La peperonata di mia nonna

Estate: tempo di melanzane, zucchine e peperoni, che si possono cucinare in mille golosissimi modi.
A noi piace molto la classica peperonata, per esempio, che preparo nel modo più semplice e basico che possiate immaginare: mettendo tutti gli ingredienti insieme a freddo in una casseruola e lasciandoli cuocere lentamente.
La ricetta è una delle tante di mia nonna Virginia. Ovviamente.

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Le dosi sono a numero, non a peso, per ciascun ingrediente, quindi spesso variabili, ma ogni volta la peperonata di mia nonna è una cannonata.
Qui per esempio ci sono 2 peperoni gialli e 2 rossi, 4 cipolle, 4 pomodori ramati sodi e maturi e 4 cucchiai di olio.
Si insaporiscono con 2 cucchiaini di zucchero, sale, pepe e basilico.
All’inizio si cuoce a fuoco vivace mescolando spesso.
Quando le verdure si sono leggermente appassite si abbassa la fiamma e si porta a cottura a fuoco dolce.
Si aggiunge una spruzzata di aceto balsamico, si lascia evaporare e si aggiusta di sale se occorre.
La peperonata di casa nostra è pronta ed è squisita sia tiepida che fredda.

A fine cottura si può anche spolverizzare di prezzemolo tritato, volendo.
L’aggiunta dello zucchero fa caramellare le cipolle e i peperoni e toglie l’acidità ai pomodori.

Parfait al Grand Marnier: un semifreddo profumato di liquore all’arancia

Il popolo Francese ostenta da secoli un vero o presunto motivo di orgoglio in molti campi, la politica, la moda, la gastronomia, che viene genericamente definito grandeur.
La grandeur francese si concretizza anche nei termini identificativi di alcuni piatti.
Per esempio il semifreddo in Francia lo chiamano “parfait”, perfetto. Ho reso l’idea?
Sfidando la permanenza sul fornello insieme al pentolino dove doveva sobbollire la crema, ho preparato un Parfait al Grand Marnier che alla fine si è fatto perdonare la sofferenza sopportata nonostante il grande caldo, non siete d’accordo?
C’è chi non ha resistito all’assaggio prima che fosse scattata la fotografia…

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Si montano 500 ml di panna non troppo ferma e si conserva in frigorifero.
Si prepara nel solito modo una crema pasticciera usando 2 tuorli, 300 ml di latte, 30 gr di farina, 100 gr di zucchero, 1 bacca di vaniglia fatta bollire insieme al latte e poi recuperata e 1 pizzico di sale.
Quando la crema è pronta, fuori dal fuoco si aggiungono 2 bicchierini di Grand Marnier e si fa raffreddare con la pellicola a contatto della superficie, ma fuori dal frigo perché non si rassodi troppo.
Si incorpora delicatamente la panna montata, prima un paio di cucchiaiate mescolando normalmente per rendere la crema più soffice e poi il resto con il solito movimento delicato dal basso in alto.
Si versa il composto in uno stampo e si conserva in freezer per almeno 6/8 ore.
L’aggiunta dei frutti di bosco ha uno scopo puramente decorativo.

Si può servire anche a cucchiaiate, come se fosse un normale semifreddo, tipo il mio al limone (silvarigobello.com/2013/06/03/semifreddo-al-limone/) irrorato da un bicchierino supplementare di Grand Marnier.

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Naturalmente se si difetta di Grand Marnier, in sostituzione si può usare il Cointreau e perfino il Curaçao se si ama il suo sapore lievemente più amaro.

Biscotti salati per l’aperitivo

A me con l’aperitivo piacciono molto i salatini di sfoglia, le pizzette e i biscotti salati.
Con la sfoglia già pronta si possono fare deliziosi bocconcini farciti di tonno, acciughe, prosciutto o würstel e infornarli pochi minuti spennellati con il latte.
Anche le pizzette si possono ritagliare dalla sfoglia e coprire con salsa di pomodoro, origano e mozzarella.
Quando si ha voglia di lavorare un po’ di più, si possono preparare anche dei biscotti salati veramente molto ghiotti.
Ci sono diverse ricette che mi piacciono, oggi vi segnalo questa, che ha molto successo, poi mi direte cosa ne pensate.

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Si mescolano in una ciotola 250 di farina, 1 cucchiaino di zucchero, 1 cucchiaino di lievito in polvere per torte salate, 1/2 cucchiaino di aglio in polvere e 1 pizzico di sale.
Si aggiungono 100 gr di burro molto freddo tagliato a pezzettini non più grandi di piselli e 150 gr di formaggio provolone grattugiato con una grattugia a fori grossi.
Si miscela e si aggiungono 200 ml di panna da cucina.
Si mescola con una spatola solo per amalgamare tutti gli ingredienti, lasciando però il composto granuloso e con un piccolo mestolo, meglio se con il beccuccio, si distribuisce su una teglia da forno coperta di carta forno distanziando i mucchietti perché in cottura non si tocchino.
Si inforna a 200 gradi per 10-12 minuti, finché i biscotti non diventano dorati.
Intanto si miscelano in una piccola scodella 2 cucchiai di burro fuso, 1 cucchiaino di prezzemolo tritato e 1/2 cucchiaino di paprica.
Quando si sfornano i biscotti, si spennellano con questo composto di burro finché sono ancora caldi perché lo assorbano bene.

Sono salatini davvero deliziosi e sostanziosi, non fatene troppi o agli ospiti passerà l’appetito!

Coleslaw: immancabile insalata di cavoli

Oggi vorrei parlare di un’insalata, di come si prepara e di come… si pronuncia: la coleslaw, a base di cavolo cappuccio.
L’insalata di cavolo cappuccio è uno dei contorni più popolari negli Stati Uniti, insieme alle patate, e io la ordino sempre perché l’adoro. Mi piace sia con la carne che con il pesce.
Coleslaw deriva dal termine Olandese koolsla che significa cavolo cappuccio e si pronuncia “cossla”.
Se siete in California non provateci nemmeno a pronunciarla “coul-slou” come vi suggerirebbero i vostri studi Oxfordiani, se volete ottenere un “Aigaret” (“I got it” cioè “Ho capito” ) dalla vostra cameriera e riuscire a mangiare l’insalata di cavoli.
In altri Stati magari può risultare più agevole ordinarla, non ricordo, ma ne dubito.
So per certo che quello che non riuscite a pronunciare correttamente non vi verrà servito perché ordinare un pasto in America è un estenuante esercizio linguistico, oltre che un pressante interrogatorio da parte della cameriera che vi è stata assegnata.
Chi ha fatto questa esperienza, sa di cosa parlo.
Se si supera la prova, finalmente si può gustare questa delicata ma saporita insalata. A chi non se la sente di affrontare non tanto il viaggio quanto l’esame di lessico, consiglio di imparare a farla in casa.

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Si affettano sottili sottili 500 gr (circa 1 libbra) fra cavolo cappuccio e cavolo rosso.
Si tagliano a julienne 150 gr di carote e a rondelle la parte bianca di 2 cipollotti.
Si riunisce tutto in una ciotola e si condisce con un’emulsione particolare e molto interessante, secondo me.
Si insaporiscono 4 cucchiai di yogurt bianco con 1 cucchiaio di aceto di mele, 1 cucchiaino di senape, 1/2 cucchiaino di zucchero, 1 pizzico di sale e una macinata di pepe nero. Si aggiungono 4 cucchiai di maionese, si emulsiona e si condiscono le verdure affettate, mescolando con cura.

In base alle mie esperienze questa è una delle pochissime insalate che vengono servite come contorno al piatto principale, anzi potrei dire di non averne mai mangiate altre perché le insalate in America vengono proposte come primo piatto oppure, le più ricche, come piatto unico.

Torta di pistacchi e mandorle

La settimana scorsa siamo usciti a cena coi miei cognati per andare a mangiare la Paella de Marisco, che preferiamo a quella Valenciana mista, in un locale tipico che serve solo queste specialità della cucina spagnola, oltre alla sangria e ai caratteristici dessert come la crema Catalana, la tarta de Santiago, il Brazo de gitano e il Flan de naranja.
Come sempre la qualità e l’opulenza del piatto si sono rivelate all’altezza della notorietà che questo ristorante, appena fuori dal centro storico di Verona, si è guadagnato negli anni.
Magari della paella e di come la cucino io parliamo un’altra volta, perché oggi volevo invece darvi una dritta su come preparare una variante della torta di mandorle Galiziana che quella sera mi è piaciuta così tanto che ieri ho voluto assolutamente rifarla.
Come a volte succede però, mi mancava qualche ingrediente ma siccome dovevo assolutamente cimentarmi in un dolce, cosa che come è noto faccio piuttosto raramente, ho improvvisato una variante che è risultata straordinariamente ghiotta.
Non vi dirò cosa ho sostituito né cosa ho modificato, ma suggerisco di provare questa mia creazione senza pregiudizi e vedrete che la gusterete con molto piacere.

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Il metodo di preparazione di questo dolce morbido e profumato, è semplicissimo.
Per prima cosa si frullano insieme 150 gr di mandorle pelate con 100 gr di pistacchi e 30 gr di zucchero, che assorbirà l’olio della frutta secca.
Poi nel food processor si riuniscono 150 gr di farina 00, 120 gr di zucchero, 1 pizzico di sale, 1 bustina di lievito per dolci, 150 gr di burro sciolto, 4 uova intere, 1 bicchierino di rum e la farina di mandorle e pistacchi.
Si ottiene un impasto morbido e ben miscelato che si versa in uno stampo da plumcake foderato con due strisce di carta forno e si inforna a 180 gradi per almeno 50 minuti.
Si sforma dopo che si è raffreddato e si decora la superficie con una manciata di pistacchi tritati grossolanamente e leggermente caramellati a fuoco dolce con un cucchiaio di miele e uno spruzzo di rum.

Sgombrando la mente dall’idea di assaggiare un dolce spagnolo, gustare una fetta di questa torta di mandorle e pistacchi è una bellissima esperienza, che consiglio senz’altro di fare!

Rose alla pizzaiola

La pasta più semplice e sempre gradita da mettere in tavola in ogni stagione è senz’altro quella al pomodoro.
E giusto per complicarsi un po’ la vita, con sugo di pomodoro, mozzarella e origano volendo si sostituisce il classico piatto di spaghetti alla pomarola con una teglia di morbida e golosissima pasta al forno.

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Ho scelto le “rose” come formato anziché la lasagna perché sono più decorative anche dei cannelloni e poi le ho fatte talmente spesso che ci metto un attimo a prepararle.
A fine pagina vi ricordo le altre versioni che ho postato sul blog in questi quasi 2 anni di attività perché sono davvero interessanti. Manca quella classica con emmental e prosciutto, ma la ricetta è facilmente intuibile. Comunque se vi interessa proprio quella e avete dei dubbi, sono qua.

Il mio sugo di pomodoro lo preparo da quasi 50 anni semplicemente facendo restringere a fuoco medio 1 litro di passata di pomodoro con 1/2 cucchiaino di sale grosso, 1 cucchiaino di zucchero, 1 cucchiaio di cipolla bianca tritata finemente e le foglie di 2-3 rametti di basilico. Per ottenere la consistenza asciutta e vellutata che piace a me ci vogliono 20 minuti.
Alla fine, fuori dal fuoco, aggiungo un filo di olio crudo.
Preparato il sugo, asciugo con la carta da cucina una grossa mozzarella vaccina (fiordilatte) di circa 250 gr e la affetto il più sottile possibile. Tampono di nuovo le fettine e le lascio asciugare ancora un po’ all’aria.
Dispongo su un canovaccio 300 gr di sfoglie di pasta all’uovo, lessate brevemente e scolate. Distribuisco abbondanti cucchiaiate di sugo di pomodoro su tutta la superficie, spolverizzo di parmigiano grattugiato, aggiungo qualche pizzico di origano secco e accomodo le fettine di mozzarella ben affiancate.
Arrotolo la pasta così farcita in cilindri non troppo stretti, li taglio a tronchetti, alti come il bordo della pirofila, e li accomodo al suo interno dopo averla ben imburrata.
Preparo la solita besciamella e ne verso qualche cucchiaiata nel cuore delle rose, spolverizzo con altro parmigiano e inforno a 180 gradi per circa 15 minuti.
Quando servo le porzioni di queste rose, le completo con un altro po’ di sugo di pomodoro soprattutto per l’effetto cromatico, ma anche per il piacere che ne deriva.

A rose is a rose is a rose

Rose di maggio

Le ultime rose d’agosto

Melanzane al forno con sorpresa

Questa ricetta viene dalla felice intuizione di “maritare” le Melanzane alla Parmigiana con il risotto alla Parmigiana: due preparazioni diversissime fra loro, nonostante il nome, che sono diventate un abbinamento perfetto.
Devo confessare che il tarlo che poi ha portato a creare questa ricetta me l’ha instillato un po’ di tempo fa Angiola di Piatti coi tacchi, che aveva equivocato sulla definizione appunto di risotto alla Parmigiana trovata nel mio blog.
Sulla scorta di quell’osservazione, quando ho deciso di preparare una teglia di classica Parmigiana, mi sono allargata e ne è uscito un primo piatto molto goloso.
La ricetta è laboriosa, ma non complicata. Insomma, un po’ di pazienza ci vuole, ma il risultato vale, secondo me, la fatica.

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Si affettano le melanzane, si salano, si mettono in un colapasta e si depurano dal liquido amarognolo che contengono, poi di sciacquano e si asciugano perfettamente.
Si friggono poche alla volta in olio extravergine e si fanno sgocciolare sulla carta da cucina.
Si prepara un sugo di pomodoro abbondante facendo restringere dell’ottima passata con sale, zucchero, cipolla tritata sottile e basilico.
Si cucina un classico risotto alla Parmigiana facendo imbiondire la cipolla, tostando il riso, sfumandolo di vino bianco e coprendolo con una quantità di brodo pari al doppio del suo volume.
Senza mai mescolarlo si porta a cottura piuttosto al dente a pentola scoperta perché non deve essere troppo “all’onda”. Si manteca fuori dal fuoco con burro e parmigiano e si fa intiepidire.
Si trita o si grattugia una grossa scamorza (volendo anche affumicata) e si mescola al riso ormai quasi freddo aggiungendo altro basilico spezzettato con le mani.
Sul piano di lavoro si stendono le fette di melanzane fritte, si salano appena e si spolverizzano di pepe.
Su ognuna si appoggia una quenelle di risotto, si arrotolano e si sistemano in una pirofila unta d’olio uno accanto all’altro fino a riempire tutta la teglia.
Si coprono con abbondante sugo di pomodoro, si distribuisce sopra un’altra cucchiaiata di scamorza grattugiata e si infornano a 200 gradi per una ventina di minuti.
Sono un fantastico primo piatto dal sapore intenso e mediterraneo che a me è piaciuto molto.

Qualche precisazione: non ci sono indicazioni circa le quantità perché non posso regolarmi non sapendo la dimensione delle vostre melanzane, ma consiglio di friggerne parecchie. Quelle che non saranno utilizzate per questa ricetta serviranno per una pasta alla Norma per esempio.
Per il riso suggerisco di considerare la stessa quantità che prevedete di solito per due, quattro o sei persone, a seconda del numero dei vostri commensali.
Si può usare anche la mozzarella, ma la scamorza, più stagionata, resta più asciutta.

Filetti di pesce bianco gratinati al forno

Come sapete, nella categoria del pesce azzurro rientrano: sardine, alici, sgombri, acciughe, perfino il pesce spada e il tonno.
Mentre si definiscono pesce bianco: orata, branzino, merluzzo, platessa, sogliola, rombo, nasello, coda di rospo, eccetera.
Quindi per questa ricetta potete scegliere liberamente i filetti di uno di questi ultimi: quello che preferite, che trovate, che vi ispira, non c’è nessun limite.
Io ho utilizzato il merluzzo questa volta e l’ho cotto al forno.

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Ho preparato una panure con 2-3 cucchiai di pangrattato, 1 puntina di aglio ridotto a crema, pepe nero, 2 acciughette sott’olio tritate con un cucchiaino di capperi sciacquati con molta cura, la buccia grattugiata di 1/2 limone e 1 cucchiaino di foglioline di timo fresco, ma si può usare anche un pizzico di timo secco
Ho appoggiato su una teglia un foglio di carta forno e sopra ho sistemato 2 filetti di merluzzo di circa 300 gr l’uno.
Ho sparso su entrambi la panure e ho completato con un giro d’olio. Ho infornato a 200 gradi per 15-20 minuti.
A metà cottura ho appoggiato accanto al pesce alcuni rametti di pomodorini, li ho cosparsi di olio, pepati e salati, ho aggiunto un pizzico di zucchero e ho infornato di nuovo.
Se utilizzate un filetto di pesce meno spesso del mio trancio di merluzzo, bastano 10 minuti di cottura, quindi si possono infornare insieme pesce e pomodori.

Ricetta semplice e molto gustosa.

Torta di fragole

Lo sapete, non è che sono sempre lì a preparare torte, al contrario, ma ne faccio una veramente deliziosa con le fragole che non potrà non piacere anche a voi.
E in più questa ricetta fornisce anche la base per un altro dolce, un semifreddo di cui parleremo presto.

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Questa è una sorta di crostata di pasta brisè, ma viene perfetta anche sotto forma di pie, cioè coperta con un altro disco di pasta.
Per chi non si ricordasse come la preparo: 250 gr di farina, 120 gr di burro (meglio se tolto dal freezer) a pezzetti piccoli come nocciole, 1/2 cucchiaino di sale fino e circa 100 ml d’acqua molto fredda. Impasto con la punta della dita, faccio una palla, la avvolgo nella pellicola e la conservo in frigorifero mezz’ora o più.
Ma facciamo un passo indietro.
La sera prima se pensate di fare la torta il mattino successivo, oppure la mattina per il pomeriggio, dovrete mondare, sciacquare e affettare 300 gr di belle fragole mature, metterle in una ciotola, aggiungere 75 gr di zucchero, il succo di 1 limone e 1 bicchierino di Marsala, mescolare con cura finché lo zucchero non si è sciolto, coprire con la pellicola e conservare in frigorifero.
Durante questo tempo di attesa le fragole assorbiranno il sapore del limone e del Marsala e cederanno il liquido che contengono.
Quando è il momento di preparare la torta, foderate una tortiera con la pasta brisè tirata con il mattarello, bucate il fondo con i rebbi di una forchetta, riempite con i fagioli secchi appoggiati su un disco di carta forno e infornate a 200 gradi per 15 minuti.
Sfornate, eliminate la carta e i fagioli.
Scolate le fragole, e unitele a 2-3 cucchiaiate di confettura amarene. Con questa miscela riempite il guscio di pasta brisè.
Infornate nuovamente per altri 10-15 minuti. Il bordo di pasta deve essere bello dorato.
Aspettate a sformare la torta fino a quando non si è ben raffreddata. Io la faccio intiepidire e poi la metto in frigorifero: fresca è ancora più buona.

Se vi piace di più l’idea, potete usare come base anche la pasta frolla, ma io preferisco la brisè.
La confettura di amarene può essere sostituita con quella di fragole, ma io non lo farei…
Del semifreddo alle fragole parleremo quanto prima, intanto il succo va filtrato e conservato anche in freezer volendo.

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Le pesche sciroppate della moglie del Signor Antonio

Come promesso ieri nel post “Crumble di pesche sciroppate”, vi do la ricetta delle pesche sciroppate della mia vita precedente in campagna, con qualche particolare di quegli anni.
Il signor Antonio, che con la moglie e i due figli viveva a Cavaion, era in Ferrovia ma aveva la passione per la campagna.
I turni di lavoro gli consentivano di dedicarsi a coltivare un orto di discrete dimensioni e un piccolo frutteto e quando non c’era lui, era la moglie che si occupava della raccolta degli ortaggi e dei frutti che il terreno intorno alla loro casa offriva.
Dato che era una persona estremamente generosa, anche noi usufruivamo della sua prodigalità in fatto di doni della natura e soprattutto dei consigli esperti su come utilizzarli al meglio e con profitto.
Ho imparato da lei a fare la marmellata, la giardiniera, la passata di pomodoro, i fichi secchi, le albicocche e le prugne sotto spirito per Natale e le pesche sciroppate, ma con le nettarine.
Con le nettarine perché queste e non le pesche coltivavano in un filare di una decina di alberi che producevano in continuazione frutti bellissimi. Per non fare solo confetture e macedonie, si potevano “mettere via” per l’inverno sciroppate con un procedimento di una semplicità imbarazzante e una resa straordinaria.
Suggerisco di tener presente e annotarsi questo sistema, che verrà buono fra qualche mese, in piena stagione di nettarine.

20150305-140010.jpgUna volta immerse per qualche secondo in acqua bollente, passate subito in acqua e ghiaccio e poi pelate, si tagliano a metà e si privano del nocciolo 4 kg di nettarine sode e non troppo mature. Tanto per cominciare. Così ne verranno 4 vasi di quelli grandi.
Se ne accomoda 1 kg in ogni vaso sterilizzato*, si spargono 250 gr di zucchero semolato, si mette il tappo e si appoggiano sul fondo, coperto da un canovaccio, di una pentola alta e capiente.
Si avvolgono in un altro canovaccio perché non di tocchino.
Si riempie d’acqua fino a coprirli e si porta a bollore.
Si calcolano 20 minuti.
Trascorso questo tempo si immerge la pentola nel lavandino pieno d’acqua e si fa anche colare un filo d’acqua fredda dal rubinetto per accelerare il raffreddamento.
Si tolgono i vasi dalla pentola, si asciugano e si ripongono: durano più di 1 anno… si fa per dire!

*La sterilizzazione dei vasetti può avvenire in forno, in microonde, in lavastoviglie o tradizionalmente in acqua bollente.
Si possono usare ovviamente le pesche classiche anziché le nettarine (o pesche noci) e perfino le percocche, se vi piace la frutta sciroppata bella soda e leggermente “croccante”.
Comunque già questo metodo di preparazione della frutta sciroppata, non la fa ammorbidire come quello classico con lo sciroppo aggiunto.
Consiglio di provarlo, naturalmente quando ci saranno in commercio le nettarine. Fatevi un appunto.

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