La coperchiona

Quella che gli Inglesi chiamano “Trifle bowl” (perché chiamano “trifle” la zuppa Inglese) a casa nostra è la “coperchiona”.
Per “coperchiona” intendiamo sia un dolce al cucchiaio a strati di creme e biscotti, sia la coppa che lo contiene.
Vi faccio un esempio di conversazione tra me e mio marito in previsione di una cena, mentre si discute del dessert:
– E se facessi una bella coperchiona?
– Sì, ma quale?
– Quella al cioccolato con le amarene…
– Era buona anche la “puless” però…
– E la panna cotta con le fragole?
Questo per introdurvi al nostro lessico familiare, impenetrabile ai più.
Dunque la bella coppa di vetro comprata per due volte ad Antibes, ormai è diventata “la coperchiona” perché mio marito una volta, aiutandomi a riporre le stoviglie dopo una cena, l’aveva presa per il coperchio di un’alzata. Accortosi dell’errore non gli è venuto in mente di chiamarla correttamente coppa, ma coperchiona e il nome le è rimasto appiccicato addosso come l’etichetta sul vasetto della marmellata.
Per estensione, qualunque dessert al cucchiaio è diventato quindi per noi una “coperchiona”, che è sempre squisita, indipendentemente dagli ingredienti che uso.
Data la stagione, vi parlerei oggi della Coperchiona di panna cotta e fragole.

20140518-011555.jpgSi monda 1/2 chilo di fragole, possibilmente tutte della stessa dimensione, si tagliano a metà, si insaporiscono con 75 gr di zucchero a velo e 1/2 bicchiere di Recioto e si lasciano macerare in frigorifero.
Si prepara una panna cotta tradizionale scaldando 1/2 l di panna, 1 dl di latte, 100 gr di zucchero e i semi di una stecca di vaniglia. Prima che arrivi a bollore si toglie dal fuoco e si incorporano 10 gr di fogli di gelatina prima ammollati in acqua fredda. Si lascia raffreddare a temperatura ambiente.
In una bella coppa di vetro, tipo la nostra coperchiona, si fa un primo strato di panna cotta, si appoggiano sopra 8-10 Pavesini imbevuti nel sugo delle fragole macerate, e si fa una corona contro le pareti con quelle tenute da parte tagliate a metà assicurandosi che restino ben attaccate al vetro.
Si procede così a strati sempre con un giro di fragole a vista. Il lavoro deve essere piuttosto accurato oppure si può rinunciare alla decorazione perimetrale limitandosi a completare il dessert con le fragole al vino sgocciolate come ultimo strato.
Nessuno se ne lamenterà!

Questa è la nostra Coperchiona alle fragole, ma come diceva mio marito, è buonissima anche quella con il pandispagna al cioccolato e le amarene… o la puless…

Fricassea di vitello

20140420-011805.jpgHo assaggiato la mia prima Fricassée de veau a Parigi.
Era una delle proposte del menù del Bateau Mouche che discende la Senna all’ora di cena.
Era aprile e l’aria profumava di primavera… e di cardamomo, presente nel riso che accompagnava il piatto.
Di questa ricetta parlo anche nel Capitolo “Che mangino Brioches” del mio libro, nel quale do anche molti dettagliati suggerimenti su come cibarsi nei Bistrot, nelle Brasserie e nei Café di Parigi che ho frequentato.
La ricetta che trovate ne “I tempi andati e i tempi di cottura ( con qualche divagazione)” dunque, è quella che segue.

FRICASSEA DI VITELLO
800 gr spezzatino di vitello
1 cipolla, 1 carota, 1 gambo di sedano
1 spicchio d’aglio
1 porro
1 bouquet garni e qualche chiodo di garofano
1 bicchiere di vino bianco
1 cucchiaio di farina
200 ml di brodo
1 confezione di panna da cucina
2 tuorli
il succo di 1/2 limone
50 gr di burro
200 gr di funghi coltivati
10 – 12 cipolline
sale, pepe, noce moscata

Mi assicuro che i cubetti di carne siano il più possibile delle stesse dimensioni ed eventualmente li rifilo con un coltello ben affilato, poi li sistemo in un tegame con la cipolla intera steccata con i chiodi di garofano, il sedano, il porro e la carota a pezzi. Li copro con il brodo (che può essere anche di dado, va bene) e il vino, aggiungo l’aglio e il mazzetto aromatico (bouquet garni) composto di prezzemolo, timo e alloro. Condisco con abbondante pepe bianco.
Porto a bollore, schiumo un paio di volte e cuocio a fuoco moderato col coperchio per circa 1 ora e 1/2. Quando la carne è tenera la tolgo e la tengo al caldo. Filtro il brodo, lo rimetto sul fuoco, aggiungo le cipolline sbucciate e i funghetti puliti, che faccio andare ancora per 15 minuti circa (senza coperchio così il liquido si restringe un po’). Aggiusto di sale.
Rimetto la carne nel tegame e la faccio scaldare. Intanto batto energicamente i tuorli col succo di limone, la farina, il sale e la noce moscata, aggiungo la panna e verso questa emulsione a filo sulla carne. Mescolo delicatamente e faccio addensare. Infine, fuori dal fuoco incorporo il burro a pezzetti.
La salsa di questi bocconcini delicati ma saporitissimi deve risultare fluida e ben legata.

Insolito, vero, questa specie di spezzatino alla francese?
A me piace molto: nonostante l’aspetto delicato e aristocratico, infatti, il sapore è intenso e aromatico. E in più ha per me un significato speciale.
Mi sono ricordata del vitello in fricassea perché sabato è stato il nostro anniversario: abbiamo festeggiato le Nozze di Rubino, cioè i 45 anni di matrimonio.
La meta della nostra luna di miele era stata proprio Parigi e discendendo la Senna al tramonto in una sera di Primavera, abbiamo assaggiato il nostro primo vitello in fricassea.
Non sto a dirvi quante altre cose abbiamo fatto insieme per la prima volta, condiviso e goduto da allora: sono tutte esperienze che si sono trasformate in ricordi ai quali attingo a volte anche per le mie ricette…

Scones salati

Gli scones sono focaccine dolci di origine anglosassone che normalmente si mangiano spalmate di miele, burro e marmellata, o lemon curd, sorseggiando il tè.
Oppure, possono diventare focaccine salate, da farcire di ingredienti golosi e servire con l’aperitivo, tipo una flûte di Prosecco, uno Spritz, un Bellini.

20140304-214239.jpgPer preparare gli scones salati bisogna mescolare in una ciotola con la punta delle dita 120 gr di burro freddo tagliato a pezzettini con 400 gr di farina, una macinata di pepe e un pizzico di sale.
Ottenute delle grosse briciole (come quando si fa la brisè), si aggiungono un po’ alla volta 50 ml di panna, 200 ml di latte, in cui si sono sciolti 2 cucchiaini di lievito per torte salate.
Si lavora l’impasto prima con una forchetta, poi sul piano del tavolo e si stende con il mattarello in uno spessore di circa 2 cm.
Con il coppapasta si ricavano dei dischetti di 4-5 cm di diametro e si infornano a 120 gradi per una ventina di minuti. Devono risultare belli dorati.
Si sfornano, si fanno raffreddare su una gratella, poi si tagliano e si farciscono secondo il proprio estro e la propria fantasia, o secondo quello che si ha in frigorifero.

Il bello di queste libere interpretazioni dei classici (e gli scones sono le più classiche tra le specialità da forno scozzesi) è che non hanno limiti e si prestano ad essere farciti in mille modi.
– Diventano sofisticati con robiola, salmone affumicato, succo di limone e aneto.
– Tranquilli e un po’ scontati con prosciutto di Praga, salsa tartara e provolone.
– Sfiziosi con mascarpone, fichi secchi e prosciutto di Parma.
– Classici con tonno, acciuga, maionese e una fetta di uovo sodo.
– E infine insoliti, come piacciono a me, con pezzetti di pollo arrosto (anche avanzato), burro e salsa di ribes e mirtilli, quella di cui a suo tempo vi ho dato la ricetta.
Teneteveli a mente questi abbinamenti: possono tornare utili anche per i sandwich da portarsi dietro nelle scampagnate di primavera o per un pranzo informale in terrazza o in giardino.

I french toast

Sarà che è lunedì mattina, sarà che ieri sera ho parlato fino a tardi di cibo Americano con Giusy di Sweet Sweet Home, sarà colpa dell’ora legale, fatto sta che stamattina solo i pan cake avrebbero potuto placare la mia voglia di fare colazione con un french toast.

20140330-034847.jpgNel film Kramer contro Kramer Dustin Hoffman incontra non poche difficoltà nel preparare i French toast a suo figlio.
In realtà sono molto semplici. Ipercalorici. Squisiti.

Si miscelano 100 ml di latte, 50 ml di panna, 1 uovo, 30 gr di zucchero, 1/2 cucchiaino di cannella in polvere, 1 pizzico di noce moscata.
Si immergono in questo composto 2 fette di ciabatta croccante leggermente rafferma, ma ancora relativamente morbida e si lascia che si impregnino senza che si ammorbidiscano troppo.
Si fanno spumeggiare 40 gr di burro in una padella e si fanno imbiondire i French toast da entrambi i lati.
Si servono irrorati di sciroppo d’acero. Oppure spolverizzati di zucchero a velo.

A me piacciono molto con accanto un paio di cucchiaiate di confettura di frutta o qualche fragola e una grossa tazza di caffè Americano, ma vi concedo anche un tè, se lo preferite. L’importante è che nel piatto abbiate uno o due French toast belli caldi!
La prima volta li ho mangiati a Miami, giurerei, ma poteva essere anche Key West. O era Orlando?
Eravamo comunque in Florida, di questo sono proprio sicura, ma poco importa: conta solo che ho imparato a farli!

La clam chowder (zuppa di vongole)

Come ho già detto, il mio secondo libro tratta dei nostri numerosi viaggi e vacanze negli Stati Uniti d’America e della loro sottovalutata e poco conosciuta cucina.
Come nel primo, ogni aneddoto o breve racconto è corredato da una o più ricette tipiche della zona di cui parlo o a volte più genericamente di classiche ricette senza una precisa connotazione geografica, quelle in sostanza che si possono gustare in tutti gli Stati Uniti. E non si tratta degli stereotipi gastronomici più conosciuti tipo hamburger e hot dog.
Anche ne “I tempi andati e i tempi di cottura (con qualche divagazione)” ho dedicato tre dei suoi ventotto capitoli alla cucina Americana.
Allora oggi parleremo della Clam Chowder, la densa e vellutata zuppa di molluschi tipica del New England, che ha aperto la serie della novantina di ricette del mio primo libro.
Le vongole utilizzate sono quelle surgelate, di buona qualità.
Le dosi sono a tazze, perché la ricetta è quella originale del Massachusetts, tratta da un libro di cucina acquistato a Boston: Famous New England Recipes.

20140216-233458.jpgSi fanno scongelare due confezioni di vongole già sgusciate, si filtra il liquido che si è formato nel sacchetto e si sciacquano i molluschi.
Si fa soffriggere in una casseruola capiente 1/2 tazza di bacon tritato grossolanamente e quando è rosolato si aggiungono 1 tazza e 1/2 di cipolle bianche tritate, si sala appena e si fanno appassire senza farle colorire.
Si uniscono a questo punto il liquido delle vongole tenuto da parte, 2 tazze e 1/2 di patate tagliate a cubetti, 1 foglia di alloro, 6 tazze d’acqua e si porta a bollore.
Si aggiungono le vongole e si continua la cottura per una mezz’oretta. Le patate devono risultare morbide. Si completa con 2 tazze di latte e 1 confezione di panna da cucina.
Da quando riprende il bollore si lascia cuocere un’altra decina di minuti, mescolando con delicatezza.
Si elimina la foglia di alloro, si regola di sale e pepe (bianco) e si porta in tavola la zuppa cosparsa di prezzemolo tritato.
Si serve con i crackers all’acqua passati a parte.

Questa è dunque la New England Clam Chowder ed è senza dubbio la mia preferita, ma ne esiste anche una denominata Manhattan, che si fa con il pomodoro (di cui a Miami ho mangiato la versione con l’aggiunta finale di uno shot di Bourbon).
Un’altra volta ne parliamo più dettagliatamente, se vi va. Ditemi voi.

Vellutata di funghi

Una delle tante zuppe che faccio più di qualche volta durante l’inverno è quella di funghi. Veramente ne ho due versioni.
Oggi parliamo di quella vellutata. L’altra, che si serve a pezzetti, con qualche filetto di pomodoro e il brodo di pollo, ve la racconto un’altra volta.

20140311-214643.jpgSi comincia facendo imbiondire 1 piccola cipolla bianca tritata in 2 cucchiai di olio con un battuto di pancetta (100 gr).
Appena è rosolata, si versano nel tegame 500 gr di funghi misti (pioppini, gallinacci, champignon, cardoncelli, porcini) dopo aver affettato grossolanamente i più grandi.
Si sala, si pepa, si insaporisce con le foglioline di un rametto di timo, 1 cucchiaino di prezzemolo tritato e si fa cuocere a fuoco medio, finché l’acqua che hanno emesso non sia stata assorbita completamente.
Si unisce 1/2 litro di latte e si lascia sobbollire piano per una decina di minuti.
Si frulla con il minipimer, si aggiungono 200 ml di panna da cucina e una grattata di noce moscata, si rimette sul fuoco e si fa addensare per qualche minuto.
Si preparano dei crostoni profumati d’aglio, se ne mette uno sul fondo di ogni piatto, sopra si versano due mestoli di vellutata di funghi e si serve subito spolverizzando di grana.

I crostoni per questa vellutata li preparo affettando una ciabatta, strofinandoli con uno spicchio d’aglio come le bruschette e spennellandoli con del burro fuso. Li cospargo poi di grana grattugiato e li inforno un minuto sotto il grill perché diventino croccanti.
In mancanza di funghi misti, mi è capitato anche di utilizzare 1/2 chilo di funghi champignon uniti a 30 gr di porcini secchi ammollati in acqua tiepida con un risultato comunque molto soddisfacente.

Un irresistibile panino con l’aragosta: il Lobster roll

Perfino all’estero ci sono alcuni ristoranti che consideriamo i nostri preferiti, locali che non frequentiamo assiduamente come altri, per motivi facilmente intuibili, ma che meritatamente resistono da anni nel nostro carnet di viaggiatori gourmand.
Mi riferisco per esempio a Le Bofinger di Parigi, zona Bastiglia, di gran lunga la nostra brasserie prediletta. Ci andiamo sempre almeno una volta durante i nostri soggiorni a Parigi, prenotando il tavolo al piano terra dove si respira maggiormente l’atmosfera Belle Époque del locale.
A Santa Monica, in California, invece il nostro punto di riferimento gastronomico è sempre stato The Lobster, che si trova proprio dove termina la leggendaria Route 66 e ha una vetrata panoramica che domina il Pier, la spiaggia e il Pacifico.
Sono due realtà diametralmente opposte sia dal punto di vista storico che culinario, ma offrono entrambe soddisfazioni inenarrabili!
Oggi vi parlo di uno dei piatti vanto del ristorante Californiano, che si può ordinare solo a pranzo e non appare nel menù della cena.
Si tratta di un “semplice” panino all’aragosta, il Lobster Roll, che vale la pena di assaggiare perché è veramente incredibile e imparare a farlo perché non se ne potrà più fare a meno.
Da ricordare che in generale quelli che gli Americani chiamano aragoste sono in realtà astici.

20140305-013908.jpgSi fanno bollire per circa 20 minuti 2 astici surgelati di circa 500 gr l’uno (o 2 astici vivi, se ne avete il coraggio) in un court bouillon classico fatto di acqua, cipolla, carota, alloro, 1 bicchiere di vino bianco e qualche grano di pepe nero.
Nel frattempo si prepara una salsa con 200 gr di maionese, 2 cucchiai di panna fresca, il succo di 1/2 limone, 1 spruzzo di salsa Worcester, qualche goccia di Tabasco, 1 cucchiaio di Cognac, 1 pizzico di sale e di pepe.
Quando gli astici sono cotti si scolano, si lasciano intiepidire, poi si tagliano a metà nel senso della lunghezza e si rompono le chele. Si estrae la polpa e si taglia a pezzetti.
Si miscela con la salsa e si fa riposare in frigorifero perché i sapori si amalgamino.
Si farciscono dei panini al latte spalmati di burro salato e si aggiunge qualche stelo di erba cipollina tagliuzzato.

Io adoro questi panini, è inutile dirlo.
Il condimento è cremoso e molto ghiotto, la polpa dell’astice tenera e profumata, il pane morbido e adatto ad essere insaporito con il burro salato, l’insieme insomma è squisito e irresistibile, come si può dedurre anche solo leggendo la preparazione.
Secondo me è un piatto terribilmente sofisticato e talmente imprevedibile da poter essere servito, magari preceduto da un’insalata Caesar, come piatto unico anche per un pranzo non solo di famiglia. Ma io sono a volte poco convenzionale.
È un panino da mangiare con coltello e forchetta. Oppure si può offrire il composto in una bowl da cui servirsi a cucchiaiate e passare a parte il pane, ma così si snatura un po’.
Come dicevo, per questa ricetta preferisco utilizzare gli astici surgelati, che oltre tutto sono anche decisamente più economici e la loro preparazione è… assolutamente incruenta.

Un dolce aspettando la Pasqua

Noi facciamo sempre le prove generali, quindi mio marito ha già comprato una colomba.
Dato che la mangia solo lui però, come succede d’inverno con pandori e panettoni, ne avanza sempre un sacco.
Quindi prima che diventi stantia, la utilizzo per un dolce che nasce sì per necessità ma pare creato apposta per qualche occasione speciale.

20140309-220504.jpgAssomiglia forse un po’ ad un dolce diplomatico, è morbido e cremoso, fa venire subito voglia di un’altra fetta e si può naturalmente prevedere di servirlo come dessert a conclusione del pranzo di Pasqua, che quest’anno cade il 20 aprile, quindi sarà bene cominciare a pensarci un po’ su, almeno di tanto in tanto.

Si prepara una crema frullando insieme 3 uova intere, 100 gr di zucchero, 300 ml di latte, 200 ml di panna e 2 bicchierini di liquore all’Amaretto.
Si tagliano a fette non troppo sottili 500 gr di colomba classica e si fa un primo strato sul fondo di uno stampo da plumcake foderato di carta forno.
Si copre con 1/3 della crema, si accomodano sopra altre fette di colomba, si versa altra crema e di ripete l’operazione un’ultima volta terminando con lo strato di crema.
Si inforna a bagnomaria a 180 gradi per 35-40 minuti.
Si sforna e si fa raffreddare.
Si passa in frigorifero e quando è completamente freddo si sforma e si affetta.

Insomma, avrete capito che è così buono che conviene acquistare una colomba in più per poterlo fare!
Si può sostituire il liquore all’Amaretto con uno all’arancia ( Cointreau o Grand Marnier) che ci sta bene uguale. Infatti se ci pensate la colomba è farcita di canditi all’arancia e miste alla granella di zucchero della copertura ci sono le mandorle, quindi scegliete secondo il vostro gusto.

Oggi gratiniamo gli spaghetti allo scoglio

Ieri sicuramente tutti avete fatto quei favolosi spaghetti allo scoglio con una punta di zenzero che li ha resi speciali, vero? (Dai, ditemi di sì, così mi sento gratificata!)
Non solo, ma ne avete fatto di sicuro la quantità prevista per 6 persone mentre eravate solo in 4. (Vi prego continuate ad assentire!)
Quindi siete rimasti con due belle porzioni, che avete conservato in frigorifero e oggi siete sul punto di stupire il partner con una preparazione formidabile.
Pronti a gratinare con successo gli spaghetti preparati in più? (Rispondete affermativamente con grande entusiasmo, vi prego)
Questo è il risultato finale e vi spiego in due parole come arrivarci.

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Si aggiungono semplicemente agli spaghetti 1 uovo leggermente battuto con 50 ml di panna, 1 pizzico di sale, 1 cucchiaino di curry e dell’erba cipollina tagliata sottile.
Si mescolano, si arrotolano con un forchettone e si distribuiscono in due coppapasta, oliati e passati col pangrattato, appoggiati su una teglia coperta di carta forno.
Si decorano con qualche cozza, vongola e gambero tenuti appositamente da parte, si spolverizzano con altro pangrattato e si infornano a 200 gradi per non più di una decina di minuti.
Con l’aiuto di una paletta si fanno scivolare sui piatti, si solleva con attenzione il coppapasta, si decorano con un rametto di prezzemolo e si servono.

Questo è un escamotage da tener presente ed adottare anche quando si hanno ospiti e pur volendo offrire gli spaghetti allo scoglio, si desidera partecipare alle conversazioni in sala da pranzo senza essere relegati in cucina a cuocerli e a farli saltare in padella all’ultimo momento.
Già nel tardo pomeriggio si prepara tutto come se si dovessero servire da un momento all’altro, invece si infornano solo quando si porta in tavola l’antipasto.
Pensateci su perché secondo me è davvero un’ottima idea.

Escalopes à la créme (scaloppine alla panna)

La prima volta in cui siamo andati a Parigi è stato in luna di miele. In aprile saranno passati 45 anni…
I primi giorni mangiavamo piatti che oltre a non essere in grado di pronunciare, non sapevamo nemmeno riconoscere, ma più passava il tempo più il mio Francese arrugginito diventava fluente e in fatto di cibo cominciavamo ad assorbire inconsciamente profumi e aromi delle specialità francesi.
Senza rendercene conto diventavamo a mano a mano sempre più disinvolti, fino a quando finalmente in un ristorante nel piazzale antistante i cancelli dorati di Versailles, veramente di grande charme (che assomigliava alla descrizione della Locanda del Buon Mugnaio fatta da Alexandre Dumas Padre ne I Tre Moschettieri), abbiamo osato ordinare “scalopes à la crème”: squisite, cremose, tenere scaloppine di vitello, molto francesi e molto chic.
Non le abbiamo mai dimenticate, anche se nel corso dei successivi ripetuti viaggi, in Francia in generale e a Parigi in particolare, abbiamo imparato ad apprezzare moltissimi altri piatti della cucina d’Oltralpe.

20140218-230417.jpgVolendo assaggiarle, bisogna procurarsi:
300 gr di fettine di vitello
150 gr di spugnole
30 gr di burro
4 cucchiai di olio
1 spicchio d’aglio
125 ml di panna da cucina fresca
1 bicchierino di Sherry
1 spruzzo di Cognac
pepe bianco e sale
Si fa imbiondire l’aglio nell’olio, si elimina, si buttano nella padella i funghi mondati con cura e si fanno saltare. Si regolano di sale e si tengono da parte.
Si cuociono nel burro spumeggiante le fettine di vitello, si versa lo Sherry, si salano e si insaporiscono con un pizzico di pepe.
Si tolgono dal tegame e si tengono al caldo, si aggiungono al fondo di cottura il Cognac e la panna e si fa restringere la salsa a fuoco vivace.
Si rimettono i funghi nel tegame, si amalgamano alla panna, si impiattano le scaloppe e si coprono di sugo.

Queste scaloppine si chiamano anche Savoyarde e vengono bene perfino coi petti di pollo.
Sarà difficile che troviate le spugnole, come richiesto dalla ricetta originale, quindi potete usare gli champignon. Sconsiglio i porcini perché tolgono importanza alla salsa.
Lo Sherry, naturalmente, si può sostituire con un ottimo Marsala e il Cognac con il Brandy.
Insomma potete rimescolare la ricetta a vostro piacimento e avrete comunque un piatto eccellente.