Antiquato e intramontabile: il Vitello Tonnato

So che in alcune regioni, come in Piemonte per esempio, il Vitello tonnato viene servito come antipasto specialmente durante le Feste.
Io invece l’ho sempre considerato un secondo e cucinato, salvo rare occasioni, d’estate, trattandosi di un piatto freddo. In genere lo accompagno con l’insalata russa https://silvarigobello.com/2015/06/01/insalata-russa/, con sottoli e sottaceti o verdurine in agrodolce.

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Preparo un brodo (che assomiglia al court bouillon per lessare il pesce) con 2 litri d’acqua, 1 gambo di sedano, 1/2 cipolla piccola, 1 carota, 1 foglia di alloro, 1 chiodo di garofano, 1 pezzetto di buccia di limone, 1/2 cucchiaino di sale grosso, 1 bicchiere di vino bianco.
Quando si alza il bollore aggiungo circa 1 kg di girello (magatello) di vitello, ma si può scegliere anche la fesa francese, e lascio cuocere almeno un’ora. La carne deve risultare tenera con la prova stecchino.
Si lascia raffreddare nel brodo, poi si scola e si mette in frigorifero per qualche ora, meglio fino al giorno successivo: per essere tagliata a fette sottili infatti deve essere molto fredda e compatta.
Qualche ora prima di servire, si prepara la salsa tonnata per accompagnare il vitello.
Si frullano 200 gr di tonno sgocciolato insieme a 1 tazza di maionese, 1 cucchiaiata di capperi sott’aceto sciacquati, qualche acciughetta sott’olio, 1 pizzico di pepe bianco e 1/2 bicchiere di liquido di cottura filtrato.
Quest’ultima aggiunta rende fluida la salsa e le da un delicato sapore molto gradevole e lievemente aromatico.
Deve risultare densa e cremosa, eventualmente si aggiusta aggiungendo altro liquido o altra maionese, secondo necessità.
Con questa salsa si coprono generosamente le fettine di vitello leggermente sormontate su un grande piatto da portata e si fa riposare ancora un po’ in frigorifero, perché i sapori si amalgamino bene.
Al momento di servire, si completa con una cucchiaiata di capperi e, volendo, si cosparge di prezzemolo tritato.

È un piatto che ha sempre un gran successo a casa nostra e, come dicevo, costituisce un gradito secondo estivo che comunque si assapora con gusto anche in questi primi giorni d’autunno.

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Pomodori ripieni di verdure

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La copertina di Sale & Pepe di questo mese mi ha ispirato la ricetta di oggi, almeno nella scelta dei pomodori costoluti da cuocere ripieni in forno.
Avevo bisogno di un contorno ricco e saporito per accompagnare della semplice carne ai ferri, non una sontuosa grigliata, ma dei morbidi e succulenti nodini di vitello cucinati in casa alla griglia.
Ho preparato una piccola caponata facendo saltare in padella con 2 cucchiai di olio: 4 acciughe sott’olio spezzettate, 1 peperone rosso (o giallo) a striscioline, 1 melanzana a dadini, 2 zucchine a rondelle e una manciatina di uvette ammollate.
Ho salato, insaporito con una macinata di pepe e un pizzico di peperoncino in polvere, spruzzato con qualche goccia di riduzione di aceto balsamico e finito la cottura a fuoco vivace.
Sono bastati proprio pochi minuti perché mi piace che le verdure restino leggermente croccanti visto il successivo passaggio in forno.
Ho aggiunto basilico e timo e mi sarei potuta fermare lì perché questo contorno era già buonissimo anche così, ma mi frullava in testa l’immagine che dicevo e dunque ho preparato i pomodori.
I pomodori costoluti detti Fiorentini sono i più adatti a questa preparazione perché sono più scenografici di altre varietà meno… costolute, appunto.
Ho tagliato dunque le calotte a 2 bellissimi pomodori, li ho svuotati dei semi, salati leggermente, sgocciolati, cosparsi con una piccola quantità di zucchero a velo vanigliato* e farciti con la caponata.
Un giro d’olio e li ho infornati a 200 gradi, con le loro calotte sopra, per 25/30 minuti.
Non avevo a disposizione le foglie esterne di un porro o li avrei infiocchettati anch’io come quelli ripieni di riso di Sale & Pepe che mi erano piaciuti tanto.

È un contorno veramente sfizioso, ghiotto e divertente.
Naturalmente, come dicevo, si può gustare la caponata anche senza l’ulteriore impegno di farcire e cuocere al forno i pomodori (anche dei semplici e perfettamente tondeggianti ramati eventualmente)… ma allora come ci si diverte in cucina?
Un pizzico si zucchero nelle preparazioni a base si pomodori ne mitiga l’acidità.
* L’utilizzo dello zucchero a velo vanigliato è un semplice esercizio di stile.

Filetti di pesce bianco gratinati al forno

Come sapete, nella categoria del pesce azzurro rientrano: sardine, alici, sgombri, acciughe, perfino il pesce spada e il tonno.
Mentre si definiscono pesce bianco: orata, branzino, merluzzo, platessa, sogliola, rombo, nasello, coda di rospo, eccetera.
Quindi per questa ricetta potete scegliere liberamente i filetti di uno di questi ultimi: quello che preferite, che trovate, che vi ispira, non c’è nessun limite.
Io ho utilizzato il merluzzo questa volta e l’ho cotto al forno.

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Ho preparato una panure con 2-3 cucchiai di pangrattato, 1 puntina di aglio ridotto a crema, pepe nero, 2 acciughette sott’olio tritate con un cucchiaino di capperi sciacquati con molta cura, la buccia grattugiata di 1/2 limone e 1 cucchiaino di foglioline di timo fresco, ma si può usare anche un pizzico di timo secco
Ho appoggiato su una teglia un foglio di carta forno e sopra ho sistemato 2 filetti di merluzzo di circa 300 gr l’uno.
Ho sparso su entrambi la panure e ho completato con un giro d’olio. Ho infornato a 200 gradi per 15-20 minuti.
A metà cottura ho appoggiato accanto al pesce alcuni rametti di pomodorini, li ho cosparsi di olio, pepati e salati, ho aggiunto un pizzico di zucchero e ho infornato di nuovo.
Se utilizzate un filetto di pesce meno spesso del mio trancio di merluzzo, bastano 10 minuti di cottura, quindi si possono infornare insieme pesce e pomodori.

Ricetta semplice e molto gustosa.

Spaghettoni integrali col tonno

Da un po’ stiamo mangiando spesso la pasta integrale, nel tentativo di trarre vantaggio dai benefici che pare questo alimento garantisca: dona un senso di sazietà maggiore, rallenta l’assimilazione dei grassi e degli zuccheri ed è quindi indicata per il controllo del peso. Inoltre contiene vitamina E, antiossidante e anti-age e vitamine del gruppo B.
E non è neanche cattiva come ci si aspetterebbe da qualcosa che fa così bene…
Inoltre ha talmente tante proprietà e contiene una tale infinità di garanzie per una vita sana ed equilibrata, che pare impossibile che un pacco da mezzo chilo non pesi più di quelli di pasta normale.
Quindi per cercare di non vanificare i vantaggi che derivano dal consumo delle fibre e di tutto il resto contenuto nella pasta integrale, cerco di condirla con sughi che rispettino le sue caratteristiche.
A volte il risultato visivo non è granché soddisfacente. Per esempio questo sugo di tonno ha finito con l’avere la stessa sfumatura di beige della pasta, ma era comunque molto profumato e molto saporito e magari soddisfa anche i patiti del “tono su tono”.

20150226-005951.jpgFaccio imbiondire in poco olio 2 spicchi d’aglio schiacciati e 1 cipolla bianca tritata. Unisco 4 alici sott’olio spezzettate e le faccio sciogliere a fuoco basso.
Aggiungo 1 foglia di alloro e il contenuto sgocciolato di 2 scatolette medie di tonno al naturale.
Insaporisco con una macinata di pepe, il succo di 1/2 limone e qualche pezzetto di scorza.
Cuocio per una decina di minuti mantenendo il fuoco piuttosto allegro e mescolando spesso.
Elimino l’aglio, l’alloro, le scorzette e aggiusto eventualmente di sale.
Condisco 150 gr di spaghettoni integrali aggiungendo un filo d’olio crudo e spolverizzando di pepe appena macinato.

Se si passa sopra alla monocromaticità del piatto, il piatto stesso garantisce un sapore intenso e gradevolissimo che soddisferà anche i palati più scettici… come il mio.

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La pastasciutta col quasi-pesto di mia nonna

Quando mia nonna non aveva un sugo pronto, faceva un intingolo favoloso, gustoso e semplicissimo e la sua pastasciutta era subito un piatto gourmet.

20150201-174527.jpgFaceva sciogliere in 2 cucchiai di olio 4-5 acciughe sott’olio sminuzzate con 1 spicchio d’aglio schiacciato.
Quando le acciughe erano completamente sciolte, eliminava l’aglio e aggiungeva 2 cucchiai del suo pesto personale.
Lo preparava tritando sottile sottile un mazzetto di basilico. Pestava nel mortaio 7-8 noci, le univa al basilico e aggiungeva qualche cucchiaiata di ricotta, una grattata di pepe, 1 po’ d’olio a filo e 1 cucchiaio di parmigiano grattugiato. Mescolava tutto insieme e condiva la pasta spolverizzandola con poco pane grattugiato fine tostato leggermente in padella.

Io l’ho preparato ieri, utilizzando il frullatore e ci ho condito dei fusilli integrali. Il risultato è stato un piatto delizioso, facile e gustoso, pieno di sapori semplici e per me antichi e familiari: una vera delizia.

La salsa peverada (da non confondersi con la pearà) per la faraona arrosto

La precisazione nel titolo è d’obbligo in quanto molti scambiano le due salse quando ne sentono parlare.
Bisogna infatti essere Veronesi DOC o al limite DOP per conoscere la “pearà”, che cito spesso e di cui ho postato la ricetta l’anno scorso, il 24 ottobre, mentre la peverada è decisamente più nota… o no?!
In ogni caso questo secondo goloso intingolo si trova principalmente in Trentino, dove viene servito con la selvaggina, nel Trevigiano come accompagnamento al coniglio arrosto per esempio, nella Bassa Veronese dove nel periodo Natalizio arricchisce la faraona al forno e in chissà in quanti altri luoghi e cucine che non conosco.
Limitatamente alla preparazione della faraona, mi piacerebbe parlare di come veniva cucinata la Peverada dalla nonna Emma.

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La faraona, eviscerata e lavata, va messa in una teglia, che possa andare in forno, con un trito di pancetta, salvia, rosmarino, uno spicchio d’aglio e qualche cucchiaiata di olio.
Si fa rosolare, si irrora con 1 bicchiere di vino bianco e quando la carne ha preso colore e il vino è evaporato, si inforna a 180 gradi per una quarantina di minuti.
Ogni tanto si controlla che non si asciughi troppo ed eventualmente si bagna col brodo.
Nel frattempo si prepara la famosa Salsa Peverada.
Si fanno rosolare con olio e burro 2 spicchi d’aglio, si tolgono e si aggiungono nel tegame 400 gr di fegatini sia di faraona che di pollo tritati con 100 gr di classica Soppressa Veneta, la buccia grattugiata di 1 limone, 3 filetti di acciuga sott’olio spezzettati, 1 cucchiaio di prezzemolo tritato.
Si lega tutto facendolo cuocere brevemente sempre mescolando.
Si aggiungono 1 manciata di pangrattato, 2-3 cucchiai di grana grattugiato, si regola di sale e pepe e si spruzza con il succo di 1/2 limone.
La salsa è pronta quando raggiunge la consistenza di un ragù classico di carne.
Si unisce a questo intingolo anche il sugo della faraona e si mescola perché si amalgami bene.
Si serve la faraona ben calda a pezzi accompagnata dalla sua salsa Peverada.

Questa è una delle classiche ricette contadine che ho ereditato dalla famiglia del mio papà ed è veramente antica. Pare risalga al 1700.
Infatti la preparava già la suocera della nonna di mia nonna Emma che viveva con i figli e le loro famiglie in una grande casa colonica della Bassa Veronese, dove gli animali da cortile costituivano l’ingrediente principale di quasi tutti i piatti di carne… vedete un po’ voi se non si va indietro nel tempo!

La soppressa può essere sostituita dalla salsiccia e il succo di limone dall’aceto bianco, la Peverada è comunque squisita e saporita in modo esageratamente invitante.