LA CUCINA FRANCESE -carbonada di filetto, arrosto di girello, filetto di vitello alle spugnole, fleurs de courgette farcis.

Tratto da “La Cucina Francese e la Cugina Francese” di Silva Avanzi Rigobello

Capitolo 5 – Là ci darem la mano (Don Giovanni di Wolfgang Amadeus Mozart )

Sono stata una gioielliera per 15 anni, durante i quali mi sono occupata della gestione del personale, dell’allestimento delle vetrine, delle pubbliche relazioni, delle vendite e anche degli acquisti. Naturalmente .

L’esposizione delle eccellenze svizzere, in fatto di orologi, si teneva unicamente al Salone dell’Alta Orologeria di Ginevra, in aprile, e per gli acquisti mi facevo accompagnare da mio marito.

I primi anni non era ancora stato completato il raccordo autostradale della Valle d’Aosta fino al tunnel  del Monte Bianco, quindi dovendo attraversare “Augusta Pretoria” , ci fermavamo a pranzo nel centro storico di questa colonia militare fondata dai Romani nel 25 a.C. E considerata la Roma delle Alpi, per i numerosi monumenti augustei ancora presenti .

Per qualche anno abbiamo assaggiato le specialità di una eccellente cucina semplice e rustica, spesso a base di polenta, tipica della Valle d’Aosta.

Da quando però, mi pare nel ’94, é stato aperto l’ultimo tratto di Autostrada, si tirava dritto per arrivare  prima a destinazione ahimè, non più pranzi da veri “gourmet”0 “gourmand” all’Hostellerie du Cheval Blanc, ma veloci soste in Autogrill, per nutrirci con banali panini Camogli, Capri o Fattoria che in comune coi piatti Valdostani non avevano nemmeno la fontina.

Courmayeur, sul versante italiano, gode di un clima più mite rispetto a Chamonix, dalla parte opposta del traforo, grazie all’effetto barriera dovuto al Monte Bianco . Infatti, mentre spesso in Italia, si avvertiva già un certo lontano sentore di primavera, nonostante le cime dei monti ancora abbondantemente imbiancate, sui prati del versante francese, ai piedi del ghiacciaio dei Bossons, c’erano sempre grandi chiazze di neve sporca e indurita.

Quel breve tratto di territorio francese era piuttosto triste, cupo, con modeste fattorie sullo sfondo di campi ancora a riposo. Lo attraversavamo senza guardarci intorno, senza godere del panorama dei monti circostanti: era un po’ come percorrere la Palude della Tristezza di “Never ending Story”. In tanti anni, credo di non aver mai visto il sole  in quel tratto del percorso verso Ginevra, che invece si faceva prepotentemente strada fra le nuvole non appena ci si avvicinava al confine e si alzava la sbarra della Dogana Svizzera.

Con questo ho finito quello che avevo da dire sulla Francia in relazione ai viaggi fatti in direzione Ginevra.

Comunque, se considerate che in Valle d’Aosta si parla il Patois Valdotein, che é un dialetto di origine francese e che Ginevra è una città francofona, be’ mi perdonerete se desidero parlarvi anche di questa ripetuta esperienza, dal sapore in fondo lievemente francese.

La Società che commercializzava i marchi di orologi di cui parlavo prima, ci ospitava per due notti in prestigiosi hotel a 5 stelle affacciati sul Lago  Lemano , ci invitava a cena in ristoranti stellati, organizzava vivaci serate in locali di tendenza è feste multietniche , anche danzanti.

Abbiamo dormito sia nei letti king size del Grand Hotel Kempinski, che si trova in posizione privilegiata di fronte al Jet d’Eau, la fontana sul lago con uno spruzzo alto 140 metri, diventata il simbolo della città, che allo storico Hotel de la Paix, elegante e tradizionale, che ha ospitato anche la Principessa Sissi, con una stupenda vista sulle cime innevate del Monte Bianco, entrambi affacciati sul Quai du Mont-Blanc, l’indirizzo più prestigioso della città.

Ricordo di aver partecipato ad una serie di cene formali molto eleganti, per esempio allo Tse Fung, considerato il miglior ristorante cinese di Ginevra, dove ho assaggiato il più smisurato dim sun della mia vita, poi nel salone in stile Art deco del ristorante che si affaccia sull’omonimo Parc des Eaux Vives, dove ci hanno servito  riz  de veau à la Chartreuse  e anche al prestigioso Chat Botté, all’interno dell’Hotel Beau Rivage , dove l’antipasto era costituito da deliziosi  fiori di zucca ripieni di una brounoise di verdure e filetti di pesce persico.

Insomma per due giorni interi ogni primavera eravamo viziati, vezzeggiati, coccolati, rimpinzati di prelibatezze ,omaggiati con scatole di cioccolatini , cravatte e foulard firmati, penne, porta biglietti da visita in argento, portafogli e non ricordo cos’altro.

In buona disposizione d’animo, al Salone dell’Alta Orologeria, su appuntamento, esplicavamo in meno di mezza giornata le pratiche relative all’acquisto dei nuovi modelli di orologi e cronografi presentati. Alla buvette interna alla mostra non c’era da mangiare, anno dopo anno, nient’altro che Viande seche des Grisons  (in pratica bresaola) o Fondue out fromage, però serviti al tavolo da camerieri con i guanti che ci offrivano anche dell’eau d’Evian è un calice di Blauburgunder o di Fendant.

Il resto della giornata eravamo quindi liberi di visitare la città, con la sua aria da “grande dame”, attraversare il Point du Mont Blanc, per fare shopping in lussuosi Grands Magasins, curiosare tra gioiellerie, austere boutique e cioccolaterie, visitare la Vieille Ville con le sue stradine lastricate, i bellissimi giardini e l’inconfondibile suono di quasi tutt le città d’oltralpe: quello dell’acqua che zampilla dalle fontane di piccole piazze. Rilassante e diuretico.Ginevra è detta Petit Paris, per la sua particolare atmosfera fatta di zone verdi di panchine, tetti mansardati e palazzi dalle eleganti facciate da cui sporgono i balconi in ferro battuto. E secondo me, soprattutto per la forma del suo lago, che sembra un croissant.

CARBONADA DI FILETTO

4 fette di filetto di manzo, 1 carota, 2 scalogni , 1 gambo di sedano, 1 cipolla, 1/2 litro di vino rosso, 1 spicchio d’aglio, 1 rametto di rosmarino, olio e burro, sale e pepe.

Trito carota, scalogni e sedano e li faccio bollire nel vino fino ad ottenere una salsa piuttosto densa, salo e frullo tutto.

Affetto la cipolla e la faccio stufare a fuoco molto dolce con due cucchiai di olio e un pizzico di sale e la tengo al caldo.

Faccio saltare in padella i filetti con circa 30 gr di burro insieme a rosmarino e aglio, li salo e pepo abbondantemente. Raggiunto il grado di cottura preferito, elimino gli odori e verso nel tegame la salsa al vino.

Scaldo tutto rapidamente e appoggio ciascun filetto su un piatto, copro con le cipolle e irroro con la salsa.

Ad Aosta questo piatto l’ho mangiato servito su una fetta di polenta abbrustolita tagliata rotonda. Presentazione molto elegante e sapore molto intenso
ARROSTO DI GIRELLO

Circa 800 gr di girello di vitello, 100 grammi di pancetta a fettine sottili, 3 carote, 1 cipolla, 1. bicchiere di vino bianco, 1 mestolo di brodo, 1 bouquet garni,60 gr di burro, sale e pepe.
Avvolgo nella pancetta il pezzo intero di girello e lo lego con qualche giro di spago da cucina .

Affetto le carote e la cipolla e le faccio appassire in un tegame con il burro e il mazzetto odoroso. Aggiungo la carne. Salo appena e pepo con abbondanza.

Faccio rosolare, bagno col vino, aggiungo il brodo, metto il coperchio e faccio cuocere a fuoco dolce per circa 1 ora e mezza rigirando ogni tanto.

A cottura ultimata levo la carne, la slego e la tengo al caldo, tolgo la pancetta , che rimetto nel tegame e frullo tutto.

Affetto la carne e la servo irrorata con il sugo.

Il mazzetto odoroso, o bouquet garni, è costituito da rosmarino ( ma a volte è prezzemolo), alloro e timo legati insieme per facilitarne l’eliminazione a fine cottura. Ve l’avevo già detto? Mi pare di sì.

FILETTO DI VITELLO ALLE SPUGNOLE

4 fette di filetto di vitello di circa 150 gr l’una, 300 gr di spugnole ( morilles in francese) 1 spicchio di aglio, 1 bicchierino di Madera, 100 ml di panna , 60 gr di burro, prezzemolo tritato, poca farina,sale e pepe.

Mondo con molta cura le spugnole e le lavo ripetutamente perché  negli alveoli spesso rimangono delle impurità, le affetto, faccio imbiondire l’aglio con 30 gr di burro, lo elimino e aggiungo i funghi, li salo , li pepo e li faccio cuocere per circa 15 minuti. Ne frullo circa la metà con la panna, li rimetto nel tegame, spolverizzo con il prezzemolo e li tengo al caldo.

Infarino i filetti e li faccio saltare in una padella con i restanti 30 gr di burro, aggiusto di sale e pepe e sfumo con il Madera.

Lascio evaporare, poi allineo i filetti in una piccola pirofila, li copro con la salsa di S pugnole e passo in forno a 200 gradi per qualche minuto.

Le spugnole sono dei funghi difficilmente reperibili se non in primavera, verso marzo/aprile, molto amati dalla cucina francese. Un consiglio: se non li trovate in commercio , in questa ricetta non sostituiteli con gli champignon, ma piuttosto con i finferli (detti anche gialletti, cantarelli o gallinacci ), molto più saporiti.

FLEURS DE COURGETTE FARCIS

16 piccole zucchine col fiore, 4 filetti di pesce bianco (orata, branzino , sogliola) 2 cucchiaiate di verdure miste per il soffritto, 120 gr di ricotta, 1 uovo,prezzemolo tritato, sale e pepe, burro e olio.

Stacco i fiori dai gambi e li lavo. Taglio a dadini molto piccoli le zucchine e le faccio saltare in poco olio con sedano, carota e cipolla.

Frullo con l’uovo e la ricotta i filetti di esce.Mescolo con questo composto le verdurine, aggiusto di sale e pepe, incorporo il prezzemolo e farcisco con delicatezza i fiori, ai quali ho tolto il pistillo.

Li sistemo in una pirofila imburrata leggermente distanziati, cospargo di fiocchetti di burro e inforno a 180 gradi per una ventina di minuti.
La ricetta originale prevede di utilizzare nel ripieno il pesce persico del Lago Lemano, ma non amando i pesci  d’acqua dolce ( ad eccezione del salmone che invece adoro sia al naturale che affumicato ),  preferisco usare per la farcia uno qualunque dei pesci citati, ma vanno bene anche i filetti di merluzzo.

É importante che i fiori non si tocchino altrimenti in cottura si appiccicano fra loro.

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LA CUCINA FRANCESE  – Scalopes a la créme, coq au vin, soupe aux champignons,tarte tatin

Tratto da “La Cucina Francese e la Cugina Francese ” di Silva Avanzi Rigobello

Capitolo 3-  Viva il vino spumeggiante. ( Cavalleria Rusticana di Pietro Mascagni )

Lasciata Parigi, prima di proseguire verso la Valle della Loira, seconda importante meta della nostra Luna di miele, verdissima e incantata Regione di castelli , stagni e foreste, ci siamo fermati a visitare Versailles.

La visita della reggia di Versailles deve averci in qualche modo impressionato a livello subliminale, perché a distanza di una trentina d’anni abbiamo cominciato ad apprezzare  i mobili e gli arredi un po’ frou-frou cari a due o tre Luigi e a prenderli inpunemente ad esempio nel decorare casa nostra.Dopo essere partiti dai mobili lucidi bianchi e laccati, passando attraverso acciaio e vetro fume’ , seguiti dal rigore dei mobili svedesi in betulla , fino al classico Ottocento incupito da qualche importante pezzo del Seicento, siamo infine approdati al lezioso Settecento, con le sue dorature, i riccioli e le volute e all’eclettico e sfarzoso Napoleone III.

Comunque, sarà che l’esperienza parigina ci aveva fortificati, sarà che l’aver assistito agli spettacoli del Moulin Rouge e del Crazy Horse bevendo ogni volte mezze bottiglie di Champagne ci aveva resi audaci, o più semplicemente sarà che avevamo finito con l’assorbire incoscientemente odori ed aromi delle specialità francesi , fatto sta che in un ristorante del piazzale antistante i cancelli dorati di Versailles, che poteva essere la Locanda del Buon Mugnaio descritta da Alexandre Dumas  (Padre) , abbiamo osato ordinare ” Scalopes à la créme”.

E perfino  due calici di Bordeaux.

É stata un’esperienza che ci ha sdoganato dal timore di nutrirci  con qualcosa che oltre a non essere in grado di pronunciare , non sapevamo nemmeno riconoscere .

É successo tutto d’un botto, come quando da piccolo non sai  leggere l’ora sul quadrante dell’orologio che ti hanno regalato per la Prima Comunione e poi improvvisamente il significato della posizione delle lancette non é più un mistero.

Il mio francese era all’inizio timido e arrugginito, ma le lingue straniere sono come le biciclette: più fai esercizio, più corri veloce. La citazione non deve essere proprio esatta, ma credo che il concetto che ho espresso  non si presti ad interpretazioni  distorte.

A mano a mano che la permanenza sul suolo gallico si protraeva, riuscivo a capire quasi tutto e ad elaborare ed esternare concetti sostanzialmente ricchi di significato.

Insomma, oltre a chiedere correttamente indicazioni per andare alla toilette , a Parigi avevo un dialogo non impegnativo con il giornalaio, con l’addetto alla lavanderia all’angolo (di certo anche lui imparentato con i titolari del nostro albergo di Neuilly ) e con camerieri ai quali avevo avuto il coraggio di chiedere cosa diavolo fossero un “filet Richelieu o il Coq au vin” , capendo le risposte.

Alla fine abbiamo raggiunto  Blois , una deliziosa cittadina feudale che fu la culla della dinastia Capetingia (punto di partenza per visitare Tours e Orléans e soprattutto i castelli della Valle della Loira),  dove ci saremmo fermati mi pare quattro notti in un pittoresco alberghetto  , una costruzione del ‘500 , col tetto di ardesia blu e vista sulla Cattedrale di Saint Louis e sul primo ponte edificato sulla Loira intorno all’anno 1000, devastato dai bombardamenti del 1940 e poi ricostruito.

Non é che li volevo vedere proprio tutti  e 300 i castelli della zona , ma quello che mi ero immaginata  di queste storiche e imponenti magioni, era che si trovassero sulla riva del fiume.

Mi aspettavo insomma che fossero facilmente raggiungibili e che il tour dei Castelli della Loira fosse una specie di escursione come la mini crociera che avevo fatto l’anno precedente per ammirare le Ville Venete della Riviera del Brenta, a bordo del Burchiello. Invece i 300 suddetti castelli , costruiti tra il Medioevo e il XVII secolo, sono in parte situati nella Valle della Loira vera e propria e in parte lungo valli trasversali, spesso sulle rive di altri fiumi.

Comunque, ne abbiamo visitato sei, più quello di Blois. Vi do un’idea veloce delle loro caratteristiche , perché vale proprio la pena di andarci , anche se c’è da spostarsi un pochettino in auto per vederli.

Chambord é un indiscusso capolavoro di raffinato equilibrio tra l’austerità di una fortezza medievale e l’eleganza dell’architettura italiana del Rinascimento;

Azay-le-Rideau, costruito su un’isola al centro del fiume Indre, è a mio avviso il più romantico di tutti, tanto che potrebbe essere servito da modello ai vecchi cartoni animati di certe favole Disney;

Chenonceau, il più visitato dopo la Reggia di Versailles, noto come il Castello delle Dame, sorge direttamente sul suggestivo fiume Cher, che corre per un tratto sotto il salone da ballo ;

Amboise, dalle linee severe , in origine era una fortezza e fu la dimora di Luigi XI, Carlo III, Francesco I e Caterina de’ Medici. A suo interno, nella cappella Saint Hubert è sepolto Leonardo da Vinci;

Chaumont-aur-Loire, che sorge in posizione dominante su una collinetta  e richiede una passeggiata di almeno 15 minuti per essere raggiunto dal parcheggio, ospitò fra le sue mura anche Nostradamus, Benjamin Franklin e di nuovo Caterina de’ Medici , che essendo la regina poteva fare un po’ quello che le pareva , perfino sovvertire , come in realtà ha fatto, le regole francesi dello stare a tavola  e introdurre alcune ricette toscane di cui ora i francesi rivendicano la paternità;

Cheverny è il più spettacolare  e merita senz’altro una visita per l’eccezionale eleganza degli arredi, la ricchezza di dipinti alle pareti e la raffinatezza delle decorazioni.

Infine, il Castello Reale di Blois, che ospitò ben 7 Re e 10 Regine, è un fantastico esempio di architettura eclettica : medievale, gotica e rinascimentale, con alcuni accenni di stile classico . Quello che ricordo ancora è  la magnifica eleganza del maestoso scalone a spirale che domina il cortile e gli stupendi arredi e corredi delle cucine.

Magari per uno dei prossimi anniversari ci torniamo sulla Loira . Si potrebbe inserirla nell’itinerario di rientro dalla Bretagna. La trovo una buona idea , voi che cosa ne pensate? 

Non so però se avrò il coraggio di farmi fotografare di nuovo seduta sulla spalletta del ponte, per non essere costretta a fare brutali confronti con quelle foto in cui sono ritratta col vestitino azzurro sopra il ginocchio e quel l’aria di trepida aspettativa, di fiduciosa curiosità per tutte le cose che di lì in avanti mi avrebbe riservato la vita .

Sapete cosa adorerei? Riuscire a prenotare , come allora, la mezza pensione in quella locanda sulla Loira, se c’è ancora. Era senza grandi pretese, ma accogliente e suggestiva , con in più un ristorante è una cantina veramente notevoli.
Parlo liberamente della cantina perché finalmente i vini francesi ci avevano conquistato. Abbandonata la birra che in pratica ci aveva dissetato durante tutto il soggiorno a Parigi, accompagnavamo ormai con un vino d’eccellenza come il Sancerre bianco, i pasti veloci del mezzogiorno a base di andouillette , terrine maison ed eccezionali formaggi di capra, gli stessi che facevano dire a Rabelais che questa Regione era ” il luogo del ben vivere e del buon mangiare”.

La sera cenavamo in albergo con soupe aux champignons o à l’ognon , hachis parmentier , blancs de volaille Mireille , confit d’oie farci accompagnati da qualche bicchiere di Chinon e finivamo con generose porzioni di tarte Tatin servite con panna fresca e vino Muscadet. 
Probabilmente ci coricavamo un po’ brilli, ma credo che nessuno si aspetti che la caratteristica peculiare della luna di miele sia la sobrietà.

SCALOPES  À LA CRÉME

300 gr di fettine di vitello, 150 gr di spugnole, 30 gr di burro , 4 cucchiai di olio , 1 spicchio d’aglio, 125 ml di panna da cucina fresca, 1 bicchierino di Sherry , 1 spruzzo di Brandy ,sale e pepe bianco.
Faccio imbiondire l’aglio nell’olio, lo elimino, butto nella padella i funghi mondati e li faccio saltare . Regolo di sale e li tengo da parte.

Cuocio nel burro spumeggiante le fettine di vitello, le spruzzo con il brandy , sale e pepe.

Le tolgo dal tegame e le tengo al caldo , aggiungo al fondo di cottura lo Sherry e la panna e faccio restringere a fuoco vivace.

Rimetto i funghi nel tegame, li amalgamo alla panna , impiatto le Scalopes e le copro col sugo.

Queste scaloppine si chiamano anche  Escalopes Savoyarde e vengono bene perfino coi petti di pollo. Se non trovate le spugnole, come richiesto dalla ricetta originale , potete usare  gli champignon , ma sconsiglio i  porcini che tolgono importanza alla salsa. Lo Sherry , naturalmente, si può sostituire con un ottimo Marsala. Insomma potete rimescolare la ricetta a vostro piacimento e avrete comunque un piatto eccellente.

COQ AU VIN

1 pollo tagliato in 8 pezzi, 1 bottiglia di Borgogna, 50 gr di porcini secchi , 200 gr di cipolline, 1 cipolla, 2 spicchi d’aglio, 2 carote, 50 ml di brandy, 50 ml di brodo , 200 gr di lardo, 15 gr di farina, 200 gr di burro , 3 foglie di alloro , chiodi di garofano e pepe nero in grani, 2 cucchiaini di zucchero, olio, pepe e sale, timo e alloro
La sera precedente preparo la marinata. Metto in una grossa ciotola le carote a fette, la cipolla tagliata in quattro, l’aglio, l’alloro, i chiodi di garofano, i grani di pepe, il vino e anche i pezzi di pollo. Copro con la pellicola è conservo in frigo per almeno 12 ore.

Il giorno successivo metto a bagno in acqua tiepida i porcini secchi . Filtro il liquido della marinata , lo metto a bollire in un pentolino e lo riduco della metà. Trito la cipolla e il lardo e li faccio soffriggere con circa 40 gr di burro , strizzo i funghi , li tagliuzzo grossolanamente e li unisco al soffritto , aggiungo i pezzi di pollo sgocciolati , salo ,pepo e li lascio rosolare.

Sfumo con il brandy ,aggiungo la riduzione di vino e lascio cuocere a fuoco medio, coperto, per circa 1 ora.

Intanto verso in un piccolo tegame due cucchiai di olio, le cipolline, lo zucchero, il mestolino di brodo , sale e pepe e lascio cuocere fino a farle glassare .

Tolgo i pezzi di pollo dal tegame e li tengo al caldo, intanto frullo il fondo di cottura , rimestando incorporo a piccoli pezzi il restante burro , che ho miscelato alla farina e rimetto la salsa sul fuoco.

Quando si è addensata, aggiungo i pezzi di pollo e le cipolline , che ormai sono pronte e lascio il tegame sul fuoco ancora 5 minuti, mescolando una o due volte.

Questa versione del Coq ai vin é stata resa più semplice e quindi più moderna. L’originale prevede per prima cosa l’utilizzo di un gallo ruspante dalle carni sode e tenaci , inoltre come in molte altre preparazioni francesi, suggerisce una prima rosolatura del volatile , che poi va tolto dal tegame, nel quale si fanno successivamente cuocere gli altri ingredienti comprese le verdure della marinata, quindi un passaggio in forno, oltre a due cotture separate delle  cipolline e dei funghi champignon freschi. Scegliete voi: sono entrambe ottime.

Fate conto che una potrebbe essere la ricetta di Julia Child  e l’altra quella di Auguste Escoffier. Dovrebbe esisterne anche una terza, molto più antica , risalente ai tempi di Giulio Cesare ( forse durante la conquista della Gallia) che ne era un grande estimatore, ma ne ignoro le fasi di preparazione.

SOUPE AUX CHAMPIGNONS

1/2 chilo di funghi coltivati, 30gr di  funghi secchi , 1 litro di brodo di pollo, 60 gr di farina, 80 gr di burro, 2 scalogni,  2 pomodori pelati, prezzemolo tritato, sale e pepe.
Faccio ammollare i funghi secchi in acqua calda, quando si sono ammorbiditi li trito.

In una casseruola faccio soffriggere  gli scalogni affettati molto sottili in circa 25 gr di burro, aggiungo i funghi secchi e gli champignon a fettine, salo e pepo e li faccio cuocere a fuoco moderato per una mezz’oretta: l’acqua di vegetazione emessa deve evaporare completamente .

Nel frattempo faccio sciogliere il rimanente burro , aggiungo la farina e giro con un mestolo di legno per non fare grumi. Un po’ alla volta unisco il brodo e faccio cuocere per una decina di minuti.

Verso questo composto nel tegame dei funghi, aggiungo i pelati  sgocciolati e tagliati a filetti e proseguo la cottura a fuoco basso per altri  10 minuti .

Insaporisco con sale  e pepe e spolverizzo col prezzemolo tritato .

La porto in tavola caldissima in una zuppiera..

TARTE TATIN

200 gr farina, 100  più 80 gr di burro , circa 75 ml d’acqua gelata , 1 pizzico di sale , 1 chilo di mele golden,  200 gr di zucchero .
Preparo la pasta brisè tagliuzzando nella farina , col sale, 100 gr di burro molto freddo , impasto velocemente con la punta delle dita unendo l’acqua gelata poca per volta. Faccio  un panetto e lo metto in frigo.

Intanto preparo un caramello biondo con 150 gr di zucchero e 2 cucchiai d’acqua , lo verso in una tortiera ben imburrata e sistemo sopra le mele , sbucciate e tagliate a quarti, ben accostate.

Spolverizzo con i restanti 50 gr di zucchero e distribuisco il burro rimasto a fiocchetti . Stendo la pasta con il matterello, l’appoggio sulle mele e la rimbocco tutto intorno.

Inforno a 180 gradi per 30-35 minuti. Quando la pasta è bella dorata la sforno e la capovolgo su un piatto da portata.

In Francia non lo farebbero mai, però io ho provato ad unire allo zucchero che ho sparso sulle mele, un cucchiaino di cannella .

Ho poi servito la torta ancora calda con qualche cucchiaiata di panna montata con lo zucchero a velo. È questo invece in Francia lo fanno : la chiamano crema Chantilly, che da noi invece  è più complessa.

Escalopes à la créme (scaloppine alla panna)

La prima volta in cui siamo andati a Parigi è stato in luna di miele. In aprile saranno passati 45 anni…
I primi giorni mangiavamo piatti che oltre a non essere in grado di pronunciare, non sapevamo nemmeno riconoscere, ma più passava il tempo più il mio Francese arrugginito diventava fluente e in fatto di cibo cominciavamo ad assorbire inconsciamente profumi e aromi delle specialità francesi.
Senza rendercene conto diventavamo a mano a mano sempre più disinvolti, fino a quando finalmente in un ristorante nel piazzale antistante i cancelli dorati di Versailles, veramente di grande charme (che assomigliava alla descrizione della Locanda del Buon Mugnaio fatta da Alexandre Dumas Padre ne I Tre Moschettieri), abbiamo osato ordinare “scalopes à la crème”: squisite, cremose, tenere scaloppine di vitello, molto francesi e molto chic.
Non le abbiamo mai dimenticate, anche se nel corso dei successivi ripetuti viaggi, in Francia in generale e a Parigi in particolare, abbiamo imparato ad apprezzare moltissimi altri piatti della cucina d’Oltralpe.

20140218-230417.jpgVolendo assaggiarle, bisogna procurarsi:
300 gr di fettine di vitello
150 gr di spugnole
30 gr di burro
4 cucchiai di olio
1 spicchio d’aglio
125 ml di panna da cucina fresca
1 bicchierino di Sherry
1 spruzzo di Cognac
pepe bianco e sale
Si fa imbiondire l’aglio nell’olio, si elimina, si buttano nella padella i funghi mondati con cura e si fanno saltare. Si regolano di sale e si tengono da parte.
Si cuociono nel burro spumeggiante le fettine di vitello, si versa lo Sherry, si salano e si insaporiscono con un pizzico di pepe.
Si tolgono dal tegame e si tengono al caldo, si aggiungono al fondo di cottura il Cognac e la panna e si fa restringere la salsa a fuoco vivace.
Si rimettono i funghi nel tegame, si amalgamano alla panna, si impiattano le scaloppe e si coprono di sugo.

Queste scaloppine si chiamano anche Savoyarde e vengono bene perfino coi petti di pollo.
Sarà difficile che troviate le spugnole, come richiesto dalla ricetta originale, quindi potete usare gli champignon. Sconsiglio i porcini perché tolgono importanza alla salsa.
Lo Sherry, naturalmente, si può sostituire con un ottimo Marsala e il Cognac con il Brandy.
Insomma potete rimescolare la ricetta a vostro piacimento e avrete comunque un piatto eccellente.