Lo so che mi farò odiare dai puristi, ma amando poco maneggiare il pesce azzurro (per usare un eufemismo), ho trovato un escamotage per non rinunciare ad una di quelle preparazioni che hanno fatto la storia della cucina Veneziana: il Sàor.
Il sàor (o savor) originariamente era il metodo con cui si poteva conservare a lungo il cibo a bordo dei pescherecci veneziani che prendevano il mare, grazie alla presenza dell’aceto.
Questa preparazione inoltre, contenendo molta cipolla, preservava anche dal rischio di contrarre lo scorbuto.
La ricetta originaria prevedeva l’impiego unicamente di sarde, cipolle e aceto, ma quando anche di questo cibo tradizionalmente povero, si appropriò la ricca borghesia, vennero aggiunti uva sultanina e pinoli.
Ed ecco che arrivo io e tolgo le sarde!
La mia versione di Petto di pollo in sàor è insolita ma non fa rimpiangere la ricca, saporita e gustosa ricetta originale. E poi avevo promesso a Marina di Le ricette di Baccos che l’avrei postata, nonostante il rischio di attirare le ire dei veri intenditori del sàor.
Naturalmente per apprezzarlo dovete amare l’agrodolce, il pollo e le stravaganze culinarie.
Ricordiamoci che, avendo il petto di pollo un sapore decisamente più delicato rispetto al pesce, per prima cosa non si rispetta affatto la proporzione indicata per la ricetta originale (che prevede 2 parti di cipolla per 1 parte di sarde) o il gusto dell’ortaggio finirà col prevalere in maniera fastidiosa su quello della carne.
Dunque, occorrerà un petto di pollo intero, diciamo di circa 450 gr, che si taglia a striscioline delle dimensioni di un dito.
Si affettano non troppo sottili 450 gr di cipolle bianche (stesso peso del pollo dunque) e si fanno rosolare con 1 cucchiaio di olio, si salano appena e poi si sfumano con una generosa spruzzata di ottimo aceto bianco (quello color paglierino, non quello incolore).
Si aggiunge 1 cucchiaino di zucchero, che serve a caramellarle, e si continua la cottura a fuoco dolcissimo finché non risultano appassite e leggermente dorate.
Mentre le cipolle cuociono, si infarinano le striscioline di petto di pollo e si friggono in abbondante olio di arachidi (se preferite, usate l’olio extravergine d’oliva). Si scolano su carta assorbente e si salano appena.
Si può quindi passare ad assemblare gli ingredienti in un contenitore di vetro, così almeno in questo rispettiamo la tradizione.
Si fa uno strato di pollo, si copre con alcune cucchiate di salsa di cipolle alla quale sono stati uniti 40 gr di uva sultanina e 30 gr di pinoli e si prosegue così, a strati, fino ad esaurire tutti gli ingredienti.
Si copre e si conserva in frigorifero per almeno 12 ore perché come nella ricetta originale, anche nella mia versione, la marinatura rende il piatto più saporito e gustoso.
Questo piatto può essere un antipasto o un secondo: tutto dipende dalla generosità delle porzioni che si servono.
Ecco, se qualcuno ha voglia di un piatto insolitamente classico, o tradizionalmente creativo, insomma gastronomicamente scandaloso… l’ho appena descritto!
beh, l’idea del pollo in saor è proprio da te!!!Direi esclusivamente da te!!!! Il saor veneto assomiglia molto al carpione che si prepara da noi sul lago di Como con le arborelle di lago, anche se ora è un pesce che scarseggia molto ed è una preparazione che va un po’ scemando. Peccato.
Un abbraccio
Hai ragione, qualche volta un po’ mi vergogno a stravolgere così le tradizioni… ma non so resistere! Adoro adattare ai miei gusti personali le ricette classiche e non solo preservarle.
Sì credo che la preparazione “in carpione” delle alborelle, che sul Garda chiamiamo “aole”, preveda la frittura e l’uso dell’aceto.
Ciao Lella, buon fine settimana.
Mi piace, ci piace questa rivisitazione, come del resto ogni tocco personale che prova ad innovare o ad affiancare soltanto la tradizione. Io amo le preparazioni in saor, le sarde, l’idea del pollo mi stuzzica.
Non resta che provarlo…!!
A Cagliari abbiamo una ricetta simile che si usa per il pesce. il condimento si chiama “scabbecciù” e non prevede l’uvetta ma qualche pomodoro per dare colore. Si può anche non mettere ma dà più gusto al pesce fritto…
Venezia è una città di mare come Cagliari, chissà che il mare non abbia portato anche la ricetta.. 🙂
Il suono “scabecciù” ricorda un po’ “a scapece” e infatti la ricetta è più o meno la stessa, quasi come quella del sàor Veneziano.
Tu dici sia possibile che da qui la stessa ricetta sia arrivata fino a lì…?! Sai, pensavo che mare è mare di sicuro anche il nostro alto Adriatico, ma in vacanza io vengo in Sardegna mentre a Venezia vado per le calli, i campielli, i rii, i canali e i “bacari”!
O forse da qui è arrivato fin lì e ha cambiato nome… chissà..
Ora l’adriatico è un pò in sofferenza ma sono sicuro che qualche centianio di anni fa era decisamene in forma!
Anche solo sessantacinque anni fa, in realtà, quando passavo le vacanze coi miei sul litorale di Venezia…
adoro le sarde in saor…ma anche molto questa versione carnivora! davvero una bella proposta da preparare in anticipo e perché no portare alla scampagnata di Pasquetta!!!
Grazie Silvia. Ho decisamente stravolto la tradizione, vero?!
un veneziano direbbe di sì senza pensarci…io adoro gli stravolgimenti!!!
L’ho letta attentamente e penso che solo tu potevi effettivamente proporre una rivisitazione così creativa ma allo stesso tempo intrigante.
Certo che se non si gradiscono le cipolle … sono guai! 😦
E’ un piatto per palati robusti soprattutti amanti dei toni agrodolci ma come per tutte le ricette, vale sempre la pena provare ….
e io la proverei senz’altro!
Un abbraccione
L’ho premesso anch’io: alla base del gradimento di questa ricetta (che sia l’originale o la rivisitazione per cui potrei essere radiata dai blog di Cucina) c’è l’amore per il sàor.
mamma mia come mi piaceeeeeeeeeee…..azzecchi quasi ogni ricetta i miei gusti personali!!!
Anch’io adoro l’agrodolce in cucina (nella vita, mi sono dovuta abituare!). Con il pollo il sàor è decisamente insolito, ma ti garantisco molto, molto stuzzicante.
ci credo