Pesto Rosso alla Siciliana

Comincia un nuovo mese, luglio, quello che per eccellenza mi fa pensare al mare, alle vacanze fatte in tante magnifiche spiagge del nostro Sud, con i figli piccoli, il corredo di palette e secchielli per fare stupendi castelli di sabbia, la voglia di visitare i dintorni, di assaggiare le specialità regionali, di respirare le tradizioni e i profumi di quelle zone benedette.

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Il Pesto alla Siciliana si presta a molte interpretazioni diverse a seconda della zona in cui si prepara, ma il risultato è sempre eccellente.
Nonostante l’abbia cucinato a Verona, ha insaporito in modo fantastico la mia solita pasta integrale.
La mia ricetta, un ibrido con contaminazioni perfino trapanesi e perfezionata nel tempo, viene da Giardini Naxos, ai piedi di Taormina dove verso la fine degli anni Settanta abbiamo passato un mese di vacanza indimenticabile, per molti motivi.
Dalla spiaggia si godeva la vista spettacolare di Castelmola, uno dei Borghi più belli d’Italia dove si gusta e si fa scorta del più buon vino di mandorle che abbia mai assaggiato, dell’Etna in eruzione e di Taormina, senza riuscire però a riconoscere il Teatro Greco-Romano, mentre da lassù Giardini Naxos si vede benissimo.

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Il bagnino del piccolo lido di fronte all’appartamento che avevamo affittato si chiamava Salvatore ed era bello, segaligno e tenebroso come Giancarlo Giannini nel film di Lina Wertmüller “Travolti da un insolito destino nell’azzurro mare di agosto” con la Melato.
Il nostro padrone di casa invece era il proprietario e il cuoco del ristorante del Lido e cucinava solo specialità siciliane. Abbondanti, fatte al momento e squisite.
Non mi perdonerà mai per aver condito col suo Pesto rosso alla Siciliana la pasta integrale, lo so, lui ci condiva solo gli spaghetti.
Voi regolatevi secondo coscienza.

Si lavano 300 gr di pomodori ramati, si fa un taglio a croce sul fondo, si immergono per un minuto in acqua bollente, si passano nell’acqua gelata, si pelano, si tagliano a metà, si privano dei semi e si tagliano a pezzi.
Si versano nel vaso del food processor e si aggiungono: 50 gr di pomodorini secchi sott’olio, 1 ciuffo di basilico lavato e asciugato, 1/2 spicchio d’aglio, 40 gr di mandorle sgusciate e pelate, 150 gr di ricotta fresca, 100 gr di parmigiano grattugiato, 150 ml di olio, sale e pepe.
Si frulla fino a ottenere una salsa morbida e ben amalgamata.
Si lessa la pasta, si versa in una ciotola capiente e si condisce con abbondante pesto “rosso”.
Per renderlo più cremoso, si può aggiungere qualche cucchiaiata di acqua di cottura e un filo di olio crudo.

Questo sugo è legato ai ricordi della prima volta in cui abbiamo visitato la Sicilia, del rocambolesco viaggio per arrivarci, della scoperta di luoghi straordinari e di persone eccezionali, ma è buono anche se non avete questi ricordi…

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Pasta coi Pomodorini gratinati al forno

Ho già avuto occasione di dire che la pasta al pomodoro è il modo più semplice e gustoso per preparare il piatto del giorno.
Però, oltre che col solito, saporito e corposo sugo di pomodoro, mi piace anche condirla aggiungendo dei pomodorini gratinati, che danno alla pasta un sapore irresistibile e intenso.
Questi non hanno una farcitura classica, ma sono squisiti grazie proprio al sapore insolito e inaspettato.
Naturalmente sono anche un perfetto contorno per il pesce o la carne alla griglia per esempio, ma questa volta ci faremo un regalo e condiremo la pasta, che nel mio caso sono dei fusilli integrali.

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Ci vogliono 5-600 gr di pomodorini, che vanno lavati e tagliati a metà. Si salano leggermente e si appoggiano capovolti su un piano inclinato, perché perdano in parte l’acqua di vegetazione.
Nel frattempo si prepara la panure mescolando in una ciotola 3 cucchiai di pangrattato, 1/2 spicchio d’aglio ridotto a crema, 1 cucchiaio di prezzemolo tritato, 2 cucchiai di parmigiano grattugiato, 1 cucchiaio di mandorle e 1 di uvette ammollate, strizzate e tritate insieme, 1 pizzico di peperoncino in polvere, 1 pizzico di sale, 1 grattugiata di pepe e 2 cucchiai di olio.
Si mescola per miscelare bene il composto.
Si appoggiano i pomodorini asciugati con la carta da cucina su una teglia coperta di carta forno e si coprono con la miscela di pangrattato. Si distribuisce sopra un filo d’olio e si inforna a 200 gradi per una mezz’oretta.
Si lessano i fusilli o altra pasta a scelta, si scolano e si condiscono con sugo di pomodoro (quello cucinato con il basilico e la cipolla) olio e parmigiano, sopra si accomodano i pomodorini gratinati e si serve subito.

Ve l’ho detto, la farcitura è curiosa e sfiziosa, ha un sapore vagamente mediorientale per via delle uvette e delle mandorle e fa diventare un semplice piatto di pasta al pomodoro, una specialità da veri gourmet.

Piatto unico: riso e gamberi in barba a Donna Letizia

In generale, quando ero molto più giovane e facevo un invito a cena, mi ispiravo ai suggerimenti di quella straordinaria Donna Letizia* che scriveva sulle pagine di Grazia e rispondeva con eleganza e ironia ai quesiti delle nuove aspiranti “vere signore” nella sua rubrica.
Qualcuno di voi se la ricorderà. È stata un vero mentore per le giovani che muovevano i primi passi nel mondo del comportamento a tavola e nei rapporti sociali sia come ospiti che come anfitrioni.
Chiunque fosse in difficoltà nell’organizzare una cena o un cocktail (magico evento ormai in disuso) o nello scegliere l’abito adatto alla circostanza, poteva inoltre consultare il suo libro/manuale Il Saper Vivere.
E dunque forte di questi insegnamenti e dell’esperienza familiare, nei primi anni di matrimonio mi attenevo scrupolosamente alle regole di rigoroso bon ton dell’epoca e servivo a cena la perfetta sequenza delle portate come era suggerito… di più: imposto dalle consuetudini.
Per fortuna poi mi sono data una scrollata e più sicura, più matura, con una gran voglia di autonomia, un gran desiderio di sperimentare, di saperne di più, di sdoganarmi dal “vecchio stile” ho iniziato un percorso che pur nel rispetto delle buone maniere, riserva qualche gradevole sorpresa e consente vie più semplici e agevoli.
Per esempio ho cominciato ad adottare i Piatti unici anche in occasione di cene formali.
Lo so, sarei stata criticata pesantemente da Donna Letizia, ma me ne assumo la responsabilità e condivido con piacere questo splendido Riso e gamberi non convenzionale.

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Si fanno bollire in acqua salata 500 gr di riso Basmati, prima sciacquato e nel frattempo si prepara il sugo di gamberi.
Si sgusciano 1200 gr di code di gamberi, si eliminano i fili intestinali, si sciacquano e si asciugano.
Si tritano 100 gr di scalogni e si fanno imbiondire con 40 gr di burro.
Si aggiungono i gamberi, si sfumano con 1 bicchierino di cognac e 1/2 bicchiere di vino bianco in cui è stato sciolto 1 cucchiaio di curry. Si regolano di sale e pepe bianco, si insaporiscono con 1 pizzico di peperoncino in polvere e si cuociono rapidamente.
Quando sono dorati si aggiungono 250 ml di panna fresca e la buccia grattugiata di 1 limone. Si fa riprendere il bollore e il sugo ai gamberi è pronto.
Si scola il riso, si condisce con burro fuso, succo di limone, mandorle tritate e pepe alla creola, quello multicolore.
Si distribuisce sul piatto da portata e sopra si versa l’intingolo di gamberi coprendolo completamente.
Si serve caldissimo.

Come dicevo, questo è senza dubbio un piatto unico, ma elegante e saporito che non sfigura come portata principale dopo un ricco antipasto e prima di un goloso dessert, con buona pace di Donna Letizia.

* Donna Letizia era lo pseudonimo di Colette Rosselli, illustratrice, pittrice, scrittrice, laureata in Lingua e letteratura Francese, indiscussa e raffinata signora dei salotti romani, sposata con Indro Montanelli.

Crostata di mandorle e lamponi con crema frangipane

Dei pochi dolci che preparo credo che le crostate siano comunque quelli che faccio più spesso, in genere sono le classiche, con l’intreccio di pasta sopra la confettura scelta di volta in volta.
Sono adatte alla colazione e anche a un tè non impegnativo. Si presentano bene perché accavallo con molta grazia le strisce di pasta frolla sulla marmellata creando un intreccio regolare e piacevole.
Però, come sempre, ho bisogno di sperimentare qualcosa di nuovo e di diverso, anche se magari è passato più di un mese dall’ultima crostata!
Dunque oggi parliamo di questa, farcita con una golosa crema frangipane e la marmellata di lamponi. Sentirete che goduria.

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Si prepara una pasta frolla con 250 gr di farina, 120 gr di burro, 2 tuorli, 100 gr di zucchero, la buccia grattugiata di 1 limone e 1 pizzico di sale.
Si fa riposare in frigorifero e nel frattempo si prepara il ripieno.
Si mescolano con le fruste elettriche 120 gr di burro morbido con 100 gr di zucchero per ottenere un composto spumoso ed omogeneo.
Si aggiungono 150 gr di farina di mandorle e 2 uova intere e si continua a sbattere ancora qualche minuto.
Si fodera una tortiera imburrata con la pasta frolla tirata con il mattarello, si bucherella il fondo con una forchetta e si versa il composto preparato.
Si distribuiscono su tutta la superficie 200 gr di confettura di lamponi e si copre con 40 gr di mandorle a scaglie.
Si inforna a 200 gradi per circa 35 minuti, come sempre dipende dal forno.

Questo è un dolce davvero squisito, che si può servire anche come dessert a fine pasto perché è più raffinato di una classica crostata.
Volendo si possono fare anche delle tartellette monodose, più eleganti.

Torta di pistacchi e mandorle

La settimana scorsa siamo usciti a cena coi miei cognati per andare a mangiare la Paella de Marisco, che preferiamo a quella Valenciana mista, in un locale tipico che serve solo queste specialità della cucina spagnola, oltre alla sangria e ai caratteristici dessert come la crema Catalana, la tarta de Santiago, il Brazo de gitano e il Flan de naranja.
Come sempre la qualità e l’opulenza del piatto si sono rivelate all’altezza della notorietà che questo ristorante, appena fuori dal centro storico di Verona, si è guadagnato negli anni.
Magari della paella e di come la cucino io parliamo un’altra volta, perché oggi volevo invece darvi una dritta su come preparare una variante della torta di mandorle Galiziana che quella sera mi è piaciuta così tanto che ieri ho voluto assolutamente rifarla.
Come a volte succede però, mi mancava qualche ingrediente ma siccome dovevo assolutamente cimentarmi in un dolce, cosa che come è noto faccio piuttosto raramente, ho improvvisato una variante che è risultata straordinariamente ghiotta.
Non vi dirò cosa ho sostituito né cosa ho modificato, ma suggerisco di provare questa mia creazione senza pregiudizi e vedrete che la gusterete con molto piacere.

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Il metodo di preparazione di questo dolce morbido e profumato, è semplicissimo.
Per prima cosa si frullano insieme 150 gr di mandorle pelate con 100 gr di pistacchi e 30 gr di zucchero, che assorbirà l’olio della frutta secca.
Poi nel food processor si riuniscono 150 gr di farina 00, 120 gr di zucchero, 1 pizzico di sale, 1 bustina di lievito per dolci, 150 gr di burro sciolto, 4 uova intere, 1 bicchierino di rum e la farina di mandorle e pistacchi.
Si ottiene un impasto morbido e ben miscelato che si versa in uno stampo da plumcake foderato con due strisce di carta forno e si inforna a 180 gradi per almeno 50 minuti.
Si sforma dopo che si è raffreddato e si decora la superficie con una manciata di pistacchi tritati grossolanamente e leggermente caramellati a fuoco dolce con un cucchiaio di miele e uno spruzzo di rum.

Sgombrando la mente dall’idea di assaggiare un dolce spagnolo, gustare una fetta di questa torta di mandorle e pistacchi è una bellissima esperienza, che consiglio senz’altro di fare!

Apple pie… di pere

Non faccio tante torte, lo dico sempre, e quelle che faccio più spesso forse sono quelle senza lievito, ripiene di frutta: strudel, crostate o pies. Mi pare.
Dessert ne faccio, sì, ma per le classiche torte per la colazione, la merenda o il tè, per quelle difficilmente mi metto ad impastare.
Eppure mio marito mi dice che mi vengono così bene… ma lui è un goloso patologico che trova grande gratificazione in ogni tipo di dolcetto.
Comunque, nonostante più o meno le lavorazioni siano molto simili, le mie pie sono sempre diverse e sì, dai, piuttosto buone.
Come questa con le pere che avevo nel frigo per fare un’altra teglia di quelle al vino cotte al microonde (http://2015/04/08/pere-al-vino-con-gelato-alla-vaniglia/) e invece ho usato come ripieno.

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Preparo il guscio di pasta tagliando a pezzetti 150 gr di burro ben freddo in una ciotola con 250 gr di farina, aggiungo 1 cucchiaino raso da caffè di sale e un po’ alla volta circa 1 dl d’acqua fredda, impasto velocemente con la punta delle dita, faccio una palla e la metto in frigorifero avvolta nella pellicola.
Intanto sbuccio e affetto 1 kg di pere mature ma sode e le mescolo a 2 cucchiai di farina, 100 gr di zucchero di canna, 30 gr di burro fuso, 80 gr di gocce di cioccolato bianco, 30 gr di mandorle sgusciate a scaglie e la buccia grattugiata di 1 arancia.
Riprendo la pasta, la divido in due e ne stendo metà col mattarello. La piego in quattro per non romperla mentre la sollevo e la trasferisco nella tortiera imburrata e infarinata.
Bucherello il fondo e la riempio con il composto di pere.
Stendo l’altra metà e copro la tortiera premendo bene i bordi per far aderire i due dischi di pasta.
Pratico dei tagli sulla superficie per far uscire il vapore durante la cottura, spennello con il latte e inforno a 180° per circa un’ora.

È una variante molto golosa della classica Apple pie. Fidatevi di me, assaggiate anche questa: l’abbinamento di pere, cioccolato, arancia e mandorle è sempre una garanzia.

Crumble di pesche sciroppate

Negli anni in cui ho vissuto in campagna ho imparato a preparare le pesche sciroppate con un procedimento semplicissimo e una grande resa. In realtà ho sempre utilizzato le nettarine anziché le pesche non solo perché la loro polpa soda si presta meglio alla preparazione sotto sciroppo.
Dopo tanto tempo l’estate scorsa ci ho riprovato e dato che ne è avanzato un ultimo vaso, ho preparato un delizioso crumble che può essere anche un’idea di dessert per il pranzo di Pasqua, di cui parlo da un po’.
Domani vi do la ricetta delle pesche sciroppate, che vale la pena di tener presente perché sono semplicissime da preparare e deliziose.

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Sgocciolo 1 vaso da 1 litro di nettarine sciroppate tagliate a metà, le asciugo con la carta da cucina e le affetto.
Preparo una miscela con 100 gr di zucchero di canna, 120 gr di farina, 60 gr di burro fuso, 60 gr di amaretti pestati e 80 gr di mandorle tritate. Sbriciolo tutto con la punta delle dita.
Ungo di burro una pirofila, verso le nettarine affettate sul fondo e le cospargo con il crumble.
Inforno a 200° fino a che non si è formata una ricca crosticina dorata.

Facile no? Ed è un dessert delizioso.
E se non si ha a disposizione la frutta sciroppata fatta in casa, si può sempre ricorrere a quella di qualche buon marchio che si trova al Supermercato e il nostro Crumble di pesche sciroppate viene squisito comunque.

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La notte di Santa Lucia

Domani è Santa Lucia. È lei che porta i doni ai bambini Veronesi.
Santa Lucia, il suo asinello e l’aiutante Gastaldo avranno una notte impegnativa per poter riuscire a consegnare a tutti i bambini che hanno scritto per tempo una letterina, i doni che hanno chiesto.
Prima di andare a dormire quindi stasera le mamme Veronesi, aiutate dai loro bambini, lasceranno sul tavolo della cucina o sul davanzale della finestra: latte, biscotti, una carota oppure un pugno di sale, così potranno rifocillarsi e riposare un po’.
Domattina al loro posto ci saranno i doni (quelli in kit perfino già montati…) e i dolci tradizionali che il Gastaldo acquista ai “bancheti de la Bra”, le immancabili bancarelle che per tre giorni riempiono la Piazza Bra, per comporre il classico “piatto”.
In un “piatto” come si deve non possono mancare: mandorlato, frolline, torrone, cioccolatini e caramelle, mandorle zuccherate, croccante, datteri, fichi secchi, noci e mandarini.
Naturalmente le moderne composizioni possono variare, ma sono certa che nessuno mi smentirà se affermo che i fondamentali della base classica non possono che essere quelli che ho elencato.
Dalla notte dei tempi nel nostro “piatto” deve esserci soprattutto il croccante!

20141127-013037.jpgLa ricetta è facilissima, perfino banale e chi non può contare su Santa Lucia riuscirà a preparare da solo un eccezionale croccante alla vecchia maniera.

Si versano 300 gr di zucchero in una casseruola con il succo di 1 limone.
Si fa sciogliere a fuoco dolcissimo mescolando di tanto in tanto con una spatola di legno e quando è diventato di un bel colore ambrato, si aggiungono 300 gr di mandorle.
Si amalgamano bene e si prosegue la cottura mescolando continuamente.
Dapprincipio lo zucchero diventerà ancora bianco e granuloso, ma in breve si scioglierà di nuovo e tornerà a caramellarsi.
A questo punto si versa il composto su una teglia bassa coperta da carta forno oppure direttamente sulla tavola di marmo leggermente unta, come si faceva ai miei tempi!
Per livellare la superficie del croccante si strofina con 1/2 limone e finché è ancora caldo si taglia a quadrati o a rombi.
Si conserva bene in una scatola di latta.

Siccome c’è una filastrocca in vernacolo che recita: “Santa Lùssia vien de note, co le scarpe tute rote…”, quando ero bambina mettevo accanto al latte, i biscotti, il sale e la carota, anche le pantofole di mia mamma, così Santa Lucia poteva togliersi per un po’ le scarpe, che essendo tutte rotte, le dovevano fare male ai piedi.
Sono sempre stata una bambina esageratamente sensibile…

Terrina ricca di pollo

Ci sono alcune ricette che sono proprio adatte alle occasioni speciali, ad alcune circostanze particolari, alle Feste, alle cene formali e alle ricorrenze.
Secondo me le terrine, così come i paté fanno proprio parte di questi piatti speciali.
Sono uno dei miei cavalli di battaglia, lo sapete, e li servo abitualmente in occasione di cene importanti.
Trovano sempre un grande riscontro presso i miei ospiti, forse perché non fanno parte delle nostre abitudini conviviali italiane, ma si tratta di preparazioni così eleganti e saporite che piacciono e stuzzicano sempre.
Come in altre occasioni, la presentazione di questa Terrina di pollo è intrigante, mentre la preparazione è semplice e scegliendo l’opzione di utilizzare un pollo già cotto, anche relativamente veloce.
Tenetevi pronti che sto per svelarvi anche quest’altro segreto!

20140922-191454.jpgFodero con 150 gr di fettine di lardo una terrina di porcellana (una di quelle di cui ho parlato nel post “1 Marzo 1947/2014” acquistate a Saint Tropez), lasciandole debordare abbondantemente.
Prelevo da 1 pollo allo spiedo, comprato già cotto, i petti interi e li taglio a fettine, il resto lo disosso, lo frullo e lo verso in una ciotola.
Aggiungo 300 gr di salsiccia spellata e sgranata, 200 gr di macinato di maiale, 2 scalogni tritati, 2 uova, 50 gr di mandorle tritate, 2 cucchiai di prezzemolo e 1/2 bichiere di Marsala. Amalgamo tutto con una spatola.
Trasferisco un terzo del composto sul lardo, accomodo sopra metà delle fettine di petto di pollo, copro con un altro terzo di composto, appoggio le altre fettine e termino col rimanente composto.
Chiudo con il lardo, metto il coperchio e inforno a bagnomaria a 180° per un’ora e mezza. Poi lascio raffreddare e metto in frigorifero fino al giorno successivo.

Naturalmente se non avete una “terrina” (che come ho già detto in altra occasione, è il recipiente in porcellana da forno da cui prende il nome la preparazione), in alternativa potete utilizzare uno stampo da plumcake e infornarlo coperto con un foglio doppio di alluminio.
In questo caso il composto andrà sformato e affettato sul piatto da portata scelto.

“Uncategorized” dolce coi fichi

Credevo proprio che non ce ne fossero più e invece ieri, inaspettatamente, proprio sul bancone accanto a finferli e porcini, ce n’era una cassettina intera.
Di cosa? Di fichi: piccolini, sodi, alcuni con un accenno di goccia, irresistibili. Tanto che di slancio ne compro davvero tanti perché i fichi li adoro e li mangio anche col prosciutto o lo speck e coi formaggi erborinati, come piatto unico a pranzo e ormai se non faccio il pieno adesso…
Felice, una volta a casa comincio a sbucciarne uno perché un assaggio ci vuole e lo trovo se non proprio cattivo, assolutamente senza sapore.
Do comunque fiducia agli altri nel cestino e ne assaggio un secondo. Niente di che nemmeno questo. Peccato.
Sono troppo pochi per fare la mostarda o la marmellata e non ho liquori a sufficienza per metterli sotto spirito, ma così non vale proprio la pena di mangiarli.
Non ho tempo per fare un dolce da forno quindi se voglio servire un piccolo dessert a pranzo devo farmi venire un’idea. In fretta.
Nella credenza per fortuna ho sempre qualche dolcetto pronto.
Ho scovato una bella pastafrolla tonda, di quelle che vanno messe al centro della tavola, colpite col pugno e servite con un bicchierino di grappa, il tipico fiore all’occhiello della montagna Veronese, quella parte che fu abitata dai Cimbri dal 1200.
La conoscete?
Comunque meno male che ce l’avevo perché mi ha permesso di mettere insieme un dessert niente male, che non saprei se è giusto collocare tra le crostate.

20140927-182905.jpgHo spalmato di crema pasticcera (preparata con 1/2 litro di latte, 4 tuorli, 100 gr di zucchero, 40 gr di farina e 1 pizzico di sale) la base di pastafrolla, sopra ho accomodato i fichi, anche se erano così così, tagliati a spicchi.
Ho sciolto in un pentolino qualche cucchiaiata di confettura di pesche e 1 bicchierino di rum, l’ho passata al setaccio e ho spennellato con attenzione tutta la superficie dei fichi.
Ho finito cospargendo questo dolce improvvisato con una cucchiaiata di mandorle a scaglie tostate.

Nell’insieme il dolce è risultato delizioso e perfino i fichi hanno acquistato sapore grazie alla crema e alla base di eccellente frolla.
Naturalmente chi non abita nei dintorni di Verona, la pasta frolla se la può fare da solo, agli altri suggerisco quella del Forno Bonomi, che non ha eguali.