Coda di rospo farcita

Acquisto spesso la coda di rospo e mi piace sia cucinarla alla Provenzale che farne il corrispettivo dell’osso buco. Fantastico: insolito ma nello stesso tempo tradizionale.
Oggi però la ricetta è ancora più particolare, con ingredienti e sapori leggermente esotici e molto invitanti.

20141116-224726.jpgSi spella una coda di rospo del peso di almeno 1kg, si elimina con le forbici la pinna dorsale e la si priva della spina centrale di cartilagine, aprendola a libro.
Si sciacqua e si asciuga.
Si prepara un trito di prezzemolo e scalogno, si aggiunge una scatoletta di polpa di granchio scolata, 2 cucchiaiate di robiola oppure Philadelphia o anche ricotta, 1 pizzico di peperoncino in polvere, 1 pomodoro ramato spellato e 1 zucchina tagliati a dadini, 1-2 cucchiai di olio, sale e pepe.
Con questo composto si riempie l’incavo della coda di rospo dove è stata tolta la spina centrale.
Si richiude, si avvolge in qualche giro di spago da cucina e si unge di olio, si sala, si pepa e si insaporisce con paprika affumicata.
Sul fondo di una pirofila si fa un letto di zucchine a bastoncini, solo la parte verde altrimenti il sugo risulta troppo acquoso, e scalogni affettati, si sala appena e si appoggia sopra la coda di rospo.
Si irrora di olio e si inforna a 180 gradi per 20-25 minuti.
Si scalda a fuoco dolce una confezione di panna da cucina, si fa sobbollire piano aggiungendo un’altra scatoletta di granchio ben sgocciolato, 1 pizzico di sale, qualche goccia di Tabasco, la buccia grattugiata e il succo di 1/2 arancia.
Si sforna il pesce, si elimina lo spago, si nappa con la salsa e si serve con le zucchine cotte insieme.

Questo è un modo nuovo per me di cucinare la coda di rospo, che mi è piaciuto moltissimo, anche se è piuttosto articolato.
Oltre alle zucchine ho preparato i pomodorini confit (ho postato la ricetta il 31 maggio) che col loro sapore tra il dolce e l’acidulo bilanciano perfettamente quello complesso e intenso di questo piatto.

Hamburger alla Bismarck

Questa è un’idea che mi ha dato mio figlio la settimana scorsa: un’alternativa eccellente ma più economica della famosa ricetta cucinata con il filetto.
Si tratta di un sostanzioso e saporitissimo hamburger “alla Bismarck”, una variante che si prepara cuocendo per ciascun commensale un hamburger di manzo che si completa con una serie di ingredienti stuzzicanti e ahimè nutrienti.

20141016-180233.jpgPrima di tutto si taglia una cipolla bianca a fette non troppo sottili e si fa stufare a fuoco molto dolce con un cucchiaio di olio e un pizzico di sale.
Intanto si cuociono in tegame con una noce di burro due hamburger di manzo.
A cottura ultimata si spostano sul bordo, si aggiustano di sale e pepe e si rompono nello stesso tegame due uova che vanno cotte all’occhio di bue, con l’albume bello rappreso e il tuorlo morbido e cremoso.
Si tagliano a metà due classici panini da hamburger e si fanno scaldare sulla piastra dalla parte tagliata.
Su metà si appoggia una foglia di lattuga, sopra si dispongono l’hamburger e l’uovo e per dargli un tocco personale tra l’uno e l’altro si aggiunge una cucchiaiata di salsa di avocado.
Per ultimo si sistemano le cipolle e l’hamburger è pronto, con buona pace del Cancelliere di Ferro Otto Eduard Leopold von Bismarck-Schönhausen a cui dobbiamo la versione originale del piatto.

La salsa di avocado, che è fantastica per dare una botta di vita anche a un petto di pollo ai ferri o a un filetto di pesce al vapore, si fa semplicemente schiacciando un avocado maturo, sbucciato e affettato, con la forchetta e condendolo con sale, pepe, una spruzzata di lime, 1 cipollotto tritato finemente, qualche goccia di Tabasco e un cucchiaio di yogurt.
Se non vi piace, c’è sempre la ketchup.

Gli antenati dei finger food

Quando siamo andati ad abitare in campagna, all’inizio degli anni Ottanta, non è stato facile legare con i locali, che guardavano sempre con diffidenza, quando non si trattava di circospezione, chi entrava nel loro piccolo mondo limitato di conoscenze fin dalla nascita e strette parentele.
Dunque, l’atteggiamento in generale cauto e guardingo dei nostri compaesani induceva noi forestieri a radunarci in circoli piuttosto ristretti e a volte decisamente snob, inutile negarlo.
Più o meno un paio di volte al mese organizzavamo una cena a casa dell’uno o dell’altro, d’estate in genere nei giardini.
Ognuno portava un piatto, che poteva essere o meno la sua specialità, come il “pollo in catrecattrot” che ho postato l’11 luglio per esempio.
Il più delle volte io mi occupavo degli antipasti, quelli che adesso si chiamano finger food, perché mi divertivano e mi riuscivano anche piuttosto bene. Un po’ come adesso, in fondo.
Oggi ve ne propongo due tra i tanti, semplici e di effetto, che ho rifatto da poco e offerto in terrazza.

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Il primo è un’insalatina di scampi bolliti, sgusciati, tagliati a pezzetti e conditi con una salsetta a base di yogurt, sedano tritato, succo di lime, erba cipollina e qualche goccia di Tabasco. Si mescola e si accomoda a cucchiaiate su fettine di cetriolo prima salate e poi asciugate bene con la carta da cucina.

Il secondo è semplicemente una piccola Caesar Salad (ricetta che ho postato il 27 marzo) appoggiata a cucchiaiate sui cracker Ritz e sormontata da una coda di gambero sgusciata e saltata in padella, insaporita con un trito di cipollotto fresco.

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Come dicevo questi sono due dei tanti chiamateli finger food, amuse bouche, aperitivi o antipastini che preparo da un’infinità di anni e che ogni volta riscuotono un successo incredibile.
Sono il mio maggior divertimento perché richiedono più fantasia che abilità e non c’è bisogno di impegnarsi troppo per ottenere grandi risultati sia in famiglia che con gli ospiti.

Pomodori verdi fritti

Probabilmente i Pomodori verdi fritti più conosciuti sono quelli “alla fermata del treno” del film del ’91 di Jon Avnet, ma io li ho mangiati a Chicago, in transito verso la California.
Per me quindi sono diventati il simbolo dei viaggi intercontinentali, delle attese negli Aeroporti, degli scali forzati prima di raggiungere una meta.
Non so se negli Stati Uniti i Pomodori Verdi Fritti sono considerati un contorno o uno spuntino, ma sono quasi sicura che non possono mancare, insieme all’insalata di patate, ai barbecue in giardino.
Se si fanno a casa non hanno certo lo stesso fascino, ma sono un contorno insolito e divertente e poi si tratta di fritto, quindi non possono che essere squisiti. Personalmente adoro abbinarli alle cotolette, semplici, impanate, adattissime al loro sapore particolare.

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Si sbatte 1 uovo con 50 ml di latte, 1 pizzico di pepe e una spruzzata di Tabasco.
Si tagliano 4 pomodori verdi molto sodi a fette di un centimetro e si immergono nella pastella.
Si sgocciolano leggermente e si impanano con la farina di mais.
Si friggono poche alla volta nel burro spumeggiante.
Si tolgono dal fuoco quando sono dorate e si salano.
Siccome vanno mangiati belli caldi, i pomodori verdi – fritti un po’ per volta – si mettono a mano a mano che sono pronti nel forno a 120°.

Per la panatura io scelgo di utilizzare la farina di mais perché trovo che dia maggior croccantezza, ma la ricetta originale prevede il pangrattato.
A me piacciono molto e friggo allo stesso modo anche i funghi champignon…

Capesante e riso con verdure alla panna

Mi sono accorta che mentre l’anno scorso vi ho inondato di ricette con le capesante, quest’anno non le cito quasi mai, cioè in realtà le preparo più raramente.
C’è comunque una ricetta della quale non abbiamo mai parlato, che invece è squisita e deve essere assolutamente assaggiata, quella delle Capesante alla panna che vanno a condire un semplice riso pilaf o bollito e diventano un piatto unico veramente interessante.
Da qualche anno mi piace questa storia dei piatti unici. Sarà perché in genere, se escludiamo i figli, coi quali mi posso divertire a cucinare anche in modo non convenzionale, i miei ospiti sono più o meno nostri coetanei e quindi, tranne qualche eccezione, non più abituati a pasti pantagruelici come quando non c’era da tenere sotto controllo il colesterolo, non avevamo problemi di cistifellea, di gastrite, di ipertensione, intolleranze e allergie.
E poi ci siamo abituati anche a mangiare meno, inteso come quantità e varietà delle portate.
Oggi in pratica un solo pasto lo dividiamo in due: a pranzo in genere mangiano un primo, la verdura e la frutta o un piccolo dessert e a cena un antipastino (non sempre) o una minestra e un secondo di carne o pesce sempre accompagnato da verdura e frutta.
In occasione di una cena con ospiti dunque spesso riunisco almeno due portate in un solo piatto e dando l’impressione di offrire una portata in meno, tacito coscienze e trigliceridi.

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Si comincia affettando molto finemente 2 cipollotti freschi e 1 bel gambo di sedano. Si taglia a striscioline 1 piccolo peperone rosso e si affettano 250 gr di funghetti coltivati.
Si fanno saltare le verdure con 50 gr di burro e si cuociono per pochi minuti perché restino croccanti, mescolando di tanto in tanto.
Si insaporiscono con sale e pepe, si aggiungono 200 ml di panna da cucina e qualche goccia di Tabasco.
Nel frattempo si tolgono dal guscio, si sciacquano con attenzione e si tagliano in due in senso orizzontale le noci di 12 grosse capesante, mentre i coralli si mettono da parte per qualche altra preparazione.
Si cuociono proprio 2 minuti per parte sulla piastra molto calda, poi si accomodano nel tegame con le verdure e la panna e si fanno sobbollire per non più di 5 minuti a fiamma bassa.
Si dividono nei piatti individuali cosparse di prezzemolo tritato e accompagnate dal riso lessato che assorbirà la salsa delle verdure.

È un piatto fantastico: raffinato ma semplice e molto saporito, come dicevo, adatto anche ad una cena formale.
Se servite prima un piccolo antipasto sempre di pesce (uno dei tanti, perché no? che vi ho proposto io per esempio), con queste Capesante alla panna accompagnate dal riso risolvete con gusto il resto della cena fino al dessert, senza dovervi preoccupare di nient’altro.

Uova alla benedict

Di ritorno da una vacanza in Florida, passata ad Orlando, diversi anni fa, avevamo programmato una sosta di 4 giorni a New York per fare shopping e in pratica scrollarci di dosso la polverina magica di Peter Pan dopo le lunghe giornate a Disney Word.
Nei nostri numerosi viaggi negli Stati Uniti ci siamo fermati nella Grande mela solo tre volte.
Non abbiamo mai subito il fascino di questa metropoli, anzi ci siamo sempre sentiti un po’ come George e Gwen, i protagonisti di Un provinciale a New York.
È un film del 1970 di Neil Simon con Jack Lemmon e chi l’ha visto sa cosa intendo.
Quella volta comunque, l’ultima, abbiamo fatto cose diverse dalle prime due e ci è piaciuta.
I nostri figli sono più avanti, loro a New York ci sono andati proprio per respirare l’aria metropolitana che ci intimorisce, per vivere i locali alla moda che noi abbiamo evitato, per rendere omaggio a Ground Zero.
Comunque in quell’occasione abbiamo provato il nostro primo brunch, la Domenica di Pasqua, al Rockefeller Center.
Consiglio, se mai vi trovaste per caso a Manhattan nella necessità di nutrirvi una domenica mattina sul tardi, di approfittare di queste soluzioni che vengono offerte soprattutto dai ristoranti dei grandi alberghi e di provare le uova alla Benedict.
Se nel frattempo ve le volete fare da soli, non è troppo complicato, ma richiedono un po’ di attenzione.

20140707-183610.jpgOccorrono dunque 2 focaccine (oppure bagel o bocconcini morbidi al latte), 4 fette di prosciutto cotto, 4 uova intere + 2 tuorli, 2 cucchiai di succo di limone, 1/4 di cucchiaino di senape di Digione, 120 gr di burro molto freddo, una spruzzata di Tabasco, sale e pepe.
Si tostano le focaccine tagliate a metà.
Si unge leggermente una padella e si fa dorare il prosciutto. Se ne stende 1 fetta su ciascuna metà delle focaccine.
Si preparano 4 uova in camicia e si appoggiano sul prosciutto.
Per tenerli al caldo si infornano a 120° fino al momento di servire.
Intanto si prepara la salsa Olandese sbattendo con una piccola frusta i tuorli in un pentolino a bagnomaria con il succo di limone e la senape.
Si incorpora il burro, un pezzetto alla volta, mescolando continuamente per far addensare la salsa.
Si aggiungono Tabasco, sale e pepe e si versa sulle uova.

La salsa Olandese è la parte più complicata della ricetta, ma se vi riesce le vostre uova alla Benedict saranno straordinarie!

Crema di crostacei e patate

Difficilmente quando offro una cena, servo come primo piatto la pasta, a volte preparo un risotto, ma più spesso cucino una vellutata o una crema. Lo dicevo proprio nel post di ieri.
Quando la cena è particolarmente importante, come ingrediente principale scelgo i crostacei, che sono eleganti, saporiti e raffinati e consentono di preparare una crema delicata e squisita.
Per questa ricetta, che mi ha illustrato uno chef di San Diego, California e vi assicuro è straordinaria, utilizzo crostacei surgelati che lascio decongelare in frigorifero: sono sempre disponibili e meno costosi.

20140617-224327.jpgPreparo prima di tutto un court-bouillon con 2 litri d’acqua, 1/2 bicchiere di vino bianco, 1 foglia di alloro, 1 carota, 1 gambo di sedano, alcuni gambi di prezzemolo, 1 pezzetto di buccia di limone, 1/2 cucchiaino di sale grosso e 2-3 grani di pepe.
Quando è ridotto della metà immergo nella pentola 800 gr di code di scampi, oppure di gamberi, mazzancolle o cicale, sciacquate e private del filo intestinale.
Non appena cambiano colore, le raccolgo con il ragno, le lascio leggermente intiepidire, le sguscio e le tengo da parte.
Affetto sottili 300 gr di porri e li faccio appassire a fuoco dolcissimo con 40 gr di burro.
Li salo appena e aggiungo 500 gr di patate sbucciate e tagliate a cubetti, circa 1 litro di brodo dei crostacei filtrato, le foglioline di 1 rametto di timo, 250 ml di panna e faccio sobbollire piano per 30-40 minuti.
Aggiungo 1 bustina di zafferano, i crostacei che ho lessato, una macinata di pepe bianco, lascio sul fuoco qualche minuto e poi frullo tutto col mini pimer.
Questa minestra deve avere proprio la consistenza di una crema, ma se dovesse risultare troppo densa, si può aggiungere 1/2 bicchiere di latte.

Si può completare con del prezzemolo tritato oppure con un’emulsione insolita e piccantina che a me piace molto perché vivacizza un po’ la dolcezza dei crostacei.
Miscelo 1/2 tazzina di ketchup con 2 cucchiai di whiskey, 1 cucchiaio di panna, qualche goccia di Tabasco e ne metto una cucchiaiata al centro di ogni porzione, creando una piccola spirale saporita e molto carina.

Sformato di filetti di merluzzo allo zenzero

Quando ho in mente una cena formale, una di quelle non solo da “servizio buono”, ma da sottopiatti d’argento e tovaglia di pizzo, come per festeggiare un compleanno per intenderci, scelgo con molta cura il menù. In realtà lo faccio sempre, ma in certe occasioni, mi impegno maggiormente.
Dal mio punto di vista una cena particolarmente raffinata prevede almeno uno o due piatti a base di crostacei e il menù deve essere programmato in modo che la cuoca non si sfianchi o, peggio, venga presa da un’ingiustificata ansia da prestazione.
Si possono quindi stupire gli ospiti iniziando con un antipasto di quelli che si preparano in anticipo e possono poi pazientare un giorno in frigorifero, come i paté o le terrine in gelatina, per esempio, o un classico cocktail di crostacei.
Si fa seguire una crema di scampi, gamberi, aragosta o astice, a scelta e poi si sorprendono con un secondo piatto che dia l’impressione di un grande impegno culinario e una non comune abilità gastronomica, come i turbanti di sogliole o gli sformati.
E quando alla fine si porta in tavola la “coperchiona”, dalla loro reazione si può essere sicuri di averli conquistati!
E dopo tutte queste chiacchiere, non sarebbe una cattiva idea se cominciassimo a darci da fare per preparare uno sformato di filetti di merluzzo e mazzancolle allo zenzero da servire a scelta come antipasto o come secondo.
Ho utilizzato il modesto merluzzo per questa ricetta perché ha un sapore neutro e le carni sode e compatte adatte ad essere frullate mantenendo una certa consistenza. Si possono usare comunque anche sogliole, orate o branzini, ma io preferisco il merluzzo.
Come tutte le preparazioni “in forma” anche questa è molto elegante e scenografica, ma non è complicata come sembra.

20140616-100250.jpgCuocio per non più di 5-6 minuti in un court-bouillon classico 600 gr di filetti di merluzzo (anche surgelati e decongelati). Li raccolgo col ragno e lesso nello stesso brodo per 2 minuti anche 300 gr di mazzancolle col guscio, che ho sciacquato e privato del filo intestinale.
Le scolo, le sguscio e le condisco con olio, succo di limone e Tabasco (o peperoncino in polvere). Le lascio in infusione almeno una ventina di minuti.
Nel frattempo mondo 2 scalogni, li affetto sottili e li faccio stufare con burro, sale e pepe.
Quando sono ridotti a crema, li lascio intiepidire, li verso nel vaso del frullatore, aggiungo il merluzzo spezzettato, 1 confezione di panna da cucina, 2 albumi, un pezzetto di zenzero grattugiato, qualche bacca di pepe rosa e 1 bicchierino di Vermut. Eventualmente aggiusto di sale.
Rivesto di carta forno un semplice stampo da plumcake imburrato, affetto a velo una zucchina e dispongo le fettine sovrapposte sul fondo delle stampo e sopra faccio uno strato ben livellato col composto di merluzzo, utilizzandone circa 2/3.
Sgocciolo le mazzancolle dalla marinata e le inserisco una in fila all’altra facendole leggermente affondare nel composto, copro con il resto e lo livello.
Inforno lo stampo, coperto con un foglio doppio di alluminio, a 180° per circa mezz’ora.
Lo sforno. Lo lascio raffreddare e poi lo metto in frigorifero anche fino al giorno successivo.
Al momento opportuno lo capovolgo su un piatto da portata adatto, aiutandomi con la carta forno e risistemo le fettine di zucchina che, state sicuri, si sono senz’altro mosse!
Lo taglio in tavola… e mi aspetto un oooooh!

Servo questo piatto con una cucchiaiata di maionese verde allo zenzero e una julienne di zucchine, piccole e freschissime: ecco il perché del richiamo delle rondelline di zucchina sulla terrina…
Volendo, si può in alternativa decorare la superficie, dopo la cottura, con fettine sottilissime di lime oppure con dei ravanelli affettati con la mandolina.

Un antipasto fresco e sfizioso

Come abbiamo detto e concordato più volte, già con l’antipasto si da ai commensali una chiara idea di cosa possono aspettarsi dal resto del pranzo o della cena.
Contemporaneamente però, nonostante anch’io abbia la tendenza a farmi prendere la mano, bisogna fare in modo che questo primo assaggio sia leggero e contenuto o si finirà con l’esagerare e non gradire più le portate successive.
Ora, tralasciando di parlare di quei pranzi che sono veri banchetti, in occasione di normali cene con ospiti, l’antipasto dovrebbe essere un semplice modo di mettere in moto i succhi gastrici in attesa delle portate principali.
Secondo me, molto interessante è offrire un’insalata, e naturalmente non intendo lattuga e pomodoro.
Questa per esempio è un’insalatina a base di prodotti proponibili anche oggi. Nonostante un inverno un po’ bizzarro e anticonformista con troppa pioggia e poco freddo e una primavera che si è trasformata in estate nel giro di due giorni, si può ancora contare su qualche arancia succosa, se ci sbrighiamo.
Dicevo di questa insalatina che è semplice, classica, ma anche carina da presentare rigorosamente già impiattata singolarmente.

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Si pelano a vivo con molta cura due grosse arance succose, tipo le Tarocco o le Navel, si mettono da parte gli spicchi e si recupera il succo che esce durante il taglio.
Si affetta ad anelli una cipolla di Tropea bella carnosa e si mette a riposare in frigorifero coperta di latte.
Si eliminano da due finocchi le parti esterne più dure e si tagliano i cuori piuttosto sottili, anche con la mandolina.
Si prepara il condimento emulsionando olio, sale, pepe, il succo recuperato dalle arance e il succo di 1/2 limone come per una normale citronette, ma si aggiungono anche poche gocce di Tabasco oppure un pizzico di peperoncino in polvere e una spruzzata di Vodka, di Gin o di Tequila, quello che avete.
In una ciotola capace si riuniscono i finocchi, la cipolla sgocciolata dal latte e le fettine di arance. Si aggiunge una manciata di olive nere, si sparge un cucchiaino di semi di cumino pestati nel mortaio e si irrora con la citronette piccante.
Consiglio di mescolare delicatamente con le mani, per evitare di strapazzare troppo le fettine di arancia, distribuire nei piatti individuali e lavarsi accuratamente le mani sia prima che dopo questa operazione!

Ecco, questo piccolo antipasto non è niente di che, ma è molto elegante e anche un po’ insolito se vogliamo. A me piace molto e volendo si può anche aggiungere qualche fettina di salmone affumicato per renderlo più ricco e importante, ma francamente non lo trovo necessario, a meno che non si trasformi in una di quelle insalate che sono deliziosi piatti unici a pranzo… quando il marito è al golf!

Reuben: ricordo di un viaggio a New York

Ogni tanto mi piace raccontarvi qualcosa su come ci siamo nutriti le molte volte in cui siamo andati negli Stati Uniti. Prendiamo New York, per esempio.
Quando si visita Manhattan, il modo più semplice per pranzare è comprarsi un panino in un Deli (contrazione di Delikatessen), in pratica una paninoteca, spesso a conduzione familiare che costituisce un’eccellente alternativa a McDonald’s e Burger King, al confronto decisamente più unti e calorici.
In un Deli si possono sia personalizzare le proprie richieste che affidarsi ai suggerimenti del locale.
All’inizio anche noi ci siamo fatti guidare dalle proposte standard del menù, ma poi abbiamo imparato a spaziare liberi e felici fra maionese e fantasia e ormai non ci ferma più nessuno.
Una delle tante esperienze culinarie fatte dunque in un Deli, è stata assaggiare un sandwich stravagante, diverso dai soliti Club, BLT, chicken, egg o tuna: il Reuben.

20140426-191856.jpgVi do la ricetta, non si sa mai. Magari qualcun altro, come me, ha ogni tanto la voglia di rivivere i ricordi di viaggio!

Si fanno tostare 2 fette di pane di segale o integrale, si spalmano con 1 cucchiaio di burro morbido e si farciscono con 2 fette di formaggio gruviera, 80-100 gr di pastrami* e 1 forchettata di crauti.
Si passa sotto il grill per un paio di minuti e si completa, una volta tostato, con la salsa Thousand Island o con la più piccante Russian dressing.
Di quest’ultima vi darei la ricetta che è semplice, intensa e pungente:
si mescolano insieme 1 tazza di maionese, 4 cucchiai di ketchup, 1 spruzzata di Tabasco, 1 cucchiaio di salsa di rafano (cren) e un cucchiaio di cipolla tritata.
Il Reuben si mangia preferibilmente su una panchina di Central park… senza addentrarsi troppo nei vialetti.

*Naturalmente, il pastrami, succulenta carne di manzo speziata e affumicata proveniente dall’Est Europa, è quasi introvabile da noi se non in alcune macellerie kosher nei quartieri ebraici delle grandi città, ma questi insoliti panini si possono preparare anche con fette sottili di “carne salada” Trentina e ottenere quasi lo stesso risultato.