastrica” che di tanto in tanto mi assale, diventa insopportabile, me le preparo e le assaporo con immenso piacere, persa nei ricordi dell’adolescenza felice e lontana.

20140917-005153.jpgFaccio rassodare per 6 minuti 6 uova, le lascio raffreddare e le sguscio.
Preparo un impasto con 50 gr di grana grattugiato e 50 gr di pangrattato, 1/2 spicchio d’aglio, 1 cucchiaio di prezzemolo tritato, 150 gr di mortadella di Bologna passata al frullatore con 1 panino raffermo ammollato nel latte e strizzato, pochissimo sale e abbondante pepe nero.
Allineo 6 fettine sottili di prosciutto e su ognuna spalmo il composto, dividendolo equamente e le avvolgo con precisione intorno ad ogni uovo, ripiegando subito i lati verso l’interno, così in cottura il ripieno non esce.
Passo ogni “bomba” prima nella farina, poi in 2 uova sbattute con un po’ di latte, le faccio rotolare nel pangrattato, poi di nuovo nella miscela di uova e latte e ancora nel pangrattato facendolo aderire bene.
Le friggo in olio profondo ben caldo fino a quando non assumono un bel colore dorato.
Le servo indifferentemente calde o fredde e mi piacciono con la salsa di mirtilli e un’insalatina di rucola.

Le bombe dei miei ricordi di adolescente venivano fritte nello strutto, ma personalmente non ho una grande familiarità con questo grasso, quindi uso l’olio.
Non illudetevi, il vostro fegato vi odierà lo stesso!

Fusilli integrali con scampi e pomodorini, come d’estate al mare

Quest’anno l’estate sta rimanendo aggrappata all’autunno strappando giorni tiepidi e luminosi alle date del calendario.
Nel periodo in cui dovrebbero farla da padroni la polenta col brasato, i bolliti con la pearà, gli arrosti farciti, i tortellini in brodo, ecco che mentre stai in cucina con la portafinestra aperta, ti arriva il profumo del basilico e della menta. A fine ottobre.
Questa estate sembra non voler cedere il passo: ci sta regalando un sole caldo e un cielo terso che avremmo voluto avere ad agosto, e ti induce a recuperare quel po’ di menta che è voluta germogliare di nuovo e quei tre steli di basilico lunghi e pallidi che orgogliosamente resistono all’escursione termica sul terrazzino della cucina. Ancora non lo sai come finirai con utilizzarle, ma mentre sciacqui le foglioline tenere e fragili sai già che uscirà un gran piatto e che ti torneranno in mente il mare e le vacanze.
Sarebbe bello poter dire che sono bastati menta e basilico, sarebbe una magia, ma hanno contribuito a creare questo eccellente primo piatto anche tecnica, ottimi ingredienti e una sottile nostalgia.

20141026-011811.jpgSi sgusciano 300 gr di code di scampi, si liberano del filo intestinale, si sciacquano e si dispongono su un piatto.
Si prepara un’emulsione con succo di limone, curry in polvere, un pizzico di sale, uno spruzzo di Cognac e si sparge sugli scampi lasciandoli in infusione per qualche ora.
Si cuociono al dente 300 gr di fusilli integrali e nel frattempo in un tegame largo si fa imbiondire uno spicchio d’aglio in due cucchiai di olio, si elimina, si aggiungono gli scampi sgocciolati e si fanno saltare rapidamente.
Si versa nel tegame qualche cucchiaiata di passata di pomodoro, poca panna da cucina e i fusilli con un filino di acqua di cottura.
Si spadellano aggiungendo pepe nero macinato al momento, una decina di pomodorini tagliati a metà, un battuto di prezzemolo, menta e basilico e (sembrerà strano) una cucchiaiata di parmigiano grattugiato.
Si serve subito, finché il profumo delle erbe si sente ancora intenso e fragrante. Come d’estate al mare…

Questa ricetta non aveva una storia, non è stata ereditata dalla nonna, non è stata assaggiata in luoghi esotici, non è un piatto tipico regionale, ma è venuta così bene che meritava una piccola introduzione che la rendesse, oltre che squisita come si è rivelata, anche interessante.
Questione di abitudine…

Caesar Salad con gamberetti

Faccio spessissimo la Caesar Salad e come succede di tanto in tanto a casa nostra, essendo un piatto unico, diventa il nostro pranzo.
Ci sono due modi tradizionali per arricchirne la base: aggiungere un petto di pollo alla griglia tagliato a listarelle o una tazza di gamberetti cotti al vapore.
Qualunque versione scegliate, andrete sul sicuro perché la Caesar è un’insalata eccellente e invito chi non l’ha ancora provata a farci su un pensierino.
Quella originale, che può essere considerata un contorno, l’ho postata il 27 marzo, ma se vi fa piacere possiamo darle una ripassatina, così siamo tutti tranquilli.

20141017-013525.jpgRiduco a crema 1 spicchio d’aglio e lo lavoro con 1 cucchiaio di senape, 2 cucchiai di succo di limone e 1 cucchiaio di salsa Worcester. Un po’ alla volta, mescolando con una piccola frusta, unisco 3-4 cucchiai di panna da cucina e 1 tazzina d’olio.
Aggiungo 1 pizzico di sale e ottengo un’emulsione ben montata con la quale condisco 1 piccolo cespo di lattuga romana spezzettata con le mani.
Mescolo delicatamente e poi cospargo di pepe nero appena grattugiato e di scaglie di parmigiano.
Sguscio e privo del filo intestinale 300 gr di gamberetti e li lascio nel cestino della vaporiera solo finché non cambiano colore e diventano rosa intenso.
Li verso ancora tiepidi sull’insalata, mescolo delicatamente e aggiungo una manciata di cubetti di pancarrè fritti in padella con un filo d’olio.

Mentre a Las Vegas, per esempio, l’hotel Caesars Palace (che non è più così strabiliante come anni fa, ma è stato surclassato da hotel-casinò più recenti e spettacolari) si ispira all’antica Roma, “l’insalata di Cesare”, non c’entra per niente con Giulio Cesare.
Il nome lo si deve invece al suo creatore, lo chef italiano Cesare Cardini che creò questa ricetta nel 1924 per la Festa del 4 Luglio.

La Carbonada di filetto

Quando avevo il negozio, cioè fino al 2000, ero concessionaria anche di alcuni prestigiosi marchi di orologi, quindi una volta l’anno andavamo all’esposizione delle eccellenze Svizzere in fatto di orologeria che si tiene in aprile a Ginevra, per visionare le novità e fare un programma di acquisti.
Per raggiungere Ginevra si attraversa la Valle d’Aosta, si imbocca il Traforo del monte Bianco e dopo un breve tratto in territorio Francese si entra in Svizzera.
Mi pare fino al 1994 non era ancora stato completato il raccordo autostradale e si doveva quindi necessariamente attraversare la città di “Augusta Pretoria”.
Quindi ci fermavamo a pranzo nel centro storico di questa colonia militare fondata dai Romani nel 25 a.C. e ancora oggi considerata la “Roma delle Alpi”, per i numerosi monumenti augustei tuttora presenti.
Per qualche anno dunque per raggiungere il prestigioso Salon International de la Haute Horlogerie ci siamo fermati ad assaggiare le specialità di una eccellente cucina semplice e rustica, spesso a base di polenta, tipica della Valle d’Aosta.
Uno dei miei piatti preferiti era la Carbonada di filetto.

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Non è difficile replicare la ricetta e il risultato è eccellente, il sapore robusto, il profumo stuzzicante.
Ogni tanto la preparo, in ricordo dei vecchi tempi!

Trito 1 carota e 1 gambo di sedano, taglio a grossi pezzi 2 scalogni e li faccio bollire piano con qualche grano di pepe, 1 pizzico di sale, 2 bacche di ginepro e 2 chiodi di garofano in 1/2 litro di vino rosso fino ad ottenere una salsa piuttosto densa e profumata.
Trito grossolanamente anche 1 cipolla e la faccio stufare a fuoco molto dolce con due cucchiai di olio e un pizzico di sale. La aggiungo alla salsa al vino.
Faccio saltare in padella 4 filetti di manzo con circa 30 gr di burro insieme a 1 rametto di rosmarino e 1 spicchio d’aglio, li salo e li pepo abbondantemente. Raggiunto il grado di cottura preferito, elimino gli odori e verso nella padella la salsa al vino.
Scaldo tutto rapidamente e appoggio ciascun filetto su un piatto, coprendolo con la salsa.

Ad Aosta questo piatto l’ho mangiato servito su un disco di polenta abbrustolita: una presentazione molto elegante e un sapore molto intenso.

Un altro antipasto sfizioso nei bicchieri

Oltre alle terrine, di cui stiamo parlando abbondantemente, e i paté, ci sono piatti nati apposta per essere il punto focale di un buffet.
Sono quelli che hanno un impatto maggiore per la loro eleganza, che invogliano più di altri ad essere assaggiati, che creano una certa curiosità.
È il caso di questi stuzzicanti bicchieri di bisque di crostacei decorati con qualche coda di gambero fatta saltare in padella con burro e Cognac. Sono l’ideale per una piccola cena di quelle cosiddette “in piedi” dove gli ospiti comunque si siedono ovunque ma non a tavola!
Il vantaggio di questa formula è che si prepara il cibo una volta per tutte, si appoggia su un bel tavolo e poi non c’è più bisogno di curarsene. Sabato scorso è andata proprio così.
Questo sistema torna utile anche quando, per svariati motivi, non si ha la possibilità di servire la sequenza delle portate classiche, quindi gli ospiti, in questo caso seduti tranquillamente, si servono da soli dal centro della tavola le diverse portate preparate in precedenza. Sto pensando a quando l’anno scorso ho organizzato questa specie di elegante pic nic in sala da pranzo per il primo compleanno del mio nipotino. Ne ho accennato nel post del 3 dicembre scorso, se vi va tornate a dargli un’occhiata perché le buone idee vanno sempre tenute in considerazione.

20140917-094106.jpgRicordate? A settembre vi avevo raccomandato di congelare l’eventuale surplus di bisque di gamberi se mai l’aveste fatta, proprio per poterne avere a disposizione una certa quantità che facesse da base a questo antipasto.
Una volta decongelata la bisque ho aggiunto qualche cucchiaiata di yogurt greco, quello bello sodo e non troppo acido, ma va bene anche la panna se preferite e l’ho frullata col mini-pimer a immersione per ottenere una vellutata.
L’ho distribuita nei bicchieri, e su ognuno ho appoggiato 2 code di gambero (sgusciate, mondate, fatte saltare in padella con burro e cognac e insaporite con sale, pepe, e peperoncino) infilzate in uno stecchino. Ho poi scaldato brevemente i bicchieri a microonde prima di appoggiarli sul tavolo da buffet.

Se non ne avete a disposizione e volete fare la bisque di cui parliamo, leggete la ricetta cliccando su: https://silvarigobello.com/2014/09/19/bisque-di-gamberi/

Bisque di gamberi

Adoro tutte le bisque, non faccio distinzioni: possono essere di astice, aragosta, scampi, gamberi o granchi, sono comunque la mia passione.
Se appena ne vedo una nel menù la ordino subito, ma sono in grado di cucinarne di eccellenti anche a casa.
Naturalmente per mettere in tavola una bisque ci deve essere una qualche ricorrenza, un’occasione speciale, un compleanno, un anniversario perché la preparazione è lunga e complessa e il costo piuttosto elevato.
Il risultato però ripaga di tutte le fatiche.
Quella che ho scelto di condividere oggi è una ricetta ispirata alla cucina del grande Jacques Pépin e pur essendo gustosissima è relativamente facile da preparare.

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Sguscio 800 gr di gamberi interi e li metto da parte. Conservo le teste e i carapaci.
Preparo un court bouillon con 1 piccola cipolla steccata con 2 chiodi di garofano, 1 foglia di alloro, 2 carote, 1 costa di sedano, 2 rametti di timo, 1 ciuffo di prezzemolo, 1/2 litro di vino e circa 1 litro d’acqua. Lascio sobbollire per una ventina di minuti, anche mezz’ora.
Intanto faccio appassire 1 spicchio d’aglio grattugiato e 1 cipolla tritata in 50 gr di burro, aggiungo i carapaci e le teste dei gamberi triturate, li faccio rosolare a fuoco alto, li sfumo con 1 bicchierino di Cognac e li schiaccio ripetutamente con un mestolo di legno.
Quando sono ben tostati li frullo e li passo al colino ottenendo un sugo denso e saporito che tengo da parte.
Faccio soffriggere 75 gr di burro in una casseruola, unisco 50 gr di farina e la faccio imbiondire mescolando continuamente.
Aggiungo poco alla volta il court bouillon filtrato (che deve essere circa 1 litro) e lascio cuocere 5-10 minuti. Unisco il sugo di gamberi, i gamberi sgusciati tagliati a pezzettini (esclusi alcuni che faccio saltare interi per la decorazione finale) e 1 mazzetto di prezzemolo tritato.
Verso nella zuppa 250 ml di panna e insaporisco con sale e pepe, faccio leggermente addensare e servo decorando con qualche gambero intero e una fettina di lime.

È una zuppa eccezionale, senza discussioni, che vi farà fare veramente un figurone. Ci vogliono un po’ di tempo e di pazienza, oltre a una certa abilità, ma sarete ripagati, parola mia!
Se ve ne avanza, vi suggerisco di surgelarla, che poi vi do un’idea per riutilizzarla…

Pollo, panna e funghi

Dato che ieri ho trovato dei bellissimi porcini (i primi, freschissimi, che mi si dice arrivino dalla vicina Croazia), oggi vi racconto come ho fatto il petto di pollo con la panna e i funghi, che è stata una delle prime ricette della mia “carriera”.
Probabilmente quella originale l’avrò trovata in uno dei numeri de La Cucina Italiana, che è stata la base della mia educazione gastronomica alla fine degli anni Sessanta.
Questo, non so perché, è diventato quasi esclusivamente un piatto che servo al Lago quando ho ospiti a pranzo.
Non è troppo elaborato, ma è elegante e completo, lascia il tempo per stare in piscina o di fare una passeggiata sul Lungolago ed è adatto ad un pranzo informale ma che richieda una certa attenzione.
Se prevedo di pranzare sul terrazzo, in genere penso al riso freddo, al vitello tonnato e a un gran piatto di formaggi con le mostarde, i mieli e le confetture.
Se apparecchio all’interno invece (dipende dal tempo) prevedo di offrire un pranzo più formale e servo di norma un antipasto e poi un secondo piatto di carne o di pesce che sia già completo di verdure di accompagnamento, come lo spezzatino con i piselli, la cernia coi pomodorini oppure appunto il pollo alla panna con i porcini.

20140629-004810.jpgIn un largo tegame faccio rosolare 400 gr di petto di pollo a fettine con 30 gr di burro e 3-4 foglie di salvia.
Salo e pepo con moderazione, sfumo con 1 bicchierino di Cognac e continuo la cottura a tegame coperto aggiungendo 200 ml di panna da cucina.
Nel frattempo elimino la terra dai gambi e passo velocemente sotto l’acqua 250 gr di porcini.
Li affetto e li rosolo con altri 30 gr di burro, 1/2 spicchio d’aglio tritato, sale e pepe e poi li cuocio mantenendoli però piuttosto morbidi.
Li trasferisco nel tegame del pollo e faccio insaporire tutto insieme.
Pronto. Servo il mio Pollo, panna e funghi con una spolveratina di prezzemolo tritato.

Ovviamente questo piatto è squisito anche se non lo si mangia al lago…
È che le abitudini sono dure a morire!