Tortelli di zucca dal cuore delicato

Questa è la vera stagione dei ravioli (o tortelli) di zucca, che però io mangio con la stessa soddisfazione in qualunque periodo dell’anno.
I miei preferiti sono quelli classici alla mantovana, che ho proposto a gennaio dell’anno scorso (https://silvarigobello.com/2014/01/14/i-tortelli-alla-mantovana-ossia-i-ravioli-di-zucca/), ma non tutti amano il sapore particolare del ripieno arricchito dalla mostarda di frutta, che sia la mantovana di mele cotogne affettate sottili, che ovviamente è la più adatta a questa ricetta, oppure la cremonese con la frutta candita intera, o la vicentina con mele, pere, buccia di arancia e di limone e cedro candito.
Mia nuora fa infatti una versione molto delicata del ripieno, che incontra i gusti di chi ama sapori meno intensi e decisi, pur apprezzando i ravioli di zucca, per esempio mio figlio.

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Per questi ravioli occorre mondare e tagliare a fette almeno 1300 gr di zucca, che va messa ad asciugare in forno finché la polpa non si stacca dalla buccia.
Mentre è ancora calda si recupera con un cucchiaio, si versa in una ciotola e si riduce a crema.
Si insaporisce con una bella presa di sale e un cucchiaino di cannella, anziché la tradizionale noce moscata. Si aggiungono 50 gr di amaretti pestati nel mortaio, 150 gr di parmigiano grattugiato e se il composto non fosse abbastanza asciutto 1-2 cucchiai di pane grattugiato fine.
Si prepara la pasta con 300 gr di farina e 3 uova. Si tira la sfoglia piuttosto sottile e si adagiano a distanza regolare dei mucchietti di ripieno, aiutandosi con un cucchiaino.
Si richiudono le strisce ripiegando sopra l’altra metà della sfoglia, si preme bene tutto intorno al ripieno perché esca l’aria e la pasta si sigilli e si tagliano con l’apposita rotella dentellata.
Come sempre, il modo migliore per gustarli è con burro e salvia.

Come dicevo, questo ripieno ha un sapore più delicato di quello tradizionale che farcisce i ravioli alla mantovana ed è deliziosamente gustoso senza essere aggressivo.

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Sformatini di zucca

A Natale ho sempre fatto tre arrosti distinti, perfino differenti ogni anno.
Tutti e tre sono diversamente farciti a seconda del tipo di carne. Utilizzo infatti fesa di tacchino, spinacino oppure noce di vitello e arista di maiale.
La mia mamma voleva sempre sapere in anticipo che farce avrei scelto perché le sue amiche morivano di curiosità e a lei piaceva molto anticipare qualcosa del mio menù per poi completare la descrizione il giorno di Santo Stefano, quando si riunivano per giocare a carte come avevano sempre fatto fin da quando c’erano ancora i mariti.
Ormai erano tutte e sei vedove ma hanno continuato a ritrovarsi la domenica per le loro partite anche quando il gruppo si è a mano a mano assottigliato.
Adesso sono rimaste in due e non so come si regolino. Comunque ne ho incontrata una l’anno scorso a dicembre e dopo due parole di rammarico per aver perso tante amiche mi ha chiesto: “E quest’anno cosa fa per Natale?” Mi sono inventata qualcosa lì per lì, non potevo mica deluderla, no?!
Se la rivedo anche quest’anno le dico di questi sformatini di zucca, che entreranno di diritto fra i contorni degli arrosti, coi popover alle mele e i funghetti gratinati.

20141121-011527.jpgSbuccio 1,500 kg di zucca, la libero dei semi e dei filamenti, la taglio a fette e la inforno per 40 – 50 minuti a 180°: deve risultare tenera e asciutta. Poi la frullo nel mixer con 50 gr di amaretti, 150 gr di grana padano grattugiato, 150 gr di mostarda Mantovana, la scorza grattugiata di mezzo limone, 1 uovo, sale, pepe e noce moscata.
Ungo con il burro degli stampini di plexiglass o di ceramica, ma vanno benissimo anche quelli usa e getta di alluminio, li riempio fino a 3/4 con il mio composto e inforno per 15 minuti a 160°.
Li lascio leggermente intiepidire e li sformo aiutandomi con la lama di un coltello.
Come dicevo, li servo con gli arrosti, ma probabilmente a voi verranno in mente anche altre golose soluzioni.

L’avete riconosciuto? Si tratta in pratica del ripieno dei Tortelli alla Mantovana trasformato in un insolito contorno.
Vedrete, i vostri ospiti ne andranno pazzi e anche una delle due uniche amiche superstiti della compagnia della mia mamma, se le faccio una telefonata…

Il cappone alla Gonzaga

Questo piatto, che servo come sofisticato antipasto, può apparire ingannevolmente banale perché, appartenendo alla categoria del pollame bollito, sembrerebbe proprio adatto ad una cena leggera, con ospiti di mezza età come in genere sono i miei, in quanto più o meno nostri coetanei.
Impressione sbagliatissima: l’insalata di Cappone alla Gonzaga è piuttosto complessa, decisamente raffinata, molto “gourmand” e perfino storica.
È frutto infatti della fantasia e dell’abilità di Bartolomeo Stefani, cuoco alla corte dei Duchi di Mantova intorno alla metà del 1600.
È proprio per queste sue nobili origini Rinascimentali dunque e perché è in qualche modo legato ai miei ricordi d’infanzia, che riservo questo insolito e sontuoso antipasto a poche persone che mi stanno particolarmente a cuore: non è un piatto che preparo per tutti…

Il giorno precedente a quello in cui si intende servire il piatto, si lessano 2 petti di cappone (o eccezionalmente di pollo) con sedano e carota, 1 foglia di alloro e 1 piccola cipolla steccata con 2 chiodi di garofano con tanta acqua salata quanta ne occorre per coprirli.
A cottura ultimata si lasciano raffreddare nel loro brodo, che servirà per esempio per cuocere i cappelletti da servire come primo piatto.
Nel frattempo si fanno rinvenire 50 gr di uvetta sultanina in 1/2 bicchiere di vino bianco tiepido con 1 cucchiaino di zucchero.
Si sgocciolano i petti di cappone e pazientemente e con molta cura si sfilacciano con le dita e si lasciano cadere in una terrina.

20140203-015539.jpgSi condiscono con un’emulsione di olio, succo e buccia grattugiata di 1 limone biologico, si aggiusta di sale e pepe e si aggiungono le uvette con tutto il vino eventualmente rimasto nella ciotolina in cui si sono fatte rinvenire.
Si mescola con delicatezza sollevando i filetti di cappone con due forchette e facendoli ricadere nella terrina perché non si ammucchino, o meglio si usano le mani che per condire e rimestare le insalate sono uno strumento non solo adatto, ma perfetto.
Si copre con la pellicola e si conserva in frigorifero per almeno 6-8 ore perché tutti i sapori si amalgamino.
Si serve con piccole ciotole individuali di mostarda Mantovana e un ultimo filo d’olio.
Volendo esagerare, per continuare a creare l’illusione del sontuoso desco rinascimentale dei Duchi di Mantova si può far seguire all’insalata di cappone il “sorbir d’agnoli”: cappelletti cotti nel brodo di cappone e serviti in tazza con un abbondante sorso di vino Lambrusco.

Il Cappone alla Gonzaga l’ho assaggiata per la prima volta a casa di quei cugini del mio papà di cui parlo nel Capitolo 11 del mio libro, quello in cui accenno a mia nonna Emma, al suo strano condimento per gli gnocchi di patate che ho postato il 2 febbraio, al profumo della frutta messa a seccare nel “tinello” in cui si pranzava, ad una stupenda bambola di porcellana, al vino Clinto e al sugo d’anatra.
Ecco, anche oggi ho creato un’altra occasione per dividere ricette e ricordi con le persone amiche.
Quando non ne potete più, me lo dite, vero?

I tortelli alla Mantovana (ossia i ravioli di zucca)

Il giorno dell’Epifania siamo andati a Gonzaga, che è un classico paese della Bassa Mantovana, di quelli caratterizzati da una piazza centrale molto ampia, coi portici sui lati lunghi, dove d’inverno ristagna sempre un velo di nebbia e d’estate si muore dal caldo.
Ci andiamo perché c’è uno di quei mercatini dell’Antiquariato che ci piace frequentare, quelli che ci offrono la scusa e l’occasione per muoverci di casa e fare una passeggiata divertendoci.
Senza la pretesa di fare anche dei buoni affari. Ma non senza la speranza.
Questo particolare mercatino si tiene la IV domenica dei mesi che ne hanno cinque e durante tutte le festività infrasettimanali.
Lo so, sembra difficile, ma poi si impara.
Proprio in piazza c’è un posto carino dove si può mangiare un piatto caldo e riprendersi dalle fatiche derivanti dall’impegno di setacciare tutte la bancarelle!
Ovviamente io mangio sempre i Tortelli alla Mantovana, li adoro.

20140114-103912.jpgLa cucina Mantovana è opulenta e saporita, un connubio imprescindibile e perfetto tra la rustica tradizione contadina e la ricercatezza delle tavole nobiliari.

La caratteristica di questi tortelli, o ravioli, è il ripieno, molto particolare, a base di zucca, ma non è finita qui.
Si comincia affettando, sbucciando e liberando dai semi e dai filamenti 1 chilo e 1/2 di zucca. Si inforna in una teglia a 180 gradi per circa 45 minuti: la polpa deve risultare tenera e asciutta.
Si taglia a tocchetti e si frulla con 150 gr di mostarda Mantovana (quella di mele cotogne, mi raccomando), 150 gr di grana Padano grattugiato, 50 gr di amaretti, la scorza grattugiata di 1/2 limone, 1 uovo intero, sale, pepe e noce moscata.
Si lascia riposare l’impasto e intanto si tira la sfoglia, che si fa solo con i tuorli e una piccola aggiunta d’acqua e non con le uova intere.
Per 500 gr di farina occorrono 14 tuorli, 2-3 cucchiai d’acqua e 1 pizzico di sale. Se avete l’impastatrice, meglio, perché il composto è piuttosto tenace.
Se vi fate la pasta come siete abituati fa lo stesso, ho suggerito questa alternativa solo per amore di precisione, in onore alla fastosa cucina Mantovana.
Si lavora a lungo, poi si stende la pasta molto sottile.
Su una metà si appoggiano con un cucchiaino dei mucchietti di ripieno distanti l’uno dall’altro 5-6 cm, si ripiega sopra l’altra metà della sfoglia, premendo delicatamente con le dita si fa uscire l’aria e si ritagliano i ravioli, sigillandoli, con l’apposito coppa pasta dentellato, quadrato o rotondo.
Si lessano e si condiscono con abbondantissimo burro e salvia oppure (e questo lo consiglio) con un battuto grossolano di pancetta Piacentina saltata in padella con del rosmarino tritato.

È davvero un piatto irresistibile. Meno male che il Mercatino di Gonzaga non c’è tutte le settimane!