Coppe di avocado

Il tempo stringe!
Oggi è il 20 dicembre e “believe it or not” sto ancora aggirandomi tra le diverse scelte e opportunità soprattutto per quanto riguarda gli antipasti.
Vado a ritroso nel tempo perché essendo il pranzo di Natale un avvenimento familiare, cerco di ricordare cosa ha riscosso maggior successo presso i miei adorati ospiti e cerco di accontentare tutti.
Dunque, al lavoro, spulciamo l’archivio!
Non so se avete mai preso in considerazione gli avocado per preparare degli antipasti sfiziosi e stuzzicanti. Appagano e gratificano sia i commensali che il creatore della ricetta.
L’utilizzo della frutta tropicale nei piatti salati è una scelta sofisticata e cosmopolita. Lo so, non piace a tutti, ma bisogna ogni tanto uscire dagli schemi, osare e divertirsi.
Quindi, ecco un antipasto che fa subito festa, con il vantaggio di essere fresco e piuttosto veloce e mi sa che in questi giorni non perdere tempo è fondamentale. Si tratta di una felice fusione di granchio, salsa rosa e avocado.
Vi do ricetta e dosi per 6 persone, quindi regolatevi.

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Prima di tutto si prepara la salsa, miscelando insieme 1 tubetto di maionase, il succo di 1/2 arancia, 1 cucchiaio di ketchup, pepe bianco, 1 pizzico di sale, 2 cucchiai di Cognac, 1 spruzzata di salsa Worcester.
Quella che si ottiene è una sorta di salsa rosa.
Si tagliano a metà 3 avocado maturi al punto giusto e si eliminano i grossi noccioli.
Si strofina subito la polpa con 1/2 limone per evitare che annerisca.
Con l’aiuto di un cucchiaino si scava un altro po’ allargando la cavità centrale.
La polpa estratta si taglia a pezzettini e si unisce al contenuto di 2 scatole di granchio reale Chatka al naturale, ben sgocciolato.
Il tutto si versa nella ciotola della salsa, si mescola e si trasferisce a cucchiaiate nei mezzi avocado riempiendoli con abbondanza.
Consiglio però di assemblare il piatto all’ultimo momento, intanto la polpa di granchio, peraltro già squisita, si insaporirà ulteriormente nella salsa.
Prima di servire ricordarsi di decorare con una fettina di arancia.
Prevedete di mangiarlo non con coltello e forchetta ma con un cucchiaino, che servirà anche a scavare la polpa del frutto.

Adoro queste combinazioni di frutta e crostacei o pesci. A voi piacciono? Se cercate ispirazioni in questo senso, scorrete il blog a ritroso.
Ne ho pubblicato diversi esempi: il 28 luglio, il 16 agosto, il 6 e il 30 settembre, il 31 ottobre, il 13 e il 21 novembre, di sicuro, ma forse me ne sono dimenticato qualcuno!
Si era capito che mi piacciono molto vero?!

Capesante alle nocciole

Delle capesante come antipasto, lo so, ho già parlato un sacco di volte.
È perché le trovo adattissime a questo ruolo di apertura nei pranzi importanti, nei buffet festivi, nelle situazioni insomma in cui si apparecchia con il servizio buono!
La ricetta di oggi, vi sembrerà di conoscerla già, ma vi sbagliate.
È solo la foto che vi trae in inganno perché è la stessa che ho postato il 27 giugno, ma allora abbiamo parlato unicamente del contenuto della valva (di recupero) di sinistra, quello a base di gamberi, bacon, polpa di granchio, yogurt… quello lì insomma.
Oggi invece vi do la ricetta facile e chic delle capesante alle nocciole.
Senza bisogno di gratinatura e senza passaggio in forno, quindi, è una ricetta insolita e squisita.

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Si fanno imbiondire in 40 gr di burro 2 scalogni tritati, si sala appena. Si fanno rosolare brevemente nello stesso tegame 8 capesante, si sfumano con 1 bicchierino di Cognac e 1 di Porto (o di Marsala), si tolgono e si tengono al caldo. Nel fondo di cottura si aggiungono 30 gr di nocciole tritate, 1 cucchiaino di maizena impastato con altri 20 gr di burro e 1 cucchiaino di maggiorana tritata finemente. Si fa addensare leggermente il composto.
Si accomodano 1 o 2 capesante in ogni valva, si coprono con la salsa e si servono calde.

Secondo me sono da provare.
A suo tempo le ho proposte insieme all’altro composto, più fresco ma non di sapore estivo, per un contrasto molto piacevole.
Magari andate a riguardarvi anche quella ricetta, ne vale la pena perché l’insieme dei sapori è molto intrigante.
Ricordatevi quanto poco manca a Natale: è ora di raccogliere le idee e di scegliere fra le ricette più goduriose quelle da portare in tavola.

Terrina di sogliole e salmone

Quella di oggi è una terrina fredda di pesce, adatta quindi come antipasto, ma splendida anche per il buffet di Capodanno o una cena informale degli auguri.
Insomma è una soluzione che si presta a più di una occasione, è di molto effetto e soprattutto è squisita.
La sua realizzazione è molto semplice, nonostante l’aspetto sofisticato dell’insieme, ma come ho già avuto occasione di dire: il fumo negli occhi è uno degli ingredienti della cucina creativa.
Si prepara il giorno precedente e si lascia compattare in frigorifero, meglio di così!

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Si frullano separatamente 500 gr di filetti di sogliola e 500 gr di tranci di salmone senza pelle e si ottengono un composto bianco e uno rosa,
Ad ognuno si aggiungono sale, pepe bianco, 100 ml di panna e 1 albume leggermente montato.
Alla farcia bianca si unisce poi 1 cucchiaio di succo di limone e 1 di erba cipollina tagliata sottile, a quella rosa 1 cucchiaio di ketchup non tanto per il sapore, ma per aumentare la colorazione rosa e creare più contrasto.
Si riveste con 150 gr di lardo a fettine sottili uno stampo da plumcake e lo si riempie con metà del composto al salmone.
Si compatta battendo delicatamente lo stampo sul tavolo, coperto con un canovaccio.
Sopra si sistema tutta la farcia di sogliole, si livella e si compatta nuovamente, poi si copre con la rimanente al salmone.
Si richiude la terrina con altre fettine di lardo e si cuoce in forno a bagnomaria, coperta con l’alluminio, a 170 gradi per circa 40 minuti.
Prima di sformarla si lascia intiepidire, quindi si elimina il lardo, si fa raffreddare completamente, si avvolge nell’alluminio e si conserva in frigorifero.
Al momento di servire si taglia a fette e si guarniscono i piatti con una cucchiaiata di salsa Tartara e un ciuffetto di valeriana condita con una citronette.

Avevo ragione, vero? È un piatto facilissimo, ghiotto, elegante e molto decorativo.
Con il lardo eliminato la cuoca si fa due crostini caldi e sostanziosi… mentre continua i preparativi per il pranzo di Natale, o il Cenone di Capodanno.

L’ultimo arrosto farcito di questa stagione: il tacchino ripieno (a modo mio)

Per anni avevo creduto che in America il tacchino ripieno fosse il piatto forte del pranzo di Natale. Anche voi?
Invece non è così, negli Stati uniti si portano in tavola piuttosto Prosciutto al forno e Oca arrosto quasi dappertutto, mentre il tacchino ripieno è la portata principale del Giorno del RingraIamento.
Io comunque mi attengo ancora ai miei falsi convincimenti e più o meno ad anni alterni cucino la mia versione semplificata del tacchino ripieno e la servo a Natale con la salsa di mirtilli, il purè e le carotine glassate.
Non ho mai avuto il coraggio di cuocere in forno un intero, enorme volatile, ma ho farcito col tradizionale ripieno di cui oggi vi do la ricetta, quasi 2 kg di fesa di tacchino.

20131217-090035.jpgOccorre dunque la solita bisteccona ben battuta di carne, che va stesa sul piano di lavoro.
Andrà farcita con una sorta di “polpettone” da posizionare al centro che resterà avvolto nella fesa di tacchino grazie a numerosi giri di spago da cucina.
Passiamo dunque alla preparazione del ripieno:

– si fanno rosolare con 1 noce di burro 250 gr di salsiccia spellata e sbriciolata; si toglie dalla padella e si sistema in una ciotola;
– nel suo grasso si soffriggono 1 grossa cipolla, 2 gambi di sedano tritati e 1 peperoncino fresco, che non deve essere troppo piccante, affettato sottile. Si uniscono 30 gr di funghi porcini secchi ammollati in acqua tiepida, strizzati e tagliuzzati; una volta cotti si versa tutto nella ciotola della salsiccia;
– si sbriciolano 300 gr di pane di mais fresco, si spruzza con 1/2 bicchiere di Porto, o di Marsala e si irrora con 75 gr di burro fuso;
– si unisce ai funghi e alla salsiccia, si amalgama aggiungendo 1 cucchiaio di salvia fresca tritata finemente e si aggiusta di sale e di pepe.
Il composto deve risultare umido ma compatto.
Si forma un “salsicciotto” e come si è già detto sopra, gli si avvolge intorno la fetta di fesa di tacchino.
Dopo aver ben legato l’arrosto, si sistema in una casseruola con olio, burro, aglio, rosmarino, alloro e salvia. Si fa rosolare da tutti i lati, si sala appena, si sfuma con un altro 1/2 bicchiere di Porto e si inforna, coperto, a 220 gradi per 10 minuti, poi si abbassa a 160, si bagna con 1 mestolo di brodo e si cuoce per circa 2 ore, rigirandolo un paio di volte e aggiungendo altro brodo se necessario.
A cottura ultimata si fa leggermente intiepidire, si elimina lo spago e si affetta.
Intanto si filtra il sugo, si aggiungono 250 ml di panna da cucina, si fa restringere e si serve a parte in salsiera.

Se voi siete più bravi di me, con lo stesso composto potete farcire anche un cappone o una tacchinella e infornarli cuocendoli come siete abituati. Se no, non scartate l’idea del petto di tacchino ripieno come vi ho suggerito io, perché è squisito.

Con queste piccole ghirlande è subito Natale

Entro oggi devo proprio completare il menù del pranzo di Natale, mi sto ancora gingillando con diverse opzioni senza aver preso una decisione definitiva.
Lo so, sono un po’ in ritardo quest’anno, ma i regali sono quasi tutti sotto l’albero, i segnaposto sono finiti, uno degli arrosti è già nel freezer, agli stipiti delle porte il mio famoso marito ha già appeso le coccarde di velluto rosso con i campanelli delle renne, ci hanno consegnato il Prosecco e ho ripetutamente spulciato i vecchi quaderni delle mie ricette per trovare ispirazione.
Sfogliando proprio l’archivio fotografico dei piatti più interessanti, ho trovato queste divertenti piccole ghirlande, molto natalizie e, se non ricordo male, anche molto buone.
Le avevo fatte (in tempi ancora non sospetti, quando l’idea di un blog di cucina non era nemmeno in embrione) con la stessa pasta delle cosiddette “favette dei morti”, quei deliziosi dolcetti che ai primi di novembre si trovano in tutte le pasticcerie, le latterie e le panetterie e poi scompaiono di botto e non si trovano più fino all’anno successivo.

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Per le nostre piccole ghirlande si procede in questo modo:
– si frullano molto finemente 200 gr di mandorle pelate e 150 gr di pinoli con 50 gr di zucchero;
– si sbattono 1 uovo e 2 tuorli con altri 100 gr di zucchero;
– alla farina di mandorle e pinoli, si mescolano 150 gr di farina 00 setacciata e 1 pizzico di sale, si forma la fontana e al centro si versano il composto di uova e zucchero e alcune gocce di colorante alimentare verde;
– si impasta con le mani inumidite di acqua di fiori d’arancio fino a che non si ottiene un panetto morbido ma compatto da cui si ricavano dei cordoni di circa 1 cm di diametro;
– come quando si fanno gli gnocchi, si tagliano in tocchetti lunghi 1 cm e si formano delle palline;
– si copre la placca del forno con la carta forno imburrata, sulla quale si disegnano dei cerchi per aiutarsi a comporre le coroncine della misura desiderata, spennellando le palline con dell’albume leggermente battuto;
– con la punta dell’indice si preme al centro di ognuna per creare un leggero avvallamento;
– si infornano a 180 gr per non più di 15 minuti. Non devono colorarsi troppo ma dorarsi appena;
– quando si sfornano e sono ancora calde si completano con 1 pezzetto di ciliegia rossa candita inumidita con una goccia di albume, posizionandola nell’avvallamento centrale di ciascuna pallina.
Prima di staccarle delicatamente con una paletta dalla carta forno, assicuratevi che siano completamente fredde altrimenti correte il rischio che si rompano.

Lo so che non avete tempo, che anche a voi restano da fare miliardi di cose prima di Natale (che quando abbiamo cominciato a parlarne pareva lontanissimo), che ognuno deve preparare i suoi dolcetti collaudati, tradizionali, graditi dalla famiglia, ma questi non potete proprio lasciarveli sfuggire: le ghirlande sono il più classico dei simboli Natalizi!
Magari abbondate pure col colorante perché queste mi sembra siano venute proprio pallidine.

Pasta col salmone

Detto così, Pasta col salmone, sembra uno di quei piatti revival di cui ho parlato per esempio nel post del 29 luglio, ma nel sugo di oggi c’è il salmone fresco, non quello affumicato da cucinare con la panna.
Come mi è già accaduto con la ricciola, mi pare, l’idea è nata dal dover utilizzare un’unica fetta spessa di salmone fresco avanzata ieri sera, perché mi sembrava che quello che avevo acquistato fosse un po’ troppo per cuocerlo tutto sulla piastra.
Quindi oggi, con questi neanche 200 gr di salmone ho fatto un sughetto per i rigatoni.

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Ho fatto imbiondire in un largo tegame con poco olio 2 spicchi d’aglio schiacciati, li ho eliminati e ho fatto appassire nell’olio così aromatizzato 1 bello scalogno tritato.
Ho aggiunto 4 cucchiai di polpa di pomodoro a cubetti, le foglioline di 1 rametto di timo, 1 cucchiaino di curry, sale e pepe. Ho fatto restringere un po’ la salsa e unito il salmone privato della pelle e ridotto a dadolata.
Ho spruzzato con il succo di 1/2 limone e portato rapidamente a cottura.
Nel frattempo ho lessato 150 gr di rigatoni, li ho scolati al dente e versati nel tegame del sugo.
Ho aggiunto 1 noce di burro, 1 cucchiaio di acqua di cottura e ho mantecato la mia pasta, che poi ho diviso con amore in due piatti.

E anche per oggi, abbiamo portato in tavola un signor piatto, semplice e gustoso, con quel tanto di gradevole piccantezza data dal curry.
Se qualcuno non ama il salmone, può acquistare un po’ di coda di rospo o anche di nasello in più e seguire lo stesso la ricetta.

Non sono stata io!

In questi giorni che precedono le Feste, vivo sentimenti contrastanti.
Sono felice ed eccitata mentre preparo la casa e studio un menù adatto alla lieta ricorrenza del Natale e contemporaneamente sento maggiormente la mancanza di chi non c’è più e vorrei tanto avere ancora intorno, a fianco, di fronte, mentre mi devo accontentare di averli semplicemente nel cuore.
È proprio in queste situazioni che adoro ricreare, anche in cucina, momenti che mi riportino indietro nel tempo e mi facciano rivivere il calore e gli affetti familiari di tanto tempo fa, per esempio con la pasta fatta in casa.

20131214-094249.jpgOggi mi piacerebbe proprio vantarmi di aver preparato (senza l’aiuto del KitchenAid e della macchina per la pasta Imperia) questo stuolo di lasagnette, tagliatelle e tagliolini rigorosamente impastato a mano e tirato col mattarello, ma il merito è della Giulietta.
Le matassine di pasta che vedete sul tavolo, le ottiene con una tecnica geniale e semplicissima: arrotola con la punta delle dita all’interno di una coppetta da macedonia una collaudata quantità di pasta appena tagliata e poi la capovolge sulla tovaglia per farla asciugare. Questa è esattamente una porzione.
Io mi limiterò a cucinare un sugo di piselli per le lasagnette, magari uno di funghi per le tagliatelle e uno di fegatini per i tagliolini.
Li sto chiamando “tagliolini” per rispetto dei non Veneti che mi stanno seguendo, ma quest’ultimo piatto, particolare e tradizionale quanto la pearà, si chiama a Verona: “paparèle in brodo coi figadìni” ed è un classico della domenica e delle Feste in generale.
Io la ricetta ve la do. Magari, se pensate possa non piacervi, tenetela in considerazione solo come curiosità.
Se invece amate per esempio il paté di fegatini, provatela, che poi ne parliamo.

Si affetta molto sottilmente una cipolla bianca e si fa soffriggere nel burro con 2-3 foglie di salvia intere.
Appena appassisce e diventa dorata, si aggiungono 300 gr di fegatini di pollo, privati del grasso e del sacchettino del fiele, lavati e tagliati a pezzettini.
Si salano, si insaporiscono con un giro di pepe bianco macinato al momento e si portano a cottura mescolando di tanto in tanto.
Nel frattempo si porta a ebollizione 1 litro e 1/2 di ottimo brodo di carne e si versano 300 gr di tagliolini, che cuoceranno in un attimo.
Si trasferiscono le “paparèle in brodo” in una zuppiera, si aggiungono i “figadìni” e si porta in tavola con una formaggiera colma di grana grattugiato.

Questo era invariabilmente il primo piatto domenicale della mia infanzia, diventato ormai una di quelle rare specialità che si mangiano nei classici ristoranti di vecchia tradizione perché quasi nessuno ormai le cucina più.
Salvo forse la Giulietta e la Silva.

Gamberi conturbanti…con turbanti

In questa ricetta un filetto di sogliola fascia come un turbante un gambero avvolto in un composto dal sapore ricco, caldo, intenso, pieno di aromi e profumi, rendendolo quindi proprio conturbante!

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I filetti di sogliola si prestano ad un’infinità di preparazioni, quella di oggi prevede che innanzitutto si prepari la farcia.

Si tuffano in un court bouillon in ebollizione 12 code di gambero sgusciate e private del filo intestinale, si scolano subito e si fanno raffreddare.
Si fanno saltare in padella 30 gr di porcini secchi, prima ammollati in acqua tiepida, con 2 scalogni tritati.
Si lasciano intiepidire, poi si frullano con 1 panino raffermo, privato della crosta, inzuppato nel latte e poi strizzato, 1/2 cucchiaio di prezzemolo tritato, 1 cucchiaino di origano secco, 3-4 alici sott’olio a pezzetti, 2 cucchiai di Parmigiano grattugiato e 1 pezzetto di buccia di limone.
Si stendono sul piano di lavoro 12 filetti di sogliola, si spalma il composto preparato, si sparge sopra una minuscola dadolata ottenuta con 50 gr di prosciutto crudo e il verde di 2 piccole zucchine. Al centro di ognuno si appoggia una coda di gambero.
Gli si arrotolano intorno i filetti nappati, si fermano con uno stuzzicadenti e si cuociono in padella con burro e olio, spruzzandoli di vino bianco. Si sala appena e si completa con pepe nero e curry.
Si tolgono tassativamente gli stuzzicadenti prima di servirli.

Adesso ditemi voi se non è un piatto che merita di essere portato in tavola durante le Feste!

Macché sorbetto!

Il sorbetto, al limone o al sapore di altri frutti, non lo servo più tra la portata di pesce e quella di carne nei pranzi importanti. Preferisco un’insalata.
L’anno scorso a Natale ho offerto una Waldorf, quella con lattuga, sedano rapa, mela e noci.
Un’altra volta è stata una gradevole insalata, di gusto un po’ siciliano, con finocchi, arance pelate a vivo e anelli sottili di cipolla di Tropea lasciati prima a macerare nel latte.
Insomma sono sempre alla ricerca di qualcosa di piacevole e inviante, che aiuti a rinfrescare il palato dal gusto residuo del pesce e lo prepari al sapore degli arrosti che seguiranno.
Quest’anno probabilmente…
Dunque avevo deciso di non rivelare niente del pranzo di Natale per non rovinare la sorpresa agli ospiti, alcuni dei quali mi seguono anche sul blog, ma un’insalata posso anche condividerla!

20131212-134704.jpgQuesta per esempio, con ortaggi, frutti di bosco e l’aggiunta di kiwi e pomodorini è perfetta come alternativa al classico sorbetto.
Va condita con olio, riduzione di aceto balsamico, sale e pepe.
Se vi piace potete anche aggiungere qualche filo di erba cipollina tagliuzzato o della rucola spezzettata.
Insomma sbizzarritevi!

In occasione di un pranzo importante l’insalata potrebbe sembrare un piatto banale, ma mettendoci la vostra fantasia lo trasformerete con stile in una portata importante quanto le altre.

Mousse di prosciutto

La ricetta di questo elegante antipasto, che non manca mai sulla nostra tavola delle Feste, è liberamente tratta dall’ultimo capitolo del mio libro, quello che si intitola “Finalmente è Natale”.
È una saporita mousse in gelatina di prosciutto e pistacchi, una delle 14 ricette di terrine, mousse e paté che propongo, tra cui scegliere per offrire degli antipasti veramente speciali.
Metto molta cura e attenzione nel prepararli perché gli amuse bouche e gli antipasti costituiscono una ventilata promessa che ad un inizio così vario e raffinato seguirà non un semplice pasto, ma un vero banchetto.

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Per la mousse di prosciutto e pistacchi bisogna preparare 1/2 litro di gelatina secondo le istruzioni sulla confezione utilizzando brodo leggero allungato con vino bianco frizzante.
Si spennellano con questa gelatina uno o due stampi e si mettono in frigorifero per farla rapprendere.
Si riprendono e sul fondo si appoggiano dei pistacchi salati, sgusciati, come decorazione.
Si spennellano nuovamente con altra gelatina e si rimettono in frigorifero.
Nel frattempo si riuniscono nel mixer 250 gr di prosciutto cotto, 100 gr di mortadella di Bologna, 100 gr di mascarpone, 2 cucchiai di Marsala, 30 gr di pistacchi tostati e salati, abbondante pepe bianco.
Si frulla, si aggiunge la restante gelatina e si distribuisce questo composto negli stampi.
Si conservano in frigorifero fino al momento di servire. Si sformano dopo aver immerso per qualche secondo gli stampi in acqua calda.
Si trita grossolanamente nel mortaio un’altra manciata di pistacchi, si copre il fondo del piatto da portata scelto per la presentazione, sopra si appoggiano le mousse e si porta in tavola insieme agli altri antipasti…

20131211-093835.jpgNon avrete mica pensato di potervela cavare solo con una mousse, vero?!