Facile: il dessert in cocotte

Avevo in freezer proprio un pezzetto piccolo di pastafrolla avanzata da una crostata di qualche tempo fa. Diciamo 120-150 gr, troppo poca per foderare una tortiera, dunque ho fatto delle cocottine. Veloci, semplici, golosissime.

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Non è il caso che vi ricordi come si prepara la pastafrolla, vero? Quindi passerei oltre.
Ho miscelato in un pentolino: 1 vasetto di confettura di lamponi con il succo di 1/2 limone, 2 cucchiai di maizena, 1 bicchierino di Marsala, 1 cucchiaio di zucchero e 50 gr di burro. Ho fatto addensare questa salsa a fiamma dolce e fuori dal fuoco ho aggiunto 2 cestini di lamponi mescolando delicatamente
Ho versato il composto in sei cocottine.
Con la pastafrolla ho creato la classica griglia per crostate e le ho delicatamente coperte sigillando la pasta ai bordi con il latte. Le ho spennellate, sempre con il latte, e ho infornato a 180 gradi per 15 minuti.
Al momento di sfornare, la griglia di pasta era dorata e fragrante.

È un dolcetto che si serve caldo, ma non ustionante ed è divertente presentarlo anche con una pallina di gelato alla vaniglia al centro che si scioglierà piano piano penetrando fino al ripieno.
La marmellata di lamponi può essere sostituita con altre di qualsiasi gusto, così come al posto dei lamponi si possono usare le fragoline di bosco o i mirtilli, ma a me questa volta è piaciuto creare una ricetta lineare, con sapori affini fra loro e la trovo anche piuttosto chic.

Savoiardi Home Made

Molti anni fa, negli anni Novanta, ho frequentato alcuni Corsi di Cucina.
Mi pare che almeno due fossero di Pasticceria, o forse tre, non ricordo, ma di sicuro uno era anche di solo cioccolato.
A questo mi ci aveva iscritto direttamente mio marito.
Una delle cose che ho imparato è stato fare i savoiardi, che servono anche come base per molte altre ricette dolci.
Oggi dunque trascrivo la ricetta di questi biscotti antiquati e straordinari, che mi fanno venire in mente un salotto un po’ soffocante troppo pieno di mobili, un sofà damascato, tavolini coperti da tovagliette con le nappine, tazzine su vassoi di silver plated, l’acqua fresca nella caraffa e non in bottiglia e piatti decorati con delicati tralci di rose. La casa di mia nonna Emma a Garda insomma, quando ero bambina.
Lei mi offriva sempre a merenda i savoiardi che cucinava personalmente, biscottoni friabili adatti ad essere intinti nel latte o nel tè.
Gli stessi con cui preparava la sua leggendaria Zuppa Inglese (https://silvarigobello.com/2014/09/25/la-vera-zuppa-inglese-secondo-mia-nonna/).
Mi dispiace che non mi abbia lasciato la ricetta, ma grazie ai Corsi di Cucina che dicevo, ho comunque imparato a farli anch’io e anche ad abbinarli al cioccolato.

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Si lavorano con le fruste elettriche 6 tuorli con 150 gr di zucchero e 1 cucchiaio di estratto di vaniglia.
Quando il composto è gonfio e spumoso si aggiungono 150 gr di farina setacciata e si mescola con una spatola.
Si montano a neve ferma i sei albumi con 1 pizzico di sale e si incorporano delicatamente al composto, che con una sac-à-poche a bocchetta liscia, si distribuisce sulla placca del forno imburrata e spolverizzata di zucchero a velo, distanziando bene i biscotti, che in cottura aumenteranno di volume.
Si infornano a 180 gradi per 15-20 minuti: i savoiardi devono restare chiari e non asciugare troppo.

Si possono servire con il caffè oppure utilizzarli per uno dei dolci al cucchiaio che ne richiedano l’uso come la zuppa inglese o il tiramisù, oppure per il più goloso dei dolci al cioccolato: lo scrigno di savoiardi.
Prometto che ve ne parlo!

Pie ai frutti di bosco

Questa è la stagione perfetta per le gite in battello.
Prima di chiudere la casa del lago, raggiungiamo almeno una volta Riva del Garda in battello, partendo da Salò ed è un’esperienza bellissima.

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Navigare sul lago a noi piace molto, ma non sempre ci prendiamo tutta la giornata per questo tipo di svago.
Non abbiamo una barca ma ogni tanto andiamo a mangiare un gelato o a bere il caffè attraversando il lago.
Dunque, lasciamo l’auto a Desenzano e prendiamo l’aliscafo per Sirmione: è un modo molto più agevole e affascinante di raggiungere questa storica, splendida località anziché viaggiare sulla provinciale.
Ma tornando a Riva del Garda, gita che richiede tutta la giornata, nonostante si affacci sull’acqua come i nostri paesi della sponda Veronese e Bresciana, è inconfondibilmente una cittadina pedemontana, con caratteristiche architettoniche e gastronomiche tipicamente trentine.

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Si mangiano gelati e dolci favolosi nelle pasticcerie della piazza principale e adesso si possono acquistare funghi freschissimi e frutti di bosco dolci e saporiti in vecchie botteghe delle suggestive stradine interne.
Se ne comprate tanti, potreste fare anche voi, una volta a casa, questa magnifica pie: un vero trionfo di sapori.

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Nel vaso del food processor si versano 300 gr di farina 00, 120 gr di burro molto freddo a pezzettini, 2 cucchiai di zucchero a velo, 2 cucchiai di aceto di mele, 100 ml di latte e una bella presa di sale.
Si frulla fino a che le briciole che si formano per prime non accennano a diventare una palla.
Si toglie l’impasto dal vaso e si fa riposare in frigorifero avvolto nella pellicola: si deve intravedere ancora il burro.
Nel frattempo si fanno saltare in padella 300 gr di frutti di bosco (lamponi, mirtilli e more) con 50 gr di zucchero di canna e il succo di 1/2 limone.
Si aggiungono 2 cucchiai di maizena miscelati a 2 cucchiai di sciroppo di granatina, si toglie il tegame dal fuoco e si fa intiepidire.
Si riprende la pasta, si divide in due e si stende col mattarello senza manipolarla troppo. Con metà si fodera una tortiera ben imburrata, si punzecchia il fondo e si versa il composto di frutti di bosco.
Si copre con l’altra metà e si sigillano bene i bordi aiutandosi con una forchetta.
Si spennella tutta la superficie con il latte e si spargono sopra 75 gr di zucchero semolato.
Si inforna a 180 gradi per 40-45 minuti e si sforma solo quando si è raffreddata.

Ho già utilizzato questa pasta con l’aggiunta di latte e aceto di mele soprattutto per le crostate, ma devo dire che è perfetta anche per questa pie.

La fougasse

Adoro la cucina francese.
Sarà per via di quella parentela a cui ho già accennato, o delle frequentazioni durante gli anni vissuti in campagna, oppure del fatto che la cucina francese è davvero eccellente, fatto sta che quando ho la fortuna di trascorrere qualche giorno oltre confine, mi diverto a sperimentare sempre qualche nuovo piatto e a portarmi a casa la relativa ricetta.
Nella scelta di come nutrirmi in Costa Azzurra, per esempio, sono molto democratica: ceno con gioia in ristoranti prestigiosi e pranzo con altrettanto entusiasmo con un’insalata o un “pan bagnat” in localini semplici consigliatimi da chi vive lì.
La “fougasse garni” è una rustica scoperta piuttosto recente e non potevo resistere oltre senza condividerla.

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Si soffriggono con una noce di burro 2 cipolle bianche tritate, si sala appena e quando si sono imbiondite, si aggiungono 3 salsicce (tipo luganiche, trevigiane o mantovane) private della pelle e tagliate a rondelle.
Si lasciano insaporire e si completa la cottura unendo 2 foglie di salvia tritate.
Si fanno intiepidire e si tengono da parte.
Si tagliano a cubetti 2 pomodori ramati privati dei semi e della pelle
Si setacciano 350 gr di farina, si fa la fontana, si aggiungono un pizzico di sale, 2 cucchiai di olio, 1 bustina di lievito di birra liofilizzato e qualche cucchiaiata di acqua tiepida, da aggiungere poca per volta per ottenere un impasto elastico e omogeneo.
Si lavora a lungo, poi si stende la pasta con il mattarello dandole una forma tonda. Deve essere alta circa 1/2 cm.
Se ne copre metà con il composto di cipolle e salsicce, lasciando libera l’altra metà e un bordo di un paio di centimetri.
Si cosparge col pomodoro a cubetti e si dividono sopra a ciuffetti 2 cilindretti di formaggio caprino.
Si sala e si insaporisce con una macinata di pepe. Si completa con una cucchiaiata di olive nere tagliate a metà e denocciolate e si copre con l’altra metà del disco di pasta.
Prima di quest’ultima operazione si praticano dei tagli simmetrici in diagonale per far uscire il vapore in cottura (che rappresentano la caratteristica della fougasse) e poi si sigillano i bordi della “mezzaluna” che nella forma ricorda un maxi panzerotto.
Si spennella d’olio, si cosparge di aghi di rosmarino e si spolverizza con una cucchiaiata di parmigiano grattugiato.
Si inforna a 160 gradi per circa mezz’ora e la fougasse è pronta per essere assaggiata.

Questa è la versione “garni” mentre quella semplice, senza il ripieno, che si acquista dal fornaio, ha la forma di una foglia di filodendro e si mette in tavola con il pane.

Sogliola impanata

La cotoletta rappresenta per la nostra famiglia un vero comfort food.
Sarà per la presenza dell’uovo e del suo inconscio significato ancestrale, sarà per la panatura che racchiude qualcosa che può sorprendere nel momento in cui si morde, oppure sarà che, senza stare a raccontarci tante storie, la cotoletta è sempre gradita perché è buona, croccante, saporita e sa proprio di casa.

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Questa volta ho impanato e fritto i filetti di sogliola (ma si può usare anche la platessa), che nelle intenzioni dovevano essere invece cucinati alla mugnaia, ma così abbiamo pranzato con molta più soddisfazione.
I passaggi sono sempre quelli, si potrebbero veramente fare ad occhi chiusi: farina, uovo sbattuto con un cucchiaio di latte, pangrattato, uovo e latte, pangrattato.
La doppia panatura garantisce una doppia croccantezza!
Forse l’unica variante questa volta è l’aggiunta di buccia grattugiata di limone ed erba cipollina tritata finissima nella panatura.
Naturalmente, nostro malgrado, le cotolette vanno fritte nel burro spumeggiante.
Si portano in tavola dopo a averle leggermente tamponate con la carta da cucina, salate, pepate, cosparse di erba cipollina tagliuzzata e decorate con fettine di limone.

… ma è tutta scena: le cotolette sono buone sempre, anche senza decorazioni!

Torta con tre diversi tipi di noci

La torta con le noci è un dolce molto popolare in America, o meglio lo è nella versione con le noci Pecan, magari con il ripieno arricchito dal cioccolato. Ne parlo anche nel mio libro U.S.A. e Jet, aggiungendo la ricetta. L’avete letta?
L’unica volta in cui sono andata alle Hawaii, l’ho mangiata anche col ripieno di noci macadamia, che crescono solo lì e in Polinesia: straordinaria!
Questa volta ho invece aggiunto alla ricetta originale altri due tipi di noci e garantisco che il risultato è una vera favola.

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Preparo il guscio di pasta inserendo nel food processor 220 gr di farina, 120 gr di burro, 1 uovo, 60 gr di zucchero semolato e 1 pizzico di sale.
Quando fa la palla recupero l’impasto, lo stendo sottile con il mattarello e fodero una tortiera ben imburrata.
La metto nel freezer per almeno 20 minuti. Quando la recupero bucherello il fondo e inforno a 200 gradi per 10 minuti, la sforno e la faccio raffreddare.
Nel frattempo spezzetto 70 gr di gherigli di noci di Sorrento e 70 gr di noci Pecan, affetto con un coltello robusto 70 gr di noci brasiliane e le metto in forno per qualche minuto, appoggiate su un foglio di carta forno. Non devono scurire ma solo asciugarsi tostandosi leggermente.
Riunisco in un pentolino 100 gr di zucchero scuro di canna, 1 cucchiaino di estratto di vaniglia, 50 gr di burro, 200 ml di sciroppo d’acero e scaldo tutto a fuoco basso finché il burro non è fuso e lo zucchero completamente sciolto.
Verso questo composto in una ciotola, lo lascio intiepidire.
Poi unisco 3 uova grandi, una alla volta, 1 pizzico di sale, 2 cucchiai di rum e 1 cucchiaino di estratto di vaniglia.
Aggiungo tutte le noci, mescolo e riempio il guscio di pasta semi cotto. Le noci verranno tutte a galla. Niente panico, va bene così.
Inforno di nuovo a 160 gradi per circa 50 minuti.
Se scurisce troppo, copro la torta con un foglio di alluminio e finisco la cottura.
La sforno, la lascio raffreddare completamente e per sformarla passo la lama di un coltello tutto intorno e la sollevo con delicatezza aiutandomi con una larga spatola.

Come dicevo, la ricetta che sta all’origine di questo dolce prevede l’utilizzo delle noci macadamia, che io ho sostituito con quelle brasiliane perché sono molto più facili da reperire.

Petti di pollo in salsa alla paprika

Il petto di pollo è il taglio di carne più versatile che mi venga in mente.
Infatti è elegante, neutro a sufficienza per essere abbinato a moltissimi ingredienti, facilissimo da reperire, relativamente economico e senza scarti. Non è granché saporito, d’accordo, ma per quello ci siamo noi!
Sia le ricette regionali, che quelle di famiglia, internazionali, di grandi chef o di pura fantasia a base di petto di pollo sono infinite e suscettibili di molte varianti.
Lo so, in genere finisce che facciamo sempre gli stessi piatti, per pigrizia, per abitudine o per tranquillità, ma variare un po’ i menù di casa serve anche a vivacizzare i pasti, a mostrare la nostra creatività e a divertirsi un po’.
Un esempio può essere questa ricetta dove il “solito” petto di pollo diventa insolito perché è arricchito da una densa e invitante salsa alla paprika. A me ricorda certi piatti che si possono ordinare un po’ in tutta l’Europa dell’Est e infatti questa ricetta specifica arriva più o meno da una delle isole della Croazia.

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Si inizia arrostendo 2 peperoni rossi, privandoli dei semi e della buccia e mettendoli da parte.
Si condiscono con sale, pepe, 1 pizzico di peperoncino e 1 cucchiaio di paprika dolce circa 600 gr di petto di pollo fatto tagliare dal macellaio a fette non troppo sottili.
Si infarinano leggermente e si fanno rosolare in un tegame con olio e burro.
Quando sono ben dorate si tolgono e si tengono al caldo avvolte in un doppio foglio di alluminio.
Al loro fondo di cottura di aggiungono 1 spicchio d’aglio, 2 scalogni tritati e 2 cipolle dorate affettate molto sottili.
Si fanno stufare per una decina di minuti a fuoco dolce poi si uniscono 1 cucchiaino di semi di cumino in polvere, 2 cucchiai di paprika dolce, 2 pomodori pelati e privati dei semi a cubetti, 1 cucchiaio di concentrato di pomodoro, 1 foglia di alloro, timo e maggiorana tritati.
Si sala appena, si sfuma con 1 bicchiere di vino bianco.
Si aggiungono 2 mestoli di brodo e si porta a ebollizione.
Si rimettono nel tegame i petti di pollo e si cuociono a fuoco dolce per almeno altri 20 minuti, mescolando ogni tanto.
Si versa una confezione di panna da cucina e si prosegue la cottura per un’altra decina di minuti: il pollo deve risultare morbido.
Si sgocciola dalla salsa, si trasferisce sul piatto da portata e si aggiunge al sugo circa metà dei peperoni arrostiti, si frulla con il minipimer, si completa con il secondo peperone tagliato a cubetti e 1 cucchiaio di prezzemolo tritato, si aggiusta eventualmente di sale e si versa sul pollo.
Questo succulentissimo petto di pollo si serve con il riso, ma è perfetto anche con il purè o le patate bollite.

La mia prozia Albina, a cui dobbiamo questa ricetta, era vissuta per diversi anni sull’isola di Cherso, che fino al 1947 era italiana, come la vicina Istria, e che ora fa parte della Croazia.
Quando era tornata in Italia si era riportata a casa questa ricetta che ha condiviso con le sorelle e così è arrivata fino a me, insieme a quella dei “Subioti” (che in dialetto veneto significa “maccheroni”) di Cherso, ma di questi magari parliamo un’altra volta.

Torta “svizzera” cioccolato e pistacchio

Questa è la ricetta di una torta farcita senza tempo e senza stagione.
L’origine è inconfondibilmente siciliana comunque, ma è talmente, assolutamente divina da essere diventata internazionale!! L’ho infatti assaggiata la prima volta ad una festa ai piedi dell’Etna e ritrovata con sorpresa e gioia in Svizzera.
Molti anni fa un amico catanese ci aveva accompagnati alla festa di San Rocco di Linguaglossa, dove sotto l’albero della cuccagna abbiamo assistito alla corsa con i sacchi e a molti altri giochi popolari, come se il tempo si fosse fermato qualche secolo indietro.
Abbiamo mangiato il falsomagro al sugo e insieme ai mastazzoli una fetta di incredibile torta al pistacchio, che nonostante le molte altre vacanze in Sicilia, non avevo più avuto occasione di gustare.
Molti anni dopo in occasione di una delle visite annuali per gli acquisti del negozio al Salon International de la Haute Horlogerie di Ginevra, mentre bevevo un delizioso café viennois ho riconosciuto, nella vetrina davanti al banco della pasticceria, la stessa torta di Linguaglossa.
È stato un po’ come partecipare a “Carramba che sorpresa” perché ho parlato con il proprietario e lui mi ha fatto conoscere suo padre, per scoprire che la famiglia era originaria di Zafferana Etnea e aveva portato in Svizzera molte delle deliziose tradizioni siciliane in fatto di dolci. Pensate che nonostante vivessero nel Paese del cioccolato, quello per i loro dolci se lo facevano mandare da Modica.
Incredibilmente, la ricetta l’ho rubata lì.

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Si prepara il guscio esterno del dolce con 250 gr di burro a temperatura ambiente, 175 gr di zucchero, 2 uova intere, 50 gr di farina di mandorle, 30 gr di cacao amaro, 350 gr di farina setacciata, 1 pizzico di sale.
Si impasta velocemente, si avvolge nella pellicola e si mette in frigorifero per almeno mezz’ora.
Intanto si prepara la crema al pistacchio per farcire la torta. Si può utilizzare il food processor inserendo nel vaso 150 gr di burro morbido, 150 gr di zucchero, 4 uova, 150 gr di farina di mandorle, 75 gr di pasta di pistacchio (oppure 100 gr di pistacchi pelati leggermente tostati in forno e tritati) e 30 gr di farina 00.
Si frulla finché il composto non diventa uniforme e omogeneo.
Si preleva la pasta al cacao dal frigorifero, si divide in due e con un po’ più di metà si fodera una tortiera, bordo compreso, leggermente imburrata.
Si bucherella con una forchetta e si farcisce con la crema al pistacchio.
Si stende con il mattarello l’altra metà scarsa di pasta e si copre la torta sigillando bene i bordi.
Si inforna a 180 gradi per 30 minuti, poi si abbassa a 160 gradi e si prosegue la cottura per altri 15 minuti.
Mentre cuoce, si prepara una golosa copertura setacciando in un pentolino 100 gr di confettura di lamponi per eliminare i fastidiosi semini, e si scioglie a fuoco dolce con 1 bicchierino di rum e una tavoletta di cioccolato fondente da 50 gr grattugiata.
Quando si sforna, mentre è ancora calda, si spennella la torta con lo sciroppo di confettura, cioccolato e rum e si copre tutta la superficie con granella di mandorle e pistacchi tostati.

È un dolce irresistibile: morbido, burroso, con una piacevole consistenza data dal ripieno e una golosa copertura al cioccolato.
Non posso dire che quello mangiato in Sicilia fosse uguale a quello di Ginevra, ma erano entrambi notevoli… come il mio!

Lemon bars: burrosi biscotti al limone

Csaba dalla Zorza, esile e perfetta padrona di casa, anzi di casale in Toscana, esperta di cucina e di bon ton, fa dei dolci veramente deliziosi.
È da un pezzo ormai che l’ho persa di vista, ma per anni ho seguito con molto interesse i suoi programmi, anche dopo la migrazione da un Net Work ad un altro. Anzi, se qualcuno potesse indicarmi se e dove è al momento raggiungibile (via cavo, ovviamente) gliene sarò molto grata. Ho infatti esaurito ormai tutte quelle ricette che mi sembravano interessanti e mi piacerebbe sapere se si è rinnovata o è rimasta fedele alle sue/mie Pavlove (silvarigobello.com/2014/04/07/le-pavlove-dolci-gusci-di-puro-piacere) e poco altro.
I Lemon Bars, per esempio, sono un altro dei suoi cavalli di battaglia, ma mentre delle Pavlove abbiamo parlato in più occasioni, per me questi eleganti biscottini al limone sono una piacevolissima novità.

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Naturalmente li ho rivisitati un po’, ma ognuno è libero di adottare una propria versione, basta che segua almeno la traccia originale.
La signora dalla Zorza utilizza come base una prelibata pasta frolla veramente voluttuosa, nonostante l’ulteriore corposa crema di copertura: il risultato non sarà light, ma l’esperienza straordinariamente golosa e gioiosa.

Per la base utilizzo per comodità il food processor: verso nel vaso 280 gr di farina 00, 100 gr di zucchero, 220 gr di burro morbido, 1 uovo intero e 1 pizzico di sale.
Frullo finché l’impasto non diventa una palla, lo prelevo, lo avvolgo nella pellicola e lo lascio riposare in frigorifero.
Dopo una mezz’oretta lo impasto velocemente e lo stendo in una teglia quadrata o rettangolare foderata di carta forno imburrata.
Lo punzecchio con una forchetta, lo copro con un foglio di alluminio e i soliti fagioli secchi.
Inforno a 180 gradi per 20 minuti
Nel frattempo preparo la crema al limone di copertura.
Sbatto con le fruste elettriche 6 tuorli, 300 gr di zucchero semolato, la scorza grattugiata di 1 grosso limone bio, 200 ml di succo di limone e 140 gr di farina setacciata.
Tolgo dal forno la pasta frolla, che deve risultare leggermente dorata, la libero dai fagioli e dall’alluminio e la lascio raffreddare.
Poi verso la crema sulla base, livellandola con una spatola e inforno di nuovo per altri 30-35 minuti, fino a quando il ripieno si sarà rappreso.
La sforno, la sformo aiutandomi con la carta forno e la faccio intiepidire su una griglia.
Quando si è completamente raffreddata, la taglio a quadrati (o a rettangoli) e li cospargo di zucchero a velo.

Sono biscotti squisiti ed eleganti, si possono preparare anche con la pasta brisè, ma con la frolla sono veramente goderecci.

Parfait al Grand Marnier: un semifreddo profumato di liquore all’arancia

Il popolo Francese ostenta da secoli un vero o presunto motivo di orgoglio in molti campi, la politica, la moda, la gastronomia, che viene genericamente definito grandeur.
La grandeur francese si concretizza anche nei termini identificativi di alcuni piatti.
Per esempio il semifreddo in Francia lo chiamano “parfait”, perfetto. Ho reso l’idea?
Sfidando la permanenza sul fornello insieme al pentolino dove doveva sobbollire la crema, ho preparato un Parfait al Grand Marnier che alla fine si è fatto perdonare la sofferenza sopportata nonostante il grande caldo, non siete d’accordo?
C’è chi non ha resistito all’assaggio prima che fosse scattata la fotografia…

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Si montano 500 ml di panna non troppo ferma e si conserva in frigorifero.
Si prepara nel solito modo una crema pasticciera usando 2 tuorli, 300 ml di latte, 30 gr di farina, 100 gr di zucchero, 1 bacca di vaniglia fatta bollire insieme al latte e poi recuperata e 1 pizzico di sale.
Quando la crema è pronta, fuori dal fuoco si aggiungono 2 bicchierini di Grand Marnier e si fa raffreddare con la pellicola a contatto della superficie, ma fuori dal frigo perché non si rassodi troppo.
Si incorpora delicatamente la panna montata, prima un paio di cucchiaiate mescolando normalmente per rendere la crema più soffice e poi il resto con il solito movimento delicato dal basso in alto.
Si versa il composto in uno stampo e si conserva in freezer per almeno 6/8 ore.
L’aggiunta dei frutti di bosco ha uno scopo puramente decorativo.

Si può servire anche a cucchiaiate, come se fosse un normale semifreddo, tipo il mio al limone (silvarigobello.com/2013/06/03/semifreddo-al-limone/) irrorato da un bicchierino supplementare di Grand Marnier.

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Naturalmente se si difetta di Grand Marnier, in sostituzione si può usare il Cointreau e perfino il Curaçao se si ama il suo sapore lievemente più amaro.