Di nuovo un’insalata di arance… ma con le clementine

Almeno una volta l’insalata di arance, cipolla e finocchio come antipasto l’abbiamo fatta tutti, credo.
Io stessa ho proposto la mia versione l’1 giugno 2014 nel post “Un antipasto fresco e sfizioso”, nel quale come sempre ho confidato quei piccoli segreti che la rendono personale e gradevole.
Questa volta però ho fatto di meglio: ho creato un’insalata, che anziché come antipasto si può servire tra la portata di pesce e quella di carne nei pranzi veramente importanti al posto del sorbetto, non con le arance ma con le clementine.

20141223-012028.jpgIl procedimento è tra i più semplici, ovviamente, ma il risultato è sorprendente.
Basta mettere a bagno nel latte per una mezz’ora una cipolla rossa affettata e nel frattempo sbucciare e privare di tutte le pellicine bianche 4 clementine, possibilmente della varietà senza semi.
Mantenendole intere, si tagliano a rondelle e se invece hanno i semi si tolgono con cura.
Si sciacquano dalla salamoia una decina di olive nere denocciolate e si riunisce tutto in una ciotola, dopo aver sgocciolato la cipolla dal latte.
Si prepara una citronette con olio, succo di limone, sale, pepe e 1 cucchiaino di semi di finocchio e si condisce rimestando con delicatezza per non rovinare le clementine.

Fidatevi, è un’insalata deliziosa, insolita, di quelle che piacciono a me. Questa volta non ho aggiunto il peperoncino per non togliere importanza ai semi di finocchio, che si devono invece sentire in tutta la loro fragranza.

Ragù bianco di vitello

La pasta col ragù è quanto di più tradizionale, classico, familiare e amorevole si possa portare in tavola.
Se si ha la fortuna di imparare a fare il ragù dalla mamma, non si scorderanno mai la perizia con cui tritava gli “odori” di base, la cura con cui tramenava la carne aggiunta al soffritto, la sicurezza con cui inseriva le foglie profumate delle piante aromatiche, il gesto del polso quando insaporiva il sugo con il sale rigorosamente grosso, l’abilità di decidere l’esatta quantità di pomodori che occorrevano a bilanciare gli altri ingredienti per creare quella sublime sinfonia di sapori che è il classico ragù di carne.
Il mio ragù è esattamente come il suo, dentro c’è altrettanto amore.
Ne abbiamo già parlato in più occasioni di questo ricco e rassicurante sugo della domenica, indispensabile per la pasta al forno, compagno felice e inseparabile di semplici spaghetti e rigatoni, dunque oggi passiamo ad altro.
Oggi parliamo quindi di un ragù più sofisticato, più elegante, con sapori intensi e profumi ben miscelati, con cui ho condito la pasta verde all’uovo, quella con gli spinaci, che ho trovato perfetta per questa ricetta, ma si possono provare anche altri abbinamenti.

20141222-012155.jpgHo fatto rosolare a fuoco vivace con 2 cucchiai di olio 600 gr di macinato di vitello e un paio di salsicce spellate e sgranate.
Ho aggiunto 1 piccola cipolla bianca, 1 gambo di sedano e gli aghi di 1 rametto di rosmarino tritati, 1 foglia di alloro, 2 chiodi di garofano, 1 pezzetto di stecca di cannella.
Ho sfumato con 1/2 bicchiere di vino bianco, lasciato evaporare e aggiunto 1-2 mestoli di brodo e 1/2 cucchiaino di sale grosso.
Ho mescolato di tanto in tanto.
Dopo circa mezz’ora ho unito 1 bicchiere di latte e portato a cottura.
Quando il latte è stato completamente assorbito e il ragù ha iniziato a sfrigolare, ho spento il fuoco.
Ho eliminato gli odori e condito la pasta. Una parte di ragù l’ho messa nel freezer in attesa di altre destinazioni!

Sono certa che questo ragù, sebbene così pallido, sarebbe comunque piaciuto molto alla mia mamma. E anche a mia nonna.

Crêpes Suzette… al forno

Forse non tutti sanno che le Crêpes Suzette probabilmente non hanno un’origine francese come siamo sempre stati indotti a pensare, ma a quanto pare sono un’invenzione, forse involontaria, del giovane apprendista Henry Charpentier, al servizio di Auguste Escoffier al Café de la Paix di Montecarlo.
Per non prendermi nessuna responsabilità cito però anche il maître Josèph del Restaurant Marivaux di Parigi che un’altra versione della storia vuole abbia creato queste crêpes per un’affascinante artista dell’Opéra, di nome Suzette, abituale frequentatrice del suo ristorante.
Quale sia la verità non lo sapremo mai, ma quello che conta è che sia arrivato fino a noi questo sofisticato dessert che personalmente adoro e che ho rivoluzionato: le mie crêpes Suzette non le faccio flambé, ma al forno e le farcisco di crema pasticciera. Probabilmente dovrei chiamarle con un altro nome a questo punto, ma così sono comunque riconoscibili.

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Non starò ad annoiarvi con la preparazione delle crêpes, perché come ho raccontato nel mio post del 17 ottobre scorso, io le faccio con l’apparecchio della Krupp, ma credo non avrete problemi a prepararne almeno una dozzina in modo tradizionale.
Quello che faccio a questo punto è di mettere su ognuna un cucchiaio di crema pasticciera (2 tuorli, 100 gr di zucchero, 30 gr di farina, 300 ml di latte, 1 pizzico di sale) e chiuderle in quattro a ventaglio.
Le accomodo leggermente sovrapposte in una pirofila e le copro di salsa all’arancia.
La salsa all’arancia per queste scandalose crêpes al forno si ottiene prelevando con il rigalimoni, oppure grattugiandola, la buccia di 2 grosse arance e di 1 limone, che poi si spremono.
Si filtra il succo e si versa in un pentolino.
Si aggiungono 80 gr di burro, 120 gr di zucchero a velo e 150 ml di Grand Marnier.
Si fa cuocere la salsa a fuoco basso, mescolando con un mestolino di legno fino a quando lo zucchero si sarà sciolto completamente.
Quando è pronta si versa sulle crêpes e si infornano sotto il grill per 5-6 minuti. Non si devono asciugare troppo.

Così si perde l’effetto scenico del flambé in tavola, lo so, ma con questo metodo le crêpes si possono preparare in anticipo, sistemare nella pirofila, coprire con la salsa che così le imbeve e infornarle solo pochi minuti prima di servirle.
Non serve precisare che arance e limone sono naturali, non trattati, vero?

Arrosto in verde

Spero che aver scelto come prima ricetta del 2015 un ennesimo arrosto farcito sia di buon auspicio!
Per il pranzo di ieri ho preparato un arrosto davvero speciale, con una piacevole farcia verde: verde speranza, la speranza che questo nuovo anno appena cominciato ci porti tutto quello che di buono ci aspettiamo e ci meritiamo.

20141208-011307.jpgCi vogliono 8-900 gr di fesa di vitello (più saporita del petto di tacchino e più delicata della polpa di maiale) tagliata in modo da farla diventare la solita grossa bistecca che si appoggia sul piano di lavoro.
Per la farcia verde si cuociono in tegame coperto 300 gr di spinaci senza aggiungere acqua. Sarà sufficiente a mantenerli morbidi il liquido che emettono in cottura.
Si scolano, si strizzano, si tagliuzzano e si passano in padella con 30 gr di burro, sale, pepe e noce moscata per insaporirli e asciugarli perfettamente.
Si fanno raffreddare e si inseriscono nel vaso del food processor con 50 gr di pangrattato, 50 gr di pistacchi sgusciati e spezzettati, 1/2 spicchio d’aglio e 80 gr di parmigiano grattugiato.
Si frulla e si spalma su tutta la superficie della carne.
Si arrotola su sé stessa, si avvolge in 150 gr di pancetta piacentina e si lega con cura con lo spago da cucina.
In un tegame piuttosto profondo si fanno imbiondire con olio e burro 2 scalogni affettati sottili, si salano appena e si aggiunge la carne.
Si rosola con aglio, alloro, salvia e rosmarino, si sfuma con 1/2 bicchiere di vino bianco, si aggiunge qualche mestolino di brodo e si porta a cottura rigirandolo 3-4 volte perché prenda colore da tutti i lati.
Dopo circa un’ora si toglie dal tegame e si libera dallo spago. Si fa leggermente intiepidire, poi si affetta.
Intanto si filtra il sugo e si cosparge la carne.

In questo arrosto non ho aggiunto sale perché tutti gli ingredienti sono particolarmente sapidi.
Ho già detto che preferisco preparare gli arrosti in anticipo e affettarli quando sono perfettamente freddi per scaldarli al momento di servirli. Se il sugo non vi sembra sufficiente a mantenere morbido l’arrosto, potete aggiungere una tazzina di latte.

L’arrosto di tacchino di Natale 2014

20141229-013625.jpgQueste sono due fette dell’arrosto di petto di tacchino che ho cucinato per il pranzo di Natale e gli ingredienti principali della sua farcia di riconoscono con facilità.
Come faccio i miei arrosti farciti ormai l’ho raccontato un sacco di volte. La preparazione e gli ingredienti dei ripieni cambiano un pochino ma le caratteristiche sono più o meno sempre le stesse.
Questa volta ho preparato una farcia speziata, morbida e saporita e il risultato è stato un arrosto succulento e molto appetitoso, che tutti hanno gradito moltissimo.

Ho frullato insieme 1 petto di pollo cotto allo spiedo, 3 salsicce spellate, 100 gr di prosciutto cotto tritato grossolanamente, la mollica di 1 panino raffermo affettata e prima ammollata in 1 bicchiere di latte tiepido e poi strizzata, 2 cucchiai di parmigiano grattugiato e 1 scalogno fatto appassire con una noce di burro e 2 foglie di salvia a fuoco dolce.
Ho versato il composto in una ciotola, ho aggiunto 1 uovo intero, 1 cucchiaiata di prezzemolo tritato, 1 grattata di noce mostrata, 1 pizzico di cannella, pepe bianco e poco sale.
Ho amalgamato tutto e ho incorporato con delicatezza 80 gr di pistacchi sgusciati e 300 gr di castagne lessate e pelate, lasciandole il più possibile intere.
Ho farcito con il mio composto 1 kg e 600 gr di petto di tacchino in una sola fetta ben battuta e assottigliata. L’ho avvolta su sé stessa come al solito, legata con qualche giro di spago da cucina e fatta rosolare in casseruola con olio, burro, 2 spicchi d’aglio, 1 rametto di rosmarino, 1 foglia di alloro e 2 foglie di salvia.
Ho sfumato con 1/2 bicchiere di Marsala, ho aggiunto 2 mestoli di brodo e ho portato a cottura coperto per la prima ora e poi a tegame scoperto finché l’arrosto non è risultato dorato uniformemente e la cucina non si è riempita dell’inconfondibile aroma degli arrosti invernali.
Ho filtrato il sugo, fatto raffreddare la carne e affettata dopo un giorno di frigorifero così il ripieno non si è spostato al momento del taglio.
L’ho poi scaldata nel suo sugo aggiungendo un’altra spruzzata di Marsala.

Questo arrosto, insieme all’arista con il cotechino (ricetta pubblicata il 29 dicembre 2013) sono stati serviti con patate al forno e cavolfiore gratinato.

Il budino di semolino quasi come quello dell’Artusi

Mia cognata fa a Natale un budino di semolino che io trovo squisito e che secondo me è straordinario mangiato tiepido.
Come afferma mio cognato, si tratta della storica ricetta che si trova ne “La Scienza in cucina e l’Arte di mangiar bene” di Pellegrino Artusi e questo è il risultato di quest’anno.

20141228-012600.jpgBasandomi soprattutto sulle mie intuizioni e sulla scarna descrizione della ricetta in mio possesso, suggerisco a chi volesse cimentarsi nella preparazione di questo storico dolce di procedere come segue.

Si fanno ammorbidire in acqua tiepida 50 gr di uvette.
Nel frattempo si portano a ebollizione 750 ml di latte con 1 pizzico di sale, 30 gr di burro e 75 gr di zucchero.
Si versano a pioggia 150 gr di semolino e continuando a mescolare si cuoce finché il composto non comincia ad addensarsi. Ci vorranno circa 10 minuti.
Si lascia raffreddare quasi completamente e si incorporano 4 tuorli, uno alla volta.
Si aggiungono le uvette scolate e asciugate, circa 50 gr di frutta candita mista a cubetti, la buccia grattugiata di 1 limone, 1 bicchierino di rum e da ultimi, delicatamente, i 4 albumi montati a neve.
Si versa il composto in uno stampo a ciambella imburrato e spolverizzato di pangrattato molto fine e si inforna a 180 gradi per circa 40 minuti.

L’Artusi secondo me avrebbe obiettato sull’aggiunta dei canditi, ma io li ho sempre trovati perfetti in questo dolce.

Sandwich Monte Cristo (o Montecristo)

Ognuno di noi ha fatto esperienze che spesso lasciano indifferenti o perplessi gli altri, ma che fanno parte dell’inestimabile tesoro di ricordi intimi e felici a cui siamo legati.
Sono ricordi che ci commuovono o ci divertono perché li abbiamo vissuti in compagnia delle persone che amiamo.
Per me sono le sensazioni provate nei viaggi che abbiamo fatto in America coi figli: pura gioia.
Però nei miei ricchissimi album dei ricordi di viaggio, strapieni, non c’è stato modo di infilare anche l’emozione provata durante la mia prima visita al Parco Disneyland di Anaheim, l’irresistibile Regno della fantasia, nel 1985.
Ci hanno trovato posto solo i biglietti d’ingresso, le mappe, le contromarche del parcheggio, gli autografi di Paperino, Cip e Ciop e Minnie, la foto abbracciata a Pluto e i conti dei ristoranti a tema.
Il resto, l’aspetto ottimista e ingenuo dello spirito Americano, l’incontro con i personaggi Disney in carne ed ossa, la gioia di emozionarmi e sentirmi parte della favole, il piacere di nutrirmi in modo insolito e allegro, tutto questo mi è rimasto dentro, un ricordo indelebile della suggestione che mi rapisce sempre in questo Parco, dove gli svaghi sono irresistibilmente semplici e piacevoli e l’atmosfera rilassata.
Non smetterei mai di stare in fila per le attrazioni… finché non mi viene fame!
Se c’è un posto al mondo dove vale la pena di sfamarsi con un Sandwich Monte Cristo, oltre che da me naturalmente, è il Café Orleans, nella zona del Parco fra i Pirati dei Caraibi e la Casa dei Fantasmi, la mia preferita.

20141122-182856.jpgPer ogni sandwich occorrono 2 fette di pancarrè a cui per prima cosa si elimina la crosta.
Si spalma la prima con maionese e senape, si copre con una fetta si prosciutto, una di tacchino e una di formaggio svizzero.
Si copre con la seconda spalmata sul lato interno con le salse.
Si immerge ogni sandwich in uovo e latte sbattuti insieme e una volta sgocciolato si fa dorare su entrambi i lati in una padella leggermente unta di burro, a fuoco medio.
Si taglia quindi in due triangoli e per ricreare l’atmosfera della New Orleans Square di Disneyland si cosparge di zucchero a velo e si serve con salsa di mirtilli e frutta fresca.

È un’esperienza insolita e deliziosa che personalmente mi riporta a momenti felici e indimenticabili che in questi giorni di festosi preparativi scaldano il cuore.

Strudel di verdure

Non tutti i giorni sono uguali. Magari vi sembrerà strano ma ogni tanto non mi va di cucinare.
Ovviamente si fa per dire, perché anche nei miei giorni peggiori riesco a mettere insieme qualcosa di sfizioso: in fondo ho una reputazione da difendere…
Il risultato è senz’altro soddisfacente, ma di mio in certe ricette ci metto proprio pochino, come in questo squisito strudel salato che può essere una di quelle cose che le persone giovani chiamano Apericena, oppure un elegante piatto da buffet per una cena in piedi o una vera cena per chi non ha troppo appetito, ma si vuole comunque viziare!
È una ricetta assolutamente non impegnativa ma di grande effetto, ne ho viste tante anche nei vostri blog.

20141029-102856.jpgOccorre prima di tutto disporre di 1 rotolo di pasta sfoglia, che è uno di quegli ingredienti che non devono mancare mai nel freezer perché nessuno sa quando può tornare utile.
Poi serve una confezione di verdure grigliate miste surgelate da saltare in padella come è indicato sulla confezione. In genere si tratta di peperoni, zucchine e melanzane, a volte anche patate e cipolle rosse, che a seconda dell’Azienda che le produce si possono chiamare Contorno Fantasia, Mediterraneo, Ortolano, o Tris Grigliato, anche queste da tenere di scorta per le emergenze.
Finché si scongela la sfoglia, prima si cuociono e poi si fanno raffreddare le verdure, si battono 2 uova con sale, pepe e 2 cucchiai di Parmigiano grattugiato, si tagliano a listarelle 150 gr di prosciutto cotto.
Si mescola tutto alle verdure ormai fredde.
Si stende la sfoglia sul piano di lavoro.
Si copre con il composto e si arrotola come si fa con un comune strudel bagnando i bordi con il latte per sigillarli.
Si spennella con 1 uovo leggermente battuto, si spolverizza di parmigiano mischiato a un pizzico di origano e si inforna a 200 gradi per una ventina di minuti.
Vale il colpo d’occhio: quando appare dorato è pronto.
Si sforna, si lascia raffreddare e si trasferisce lo strudel salato su un piatto da portata.
Si taglia a fette e si completa con una ciotola di salsa al formaggio. O almeno è così che faccio io.

La salsa al formaggio si prepara facendo fondere a fuoco dolcissimo una tazza di latte con 300 gr di uno qualsiasi di questi formaggi tagliato sottile o grattugiato: Fontina, Provolone, Emmental, Asiago oppure cubetti di Taleggio o Gorgonzola, a seconda dei vostri gusti.
O perché no, un mix di quelli che avete in frigo.
Con questa salsa, a cui va aggiunta una grattata abbondante di noce moscata e se piace un pizzico di senape in polvere, si arricchiscono le fette di strudel già accomodate nei piatti individuali.

Il castagnaccio perfetto

L’anno scorso me l’ero scordato, ma quest’anno S.Martino (Castagne e Vino) è stato festeggiato ieri in casa Avanzi con quel dolce povero, delizioso, campagnolo, antiquato, dal gusto particolare che è il castagnaccio.
È uno dei rari dolci della mia infanzia, insieme alla torta di mele, la crema fritta e un semifreddo coi savoiardi imbevuti di Alkermes che faceva mia nonna.
Quand’ero piccola non mi piaceva mica tanto: dalla fetta che mi veniva offerta, con un ditino scavavo le uvette e toglievo tutti i pinoli dalla superficie (perché quelli restano in superficie, mentre le uvette vanno a fondo), mangiavo solo quelli e lasciavo quella specie di gruviera che restava, miseramente abbandonata nel piatto.
Adesso invece mi piace molto di più. È diventato un alimento “dal gusto acquisito”, come direbbero i popoli Anglosassoni, uno di quei piatti cioè che continuando a consumare, anche se all’inizio ci sembravano addirittura sgradevoli, finisce che li gustiamo con un certo piacere.
La ricetta del mio castagnaccio, “bole” in vernacolo Veronese, l’ho postata anche l’anno passato, ma mi fa piacere darle una rinfrescatina, perché è un dolce tradizionale che io riesco a fare particolarmente morbido e cremoso e che magari qualcuno ancora non ha provato o non conosce.

20141107-000155.jpgIl segreto del mio “castagnaccio perfetto” è tutto nella quantità di liquido con il quale si stemperano 500 gr di farina di castagne, 1 cucchiaino raso di sale e 100 gr di zucchero.
Ci vogliono infatti 750 ml di latte e 750 ml di acqua che si aggiungono poco alla volta agli altri ingredienti mescolando con una spatola, senza fare grumi.
Sul fondo di una teglia rettangolare o una pirofila, si distribuiscono 4 cucchiaiate di olio e si versa il composto, decisamente liquido, appena preparato.
Si aggiungono 100 gr di uvette ammollate in acqua tiepida e 50 gr di pinoli distribuendoli su tutta la preparazione e si inforna a 180 gradi per un’ora circa. Fondamentale è che sulla superficie si formino della crepe (che si vedono bene anche nella fotografia) che significano che la cottura è perfetta.
Il castagnaccio va mangiato a temperatura ambiente e consumato rapidamente data la presenza del latte.
A casa nostra non dura mai tanto a lungo da pregiudicarne la freschezza…

In ogni regione dove tradizionalmente si prepara il castagnaccio, le ricette variano. In Toscana per esempio l’ho mangiato squisito con l’aggiunta di aghi di rosmarino, ma qualunque sia la ricetta, secondo me per essere perfetto deve essere morbido e cremoso.
Assolutamente mai asciutto e compatto.

Arrosti di maiale e popover alle mele

L’inverno è la stagione dei grandi arrosti, delle carni morbide e succulente cotte al forno o in tegame, dei profumi intensi di spezie, frutta ed erbe aromatiche e della ricerca di salse e contorni che li accompagnino degnamente.
L’arista e il filetto sono i prìncipi degli arrosti di maiale, di cui vi ho dato molti esempi, e secondo me vanno serviti sempre con qualche contorno particolare che esalti e ingentilisca il loro sapore deciso.
Ve ne ricordo tre di cui vi ho parlato: Un nuovo arrosto farcito (di prugne) del 9.12.13, Filetto di maiale (con salsa di mele) del 24.2.14 e, perché no, Il polpettone di Woodstock (con le albicocche nell’impasto) del 23.8.14.
Vicino a tutte e tre queste preparazioni, ma anche a una semplice arista di maiale cotta nel latte con il tàmaro, stanno benissimo i Popover alle mele: deliziose, profumate, golose e insolite focaccette che ricordano nella forma i muffin, ma la somiglianza finisce lì.

20141025-022135.jpgLa cosa più semplice è frullare 125 gr di farina, 2 uova, 150 ml di latte, 150 ml di acqua gassata, un pizzico di sale e un po’ di pepe. Mentre questa pastella riposa per una mezz’oretta, si fanno rosolare 100 gr di pancetta affumicata tritata grossolanamente in un tegamino finché diventa bella croccante e si lascia raffreddare.
Si sbucciano 2 mele renette e si tagliano a pezzetti, poi si fanno saltare in un padellino con 2 cucchiai di miele, una noce di burro e 2 cucchiai di succo di limone.
Si tolgono dal fuoco quando lo sciroppo inizia ad assumere l’aspetto del caramello e si pepano con generosità.
Si aggiunge alla pastella la pancetta croccante e si riempiono fino a metà 12 stampini da muffin leggermente oliati.
Si distribuisce sopra a ciascuno un cucchiaino di mele e si infornano a 220° per 15 minuti.
Si lasciano intiepidire, si passa la lama di un coltello intorno agli stampini per sformarli meglio e si servono con uno degli arrosti di cui abbiamo parlato, oppure un altro a vostra scelta.

Spesso abbino il maiale alla frutta dunque, che è dolce e contemporaneamente asprigna, quindi perfetta per bilanciare il gusto della carne di maiale e i popover alle mele sono un contorno insolito, per quanto l’abbinamento mele/maiale sia uno dei più comuni, che non mancherà di stupire e rendere felici i vostri ospiti.
Com’è che diceva quel tale? Provare per credere!