Un altro risotto con le fragole

Ieri il mio blog ha compiuto 2 anni e l’abbiamo festeggiato insieme.
Il 17 maggio del 2013 mi ero presentata nella blogosfera con un post intitolato “Dalla tavola al tablet” e una mia fotografia scattata a Pasqua, suggerendo un amuse bouche con i fichi secchi… che è piaciuto a una sola persona!
Il giorno successivo ho postato un risotto con le fragole, ma anche questa ricetta ha ottenuto un unico like… però da un blogger diverso (se avete voglia di vederla la trovate su https://silvarigobello.com/2013/05/18/strawberry-fields-forever/).
Da allora ho ricevuto più di 81.300 visite e ho oltre 820 followers.
In ricordo di quei primi stentati passi, vi regalo l’ultima versione del mio Risotto con le fragole, un’evoluzione raffinata e veramente voluttuosa della ricetta “storica” che proveniva dal mio primo libro “I tempi andati e i tempi di cottura”.
E mentre aspettate che sia pronto, per ricreare l’atmosfera, potreste gustarvi i fichi secchi farciti di mascarpone e noci avvolti nel prosciutto con cui ho inaugurato il blog.

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Si fanno imbiondire 2 scalogni con una noce di burro, si misurano 2 tazze di riso, si versa nel tegame e si fa tostare. Si sfuma con 2-3 cucchiai di eccellente aceto balsamico di Modena.
Quando è evaporato si copre con il doppio del volume di brodo (4 tazze in questo caso quindi) e si porta a cottura, senza mescolare, a fuoco medio e tegame coperto a metà.
Dopo 15 minuti si aggiungono 150 gr di fragole dolci, sode e mature, tagliate a piccoli pezzi, 40 gr di burro e si mescola.
Si cosparge di erba cipollina tagliuzzata e si serve passando a parte il parmigiano grattugiato, che però sconsiglio.

Come vi avevo anticipato, questo risotto con le fragole è destinato ai veri gaudenti perché il suo profumo è particolarmente inebriante e il sapore insolito e curioso.
L’anno prossimo, per proporvi una terza versione del risotto con le fragole dovrò pensare a qualche sfumatura che la distingua dalle due precedenti… ma di tempo ce n’è!
Intanto, di nuovo grazie a tutti per essere qui.

Melanzane al forno con sorpresa

Questa ricetta viene dalla felice intuizione di “maritare” le Melanzane alla Parmigiana con il risotto alla Parmigiana: due preparazioni diversissime fra loro, nonostante il nome, che sono diventate un abbinamento perfetto.
Devo confessare che il tarlo che poi ha portato a creare questa ricetta me l’ha instillato un po’ di tempo fa Angiola di Piatti coi tacchi, che aveva equivocato sulla definizione appunto di risotto alla Parmigiana trovata nel mio blog.
Sulla scorta di quell’osservazione, quando ho deciso di preparare una teglia di classica Parmigiana, mi sono allargata e ne è uscito un primo piatto molto goloso.
La ricetta è laboriosa, ma non complicata. Insomma, un po’ di pazienza ci vuole, ma il risultato vale, secondo me, la fatica.

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Si affettano le melanzane, si salano, si mettono in un colapasta e si depurano dal liquido amarognolo che contengono, poi di sciacquano e si asciugano perfettamente.
Si friggono poche alla volta in olio extravergine e si fanno sgocciolare sulla carta da cucina.
Si prepara un sugo di pomodoro abbondante facendo restringere dell’ottima passata con sale, zucchero, cipolla tritata sottile e basilico.
Si cucina un classico risotto alla Parmigiana facendo imbiondire la cipolla, tostando il riso, sfumandolo di vino bianco e coprendolo con una quantità di brodo pari al doppio del suo volume.
Senza mai mescolarlo si porta a cottura piuttosto al dente a pentola scoperta perché non deve essere troppo “all’onda”. Si manteca fuori dal fuoco con burro e parmigiano e si fa intiepidire.
Si trita o si grattugia una grossa scamorza (volendo anche affumicata) e si mescola al riso ormai quasi freddo aggiungendo altro basilico spezzettato con le mani.
Sul piano di lavoro si stendono le fette di melanzane fritte, si salano appena e si spolverizzano di pepe.
Su ognuna si appoggia una quenelle di risotto, si arrotolano e si sistemano in una pirofila unta d’olio uno accanto all’altro fino a riempire tutta la teglia.
Si coprono con abbondante sugo di pomodoro, si distribuisce sopra un’altra cucchiaiata di scamorza grattugiata e si infornano a 200 gradi per una ventina di minuti.
Sono un fantastico primo piatto dal sapore intenso e mediterraneo che a me è piaciuto molto.

Qualche precisazione: non ci sono indicazioni circa le quantità perché non posso regolarmi non sapendo la dimensione delle vostre melanzane, ma consiglio di friggerne parecchie. Quelle che non saranno utilizzate per questa ricetta serviranno per una pasta alla Norma per esempio.
Per il riso suggerisco di considerare la stessa quantità che prevedete di solito per due, quattro o sei persone, a seconda del numero dei vostri commensali.
Si può usare anche la mozzarella, ma la scamorza, più stagionata, resta più asciutta.

Classico e rassicurante: il risotto con gli asparagi

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Risotti come questo fanno parte della nostra storia familiare, sono un vero comfort food che risveglia ricordi più o meno lontani.
Il mio riprovevole modo di prepararlo mi consente di offrire contemporaneamente più varietà di risotto ai miei adorati commensali.
L’abitudine viene dalla necessità di diversificare i sapori rispettando i gusti o le esigenze di ognuno.
Accade a volte che per accontentare un figlio se ne scontenti un altro. Non sia mai! Si trova un escamotage che consenta di rendere il pasto piacevole per tutti piuttosto.
Che ogni tanto faccio la pasta ai 4-5-6 sughi lo sapete (https://silvarigobello.com/2015/01/27/uno-dei-4-sughi-quello-di-piselli/), con i risotti non arrivo a tanto, ma almeno due diversi costituiscono spesso la norma.
Fortunatamente il risotto con gli asparagi piace a tutti, ma se occorre c’è sempre un altro sugo di riserva.

L’ho già spiegato più volte, ma per chi si fosse messo all’ascolto solo in questo momento, ripeto come si cucinano, salvo alcune eccezioni, i miei risotti.
Si porta a bollore un volume di brodo doppio rispetto al volume di riso necessario: io uso come unità di misura un mug col Will Coyote che è la dose perfetta per due persone. Dunque 2 tazze di brodo per ogni tazza di riso.
Si butta il riso, si incoperchia e senza mai mescolarlo si porta a perfetta cottura.
A questo punto bisogna avere pronto il sugo che si è deciso di servire perché quando il riso è cotto ed ha assorbito tutto il brodo occorre mantecarlo con burro e parmigiano e poi aggiungere il sugo ancora caldo, mescolare e servire subito.
Per preparare il sugo di asparagi per esempio, si fa dolcemente imbiondire in olio e burro una cipollina bianca tritata.
Si pelano (col pelapatate) i gambi di un mazzo di asparagi bianchi*, si affettano sottili e si tengono intatte le punte.
Si versano nella casseruola con la cipolla, si regolano di sale e pepe, si sfumano con 1/2 bicchiere di vino bianco e si cuociono a fuoco medio mescolando di tanto in tanto. Se dovessero asciugarsi troppo, oltre a mettere il coperchio, si può aggiungere 1/2 mestolo di brodo.
Quando sono morbidi e saporiti si spolverizzano con il prezzemolo tritato e sono pronti per essere aggiunti al riso.

* Noi Veronesi usiamo quasi sempre gli asparagi bianchi che fanno parte delle nostre eccellenze in fatto di ortaggi delle nostra zone, ma si possono prevedere anche quelli verdi se li preferite: il metodo di preparazione del sugo non cambia.

Risotto allo zafferano con gamberi al bacon

Quando penso a un piatto unico davvero sostanzioso, mi viene in mente subito il riso.
Il riso si presta sia a ricette rustiche che sofisticate ed è molto versatile grazie alle sue molte e diverse varietà, anche esotiche, che oggi si trovano facilmente in molti Supermercati.
Per i risotti per me niente batte il Carnaroli, comunque ognuno ha le sue abitudini.
Ed è proprio con il Carnaroli che cucino questo grande piatto: un risotto allo zafferano arricchito da splendide code di gambero al bacon.

20150227-235642.jpgIl risotto alla Milanese si fa come al solito: ognuno ha il proprio metodo.
Io faccio imbiondire a fuoco dolcissimo con un pezzetto di burro una piccola cipolla bianca, aggiungo il riso, lo faccio tostare, lo sfumo con 1/2 bicchiere di vino bianco e quando sfrigola aggiungo il brodo caldo (il doppio del volume del riso) nel quale ho sciolto lo zafferano e porto a cottura senza più mescolare, ma scuotendo di tanto in tanto la casseruola.
Come al solito, alla fine e fuori dal fuoco aggiungo burro e poco parmigiano, completo con prezzemolo tritato, mescolo con cura e suddivido il risotto giallo nei piatti individuali.
E qui viene il bello, perché sopra sistemo qualche coda di gambero che ho sgusciato, mondato e avvolto nel bacon.
Le ho poi passate in padella antiaderente ben calda senza condimenti, con 1 rametto di salvia, e spruzzato con 1 bicchierino di Cognac, fino a far dorare bene il bacon.
La quantità di gamberi dipende solo da voi: più ne mettete più questo primo piatto diventa piatto unico.

Ed è unica anche la sua bontà.

Jambalaya

Come definire la Jambalaya?
Insieme al Gumbo è uno dei più famosi piatti della cucina creola. Le sue origini sono provenzali ma si è nel tempo arricchita di molte successive varianti grazie alle influenze spagnola e africana.
Si potrebbe dire, semplificando giusto per dare un’idea, che è la versione della Paella che si mangia in Louisiana perché si cucina tradizionalmente con riso, carne, verdure e gamberi.
Non sono mai stata in Louisiana, ma la tipica cucina Cajun si gusta anche in Florida per esempio, e lì sì che ci sono stata, più volte e sempre divertendomi un sacco, facendo esperienze sensoriali diverse e interessanti: passeggiando con Topolino a Orlando, abbronzandomi a Miami Beach, quasi sfuggendo a un uragano a Key West, cercando la Fonte dell’eterna giovinezza di Ponce de Leon, raccogliendo conchiglie a Sanibel Island e mangiando specialità della cucina creola e molto altro un po’ dappertutto: sulla Costa Atlantica e sul Golfo del Messico.
Questa è la mia Jambalaya.

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In una larga padella si fanno saltare con 4 cucchiai di olio una grossa cipolla tritata, 2 spicchi d’aglio grattugiati, 1 peperone verde a cubetti, le foglioline di 2 rametti di timo e 2 gambi di sedano affettati sottili.
Quando sono appassiti, si aggiungono 200 gr di petto di pollo (oppure di prosciutto cotto) a dadini e 200 gr di salsiccia piccante tagliata a fette di circa 1/2 cm, si fanno dorare e si cuociono per una decina di minuti abbassando la fiamma.
Si uniscono 1 scatola di pomodori pelati sgocciolati e spezzettati con una forchetta, 200 gr di riso parboiled, 1/2 cucchiaino di sale, 1 foglia di alloro, 1/2 cucchiaino di chiodi di garofano pestati, 1 cucchiaino di peperoncino a scaglie, 1 cucchiaino di origano secco e 1 cucchiaio di prezzemolo tritato.
Si mescola, si fa insaporire poi si versa 1/2 litro di brodo e si fa cuocere coperto per circa 30 minuti, tanto questo riso non scuoce, ma diventa tenero e assorbe quasi tutto il liquido.
A questo punto si aggiungono 500 gr di code di gambero pulite e sgusciate e si prosegue la cottura per altri 5 o 6 minuti.
Il risultato è un riso morbido e profumato, caldo, speziato, piccante e ricco di sapore. Indimenticabile.

Quello che si avvicina di più al chorizo, la salsiccia piccante della ricetta originale, è il salamino napoletano o la salsiccia calabra al peperoncino non troppo stagionati, ma piuttosto morbidi, che sono decisamente più facili da reperire.

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Petit farcis Niçois (verdure ripiene gratinate)

Ho raccontato la settimana scorsa che nella zona pedonale della vecchia Nizza, ogni giorno c’è il delizioso mercato dei fiori e della frutta, dai profumi penetranti e inconfondibili che si avvertono già da lontano e di come cerchiamo di arrivare sempre in tempo per poterlo visitare.
Trovo che il suo odore di erbe, fiori e spezie sia assolutamente inebriante.
Su entrambi i lati di Cours Saleya, dove si tiene appunto il mercato, ci sono un sacco di locali prevalentemente specializzati in piatti di mare, che offrono menù spesso turistici ma sempre a base di prodotti freschi e soprattutto molte specialità tipiche della Provenza.
Il nostro preferito, dove non manchiamo mai di pranzare, è una brasserie che propone squisite pietanze nizzarde piene di sapore.

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Oltre ad una squisita anche se troppo scontata insalata (nizzarda appunto), si può ordinare una fantastica focaccia tipo pizza (pissaladière) che si gusta sorseggiando uno dei deliziosi Rosé della Provenza, un piatto di cozze (moules) cucinate come preferite, o di sardine fritte con una pastella densa di farina, birra e albumi montati a neve (beignets de sardines) e le mie preferite: le verdure farcite e gratinate in forno, che rifaccio spesso anche a casa (petit farcis).

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Tolgo la buccia più esterna a 4 cipolle e le sbianchisco in acqua bollente per 3 minuti. Le scolo, le asciugo e senza romperle, taglio la calotta e le svuoto un po’.
Decapito allo stesso modo 4 pomodori belli sodi ed elimino i semi.
Spunto 2 grosse zucchine e 2 piccole melanzane, le taglio a metà per il lungo e le svuoto delicatamente della polpa interna aiutandomi con un cucchiaino.
Rosolo insieme 200 gr di macinato di polpa di maiale e 150 gr di salsiccia sbriciolata in un tegame dove ho fatto appassire, in olio e burro, 1 cipolla tritata. Porto a cottura schiacciando e mescolando con un cucchiaio di legno.
Lascio intiepidire, unisco 100 gr di prosciutto cotto tritato a coltello, la mollica strizzata di 1 panino fatta ammollare in una tazza di brodo, 1 uovo, 2 cucchiai di prezzemolo tritato, 1 cucchiaino di erbe aromatiche provenzali e 50 gr di parmigiano grattugiato.
Aggiungo la polpa, tritata, dell’interno delle cipolle, delle melanzane e delle zucchine, aggiusto di sale e pepe e farcisco le verdure distribuendo il composto al loro interno. Completo con una noce di burro e inforno a 200° per una mezz’ora.

Personalmente potrei vivere di queste verdure ripiene che rifaccio a volte anche a casa (perfino farcite col tonno anziché con la carne) e in più spolverizzo la superficie con del pangrattato fine e irroro d’olio invece di mettere il fiocchetto di burro.
Chi è interessato prenda nota che il lunedì in Cours Saleya c’è invece un importante mercato di brocantage e piccolo antiquariato, dove a volte si possono perfino fare degli ottimi affari.

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Piccoli aspic di pesce e funghi

Gli aspic sono antipasti golosi ed eleganti che alla fine però non propongo così spesso come meriterebbero.
Eppure ho, per esempio, tutta una serie di vecchi stampi inglesi di vetro comprati in uno dei soliti mercatini dell’Antiquariato, che sarebbero proprio perfetti per queste preparazioni in gelatina.
L’ultima volta comunque questi piccoli aspic monoporzione, mi hanno fatto pentire di non averli fatti prima, perché erano squisiti e anche molto carini.

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Si mondano, si sciacquano si affettano e si fanno saltare in padella con aglio e burro 200 gr di funghetti champignon molto piccoli e belli chiusi. Si salano e si completano con un’abbondante grattata di noce moscata e 1 cucchiaino di prezzemolo tritato. Si lasciano leggermente intiepidire e si frullano tenendone da parte una cucchiaiata per la decorazione degli stampi.
Si cuociono a vapore 300 gr di pesce bianco (merluzzo, sogliola, branzino, coda di rospo a scelta), si sminuzza, si mette in una ciotola e si insaporisce con il succo di 1 arancia, la sua buccia grattugiata, sale e pepe. Si uniscono i funghetti frullati, si aggiungono 200 gr di formaggio Philadelphia, robiola o mascarpone e si mescola con delicatezza.
Si cuociono sulla piastra da entrambi i lati 8 capesante, noce e corallo, si spennellano con poco olio al peperoncino e si salano appena.
Si prepara 3/4 di litro di gelatina come indicato sulla confezione utilizzando metà brodo leggero e metà vino bianco.
Si foderano con la pellicola 8 stampini tipo quelli per la crème brûlée e se ne versa qualche cucchiaiata sul fondo, si fanno raffreddare in frigorifero e poi si accomoda sul fondo di ognuno la noce affettata in tre parti di una capasanta e accanto il corallo, 1 fogliolina di prezzemolo e una o due fettine dei funghetti tenuti da parte.
Sopra si distribuisce il composto di pesce e funghi e si fa colare il resto della gelatina cercando di farla arrivare tutto intorno.
Si conservano in frigorifero per almeno 6 ore e poi si servono capovolti su un letto di insalata.

Foderare gli stampini di pellicola ne facilita enormemente l’estrazione senza bisogno di immergerli nell’acqua calda.

Pollo disossato ripieno (versione vitello e pane)

Il secondo arrosto di pollo disossato, specialità della mia consuocera Giulietta, di cui vi ho già accennato, è farcito con un composto morbido e delicato, molto gradevole e stuzzicante. La ricetta è sua e questo è il risultato: appetitoso anche questo, vero?

20150217-194124.jpgCi si fa disossare un bel pollo dal proprio macellaio o, come abbiamo già stabilito, ci si arrangia da soli.
Si prepara un composto con 300 gr di polpa di vitello macinata due volte, 1 panino raffermo privato della crosta, ammollato nel latte e poi strizzato, 1 cucchiaio di parmigiano grattugiato, sale, pepe e 1 grattata di noce moscata.
Si appoggia il pollo con la pelle a contatto del piano di lavoro e si copre completamente con 120 gr di prosciutto crudo affettato sottile.
Si forma un “salsicciotto” con il composto di vitello e pane e si accomoda al centro. Gli si avvolge attorno la carne di pollo racchiudendolo bene al suo interno e si cuce l’apertura (come abbiamo fatto giovedì scorso col pollo disossato farcito di prosciutto e formaggio), oppure si lega con più giri di spago, come siete abituati e vi trovate più a vostro agio.
Si fa rosolare in olio e burro con scalogno, salvia e rosmarino, si aggiusta di sale e pepe, si sfuma con il vino bianco, si aggiunge il nostro consueto mestolo di brodo e si porta a cottura a tegame coperto, rigirandolo perché prenda un bel colore dorato su tutti i lati. Dopo un’oretta circa è pronto.
Si eliminano gli odori, si lascia intiepidire per non rischiare di disperdere il ripieno nel taglio e si affetta con attenzione e un coltello ben affilato. Si serve con il suo sugo e si ammette che i commensali facciano scarpetta.

Un amico chef mi dice che l’ideale per ottenere fette perfette sarebbe usare il coltello elettrico. Be’ io ce l’ho, ma non lo uso mai, lo tengo dove c’è anche l’apparecchio delle crêpes, ricordate? In un punto della cucina non così facilmente accessibile, quindi con gli arnesi quasi obsoleti. Magari gli do una spolverata e controllo se funziona ancora…

Pollo disossato ripieno (versione al prosciutto)

Mertedì ho accennato agli arrosti di pollo disossato e farcito che ho assaggiato qualche giorno fa. La ricetta è della mia consuocera Giulietta.
Invidio molto l’abilità di chi sa disossare un volatile, come Julia Child, Julie Powell e Marina di Le ricette di Baccos per esempio, ma in realtà io non me la sentirei di imparare ad affrontare questo compito.
Quindi quando ne ho bisogno mi rivolgo al compiacente pollivendolo del banco del mercoledì o al solito macellaio di fiducia per procurarmi un bel pollo disossato alla perfezione, cosce comprese, leggermente battuto.
Tenuto conto dei suggerimenti della Giulietta, questo è il risultato: un morbido pollo farcito con prosciutto e formaggio tenero, arrostito alla perfezione.

20150216-210806.jpgSi appoggia il pollo disossato con la pelle a contatto del piano di lavoro, si sala e si stendono sulla superficie circa 200 gr di prosciutto cotto tagliato preferibilmente a fette piuttosto spesse.
Sopra si accomodano 250 gr di formaggio tipo fontina, Asiago, Monte o latteria, che in cottura si fondono senza filare insomma. Credo che ogni regione abbia almeno un tipo di formaggio con queste caratteristiche, dunque suggerirei di utilizzarne uno della propria zona.
Una volta coperto tutto il prosciutto con le fette di formaggio si arrotola con cura la carne e si chiude temporaneamente con gli stuzzicadenti per facilitare la cucitura con lo spago da cucina e un grosso ago. Si può anche legare come gli altri arrosti, ma io voglio andare sul sicuro…
Si fa rosolare bene in olio e burro con l’aggiunta di un mazzetto odoroso composto da salvia, timo e rosmarino legati insieme per poterli eliminare facilmente a fine cottura, si sala appena, si insaporisce con una macinata di pepe, si sfuma con 1 bicchiere di vino e si aggiungendo 1 mestolo di brodo. Si porta a cottura rigirandolo più volte.
Quando la pelle è uniformemente rosolata si toglie dal tegame e si fa intiepidire. Si filtra il sugo, si elimina il mazzetto odoroso, si libera dallo spago, si affetta, si accomoda in una pirofila e gli si da un’ultima ripassata in forno per dorare leggermente le fette.
Si serve passando il sugo a parte in salsiera.

Naturalmente si preparano anche un’insalata mista, delle patate al forno e magari delle zucchine trifolate.
Comunque ai contorni pensateci voi.

Ragù bianco di vitello

La pasta col ragù è quanto di più tradizionale, classico, familiare e amorevole si possa portare in tavola.
Se si ha la fortuna di imparare a fare il ragù dalla mamma, non si scorderanno mai la perizia con cui tritava gli “odori” di base, la cura con cui tramenava la carne aggiunta al soffritto, la sicurezza con cui inseriva le foglie profumate delle piante aromatiche, il gesto del polso quando insaporiva il sugo con il sale rigorosamente grosso, l’abilità di decidere l’esatta quantità di pomodori che occorrevano a bilanciare gli altri ingredienti per creare quella sublime sinfonia di sapori che è il classico ragù di carne.
Il mio ragù è esattamente come il suo, dentro c’è altrettanto amore.
Ne abbiamo già parlato in più occasioni di questo ricco e rassicurante sugo della domenica, indispensabile per la pasta al forno, compagno felice e inseparabile di semplici spaghetti e rigatoni, dunque oggi passiamo ad altro.
Oggi parliamo quindi di un ragù più sofisticato, più elegante, con sapori intensi e profumi ben miscelati, con cui ho condito la pasta verde all’uovo, quella con gli spinaci, che ho trovato perfetta per questa ricetta, ma si possono provare anche altri abbinamenti.

20141222-012155.jpgHo fatto rosolare a fuoco vivace con 2 cucchiai di olio 600 gr di macinato di vitello e un paio di salsicce spellate e sgranate.
Ho aggiunto 1 piccola cipolla bianca, 1 gambo di sedano e gli aghi di 1 rametto di rosmarino tritati, 1 foglia di alloro, 2 chiodi di garofano, 1 pezzetto di stecca di cannella.
Ho sfumato con 1/2 bicchiere di vino bianco, lasciato evaporare e aggiunto 1-2 mestoli di brodo e 1/2 cucchiaino di sale grosso.
Ho mescolato di tanto in tanto.
Dopo circa mezz’ora ho unito 1 bicchiere di latte e portato a cottura.
Quando il latte è stato completamente assorbito e il ragù ha iniziato a sfrigolare, ho spento il fuoco.
Ho eliminato gli odori e condito la pasta. Una parte di ragù l’ho messa nel freezer in attesa di altre destinazioni!

Sono certa che questo ragù, sebbene così pallido, sarebbe comunque piaciuto molto alla mia mamma. E anche a mia nonna.