Zuppa di cipolle

Sono convinta che se la cugina francese Thérèse, quella delle Poires au Chocolat, per intenderci (https://silvarigobello.com/2015/07/16/torta-al-cioccolato-con-pere-affogate/) mi vedesse preparare questa Soup à l’oignon, approverebbe annuendo con eleganza. Sfido, la ricetta è sua! Permettetemi di spendere due parole al riguardo.
Thérèse era una di quelle parentele acquisite che diventano ben presto legami d’affetto molto profondi. Era la sorella della seconda moglie di uno dei figli della cugina “francese” di mia nonna, una di quelle relazioni un po’ complicate che hanno sempre contraddistinto i rapporti con il ramo francese della famiglia della mia mamma.
Personalmente ho sempre accettato con disinvoltura queste liaison tutte francesi per le quali per esempio nonostante avessi solo quattro quarti cugini, potevo contare su sette coniugi e un nugolo di figli tra quelli realmente consanguinei e quelli invece acquisiti con i secondi o i terzi matrimoni.
Io li ho sempre adorati per la disinvoltura con cui d’estate arrivavano in Italia affittando case enormi nelle quali convivevano felicemente queste insolite famiglie allargate, mentre la mia mamma era un po’ scandalizzata della cosa.
Erano altri tempi.
Il divorzio e la zuppa di cipolle non rientravano allora nel nostro quotidiano, ma almeno per quanto riguarda la seconda, la mia mamma decise di fare uno strappo alla sua moralità e imparò a cucinarla. Così ho imparato anch’io.

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Faccio dorare in un tegame capiente dal fondo spesso 2 belle cipolle dorate affettate non troppo sottili, con 30 gr di burro e 2 cucchiai di olio.
Spolverizzo con 1 cucchiaio di farina, mescolo e dopo i primi 5 minuti sfumo con 1/2 bicchiere di birra scura, mescolo e aggiungo 1 cucchiaino di sale, 1/2 cucchiaino di pepe, 1 cucchiaino di zucchero di canna e le foglioline di 1 rametto di timo.
Faccio cuocere coperto, mescolando di tanto in tanto, a fuoco dolce finché le cipolle diventano di un bel colore dorato.
Aggiungo 1/2 litro di brodo e proseguo la cottura per altri 40 minuti.
Imburro 4 fette di pane casereccio, ciabatta o naturalmente baguette e sopra distribuisco 150 gr di formaggio Gruyère e 50 gr di grana grattugiati.
Le sistemo sul fondo di quattro tegamini adatti ad andare in forno e li copro con qualche mestolo di calda e densa zuppa di cipolle.
Inforno sotto il grill finché il formaggio sul pane, che è venuto a galla, non risulta perfettamente gratinato.

Ci sono molte altre interessanti ricette per preparare la conosciutissima Soupe à l’oignon, la nostra prevede l’uso della birra perché la famiglia di Thérèse era di origine Alsaziana.
Molti piatti alsaziani infatti hanno fra gli ingredienti proprio la birra.

Una gustosa scacchiera bianca e rosa

Se per fare il Salmone marinato in crosta di sfoglia della ricetta di ieri, come prova generale per il periodo di Natale, avete comprato troppo salmone, come è successo a me, ecco come utilizzare quel tot di filetti avanzati: componendo dei piccoli intrecci a scacchiera con altrettanti filetti di merluzzo, che non mi erano avanzati da piatti precedenti, ma avevo nel freezer.

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L’esecuzione è semplicissima e la fotografia suggerisce chiaramente la preparazione, che usa la stessa tecnica della “stuoia” di bacon suggerita nel post https://silvarigobello.com/2015/10/22/lonza-arrosto-con-bacon-e-mele/.
Ormai di questo tipo di intreccio, imparato facendo le classiche crostate, sono diventata una vera fan perché trovo che il risultato sia veramente insolito e scenografico, tanto da sentirmi di suggerire anche questa ricetta sempre come piatto festivo e festaiolo.
Questa volta non ho fatto marinare i filetti di pesce, ma li ho semplicemente accomodati e intrecciati su un foglio di carta forno leggermente unta e infornati a 200 gradi per non più di una decina di minuti spennellati d’olio e salati appena.
Li ho staccati con attenzione usando una spatola per non perdere l’effetto visivo così carino e li ho appoggiati su un letto di indivia belga e radicchio rosso, che hanno le stesse tonalità di colore dei pesci che ho cucinato… ma io a volte esagero.
Ho condito semplicemente con olio e limone, ma a parte c’era anche una ciotola di densa salsa alle olive .

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Se vi interessa la ricetta di questa salsa aggiuntiva, che va molto d’accordo col sapore dolce del salmone e del merluzzo, ve la spiego in un attimo.
Si mescolano insieme: 4 cucchiai di maionese, yogurt greco, il succo di 1/2 arancia, 1 spruzzo di salsa Worcester, 1 cucchiaio di Cognac e 1 pizzico di sale. Si versa il composto in una ciotola e si aggiungono 5-6 olive nere denocciolate e tritate molto finemente.
Si mescola e si mette in tavola per i più golosi.

Salmone marinato in crosta di sfoglia

Ormai che siamo a novembre non provo più quel lieve senso di disagio quando parlo delle Feste: sono sempre la prima che comincia a mettere in giro la voce che ormai manca poco.
Non è che ne sia ossessionata, al contrario, il periodo Natalizio mi rende così felice che ogni occasione è buona per pensare a come renderlo perfetto, per quanto possibile.
Il cibo ovviamente è per me una delle componenti fondamentali per la buona riuscita delle riunioni previste a dicembre, che siano familiari, con amici o “istituzionali”.
È un periodo in cui cucino un po’ di tutto per le diverse circostanze, anche piatti da servire a buffet per le occasioni meno impegnative e questi bocconcini di salmone avvolti nella sfoglia sono perfetti.

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Occorrono un paio di confezioni di pasta sfoglia rettangolare che si lascia scongelare e nell’attesa si fanno marinare in un mix di succo di limone, peperoncino, pepe rosa in grani, buccia d’arancia e un pizzico di sale, circa 400 gr di filetti di salmone privati della pelle e delle lische,
Si raccolgono le barbe di alcuni finocchi, si sciacquano e si asciugano. L’ideale sarebbe un mazzetto di aneto, ma in genere è piuttosto complicato reperirlo, quindi va bene anche il finocchio.
Si stende la sfoglia e si cosparge con le barbe dei finocchi. Al centro si posizionano, tutti in fila, i filetti di salmone sgocciolati dalla marinata e gli si avvolge attorno la pasta sfoglia creando dei cilindri.
Si tagliano a tranci di circa 4 cm, si accomodano su una teglia coperta di carta forno oliata, si spennellano con l’uovo leggermente battuto e si cospargono di semi di cumino.
Si infornano a 180 gradi per circa 15 minuti.
Quando la sfoglia è dorata di sfornano e si lasciano intiepidire prima di servirli.

La scelta del salmone per questi bocconcini è derivata soprattutto dall’eleganza del colore del salmone, che trovo un pesce raffinato e molto adatto ai piatti delle Feste.

New York City e il cinema

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Non è che a me la Grande Mela piaccia poi così tanto.
Però ammetto che va comunque visitata e una sola volta non basta, perché New York City ha in sé molte cose da ricordare, siano storie reali o racconti di fantasia.
Mi spiego: quello che a me è veramente piaciuto, visto che sono una gran patita dei film datati, è stato scoprire per esempio che Manhattan è un luogo perfetto dove ritrovare le scene di molti film famosi.
La seconda volta che ci siamo andati, è stata una specie di pellegrinaggio: ho cercato quanti più luoghi possibile mi ricordassero i set di alcuni dei film che mi erano piaciuti.
È stato un modo come un altro per visitare una città così complessa e complicata nonostante il semplicissimo assetto urbano a griglia di Streets e Avenues.
Vorrei che mi accompagnaste in questo tour, dove strade, grattacieli, ponti e negozi hanno qualcosa da raccontare.

L’edificio di granito e pietra calcarea Art Deco le cui porte in acciaio sono sovrastate dalla statua in bronzo di Atlante che ospita il negozio di Tiffany & Co. si trova all’angolo tra la 57th Street e Fifth Avenue, anche se ogni tassista vi ci saprebbe portare senza l’indicazione dell’indirizzo.

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Davanti alle sue straordinarie vetrine, ha sognato l’indimenticabile Audrey Hepburn accanto a George Peppard in Colazione da Tiffany.

Mi sono seduta su quella che è considerata la panchina di Woody Allen, a Sutton Place con vista sul Queensboro Bridge, la stessa che appare nella locandina in bianco e nero del celebre film del 1979 Manhattan, con Woody Allen e Diane Keaton.

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L’attore-regista è riuscito comunque ad inserire molti angoli significativi della sua città in quasi tutti i suoi film.

Sono entrata nella bellissima Libreria Rizzoli dopo però che si era già trasferita dal prestigioso indirizzo al 912 Fifth Avenue dove era avvenuto l’incontro-scontro con relativo scambio di libri tra Merryl Streep e Robert De Niro nel film Innamorarsi, al n.31 West della 57th, in una storica town house a pochi passi da Central Park e dalla zona dello shopping newyorkese.

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Il famosissimo bookstore è stato riallestito, utilizzando i medesimi materiali e un’analoga disposizione interna, ma proprio a luglio di quest’anno ha cambiato nuovamente sede ed ora aprirà fra Broadway e la 26ma strada, in un palazzo del 1896 capace di ospitare anche eventi, presentazioni, mostre e concerti, mentre la storica sede sulla 57esima strada, sta per cedere il posto a un grattacielo.

Però il grattacielo più famoso di New York è senz’altro l’Empire State Building, al n.350 di Fifth Avenue e vi assicuro che il panorama da lì vale il costo del biglietto.
Dalla terrazza dell’ottantaseiesimo piano si vede la città a 360 gradi e, in giornate particolarmente limpide, anche i quattro stati confinanti: Massachusetts, Connecticut, New Jersey e Pennsylvania.

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Il Cinema l’ha reso famoso prima con King Kong e poi con numerosi film tra cui Un amore splendido con Deborah Kerr e Cary Grant, il suo remake Love affair con Warren Beatty e Annette Bening e Insonnia d’amore con Tom Hanks e Meg Ryan.

Sono entrata nella hall del maestoso hotel Waldorf-Astoria al 301 di Park Avenue, come Jack Lemmon e Sandy Dennis nel film del 1970 Un provinciale a New York dove sono stati informati che la loro prenotazione, assicurata solo se si arriva prima delle 22.00, è stata cancellata e l’hotel è al completo, dando inizio ad una serie infinita di peripezie.

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Il Waldorf-Astoria ha ospitato nel 1988 anche il re di Zamunda, interpretato da James Earl Jones, il seguito e la sua famiglia nel film Il Principe cerca moglie con Eddie Murphy.

Ho visto anche l’interno del maestoso e lussuosissimo hotel-icona The Plaza al 768 di Fifth Avenue, prima del recente riammodernamento, che si affaccia su Central Park, dove gli indimenticabili Jane Fonda e Robert Redford hanno trascorso i cinque giorni della loro luna di miele nel film A piedi nudi nel Parco del 1967.

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Nei panni dell’intraprendente Kevin Mc Callister, anche Macaulay Culkin alloggia al Plaza usando la Carta di Credito del padre nel sequel del 1992 di Mamma ho perso l’aereo.

Ma fra tutti, il posto che mi ha emozionato di più si trova al 590 di Lexington Avenue, dove nel 1955 fotografi e curiosi scattavano foto della scena che diventerà famosa, verrà citata e parodiata innumerevoli volte fino a diventare un’icona del cinema del XX secolo: la scena in cui, all’uscita da una sala cinematografica, su una griglia di aerazione, la gonna dell’abito bianco di Marilyn Monroe viene sollevata vorticosamente dallo spostamento d’aria provocato dal passaggio di un treno della metropolitana.

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La scena fu girata come trailer del film Quando la moglie è in vacanza, mentre quella che si vede al cinema fu girata in studio a Hollywood.

Infine, per fare uno spuntino “il posto” è il Katz’s Deli, al 205 di East Houston nel Lower East Side, dove in Harry ti presento Sally del 1989, Meg Ryan simula un orgasmo seduta a un tavolo di fronte a Billy Crystal.

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Solo, fate molta attenzione a quello che ordinate…

Sandwich col pane ai cinque cereali

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Vi vorrei raccontare anche oggi dei nostri sandwich del sabato sera, che quando non siamo fuori o non abbiamo ospiti, costituiscono soprattutto per me, un divertente modo di cenare a fine settimana.
Ieri è stata la volta del pane ai cinque cereali, affettato un po’ spesso, farcito in modo molto saporito.
Si distribuisce su due fette una cucchiaiata di composta di cipolle (https://silvarigobello.com/2015/01/16/composta-di-cipolle-rosse-di-tropea/), si aggiungono 2 fette di prosciutto di Praga, alcune fettine sottili di mela Granny Smith, acidula e lievemente croccante, una foglia di lattuga e si può ritenere completato il sandwich.
Se però ce l’aveste in casa e a noi purtroppo mancava, 2 fettine di provolone piccante in aggiunta, ci starebbero proprio bene.
Buona domenica.

Ricetta d’amore

Scrivo questa lettera per tutti coloro che hanno apprezzato gli scritti e le ricette della mia adorata Silva, donna eccezionale, dolce sposa e unico mio grande amore.
Silva si è addormentata improvvisamente ieri notte lasciandoci soli con il nostro grande dolore.
Avrebbe voluto continuare il dialogo con voi che per tanto tempo avete riempito le sue giornate, e aveva ancora tante cose da dirvi e da raccontarvi perché era piena di gioia di vivere, di amore ed aveva grande talento in cucina.
Io le dicevo sempre che non volevo andare al ristorante perché mangiavo meglio a casa mia ed era vero, ma tutte le sue esperienze di vita sono state fantastiche, nel lavoro, in famiglia e adesso con voi.
So che molti di voi le volevano bene, anche lei voleva bene a voi e questo hobby era diventato un motivo di grosso impegno, di grande ricerca, di ritrovo di ricordi di vita e di cucina.
Non lasciatela ora, continuate a seguire quello che ha fatto, nel suo ricordo.
Troverete ancora qualche ricetta nei prossimi giorni, le aveva preparate da tempo e io le pubblicherò.
Poi se troverò il coraggio e la forza vi invierò anche tutto quello che troverò nei sui libri e nei suoi ricordi.
Grazie per quello le avete dato con i vostri commenti, il vostro gradimento e il vostro continuo seguito.
Lei vi saluta così, infinitamente bella, sorridente con il cuore pieno di gioia.

Lino

Silva

Torta di zucca semplice, senza guscio

Quella di stasera è la notte di Halloween.
Subito prima di cena diversi gruppi di bambini del quartiere, accompagnati da qualche genitore o dai responsabili dei gruppi scout della parrocchia suoneranno alla porta ridendo e gridando: “Dolcetto o scherzetto?” aspettandosi che gli si dica, fingendosi impauriti, quanto sono orribili e come spaventi il loro aspetto.
Naturalmente sul mobile d’ingresso anche quest’anno ci sarà un cestino pieno di caramelle, cioccolatini, piccole porzioni di biscotti e barrette ai cereali, che vanno per la maggiore, tutto pronto per quando suonerà il campanello.
Abbiamo imparato che non bisogna essere troppo generosi coi primi contingenti di piccoli mostri, perché i gruppi agiscono individualmente e può accadere di esaurire le scorte pensando che il campanello non suonerà più, mentre è successo che agli ultimi bambini che non aspettavamo più, qualche anno fa abbiamo dovuto dare i biscotti per la colazione e perfino i crackers, per non farli andare via a mani vuote. Ma ormai non succede più.
Dunque, contagiati da questo spirito di giovanile entusiasmo, nonostante non festeggiamo per nulla Halloween, per non rischiare lo scherzetto, finisce sempre che anche per noi preparo un dolcetto.
E dato il periodo, è quasi sempre una torta di zucca. Questa è senza guscio di sfoglia, ma non se ne sente la mancanza.

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Si taglia a fette circa 1 kg di zucca della vostra zona. Si eliminano scorza, semi e filamenti e si passa in forno a 200 gradi per circa mezz’ora.
Si mette in una casseruola con 1/2 litro di latte e un baccello di vaniglia e si cuoce ancora finché la polpa non ha assorbito tutto il liquido.
Si recupera la vaniglia, si frulla il composto e si versa in una ciotola.
Si aggiungono 100 gr di farina di mandorle, 100 gr di savoiardi frullati, 1 pizzico di sale, 100 gr di zucchero, 50 gr di burro fuso, ma a temperatura ambiente, 3 uova, una alla volta, 1/2 cucchiaino di cannella e una generosa grattata di noce moscata.
Si fodera di carta forno, umida, strizzata e imburrata leggermente, una tortiera da 20 cm, meglio se a cerniera e si versa il composto.
Si livella e si inforna a 180 gradi coperta con un foglio di alluminio per circa un’ora.
Si fa la prova stecchino e poi si sforna.
Si lascia intiepidire e si affetta.
Si completa con una cucchiaiata di panna acida, che equilibra la dolcezza dell’impasto.

In alternativa alla panna acida si può anche spolverizzare la superficie di cacao amaro e se vi piace l’idea di entrare nello spirito di Halloween, ma non siete abili nel cake design, perché non utilizzare una mascherina con un soggetto “mostruoso” come un ragno o un pipistrello per decorare la torta?

Risotto con porcini e castagne (o marroni)

La ricetta di oggi è in fondo il frutto di un’elaborazione del ripieno di uno dei miei arrosti stagionali, al momento non saprei precisare quale, ma in uno almeno, se non due sono presenti gli ingredienti di questo risotto morbido, dal sapore pieno e una piacevole consistenza che sorprende ad ogni boccone: i funghi e le castagne, o più precisamente i porcini e i marroni.

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La realizzazione della ricetta può apparire complessa e in fondo lo è, ma se si esaminano le preparazioni dei due ingredienti principali, ci si rende conto che si possono, anzi si devono, eseguire in tempi diversi, riuscendo così a diluire l’impegno.

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Comincio lessando dei bei marroni locali, che si acquistano proprio in questi giorni alle varie fiere delle località prealpine della Lessinia, non le castagne, che come ci ha di recente ricordato Simona di Grembiule da Cucina, sono più difficili da sbucciare, anche se sono più dolci.
La quantità di marroni da utilizzare è a discrezione.
Per questa ricetta di risotto per due persone, giusto per darvi un’idea, ne ho usati 8, numero che si può aumentare o diminuire, ma a me è parsa una quantità equilibrata.
Finché bollivano, ho mondato e affettato degli stupendi funghi porcini e li ho cucinati brevemente con aglio, burro, olio, scalogno e prezzemolo, nel solito, classico modo insomma.
Ne preparo in genere molti più di quanti non me ne servano per la ricetta del risotto di oggi perché poi li utilizzo anche in un ripieno o come contorno, non occorre deciderlo sul momento: come i marroni, i funghi sono talmente versatili da non costituire un problema se ce ne sono in abbondanza, no?!
Una volta sbucciati i marroni, li tagliuzzo in 4-5 pezzi e li faccio insaporire nel tegame dove ho travasato 2 generose cucchiaiate di porcini trifolati e tengo tutto al caldo.
Preparo il risotto con 2 tazze di brodo nel quale verso una tazza di riso appena arriva a bollore e lo porto a cottura senza mai mescolare.
Quando è cotto ed ha quindi assorbito tutto il liquido, fuori dal fuoco aggiungo, burro, parmigiano, il sugo di porcini con i marroni, mescolo e servo spruzzato di prezzemolo tritato.

Credo che chi mi conosce non si stupirà più del mio modo di cucinare il risotto, comunque se non vi piace, suggerisco di prepararlo come fareste un comune risotto con i funghi aggiungendo le castagne alla fine, al momento di mantecare.
Mi sono resa conto che in quest’ultimo periodo, salvo rarissime eccezioni, non ho mai cucinato la pasta.
Sarà che il non averlo mai preparato per tutta l’estate mi è mancato molto, dunque non faccio che utilizzare per i miei primi piatti asciutti il riso anziché la pasta e mi sa che il blog ne potrebbe risentire perché potrei essere un po’ ripetitiva.
Spero che non succeda perché i risotti consentono una tale varietà di ricette che sarebbe un peccato non parlarne.

Tortelli di zucca dal cuore delicato

Questa è la vera stagione dei ravioli (o tortelli) di zucca, che però io mangio con la stessa soddisfazione in qualunque periodo dell’anno.
I miei preferiti sono quelli classici alla mantovana, che ho proposto a gennaio dell’anno scorso (https://silvarigobello.com/2014/01/14/i-tortelli-alla-mantovana-ossia-i-ravioli-di-zucca/), ma non tutti amano il sapore particolare del ripieno arricchito dalla mostarda di frutta, che sia la mantovana di mele cotogne affettate sottili, che ovviamente è la più adatta a questa ricetta, oppure la cremonese con la frutta candita intera, o la vicentina con mele, pere, buccia di arancia e di limone e cedro candito.
Mia nuora fa infatti una versione molto delicata del ripieno, che incontra i gusti di chi ama sapori meno intensi e decisi, pur apprezzando i ravioli di zucca, per esempio mio figlio.

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Per questi ravioli occorre mondare e tagliare a fette almeno 1300 gr di zucca, che va messa ad asciugare in forno finché la polpa non si stacca dalla buccia.
Mentre è ancora calda si recupera con un cucchiaio, si versa in una ciotola e si riduce a crema.
Si insaporisce con una bella presa di sale e un cucchiaino di cannella, anziché la tradizionale noce moscata. Si aggiungono 50 gr di amaretti pestati nel mortaio, 150 gr di parmigiano grattugiato e se il composto non fosse abbastanza asciutto 1-2 cucchiai di pane grattugiato fine.
Si prepara la pasta con 300 gr di farina e 3 uova. Si tira la sfoglia piuttosto sottile e si adagiano a distanza regolare dei mucchietti di ripieno, aiutandosi con un cucchiaino.
Si richiudono le strisce ripiegando sopra l’altra metà della sfoglia, si preme bene tutto intorno al ripieno perché esca l’aria e la pasta si sigilli e si tagliano con l’apposita rotella dentellata.
Come sempre, il modo migliore per gustarli è con burro e salvia.

Come dicevo, questo ripieno ha un sapore più delicato di quello tradizionale che farcisce i ravioli alla mantovana ed è deliziosamente gustoso senza essere aggressivo.

Chicken fingers: strisce di petto di pollo quasi come al Mel’s Drive-in

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Giovedì sera sono rimasta in piedi fino a tardi per rivedere i film della trilogia di Ritorno al Futuro.
Sono film che da tanti anni mi piacciono moltissimo e non mi annoiano mai: per la bravura di Michael J. Fox e di Christopher Lloyd, perché per l’epoca in cui sono stati girati sono geniali e soprattutto perché amo il cinema, amo Hollywood e amo ricordare quando ho visitato per la prima volta gli Universal Studios, dove ho visto tra i molti set di film famosi, anche il Municipio con la torre dell’orologio e la mitica DeLorean, accanto alla quale ci si poteva far fotografare con un sosia di Doc.

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Se Hollywood è il luogo dove vi piacerebbe che i vostri sogni diventassero realtà, gli Universal Studios sono l’occasione per entrare e divertirsi in questo mondo di celluloide.
Visitare questo enorme studio cinematografico, che si sviluppa nella parte orientale delle colline di Hollywood, e tutto il parco a tema che lo compone, significa immergersi in una bellissima esperienza. Sempre che siate appassionati di cinema, conserviate lo spirito e l’entusiasmo dei ragazzi e siate disposti a divertirvi.

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Tra i tanti ristoranti di questo che a tutti gli effetti è diventato un Parco a tema, quello che forse mi è piaciuto di più è Il Mel’s Drive-In, bellissimo locale arredato in perfetto stile anni ’50 al cui esterno sono parcheggiate permanentemente delle stupende auto d’epoca proprio dello stesso periodo, che fanno parte dell’immenso parco macchine degli Universal Studios, pronte a farvi rivivere l’atmosfera del periodo di Happy Days, American Graffiti, Greese e non solo.

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Oltre ad ascoltare dai favolosi jukebox posizionati sui tavoli di questo locale perfetta musica anni Cinquanta, ci si può sedere sui divanetti rossi e ordinare frullati in stile Milk Shake, Anelli di cipolla fritti, Hamburger e patatine, Sandwich di pollo e deliziosi Chicken Fingers, strisce di petto di pollo impanate e cotte al forno, quasi come queste.

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Se pensate che vi possano piacere, vi racconto subito come le preparo.
Taglio a fette e poi a listarelle un petto di pollo ben pulito da grasso e filamenti. Lo sistemo in un sacchetto gelo a chiusura ermetica, quelli che compro all’Ikea e funzionano benissimo per molti e diversi usi.
Preparo una marinata con un vasetto di yogurt bianco, il succo di 1/2 limone, un cucchiaio di olio, sale, pepe, uno spicchio d’aglio schiacciato e peperoncino in polvere in quantità variabile a seconda del gusto personale
Mescolo bene e verso questa miscela sul pollo, che lascio insaporire in frigorifero nel sacchetto sigillato, anche tutta la notte.
Pesto con il mattarello o nel mortaio una scatola di crackers Ritz e verso le briciole in un piatto largo e profondo.
Sgocciolo le listarelle di pollo e le passo una alla volta nella panatura di cracker avvolgendole completamente, poi le allineo sulla placca del forno coperta di alluminio e le inforno a 200° per 15-20 minuti.
Nonostante manchi il tradizionale passaggio nell’uovo sbattuto, questa panatura risulta comunque dorata e croccante.

Non posso dire che questo pollo marinato e “fritto” in forno ricrei proprio l’atmosfera degli Universal Studios, ma serve almeno a farmici ripensare e a godere di nuovo di bellissimi ricordi, di esperienze entusiasmanti e di voglia di rifare tutto di nuovo.