Spaghetti con sugo di pesce (di recupero)

Quando cucino i filetti di pesce (orata, branzino, merluzzo o cernia) “alla Mediterranea”, cioè semplici e piccantini con pomodori ed erbe, ne preparo sempre ben più delle due porzioni canoniche previste per una coppia che si siede a tavola mediamente affamata.
In famiglia nessuno ama mangiare il giorno dopo quello che è avanzato, così ormai ho acquisito una certa abilità nel camuffare i piatti che ripongo in frigo coperti di pellicola o sistemati nei contenitori a chiusura ermetica tipo Tupperware per riproporli il giorno successivo.
Dunque non faccio altro che scaldare i filetti di pesce cucinati in più e sminuzzarli con con la forchetta, poi con qualche piccola aggiunta, condisco un paio di porzioni di spaghetti.

20140628-011722.jpgFaccio tostare in una padella antiaderente 1 cucchiaio di pangrattato. Fuori dal fuoco aggiungo un cucchiaino di farina di mandorle e uno di parmigiano grattugiato.
Lesso al dente gli spaghetti, li verso nella padella con il sugo di pesce, li faccio brevemente saltare, li cospargo con la miscela di pangrattato, mandorle e parmigiano, li spolverizzo di prezzemolo tritato, li divido in due piatti e li condisco con un giro d’olio crudo.

È un “recupero” intelligente e saporito e se non lo raccontate in giro, pare che il sugo lo abbiate preparato al momento, proprio per il pranzo.

Pane all’aglio

Ho visto qualche tempo fa il delizioso pancarrè di Imma (immacucina.wordpress.com) che mi ha ricordato il favoloso pane all’aglio che mangio quando sono in vacanza negli Stati Uniti, che ho scoperto in uno dei ristoranti della catena Sizzler.
In America il pane in genere si paga a parte, è considerato infatti un contorno: normalmente la portata principale che si sceglie, di carne o di pesce, è sempre accompagnata da riso o patate, che lo sostituiscono.
In generale, ordinare un pasto negli Stati Uniti è una faccenda piuttosto complicata, che segue regole di ferro difficilissime da aggirare.
Solo nei Fast food è relativamente semplice perché si sceglie dai cartelli appesi alle spalle delle cassiere come qui in quei McDonald’s e Burger King che sono approdati anche nelle città della Pianura Padana, ma bisogna essere veloci perché gli Americani non sono un popolo paziente.
Se non ci si sbriga ad ordinare infatti, chi è in coda comincerà a rumoreggiare e la cassiera ad irritarsi. Un giorno magari vi racconto l’esperienza tipo che si vive ordinando il pranzo in un Family Restaurant, che è l’equivalente delle nostre trattorie. Riderete di sicuro e vi servirà come conoscenza acquisita di cui fare tesoro durante il vostro prossimo viaggio negli Stati Uniti.

20140720-183230.jpgSi pelano 2 spicchi d’aglio, si privano del germoglio interno e si riducono a crema.
Si fanno fondere 100 gr di burro a fiamma bassa senza farlo imbiondire.
Fuori dal fuoco si aggiungono l’aglio, 1 cucchiaino di origano secco, 1 cucchiaino di prezzemolo tritato e 4 cucchiai di parmigiano grattugiato.
Si taglia a fette una forma di pane a cassetta (comprato come faccio io o preparato in casa come fanno molte di voi), si ricompone il filone sulla placca del forno e si cosparge col burro fuso aromatizzato, facendolo colare negli spazi fra le fette.
Si inforna qualche minuto sotto il grill fino a che assume una bella colorazione dorata e poi si porta in tavola, preceduto dal suo aroma inconfondibile.

Io trovo il pane all’aglio fantastico: profumato, caldo, croccante, in grado di valorizzare della semplice carne ai ferri, per esempio, o un banalissimo pesce al vapore.
Un’unica esortazione: non mangiatelo da soli ma dividetelo col partner o astenetevene in caso abbiate in previsione un incontro galante… l’aglio non perdona!

Tronchetti al salmone

Ieri vi ho suggerito una delicata mousse di zucchine e gamberi, ma siccome non resisto a non coccolare i miei ospiti, naturalmente oltre a questi eleganti bicchieri, ogni volta i miei antipasti prevedono almeno altri due diversi tipi di assaggio, come vi ho mostrato per esempio il 29 marzo con il post sugli “Antipastini di pesce” e anche il 5 maggio con le “Uova sode e non solo”.
Gli antipasti sono un modo raffinato per accennare con gusto a quello che gli ospiti si possono aspettare dalla cena e secondo me vanno curati con attenzione.
Questo non significa che per presentare due o tre assaggi differenti ci si debba mettere un sacco di tempo, a volte è sufficiente un po’ di fantasia come per questi freschi e simpatici Tronchetti al salmone, che si preparano veramente in due minuti.

20140806-192011.jpgBastano 1-2 buste di salmone affumicato già affettato e un paio di confezioni di cilindretti di formaggio caprino fresco più qualche rametto di aneto, in mancanza del quale può andare bene anche la barba del finocchio oppure il timo.
Basta arrotolare le fettine di salmone intorno ai cilindri di caprino, sigillarli nella pellicola e riporli in frigorifero.
Quando sono ben freddi e compatti infatti sono più facili da affettare in modo regolare.
Dunque per servirli basta tagliarli a tronchetti di circa 3 cm e decorarli con l’aneto.

Tutto qua, ma pensateli accanto ai bicchierini di ieri con magari un’altra idea gustosa nel piatto…
Facciamo un gioco? Perché non me lo suggerite voi un terzo componente?

L’antipasto nei bicchierini

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Sì, è un antipasto davvero simpatico, perché nonostante la presentazione sia scenografica, questo piatto, anzi bicchiere, è facile, veloce e tutto sommato anche piuttosto economico.
Chi l’avrebbe mai detto, eh?!
Dunque, quando voglio cominciare una cena estiva in maniera elegante e moderna, preparo questa mousse di zucchine e code di gambero e la servo nei bicchierini, fredda e squisita.
A noi piace molto e se avete voglia di provarla, vi dico subito come la preparo.

Faccio imbiondire un paio di scalogni tritati con 1 cucchiaio di olio.
Affetto 300 gr di zucchine e le faccio appassire con lo scalogno. Salo, pepo, le lascio intiepidire e le frullo con 1 cucchiaio di prezzemolo tritato e 200 gr di robiola.
Cuocio a vapore 6-8 code di gambero, le sguscio lasciando però le codine che sono decorative.
Faccio un’emulsione con 2 cucchiai di succo di limone, 1 pizzico di sale, pepe nero appena macinato, 1 cucchiaio di olio e metto in infusione le code di gambero.
Divido la mousse nei bicchierini, decoro con 1 gambero, 1 fettina di limone e qualche filo di erba cipollina.

Non occorre dirlo, ma sono adattissimi anche a un tavolo da buffet perché il cibo nei bicchieri è elegante e bello da vedere.

Semifreddo all’ananas

Nei giorni scorsi ho parlato con qualcuno del semifreddo all’ananas… ma non ricordo né con chi, né in che occasione.
Ho ripensato all’unico viaggio che ho fatto alle Hawaii, quando siamo partiti in 13 il 17 di giugno e per fortuna nessuno era superstizioso: tre coppie con sei bambini vagamente coetanei e una nonna (la mia mamma) che in quell’occasione ha ricevuto il battesimo del volo.
Sembravamo un po’ l’Armata Brancaleone, lo ammetto, ma è stato il primo viaggio fin quasi agli antipodi ed è difficile da dimenticare: una meta esotica e lontana, l’emozione di scoprire culture e profumi sconosciuti, panorami mozzafiato, abiti ricchi di colore, sapori inusuali, danze armoniose, surfisti a cavallo delle onde dell’Oceano, il calore della gente che parla una lingua musicale usando parole come aloha, mahalo, hula, ohana, lei, luao…
E proprio in occasione di un “luao” sulla spiaggia di Kanapaali, sull’isola di Maui, dopo maialino arrosto, patate dolci, riso fritto, piatti a base di aragosta, cocco e avocado, ci hanno servito un semifreddo all’ananas.
Ne parlavo con qualcuno di voi? O ero dal parrucchiere?
Comunque, dato che mi è tornato in mente, ho fatto questo delizioso semifreddo che delle Hawaii ha il profumo e il sapore, anche se va preparato con l’ananas in scatola, quello sciroppato, che è molto più comodo da usare, in questo caso, rispetto a quello fresco.
Ve lo propongo volentieri, dato che è un dessert semplice ma di effetto, di quelli insomma che fanno fare bella figura con poca fatica.
È sempre utile, trovo, conoscere una ricetta in più di questo tipo, da tirare fuori quando occorre.

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Per prima cosa ho frullato circa 300 gr di fette di ananas sciroppato sgocciolate e ben asciugate.
Ho montato con le fruste elettriche 500 ml di panna fresca con 1 cucchiaio di zucchero a velo e l’ho unita a 100 ml di succo di ananas, 50 ml di succo di limone e 1 bicchierino di rum*.
Ho amalgamato tutto sempre con le fruste, aggiunto la polpa frullata dell’ananas e ho semplicemente versato il composto in un contenitore con chiusura ermetica che ho riposto in freezer per 4-6 ore almeno.
Ormai sapete che questo tipo di preparazioni si può estrarre dal contenitore con facilità quando è il momento, usando un semplice cucchiaio o l’utensile apposito per fare le palline di gelato.
Questo dipende da quante cianfrusaglie avete nel tempo acquistato per utilizzarle poi magari piuttosto raramente…
In questo caso è vitale però l’uso dell’attrezzo che consente di ottenere delle palline da posizionare sulle fette di ananas e poi servirle con un un bicchierino di Batida de Coco, antiquata e un po’ fuori moda, ma comunque perfetta per accompagnare questo semifreddo.

*Se non avete in casa il rum, va bene anche un bicchierino di Limoncello o Grand Marnier o nessun liquore se siete astemi o prevedete di farlo assaggiare anche ai bambini.

Paccheri ai tre sapori

E i tre sapori sono: tonno, melanzane e pomodoro, che insieme stanno benissimo.
È un abbinamento che ho già più volte sperimentato e di cui abbiamo anche parlato lo scorso 21 ottobre. Stavolta però il tonno è in scatola.
Questa ricetta all’inizio potrebbe far pensare ad una derivazione della solita, squisita, sfruttata Pasta alla Norma, rivista e arricchita, perché in cucina io tolgo, aggiungo, modifico e completo, lo sapete, ma è decisamente differente.
Ho usato i paccheri perché per me significano vacanza, estate, sud assolato, voglia di sapori intensi, nonostante questa infame stagione che ci sta assillando. Come cantava Fred Bongusto? E la chiamano estate…

20140731-005433.jpgIn una padella bella larga faccio imbiondire con l’olio, 2 spicchi d’aglio. Li tolgo appena prendono colore e friggo 2 melanzane, quelle lunghe, a dadini.
Le scolo e le salo.
Pulisco la padella con la carta Scottex e faccio appassire 2 pomodori ramati sbucciati, privati dei semi e tagliati a cubetti in poco olio fresco, salo, insaporisco con una macinata di pepe e quando il sugo si è un po’ ristretto aggiungo 2 scatolette di tonno sott’olio sgocciolato.
Lo faccio insaporire e dopo qualche minuto unisco le melanzane, fritte in precedenza, per farle scaldare.
Nel frattempo ovviamente ho fatto lessare i paccheri. Li scolo al dente e li verso nella padella.
Aggiungo 1-2 cucchiaiate di acqua di cottura della pasta e amalgamo bene a fuoco vivace.
Servo spolverizzando i piatti con il prezzemolo tritato.

Avete visto? Con la pasta alla Norma non c’entra niente e in fondo nemmeno con la ricetta delle penne a cui accennavo all’inizio, ma è veloce e piuttosto appetitosa.

Frutta tropicale e poco altro

Tornati dalla nostra vacanza in Sardegna, abbiamo provveduto a rifornire frigorifero e dispensa andando oltre che all’EsseLunga e al mercato (per i gamberi!), anche a fare la spesa dal mitico fruttivendolo Pakistano che a mio avviso ha la frutta e gli ortaggi migliori di tutta Verona.
In più, per certe occasioni, ha sempre qualche primizia interessante e molti prodotti insoliti, quelli che non si trovano con facilità per esempio nei negozi di quartiere.
A mio avviso è superiore anche a quello del centro che chiamano “Bulgari”, tanto per darvi un’idea dei suoi prezzi!
Per farla breve, oltre a scegliere la classica base di frutta e verdura per tutti i giorni, mi sono lasciata conquistare dalla varietà e dai colori dei frutti tropicali che mi facevano l’occhiolino dallo scaffale su cui erano esposti e ne ho messi alcuni nel cestino.
Avevo già in mente di fare per pranzo questa straordinaria insalata tropicale, profumatissima e colorata che ci ha fatto sentire ancora felicemente in vacanza.
L’esecuzione, non occorre neanche dirlo, è come sempre semplicissima e piuttosto veloce, ma il risultato è uno di quelli di cui essere orgogliosi.
Giudicate voi.

20140802-193425.jpgHo sciacquato e scolato alcune foglie di lattuga e ho foderato i nostri due piatti.
Ho sgusciato e privato del filo intestinale alcune code di gambero (la quantità è a discrezione) e le ho fatte saltare in una padella appena unta d’olio. Le ho sfumate con 1 bicchierino di Cognac, salate, pepate e tenute da parte.
Ho sbucciato e tagliato più o meno a dadi 1 mango, 1 papaya e 1 avocado. Ho tagliato a pezzetti anche 2 fette di ananas.
Ho riunito tutto in una ciotola e ho condito con 1 cucchiaio di olio, il succo di 1/2 arancia, sale, pepe, 1 cucchiaio di salsa Worcester e qualche goccia di Tabasco.
Ho mescolato la mia insalata di frutta tropicale e l’ho divisa sopra le foglie di lattuga nei due piatti.
Ho aggiunto le code di gambero, versato il loro sughetto al Cognac e completato con qualche stelo di erba cipollina tagliuzzata con la forbicina.

Lo sapete, io vado pazza per questi piatti. Avevo già l’acquolina in bocca dentro il negozio immaginando come avrei utilizzato questi frutti!
Pregustavo infatti sia un dolce che un’insalata, dove ci sarebbero stati bene anche degli anelli di cipolla rossa di Tropea, ma qui a qualcuno non piace la cipolla cruda, quindi…
Con il frutto della passione, la banana e il mango che non ho utilizzato per questo piatto unico ho decorato la Pavlova di cui abbiamo parlato ieri.
Ah, se qualcuno se lo sta chiedendo, sì, siamo stati in Sardegna due settimane, ma grazie all’iPad, al mio fornitissimo archivio e al lavoro delle settimane precedenti, sono riuscita a non lasciare nessuno a bocca asciutta… se mai a bocca aperta! Vero?!

Ancora una Pavlova, ma coi frutti tropicali

Con i due albumi avanzati dalle uova Benedict di venerdì, ieri ho preparato una Pavlova con la frutta tropicale, tanto per cambiare.
Delle mie Pavlove abbiamo già parlato il 30 maggio e il 12 giugno dell’anno passato e anche il 7 aprile scorso, ma per chi era distratto riassumerò brevemente il procedimento.
Ve lo ricordate che bisogna pesare tutto, vero?
Ho preparato la meringa con i miei 2 albumi, che pesavano 80 gr, ai quali ho aggiunto 80 gr di zucchero a velo e 80 gr di zucchero semolato e li ho montati a neve fermissima con le fruste elettriche. Finito.

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Per fare la Pavlova coi frutti tropicali ho disegnato un cerchio delle dimensioni di un piatto sulla carta forno, l’ho rivoltata e appoggiata sulla placca del forno.
Ho versato al centro la meringa e con la spatola ho formato una “torta” alta 4-5 cm con una leggera cavità al centro.
Ho infornato a 110 gradi per circa 3 ore con lo sportello socchiuso (nel frattempo ho fatto la spesa alla EsseLunga, ma si riesce ad andare anche dal parrucchiere e perfino al cinema).
L’ho fatta raffreddare, ho montato 250 ml di panna con 1 cucchiaio di zucchero a velo e l’ho versata nell’incavo della meringa.
Ho affettato 1 banana e 1 mango maturo, li ho bagnati con il succo di 1/2 lime e disposti sulla panna.
Su tutto ho versato, estraendoli con un cucchiaino, i semini di 1 profumatissimo frutto della passione.

È semplicissima ed è squisita. Di solito la completo con le fragole, ma avevo questi frutti tropicali, comprati dal fruttivendolo Pakistano, che non ho utilizzato per l’insalata…
Quale insalata? Ve lo dico domani!

Bon appétit con l’hachis Parmentier

Dedico la ricetta di oggi a chi come me ama viaggiare e fare tesoro di tutte le esperienze che ogni nuova avventura porta con sé.
Oltre che fare mie le ricette dei cibi che di volta in volta assaggio e apprezzo, dopo le cortesi spiegazioni dello chef di turno, spesso una volta a casa introduco qualche piccola modifica per rendere il piatto veramente unico.
Quando mille anni fa andammo a visitare i Castelli della Loira, la nostra base fu Blois, una deliziosa cittadina feudale, culla della dinastia Capetingia.
Dormivamo in una pittoresca locanda del ‘500, col tetto di ardesia blu e vista sulla Cattedrale di Saint Louis e sul primo ponte edificato sulla Loira intorno all’anno 1000, devastato dai bombardamenti del 1940 e poi ricostruito.
Cenavamo lì, al ritorno dai nostri approfondimenti di alcuni degli spettacolari Castelli che hanno reso celebre quella zona, annaffiando i piatti che ci proponevano con dell’ottimo Chinon.
Quanto ai piatti, ho adorato subito l’Hachis Parmentier, una squisitezza che dobbiamo ad Antoine Parmentier, igienista e nutrizionista nonché farmacista militare di Luigi XVI. È suo il merito di aver dimostrato che la patata importata dall’America era commestibile e non velenosa come si riteneva, ma anzi poteva servire come base di molte gustose ricette.
Come questa di cui adesso vi dico tutto.

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Faccio dorare 1 cipolla, 1 carota, 1 costa di sedano tritati e uno spicchio d’aglio grattugiato in 2-3 cucchiai di olio, unisco 500 gr di macinato magro di manzo e lo faccio rosolare, sfumo con 1/2 bicchiere di vino bianco, lascio evaporare, unisco 400 gr di salsa di pomodoro e aggiusto di sale e pepe.
Porto a cottura mescolando ogni tanto, come per un normale ragù.
Intanto lesso 1 chilo e 1/2 di patate in acqua salata. Le sbuccio, le schiaccio, unisco 1/4 di latte, sale e noce moscata e faccio un purè. Alla fine fuori dal fuoco unisco 1 uovo intero e mescolo con cura.
In una pirofila imburrata verso la carne col suo sugo che si è ben addensato, la copro con 250 gr di formaggio Gruyère affettato e infine con il purè, che livello.
Inforno a 200° per circa mezz’ora.
Per arricchirlo ulteriormente si può fare anche uno strato di funghi o zucchine trifolate, oppure di cuori di carciofo saltati, per esempio e poi coprire col formaggio e col purè.

Questa potrebbe essere una golosa alternativa per quelli di voi che di tanto in tanto amano fare il classico polpettone. No?!
È un piatto un pochino più sofisticato, oltre che storico ed è davvero completo e squisito.

Uova alla benedict

Di ritorno da una vacanza in Florida, passata ad Orlando, diversi anni fa, avevamo programmato una sosta di 4 giorni a New York per fare shopping e in pratica scrollarci di dosso la polverina magica di Peter Pan dopo le lunghe giornate a Disney Word.
Nei nostri numerosi viaggi negli Stati Uniti ci siamo fermati nella Grande mela solo tre volte.
Non abbiamo mai subito il fascino di questa metropoli, anzi ci siamo sempre sentiti un po’ come George e Gwen, i protagonisti di Un provinciale a New York.
È un film del 1970 di Neil Simon con Jack Lemmon e chi l’ha visto sa cosa intendo.
Quella volta comunque, l’ultima, abbiamo fatto cose diverse dalle prime due e ci è piaciuta.
I nostri figli sono più avanti, loro a New York ci sono andati proprio per respirare l’aria metropolitana che ci intimorisce, per vivere i locali alla moda che noi abbiamo evitato, per rendere omaggio a Ground Zero.
Comunque in quell’occasione abbiamo provato il nostro primo brunch, la Domenica di Pasqua, al Rockefeller Center.
Consiglio, se mai vi trovaste per caso a Manhattan nella necessità di nutrirvi una domenica mattina sul tardi, di approfittare di queste soluzioni che vengono offerte soprattutto dai ristoranti dei grandi alberghi e di provare le uova alla Benedict.
Se nel frattempo ve le volete fare da soli, non è troppo complicato, ma richiedono un po’ di attenzione.

20140707-183610.jpgOccorrono dunque 2 focaccine (oppure bagel o bocconcini morbidi al latte), 4 fette di prosciutto cotto, 4 uova intere + 2 tuorli, 2 cucchiai di succo di limone, 1/4 di cucchiaino di senape di Digione, 120 gr di burro molto freddo, una spruzzata di Tabasco, sale e pepe.
Si tostano le focaccine tagliate a metà.
Si unge leggermente una padella e si fa dorare il prosciutto. Se ne stende 1 fetta su ciascuna metà delle focaccine.
Si preparano 4 uova in camicia e si appoggiano sul prosciutto.
Per tenerli al caldo si infornano a 120° fino al momento di servire.
Intanto si prepara la salsa Olandese sbattendo con una piccola frusta i tuorli in un pentolino a bagnomaria con il succo di limone e la senape.
Si incorpora il burro, un pezzetto alla volta, mescolando continuamente per far addensare la salsa.
Si aggiungono Tabasco, sale e pepe e si versa sulle uova.

La salsa Olandese è la parte più complicata della ricetta, ma se vi riesce le vostre uova alla Benedict saranno straordinarie!