Umido di mare con le patate

Durante il periodo invernale mi piace molto cucinare gli umidi.
Adoro gulasch, ossobuco, brasato, spezzatino, tutto quello insomma che si cuoce e si serve con una dose abbondante di sugo denso e profumato che si può accompagnare magari con la polenta.
Alla luce di questa mia predilezione ho cucinato in umido della coda di rospo a bocconcini che si è rivelata un piatto davvero interessante.

20141123-180636.jpgIl procedimento e gli ingredienti sono quelli che tradizionalmente utilizzo per lo spezzatino di vitello con le patate.
Ho fatto appassire con qualche cucchiaio di olio un abbondante trito di sedano, carota e cipolla. Ho aggiunto 1 spicchio d’aglio in camicia, 1 foglia d’alloro, qualche pezzetto di buccia di limone, 2 chiodi di garofano e gli aghi tritati di 1 rametto di rosmarino.
Ho privato della lisca centrale e dei residui di pelle una coda di rospo di circa 600 gr. L’ho sciacquata, asciugata e tagliata a grossi dadi. L’ho leggermente infarinata e versata nel tegame del sugo e poi spruzzata con 1/2 bicchiere di vino bianco.
Ho aggiunto 1 tazza di sugo di pomodoro, 2 grosse patate lessate a metà tagliate a pezzetti e ho regolato di sale e pepe.
Ho cosparso di prezzemolo tritato e portato a cottura.

Volendo si può preparare una polenta morbida (meglio se bianca) e sistemarla come base per una generosa porzione di questo “spezzatino” di mare.
La coda di rospo può essere sostituita per esempio con il merluzzo. Un pesce più modesto ma molto adatto a queste preparazioni.

Tortine deliziose

Al momento del dolce, quando posso faccio sempre delle monoporzioni perché le trovo più eleganti e perché preferisco non presentarmi con torte da affettare o creme da distribuire a cucchiaiate di fronte agli ospiti.
Questo in linea generale, certo se parliamo di “coperchione” la musica cambia, perché quelle sono dessert da portare rigorosamente in tavola e da mostrare nella bellezza dei diversi strati grazie alla trasparenza del contenitore.
Quando si tratta invece di dolci da credenza, confermo che preferisco le tartellette alle crostate da affettare e queste crostatine ne sono un esempio.

20150201-223719.jpg
Sono facili e squisite.
Si prepara la pasta frolla con 220 gr di farina, 80 gr di zucchero, 120 gr di burro, 1 uovo intero, 1 pizzico di sale e la scorza grattugiata di 1 limone.
Si impasta velocemente, si fa una palla e si mette in frigorifero per una mezz’oretta. Quando si riprende si tira con il mattarello e si ritagliano con un coppapasta 12 dischetti con cui si foderano circa 12 stampini da muffin imburrati.
Se avete la possibilità di metterli in freezer per un’altra mezz’ora e poi li infornate a 180 gradi per 15 minuti, potete evitare di foderare gli stampi di carta forno e riempirli di fagioli secchi o di riso. Se il freezer è pieno e non vi ci stanno… dovete fare tutta la manfrina.
Quando sono belli dorati si sfornano e in attesa che si intiepidiscano si prepara la ghiaccia con 75 gr di zucchero a velo e tanto succo di limone quanto ne serve per ottenere un composto fluido ma consistente che non scivoli dal cucchiaio. Si tiene da parte.
Si sformano le tartellette, si sistema sul fondo 1 cucchiaino di confettura di lamponi, oppure di fragole.
Si imbevono di vermut 6/8 savoiardi e si suddividono, spezzettati, sulla base di confettura.
Si versa la ghiaccia coprendoli completamente e si decorano con mezza ciliegina candita.

Sono molto carine e anche molto buone, certo dedicate agli adulti, ma se le voleste fare per i bambini basta sostituire il vermut che imbeve i savoiardi con il latte.

Un dessert a base di riso e arance

A volte bastano veramente pochi dettagli per fare di un semplice dolcetto, di quelli adatti alla merenda per intenderci, un vero dessert.
Prendiamo per esempio la torta di riso, quella semplice, classica che si fa cuocendo 200 gr di riso in 750 ml di latte intero in ebollizione con 120 gr di zucchero e 1 pizzico di sale.
Facciamo un rapido ripasso della sua preparazione.
Quando tutto il latte è stato assorbito si aggiungono la buccia grattugiata di 1 limone e 1 bicchierino di rum.
Una volta che il composto si è raffreddato si incorporano uno alla volta 3 tuorli e poi a cucchiaiate i 3 albumi montati a neve, si versa in una tortiera imburrata e si inforna a 180 gradi per i soliti 45-50 minuti.
Questo per quanto riguarda la torta di riso, che credo più o meno facciate tutti così, ma come dicevo con pochi tocchi avviene un’interessante trasformazione.

20150119-014423.jpg
Prima di tutto si utilizza uno stampo rettangolare e non la classica tortiera tonda, perché impiattare i quadrotti è più elegante che servire le fette triangolari e poi si decora con una salsa di frutta.
Stavo per usare la gelatina di rose (post di giovedì 15 gennaio) ma invece ho preferito una specie di marmellata di arance, più di stagione.
Ci sono diversi modi per preparare la marmellata, questa secondo me è molto adatta ad essere utilizzata nella preparazione dei dolci per via delle scorzette e delle noci che la rendono particolare.
La mia salsa all’arancia dunque, non è che una marmellata di arance con qualche piccola aggiunta golosa, molto semplice da preparare, ma deliziosa.

Si lavano con molta cura 5 arance non trattate, si sbucciano e di 2 si conserva la scorza, che si taglia a filetti e si sbollenta per 2-3 minuti.
Si eliminano tutte le pellicine bianche dalle arance e si affettano togliendo eventuali semi.
Si pesano e si versano in una casseruola con lo stesso peso di zucchero e 1 bicchierino di Cointreau. Si portano a ebollizione, mescolando spesso e schiumando.
Si fanno cuocere per circa mezz’ora e quando lo zucchero assume la consistenza del miele e comincia a velare il mestolo, si aggiungono i filetti di scorza d’arancia preparati in precedenza e 80 gr di noci spezzettate.
Si cuoce ancora per qualche minuto sempre mescolando e poi si versa il composto bollente nei vasetti che vanno subito chiusi ermeticamente.

Qualche cucchiaiata di questa marmellata su una semplice torta di riso, come dicevo, la trasforma in un lampo in un elegante dessert, ma è fantastica anche per una crostata al cacao per esempio.

Il budino di semolino quasi come quello dell’Artusi

Mia cognata fa a Natale un budino di semolino che io trovo squisito e che secondo me è straordinario mangiato tiepido.
Come afferma mio cognato, si tratta della storica ricetta che si trova ne “La Scienza in cucina e l’Arte di mangiar bene” di Pellegrino Artusi e questo è il risultato di quest’anno.

20141228-012600.jpgBasandomi soprattutto sulle mie intuizioni e sulla scarna descrizione della ricetta in mio possesso, suggerisco a chi volesse cimentarsi nella preparazione di questo storico dolce di procedere come segue.

Si fanno ammorbidire in acqua tiepida 50 gr di uvette.
Nel frattempo si portano a ebollizione 750 ml di latte con 1 pizzico di sale, 30 gr di burro e 75 gr di zucchero.
Si versano a pioggia 150 gr di semolino e continuando a mescolare si cuoce finché il composto non comincia ad addensarsi. Ci vorranno circa 10 minuti.
Si lascia raffreddare quasi completamente e si incorporano 4 tuorli, uno alla volta.
Si aggiungono le uvette scolate e asciugate, circa 50 gr di frutta candita mista a cubetti, la buccia grattugiata di 1 limone, 1 bicchierino di rum e da ultimi, delicatamente, i 4 albumi montati a neve.
Si versa il composto in uno stampo a ciambella imburrato e spolverizzato di pangrattato molto fine e si inforna a 180 gradi per circa 40 minuti.

L’Artusi secondo me avrebbe obiettato sull’aggiunta dei canditi, ma io li ho sempre trovati perfetti in questo dolce.

Biscottini morbidi al limone

Ieri ho fatto una cosa semplice e golosa: i biscottini al limone.
Questi biscottini, insieme alle scorzette d’arancia e alle meringhette sono eccezionali a fine pranzo insieme ad una tazza di ottimo caffè.

20141213-014223.jpgCon le fruste elettriche si sbattono 120 gr di burro a temperatura ambiente con 150 gr di zucchero. Quando il composto è gonfio e spumoso si aggiunge 1 uovo intero e sempre continuando a sbattere, il succo di 1 limone e la sua buccia grattugiata, poi poco alla volta 250 gr di farina setacciata con 1/2 bustina di lievito per dolci e 1 pizzico di sale.
Si impasta adesso con le mani e quando è liscio e omogeneo, si fa un panetto e si ripone nel frigorifero per almeno mezz’ora.
Si versano in un piatto fondo 50 gr circa di zucchero vanigliato, lo stesso si fa con 50 gr di zucchero semolato e si tengono da parte.
Si toglie la pasta dal frigorifero, con la punta della dita si prelevano delle palline di pasta grosse come nocciole, si lavorano pochissimo tra i palmi delle mani, si appiattiscono leggermente e si passano prima nello zucchero semolato e poi nello zucchero vanigliato premendo dolcemente.
Si infornano questi dischetti appoggiati ben distanziati su una teglia foderata di carta forno a 180 gradi per una decina di minuti.
Si lasciano raffreddare prima di staccarli con una spatola per non correre il rischio di romperli.

Raccomando di non superare i dieci minuti di cottura se non di un soffio, in modo che questi biscottini non perdano la loro caratteristica morbidezza.

Sformatini di zucca

A Natale ho sempre fatto tre arrosti distinti, perfino differenti ogni anno.
Tutti e tre sono diversamente farciti a seconda del tipo di carne. Utilizzo infatti fesa di tacchino, spinacino oppure noce di vitello e arista di maiale.
La mia mamma voleva sempre sapere in anticipo che farce avrei scelto perché le sue amiche morivano di curiosità e a lei piaceva molto anticipare qualcosa del mio menù per poi completare la descrizione il giorno di Santo Stefano, quando si riunivano per giocare a carte come avevano sempre fatto fin da quando c’erano ancora i mariti.
Ormai erano tutte e sei vedove ma hanno continuato a ritrovarsi la domenica per le loro partite anche quando il gruppo si è a mano a mano assottigliato.
Adesso sono rimaste in due e non so come si regolino. Comunque ne ho incontrata una l’anno scorso a dicembre e dopo due parole di rammarico per aver perso tante amiche mi ha chiesto: “E quest’anno cosa fa per Natale?” Mi sono inventata qualcosa lì per lì, non potevo mica deluderla, no?!
Se la rivedo anche quest’anno le dico di questi sformatini di zucca, che entreranno di diritto fra i contorni degli arrosti, coi popover alle mele e i funghetti gratinati.

20141121-011527.jpgSbuccio 1,500 kg di zucca, la libero dei semi e dei filamenti, la taglio a fette e la inforno per 40 – 50 minuti a 180°: deve risultare tenera e asciutta. Poi la frullo nel mixer con 50 gr di amaretti, 150 gr di grana padano grattugiato, 150 gr di mostarda Mantovana, la scorza grattugiata di mezzo limone, 1 uovo, sale, pepe e noce moscata.
Ungo con il burro degli stampini di plexiglass o di ceramica, ma vanno benissimo anche quelli usa e getta di alluminio, li riempio fino a 3/4 con il mio composto e inforno per 15 minuti a 160°.
Li lascio leggermente intiepidire e li sformo aiutandomi con la lama di un coltello.
Come dicevo, li servo con gli arrosti, ma probabilmente a voi verranno in mente anche altre golose soluzioni.

L’avete riconosciuto? Si tratta in pratica del ripieno dei Tortelli alla Mantovana trasformato in un insolito contorno.
Vedrete, i vostri ospiti ne andranno pazzi e anche una delle due uniche amiche superstiti della compagnia della mia mamma, se le faccio una telefonata…

La salsa peverada (da non confondersi con la pearà) per la faraona arrosto

La precisazione nel titolo è d’obbligo in quanto molti scambiano le due salse quando ne sentono parlare.
Bisogna infatti essere Veronesi DOC o al limite DOP per conoscere la “pearà”, che cito spesso e di cui ho postato la ricetta l’anno scorso, il 24 ottobre, mentre la peverada è decisamente più nota… o no?!
In ogni caso questo secondo goloso intingolo si trova principalmente in Trentino, dove viene servito con la selvaggina, nel Trevigiano come accompagnamento al coniglio arrosto per esempio, nella Bassa Veronese dove nel periodo Natalizio arricchisce la faraona al forno e in chissà in quanti altri luoghi e cucine che non conosco.
Limitatamente alla preparazione della faraona, mi piacerebbe parlare di come veniva cucinata la Peverada dalla nonna Emma.

20141111-115209.jpg
La faraona, eviscerata e lavata, va messa in una teglia, che possa andare in forno, con un trito di pancetta, salvia, rosmarino, uno spicchio d’aglio e qualche cucchiaiata di olio.
Si fa rosolare, si irrora con 1 bicchiere di vino bianco e quando la carne ha preso colore e il vino è evaporato, si inforna a 180 gradi per una quarantina di minuti.
Ogni tanto si controlla che non si asciughi troppo ed eventualmente si bagna col brodo.
Nel frattempo si prepara la famosa Salsa Peverada.
Si fanno rosolare con olio e burro 2 spicchi d’aglio, si tolgono e si aggiungono nel tegame 400 gr di fegatini sia di faraona che di pollo tritati con 100 gr di classica Soppressa Veneta, la buccia grattugiata di 1 limone, 3 filetti di acciuga sott’olio spezzettati, 1 cucchiaio di prezzemolo tritato.
Si lega tutto facendolo cuocere brevemente sempre mescolando.
Si aggiungono 1 manciata di pangrattato, 2-3 cucchiai di grana grattugiato, si regola di sale e pepe e si spruzza con il succo di 1/2 limone.
La salsa è pronta quando raggiunge la consistenza di un ragù classico di carne.
Si unisce a questo intingolo anche il sugo della faraona e si mescola perché si amalgami bene.
Si serve la faraona ben calda a pezzi accompagnata dalla sua salsa Peverada.

Questa è una delle classiche ricette contadine che ho ereditato dalla famiglia del mio papà ed è veramente antica. Pare risalga al 1700.
Infatti la preparava già la suocera della nonna di mia nonna Emma che viveva con i figli e le loro famiglie in una grande casa colonica della Bassa Veronese, dove gli animali da cortile costituivano l’ingrediente principale di quasi tutti i piatti di carne… vedete un po’ voi se non si va indietro nel tempo!

La soppressa può essere sostituita dalla salsiccia e il succo di limone dall’aceto bianco, la Peverada è comunque squisita e saporita in modo esageratamente invitante.

4 luglio: negli U.S.A. è la festa dell’indipendenza

Come l’anno scorso, dedico questo post alla celebrazione del Giorno dell’Indipendenza degli Stati Uniti e faccio i miei auguri agli amici blogger (e non) che mi seguono dal Paese “where the sky is full of sunlight and the flag is full of stars”.

20140620-194620.jpgSiccome per noi ogni scusa è buona, oggi facciamo questo dolcetto decorato come la bandiera degli Stati Uniti.
Si comincia col preparare una pasta frolla con 300 gr di farina, 175 gr di burro, 200 gr di zucchero, 1 uovo e 1 tuorlo, 1 pizzico di sale e l’aggiunta di 1/2 cucchiaino di bicarbonato.
Si tira la pasta col mattarello dandole una forma rettangolare e si inforna per 20 minuti a 180 gradi in una semplice teglia da lasagne.
Mentre cuoce e poi si raffredda completamente si prepara la crema detta Chantilly: una crema pasticcera (500 ml di latte, 200 gr di zucchero, 80 gr di farina, 4 uova, 1 pizzico di sale, la buccia grattugiata di 1 limone) alla quale si aggiungono 500 ml di panna montata.
Si spalma la crema su tutta la superficie della torta e si decora con mirtilli e fettine di fragole e banane.
Credo che per la guarnizione non servano spiegazioni più dettagliate, basta guardare la fotografia.
Se avete voglia di dare un’occhiata a quella che ho proposto l’anno scorso, magari ne vale la pena: era diversa, ma altrettanto buona.

Happy Independence Day to Ann, John, Shanna, Sylvia, Judy, Alma, Bob, Anna.

Crema di crostacei e patate

Difficilmente quando offro una cena, servo come primo piatto la pasta, a volte preparo un risotto, ma più spesso cucino una vellutata o una crema. Lo dicevo proprio nel post di ieri.
Quando la cena è particolarmente importante, come ingrediente principale scelgo i crostacei, che sono eleganti, saporiti e raffinati e consentono di preparare una crema delicata e squisita.
Per questa ricetta, che mi ha illustrato uno chef di San Diego, California e vi assicuro è straordinaria, utilizzo crostacei surgelati che lascio decongelare in frigorifero: sono sempre disponibili e meno costosi.

20140617-224327.jpgPreparo prima di tutto un court-bouillon con 2 litri d’acqua, 1/2 bicchiere di vino bianco, 1 foglia di alloro, 1 carota, 1 gambo di sedano, alcuni gambi di prezzemolo, 1 pezzetto di buccia di limone, 1/2 cucchiaino di sale grosso e 2-3 grani di pepe.
Quando è ridotto della metà immergo nella pentola 800 gr di code di scampi, oppure di gamberi, mazzancolle o cicale, sciacquate e private del filo intestinale.
Non appena cambiano colore, le raccolgo con il ragno, le lascio leggermente intiepidire, le sguscio e le tengo da parte.
Affetto sottili 300 gr di porri e li faccio appassire a fuoco dolcissimo con 40 gr di burro.
Li salo appena e aggiungo 500 gr di patate sbucciate e tagliate a cubetti, circa 1 litro di brodo dei crostacei filtrato, le foglioline di 1 rametto di timo, 250 ml di panna e faccio sobbollire piano per 30-40 minuti.
Aggiungo 1 bustina di zafferano, i crostacei che ho lessato, una macinata di pepe bianco, lascio sul fuoco qualche minuto e poi frullo tutto col mini pimer.
Questa minestra deve avere proprio la consistenza di una crema, ma se dovesse risultare troppo densa, si può aggiungere 1/2 bicchiere di latte.

Si può completare con del prezzemolo tritato oppure con un’emulsione insolita e piccantina che a me piace molto perché vivacizza un po’ la dolcezza dei crostacei.
Miscelo 1/2 tazzina di ketchup con 2 cucchiai di whiskey, 1 cucchiaio di panna, qualche goccia di Tabasco e ne metto una cucchiaiata al centro di ogni porzione, creando una piccola spirale saporita e molto carina.

Plumcake al limone

Faccio raramente dei dolci tradizionali, lievitati o meno, ma avevo questi limoni fantastici e ne ho utilizzati due per un plumcake davvero delizioso.

20140629-142501.jpgSi sbattono 2 uova, si aggiungono la buccia grattugiata e il succo di 1 limone non trattato e 1 pizzico di sale.
Si incorporano 200 gr di farina setacciata, 1 bustina di lievito per dolci, 100 gr di burro fuso, 200 gr di zucchero semolato e 1 bicchierino di limoncello.
Si mescola fino ad ottenere un composto morbido e liscio.
Si fodera con la carta forno imburrata un classico stampo da plumcake. Si versa il composto e si inforna a 180 gradi per circa 40-45 minuti.
Si sforna. Quando si è raffreddato si sforma aiutandosi con la carta forno, si appoggia su un piatto e si spalma con una miscela tiepida di marmellata di albicocche setacciata con l’aggiunta di altri 2 cucchiai di limoncello.
Si prepara la glassa di copertura diluendo 150 gr di zucchero a velo col succo di 1 altro limone. Si mescola e si versa sulla superficie del plumcake facendola colare anche sui lati.
Quando la glassa si è solidificata e fissata, si può tagliarlo a fette e servirlo.

Piccolo segreto dello chef: quando i limoni non trattati sono perfetti come gli ultimi che ho utilizzato, anche se non mi serve tutta la buccia per realizzare la ricetta del momento, la grattugio comunque e la conservo in piccoli contenitori nel freezer così ce l’ho pronta e profumata quando mi serve, per l’impasto della frolla, per la crema pasticciera e così via.