Polenta e renga

Finiti i festeggiamenti di ieri, rimettiamoci al lavoro condividendo una squisita ricetta Veronese tradizionale della Quaresima.
Parona è una frazione di Verona affacciata sull’Adige che ha rivestito nei secoli scorsi una grande rilevanza in quanto importante porto doganale per le merci in arrivo per via fluviale dal Nord Europa.
Ancora all’epoca del baratto, grazie al pagamento “in natura” dei barcaioli che sostavano nelle locande e osterie di Parona, l’aringa è approdata sulle rive del nostro Adige.
Il Mercoledì delle Ceneri qui tradizionalmente di festeggia il primo giorno di Quaresima con la preparazione e la vendita in piazza di un piatto eccellente e antico: l’aringa affumicata accompagnata dalla polenta.
Ci sono molte ricette per preparare “la renga” che è uno dei fondamenti della cucina povera Veronese.
Una delle migliori che abbia mai mangiato è quella che fa il nostro amico Franco, che abitando a Parona ha sempre la felice idea di invitare un gruppo di amici a festeggiare in taverna l’inizio della Quaresima preparando personalmente questo piatto squisito.

20150226-174755.jpgCi sono due modi per cuocere le aringhe affumicate, che si acquistano intere oppure a filetti sotto vuoto, decisamente molto più pratici, nei negozi che vendono il baccalà, le alici salate, le olive, i capperi sotto sale.
Il metodo più antico prevedeva la cottura delle aringhe sulla graticola posta sulle braci, ma oggi cucinarle può essere più semplice.
La ricetta di Franco, alla quale vi suggerisco di attenervi se intendere provare questo piatto straordinario, è la seguente, passo passo.
Dopo aver privato le aringhe della testa e della coda, si spellano e si fanno bollire 2-3 minuti in abbondante acqua e latte in parti uguali per togliere la troppa salinità.
Si scolano, si diliscano con cura e si spezzettano.
Si accomodano in un contenitore con il coperchio e si condiscono con abbondantissimo olio, prezzemolo tritato, aglio a fettine, capperi sott’aceto e (facoltativo) alcune falde di peperone rosso e giallo scottati sulla griglia e tagliati a striscioline.
Naturalmente più tempo si lasceranno le aringhe a macerare con questi ingredienti, più saporito risulterà il piatto.

È ovvio che “la renga” oltre che tradizionalmente il Primo di Quaresima è una specialità che si può gustare con soddisfazione durante tutto l’arco dell’anno, basta avere la pazienza di prepararla
È un piatto rustico e antico pieno di sapore, stuzzicante e deliziosamente sapido.
La indispensabile polenta che lo accompagna può essere morbida o “brustolà”, cioè passata sulla griglia, dipende dalle vostre preferenze.

Filetti di cernia alla leuchese

Dopo la nascita dei nostri figli, quando erano ancora bambini e poi ragazzini, in vacanza siamo sempre andati al Sud: in Sicilia, in Puglia, in Sardegna o in Calabria, che come clima, spiagge, cibo e mare offrivano veramente molto.
Prima, quando eravamo solo una coppia, naturalmente facevamo scelte diverse, meno “stanziali”, più itineranti e a lungo raggio, ma coi bambini abbiamo privilegiato nei primi anni tranquille località balneari e poi i Villaggi Valtur.
Forse in quegli anni i lidi della Calabria sono stati i più gettonati, ma anche in Puglia abbiamo passato estati bellissime.
Tutte queste chiacchiere per parlarvi della prima volta in cui ho assaggiato una cernia: è stato a Leuca.
Qui nel nostro Alto Adriatico, la cernia era un pesce poco conosciuto, che non veniva quasi mai proposto nei ristoranti specializzati in cucina di mare, dove invece abbondavano le specie ittiche locali. Naturalmente adesso è diverso, ma una trentina d’anni fa era tutto molto meno globalizzato.
Avevamo un amico, appassionato cacciatore subacqueo e abile cuoco, con una casa a Leuca, che da Gallipoli, dove passavamo le vacanze quell’anno, qualche volta raggiungevamo per un bagno e una cena a base di pesce pescato da lui, col fucile o con la lenza.
ll giorno in cui aveva catturato due splendide cernie fummo invitati a condividerle.
Da allora, per me c’è un solo modo di cucinare la cernia: quello più semplice, quello che ho imparato da Nicola.
Oggi parliamo proprio di questo.

20140626-015953.jpgSi sfiletta una bella cernia o si acquistano 4 filetti senza pelle, come ho fatto io mercoledì dalle due signore del banco del pesce qui al mercato del quartiere, che io chiamo “il mio pescivendolo di fiducia”.
Si fanno dorare in 4-5 cucchiai di olio 2 spicchi d’aglio schiacciati e 1 peperoncino. Si eliminano, si aggiungono nel tegame 3-4 alici sott’olio spezzettate e si fanno sciogliere mescolando con un cucchiaio di legno.
Si sgocciolano 4 pomodori pelati, si tagliano a pezzi e si uniscono alle alici.
Si insaporiscono con una bella macinata di pepe. Niente sale.
Quando il sugo si è ristretto, si accomodano nel tegame i filetti di cernia sciacquati, si aggiungono capperi, olive nere e pomodorini Pachino, qualche foglia di basilico spezzettata con le mani e del prezzemolo tritato.
Si mette il coperchio per i primi 5 minuti di cottura, poi si spruzza con 1/2 bicchiere di vino bianco, si fa sfumare e si finisce di cuocere a fuoco vivace e a tegame scoperto.
Con un cucchiaio ci si aiuta a coprire il pesce di sugo, non occorre rigirarlo. Bastano altri 10 minuti e la cottura è ultimata.
Si serve subito, si gusta con molto piacere e non si scorda più.

Uova sode ripiene di tonno

Il 18 aprile scorso nell’articolo sulle uova Scozzesi, dicevo appunto come le uova siano una delle fondamentali componenti dei menù di questo periodo pre e post Pasquale.
Andando avanti con la stagione poi, trovo che le famose uova ripiene di tonno di casa mia, siano un piatto gradito, fresco e saporito da servire come antipasto, come piatto unico a pranzo o su un vassoio da buffet praticamente per tutta l’estate.
Insomma, abbiamo già avuto modo di confrontarci sulla versatilità delle uova sode, non resta quindi oggi che svelare la ricetta di quelle di mia nonna.

20140426-003032.jpgSi lessano per esempio 4 uova per 8 minuti, si fanno raffreddare, si sgusciano, si tagliano a metà e si prelevano i tuorli.
Si tritano insieme a coltello 4 filetti di alici sott’olio e una cucchiaiata di capperi sott’aceto strizzati.
Si versano in una ciotola con 80 gr di tonno sgocciolato (1 scatoletta) sminuzzato alla perfezione con una forchetta.
Si uniscono i tuorli schiacciati, 1 cucchiaio di maionese, un pizzico di pepe bianco, un cucchiaino di prezzemolo tritato e si monta questo composto con una spatola.
Quando tutto è ben amalgamato, si riempiono i mezzi albumi sodi tenuti da parte e si decora con qualche pezzettino di sottaceto.
Si conservano in frigorifero fino al momento di servire.

Le uova sode di mia nonna sono golose e sfiziose.
A Pasqua le ho servite tra gli antipasti, ma dato che si trattava di un pranzo importante, le ho decorate anziché con i sottaceti, con una onnipresente coda di gambero al vapore, molto più elegante.

Aspettando il pranzo di Pasqua

Un amuse bouche facile e veloce, carino, fresco e appagante per far pazientare gli ospiti in attesa che il pranzo sia in tavola.

20140408-010015.jpgOccorrono solo 6 fette di pancarrè ai 7 cereali, quello scuro e profumato e 6 di pancarrè bianco, 12 pomodorini ciliegino, un rametto di prezzemolo, qualche cucchiaiata di salsa tapenade e della salsa di tonno.

Si privano tutte le fette di pane della crosta e si dà loro una forma quadrata e regolare.
Si spalmano abbondantemente 3 fette di quello bianco con uno strato di salsa di tonno, sopra si appoggiano le 3 fette di pane nero e si distribuisce una cucchiaiata di tapenade, altre 3 fette di pane bianco, un altro strato di salsa di tonno e si copre con le ultime 3 fette di pane ai cereali.
Si tagliano in 4 i tre “sandwich” e si infilza ogni piccola porzione con un pomodorino abbellito da una fogliolina di prezzemolo infilato in uno stecchino.

Naturalmente le dosi dipendono da quanti sono gli ospiti e quelle che ho suggerito vanno eventualmente raddoppiate o triplicate.
Ho trovato comodo spiegare il procedimento con queste proporzioni perché con 3 sandwich si ottengono 12 bocconcini e mi parevano un buon inizio. Eventualmente moltiplicate.
Vi do la ricetta della tapenade. Va bene?
Frullo 100 gr di tonno con 50 gr di filetti di acciughe, 50 gr di olive nere, 1 cucchiaino di capperi sott’aceto strizzati, una puntina di aglio, 1 cucchiaio di succo di limone e 1 di olio.
Tutto qua, ma ha un gusto così Provenzale!
Ah, la salsa di tonno la sapete fare, no?
No?! Allora vi do la versione semplice: si lessano 2 uova, si prelevano i tuorli, si schiacciano con la forchetta, si aggiungono 1 cucchiaio di maionese, 50 gr di tonno, 1/2 cm di pasta d’acciughe e si mescola bene.
Anche questa potrebbe passare per una salsa Provenzale, se solo ci fosse una punta di aglio!

L’omino di pan di zenzero

L’omino di pan di zenzero è una figura originaria del Nord Europa che ormai siamo abituati a vedere sotto forma di biscotti durante tutto il periodo delle Feste Natalizie.
Questi dolcetti sono un classico prodotto da forno da appendere all’albero o da sgranocchiare mentre lo si addobba.
Quest’anno il mio personale omino, classico simbolo del Natale d’Oltralpe, esce da un bello stampo da torta in silicone, riempito invece di mousse di tonno.
Eccolo qui, tutto vestito a festa con il papillon di peperone rosso e i bottoni di capperi, diventato uno degli antipasti del nostro pranzo di Natale.

20131227-094627.jpgLa mousse è semplice e molto ghiotta e si può presentare in qualunque forma, persino già spalmata sui crostini nel vassoio delle tartine di Capodanno, se preferite.
Uno stampo a soggetto Natalizio però era l’ideale per questa occasione… e non è l’unico che ho utilizzato. Quest’anno infatti ho temporaneamente abbandonato le classiche terrine di porcellana per questi contenitori decisamente più stagionali.

Veniamo al dunque: per questa mousse servono 250 gr di tonno sott’olio, sgocciolato, 50 gr di burro morbido, 2 cm di pasta d’acciughe, 1/2 limone spremuto, 1 cucchiaino di capperi sott’aceto, sciacquati e strizzati e 2 cucchiai di maionese.
Si frulla tutto a lungo e si mette in frigo a rassodare nel contenitore scelto.

Basta anche una ciotola che andrà poi decorata con maionese e prezzemolo tritato e passata in giro per la tavola.
Naturalmente per ottenere un omino grande come il mio, ho raddoppiato le dosi che vi ho dato prima.
Ah, è piaciuto a tutti!

Un pic nic in casa

Ci sono alcune occasioni in cui anziché il pranzo della domenica classico e consueto, è meglio offrire una specie di pic nic… placè.
Qualche settimana fa, per esempio, le circostanze della riunione di famiglia suggerivano proprio una soluzione di questo tipo.
Eravamo nove persone, di tre generazioni, e tutti ci siamo goduti un pranzo freddo, già servito in tavola: così anche la padrona di casa (che come avrete capito ero io) è potuta restare seduta con gli altri per tutta la durata del pasto.
Ed è stato bellissimo.
L’abbondanza e la qualità del cibo non ne hanno certo risentito ed è stato anzi un modo molto informale e conviviale di pranzare festeggiando un compleanno.
Avevo preparato una grossa pissaladière, una pie di sfoglia (di cui vi ho dato le ricette rispettivamente nei post del 6 luglio e dell’11 giugno), una “pizza” pomodorini e scamorza, una ricca, classica insalata nizzarda e il vitello tonnato, servito con sottoli e sottaceti.
Anche dell’insalata Nizzarda abbiamo più o meno già parlato e la pizza classica la sapete fare di sicuro, quindi non mi resta che descrivere il mio vitel tonnè, come lo chiamava la mia mamma, ritenendo che la denominazione francese giustificasse un piatto non quotidiano, raffinato ed elegante. Il mio papà ne andava pazzo.
Anche per me il vitel tonnè è rimasto un piatto simbolo delle occasioni speciali, dei pranzi di compleanno e dei festeggiamenti in generale.
Ho molte ricette e conosco diversi modi per prepararlo, ma il più antiquato, banale, familiare e soddisfacente è quello di cui vi do la ricetta. Senz’altro il vostro sarà anche più buono, ma il mio parla di casa, di tradizioni e di affetti.

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Si fanno lessare 1200-1400 gr di girello di vitello, privato di tutte le cartilagini, con 1 gambo di sedano, 1/2 cipolla piccola, 1 carota, 1 foglia di alloro, 1 chiodo di garofano, 1 pezzetto di buccia di limone, 1/2 cucchiaino di sale grosso, 1 bicchiere di vino bianco e l’acqua sufficiente a coprire appena la carne.
Ci vorrà un po’ più di 1 ora perché sia cotta a puntino, tenera e morbida.
Si lascia raffreddare nel suo brodo, poi si scola e si mette in frigorifero meglio fino al giorno successivo: per essere tagliata a fette sottili infatti deve essere molto fredda e compatta.
Si prepara nel frattempo la salsa tonnè. Si frullano 2 scatolette piccole di tonno sgocciolato insieme a 1 tazza di maionese, 1 cucchiaiata di capperi sciacquati, 2 acciughette sott’olio, 1 pizzico di pepe bianco e 1/2 bicchiere di liquido di cottura filtrato.
Quest’ultima aggiunta è fondamentale, una sorta di segreto dello chef che infonde un particolare sapore di fondo, non riconoscibile ma avvertibile, alla salsa.
Salsa che deve risultare densa e cremosa (che eventualmente si aggiusta aggiungendo altro liquido o altra maionese, secondo necessità) con la quale si coprono generosamente le fettine di vitello allineate leggermente sormontate su un grande piatto da portata.
Si completa decorando con qualche cappero e servendo a parte carciofini, funghetti e cetriolini. Come una volta.

Ricetta da tener presente anche per le prossime Feste, perché… dai diciamolo in coro: fra poco è veramente Natale!

Festeggiamo le mie prime 100 ricette con un vassoio di canapè

Ho scelto di festeggiare questo felice traguardo con dei “canapè” perché quando ero bambina non c’erano festicciole di compleanno, riunioni di famiglia e ricorrenze di varia natura in cui non si servissero “i rinfreschi”.
Oggi difficilmente in occasione di Battesimi, fidanzamenti, Prime Comunioni o anniversari verrà offerto un ricevimento in casa, piuttosto si organizzerà un Happy Hour in un bar del centro, ma allora (verso gli anni ’50) in queste circostanze, nel salotto buono delle famiglie borghesi, venivano serviti vini leggeri, caffè, tè, spremute, bocconcini al latte imbottiti, dolcetti e “canapè”.

In Francia per canapè si intende un sofà, vale a dire un divano dotato di braccioli e schienale, mentre da noi è sinonimo di “tartina”.
Anche oggi ci si può comunque divertire organizzando con gli amici una cenetta estiva disinvolta e appetitosa a base di canapè.
Ci sono molti modi per eseguirli e presentarli, ma se sono il piatto principale di detta informale cenetta, conviene che siano sostanziosi, con ingredienti importanti appoggiati su fette spesse di pane in cassetta leggermente tostato, da mangiare con le posate.
Come questi qui, per esempio.

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Dall’alto in basso, si tratta di:

  • tartare di manzo con i classici capperi (o cetriolini) sottaceto, cipolla, tuorlo d’uovo crudo, ma di quaglia per una questione di dimensioni;
  • fettine di roast beef di vitellone spalmate di senape e arrotolate, guarnite con mostarda di Cremona a cubetti, appoggiate su una foglia di lattuga;
  • involtini di prosciutto di Praga ( o di prosciutto cotto) ripieni di insalata russa arricchita con tonno sott’olio sgocciolato e sbriciolato;
  • carpaccio di spada affumicato con maionese aromatizzata al wasabi o al rafano;
    variazione del tradizionale sandwich BLT (Bacon, Lettuce, Tomato) con aggiunta di uovo di quaglia sodo ai classici pancetta, lattuga e pomodoro;
  • formaggio erborinato piccante con mezza albicocca sciroppata e fettine di ravanello.

Questi abbinamenti sono solo un’idea di massima, naturalmente, quindi i vostri potranno essere diversi, ma sicuramente altrettanto squisiti.

Penso che valga sempre la pena di creare un’occasione, anche non necessariamente revival, per radunare figli e amici e offrire qualcosa di insolito e sfizioso, così, come dico nel mio libro, anche loro potranno partecipare al Concorso Provinciale di Colesterolo!

Involtini di pesce spada

Generalmente il pesce spada ha un sapore così deciso che vale la pena di cucinarlo semplicemente al forno con olive e alloro, oppure ai ferri in salsa salmoriglio.
A me però piace anche in padella, con un ricco e saporitissimo ripieno, di gusto forse lontanamente siciliano.

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Preparo la farcia facendo appassire in padella in 3 cucchiai d’olio: 2-3 cucchiai di classico misto per soffritto (sedano, carota e cipolla), 50 gr di uvetta ammollata, 40 gr di capperi dissalati, 2-3 acciughe sott’olio a pezzettini e 1 peperone giallo spellato (dopo il solito passaggio in forno oppure direttamente sulla fiamma) tagliato a cubetti.
Aggiusto di sale e pepe, condisco con prezzemolo tritato e origano e faccio asciugare il composto.
Lo suddivido al centro di 4 fette di pesce spada tagliate a metà ed eventualmente anche un po’ battute, ma con delicatezza. Arrotolo le fettine come degli involtini e li fermo con gli stuzzicadenti.
Faccio rosolare in padella 2 spicchi d’aglio, li elimino, aggiungo 4 bei pomodori maturi privati dei semi e della pelle tagliati a cubetti, 1/2 cucchiaino di zucchero, sale, pepe e li faccio cuocere a fuoco vivace per qualche minuto.
Allineo nella padella gli involtini, li sfumo con 1/2 bicchiere di vino bianco, lascio evaporare, salo appena e lascio cuocere coperto per una decina di minuti.
Li servo con il loro sugo e delle melanzane al funghetto, ma va bene anche una bella peperonata.

Pomodori ripieni

Oltre che il “Riso alla greca”, un altro must delle estati della mia infanzia sono stati i pomodori ripieni. Naturalmente, crudi perché per nessun motivo al mondo la mia mamma avrebbe acceso il forno in estate.

In realtà a casa nostra quando ero bambina si cucinava al forno solo il “Pasticcio di lasagne” (vale a dire le lasagne al forno) in genere a Pasqua e la torta di mele due o tre volte durante l’inverno, altrimenti tutti i pasti venivano preparati in tegame o in casseruola.
D’estate comunque si mangiava quasi sempre freddo. A volte qualcosa che necessitava di essere cucinato, veniva lasciato raffreddare, come il Vitel tonné, il petto di tacchino o il Roast beef, che la mia mamma affettava sottilissimi, quasi a velo, con un vecchio coltellaccio affilatissimo e serviva con le salse adatte.

I pomodori ripieni di tonno erano un classico del venerdì sera, perché in quegli anni l’astinenza dalle carni si praticava tutto l’anno e non sono durante la Quaresima, mentre venerdì a pranzo si mangiavano calamari ripieni, cotolette di asià (pesce spinarolo), risotto con gli scampi, spaghetti con le vongole, fritto misto, seppie in umido… ma oggi volevo parlarvi dei pomodori ripieni di tonno e di cui ho ereditato la ricetta.

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Eccoli qua. Si tagliano a metà in orizzontale dei bei pomodori non troppo maturi, si svuotano dei semi, si salano e di appoggiano capovolti per eliminarne l’acqua.
Intanto si mescola il tonno sgocciolato e sminuzzato con una forchetta di 2 scatolette, con 2 cm di pasta d’acciughe, una spruzzata di succo di limone e del pepe bianco.
Si sciacquano e si asciugano i pomodori, si riempiono con il composto di tonno, si decorano con la maionese, qualche cappero sott’aceto e un’oliva.

Chissà quanti altri modi ci saranno per farcire i pomodori, lo so. Questi sono quelli di casa nostra, che sono diventati un classico pasto estivo fresco e veloce… perché, dai, non è che faccio sempre Nouvelle Cuisine!

Le uova sode

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Che si tratti del celebre uovo di Colombo, che siano le uova di quaglia del mio ultimo pranzo pasquale (nella foto) o uno qualsiasi dei modi in cui le uova sode entrano nelle preparazioni di famiglia e nei cestini per i pic nic, si tratta di uno degli ingredienti più versatili della cucina, che merita secondo me un po’ di interesse.
In un uovo sodo ci sono solo 75/80 calorie: è indicatissimo quindi nelle diete. Quando devo rimediare a qualche stravizio, il giorno successivo mi preparo per pranzo due uova bollite per 7 minuti e un piattone di verdura, a volte cotta, altre cruda e ogni volta creo una salsina diversa per condire il tutto.
Soprattutto in estate le propongo ripiene: sono un secondo fresco e gustoso, sempre gradito in famiglia.

Senza contare le calorie, le cuocio per 8 minuti, le sguscio, le taglio a metà e dopo aver frullato i tuorli, li condisco con sale, pepe e qualche cucchiaiata di maionese.
Riempio nuovamente i mezzi albumi e completo con tonno a pezzetti, alici arrotolate, capperi, pomodorini secchi, olive e capperi, come si vede nella foto.

Naturalmente l’uso delle uova di quaglia lo riservo alle occasioni speciali, mentre per un normale pranzo in famiglia utilizzo le uova di gallina, più veloci da farcire.

Un’altra ricetta per me eccezionalmente gustosa è quella delle “bombe alla Pesarese” che trovate nel mio libro, che è un po’ lo stesso principio delle “uova alla Scozzese” che propone persino Gordon Ramsey.
Poi ci sono la torta Pasqualina, alcuni arrosti farciti, gli asparagi, che non aspettano altro che essere accompagnati dalle uova sode e via discorrendo.
Insomma: usate più spesso le uova sode!