Apple pie… di pere

Non faccio tante torte, lo dico sempre, e quelle che faccio più spesso forse sono quelle senza lievito, ripiene di frutta: strudel, crostate o pies. Mi pare.
Dessert ne faccio, sì, ma per le classiche torte per la colazione, la merenda o il tè, per quelle difficilmente mi metto ad impastare.
Eppure mio marito mi dice che mi vengono così bene… ma lui è un goloso patologico che trova grande gratificazione in ogni tipo di dolcetto.
Comunque, nonostante più o meno le lavorazioni siano molto simili, le mie pie sono sempre diverse e sì, dai, piuttosto buone.
Come questa con le pere che avevo nel frigo per fare un’altra teglia di quelle al vino cotte al microonde (http://2015/04/08/pere-al-vino-con-gelato-alla-vaniglia/) e invece ho usato come ripieno.

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Preparo il guscio di pasta tagliando a pezzetti 150 gr di burro ben freddo in una ciotola con 250 gr di farina, aggiungo 1 cucchiaino raso da caffè di sale e un po’ alla volta circa 1 dl d’acqua fredda, impasto velocemente con la punta delle dita, faccio una palla e la metto in frigorifero avvolta nella pellicola.
Intanto sbuccio e affetto 1 kg di pere mature ma sode e le mescolo a 2 cucchiai di farina, 100 gr di zucchero di canna, 30 gr di burro fuso, 80 gr di gocce di cioccolato bianco, 30 gr di mandorle sgusciate a scaglie e la buccia grattugiata di 1 arancia.
Riprendo la pasta, la divido in due e ne stendo metà col mattarello. La piego in quattro per non romperla mentre la sollevo e la trasferisco nella tortiera imburrata e infarinata.
Bucherello il fondo e la riempio con il composto di pere.
Stendo l’altra metà e copro la tortiera premendo bene i bordi per far aderire i due dischi di pasta.
Pratico dei tagli sulla superficie per far uscire il vapore durante la cottura, spennello con il latte e inforno a 180° per circa un’ora.

È una variante molto golosa della classica Apple pie. Fidatevi di me, assaggiate anche questa: l’abbinamento di pere, cioccolato, arancia e mandorle è sempre una garanzia.

Paté di fegato con mele speziate: addio all’inverno

Benvenuta Primavera!
Penso che questo sarà uno degli ultimi paté di fegato della stagione, quindi l’ho preparato con ingredienti che fino al prossimo inverno non utilizzeremo più: mele, spezie profumate e anche frutta secca.
Avevo voglia dunque di qualcosa che mitigasse il sapore deciso del fegato ottenendo una ricetta più profumata e più dolce: un paté con le noci alternato a una composta di mele alle spezie.

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Parto preparando la composta di mele alle spezie.
Sbuccio e taglio a fettine 2 mele renette e le cuocio in padella con 1 bicchierino di cognac, 80 gr di zucchero di canna, 1 bacca di anice stellato, 1 pezzetto di stecca di cannella, 2-3 chiodi di garofano, le scorzette di 1/2 limone.
Quando le fettine sono morbide e caramellate le sgocciolo e le tengo da parte.
Con circa 30 gr di burro faccio cuocere a fuoco moderato 400 gr di fegato di vitello tagliato a pezzettini, lo faccio dorare all’esterno e lo lascio rosato all’interno.
Lo spruzzo con 1/2 bicchiere di Porto, alzo la fiamma e lo faccio evaporare. Aggiungo 1 pizzico di sale e di pepe poi lo faccio raffreddare.
Lo frullo con il suo fondo di cottura, 80 gr di burro e 50 gr di gherigli di noci e ottengo un composto morbido e spumoso.
Ne sistemo 1/3 in un bello stampo di porcellana, lo batto sul tavolo coperto con un canovaccio piegato per togliere più aria possibile e sopra accomodo metà delle mele speziate.
Le copro con un altro terzo di paté, distribuisco sopra le restanti mele e completo con il paté rimasto, lo livello, lo copro di pellicola e lo metto in frigorifero.

Lo servo decorando la superficie con qualche mezzo gheriglio di noce, oppure una bacca di anice stellato o una piccola stecca di cannella per ricordare le spezie contenute nello sciroppo in cui ho cotto le mele.

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Crumble di pesche sciroppate

Negli anni in cui ho vissuto in campagna ho imparato a preparare le pesche sciroppate con un procedimento semplicissimo e una grande resa. In realtà ho sempre utilizzato le nettarine anziché le pesche non solo perché la loro polpa soda si presta meglio alla preparazione sotto sciroppo.
Dopo tanto tempo l’estate scorsa ci ho riprovato e dato che ne è avanzato un ultimo vaso, ho preparato un delizioso crumble che può essere anche un’idea di dessert per il pranzo di Pasqua, di cui parlo da un po’.
Domani vi do la ricetta delle pesche sciroppate, che vale la pena di tener presente perché sono semplicissime da preparare e deliziose.

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Sgocciolo 1 vaso da 1 litro di nettarine sciroppate tagliate a metà, le asciugo con la carta da cucina e le affetto.
Preparo una miscela con 100 gr di zucchero di canna, 120 gr di farina, 60 gr di burro fuso, 60 gr di amaretti pestati e 80 gr di mandorle tritate. Sbriciolo tutto con la punta delle dita.
Ungo di burro una pirofila, verso le nettarine affettate sul fondo e le cospargo con il crumble.
Inforno a 200° fino a che non si è formata una ricca crosticina dorata.

Facile no? Ed è un dessert delizioso.
E se non si ha a disposizione la frutta sciroppata fatta in casa, si può sempre ricorrere a quella di qualche buon marchio che si trova al Supermercato e il nostro Crumble di pesche sciroppate viene squisito comunque.

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Pere caramellate al Roquefort

La ricetta di oggi in realtà non è quella di un vero antipasto, ma io trovo divertente servirla anche prima di cena insieme ad altri assaggi insoliti e saporiti, giusto per offrire qualcosa si diverso.
Comunque è una preparazione che si presta soprattutto ad essere portata in tavola come dessert a fine pasto, essendo un compendio di formaggio, frutta e dolce.
Mi riferisco alle pere caramellate al Roquefort, cavallo di battaglia di molte nostre cene conviviali.

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Lavo molto bene 4 pere Kaiser, che devono essere mature ma sode, e senza sbucciarle le taglio a fette.
Faccio fondere 30 gr di burro in una padella piuttosto larga e ci faccio stare le pere in un unico strato, le spolverizzo di zucchero di canna, verso 1 bicchierino di Marsala e le faccio caramellare girandole una sola volta.
Le tolgo dal fuoco e le sistemo su un piatto da portata, sopra distribuisco i gherigli di qualche noce, le foglioline di 1 rametto di timo e 250 gr di formaggio Roquefort spezzettato irregolarmente.
Le copro con il caramello e le servo tiepide o anche a temperatura ambiente.

Ecco qua. Voi come le considerereste queste pere: un antipasto o un dessert?

Ji Rou Wan. Più o meno

Chi è appassionato di cucina cinese, conosce senz’altro il pollo alle mandorle, che dovrebbe essere il Gong Bao Ji Ding.
Credo sia uno dei piatti più popolari, insieme al riso alla Cantonese e agli involtini primavera, così conosciuto e popolare anzi che ho pensato di rinnovarlo facendone una versione finger food. L’ho trasformato in Ji Rou Wan: polpettine di pollo alle mandorle. Spero che la traduzione corrisponda!
È in realtà un’altra delle mie ricette “fumo negli occhi” in quanto l’esecuzione è di grandissima semplicità ma il risultato eccezionalmente invitante.

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In realtà ci si mette di più a fare la salsa di accompagnamento forse che non le polpettine. Vi dico subito come procedere per ottenere questa deliziosa salsa in cui intingerle, alla quale ho fatto qualche aggiustamento, diciamo europeo.

Si fanno imbiondire con poco olio di arachidi 2 scalogni affettati. Si aggiungono 1/2 peperone rosso privato dei semi, dei filamenti e della pelle (dopo averlo arrostito o passato in forno) a listarelle, 1/2 barattolo di polpa di pomodoro, 1 tazzina di ketchup piccante, 2 cucchiai di aceto di mele, 2 cucchiaini di zucchero di canna grezzo e si fa sobbollire piano.
Dopo una decina di minuti si frulla la salsa con il frullatore a immersione. Si rimette sul fuoco, si aggiunge 1 cucchiaio di maizena stemperata in una tazzina di succo d’ananas e si completa con 2 cucchiai di salsa di soia.
Si prosegue la cottura ancora qualche minuto, finché non si addensa leggermente.
Si fa raffreddare e si versa in ciotoline individuali.

Le polpettine si preparano mettendo in una ciotola 1 petto intero di pollo già cotto (allo spiedo o bollito) e frullato, 1 albume leggermente battuto, 1 spicchio d’aglio ridotto a crema, una grattugiata di zenzero (quantità a piacere secondo i gusti), 1 cucchiaio di salsa di soia e 1 cucchiaio di grappa. Si mescola tutto e si fa riposare.
Si sistemano in una ciotola 2 manciate di mandorle a lamelle.
Con le mani umide si fanno delle polpettine grandi poco più che una noce e si passano nelle mandorle facendole aderire bene.
Si allineano su una teglia coperta di carta forno e si cuociono a 200 gr finché le mandorle non hanno preso colore.
Si lasciano raffreddare e si servono con l’aperitivo.
Ognuno intingerà le proprie nella ciotolina della salsa con l’aiuto di una forchettina di legno. Naturalmente per i più abili si potrà prevedere anche l’uso delle bacchette…

La torta di mele e amaretti di mia nuora

Qualche giorno fa abbiamo pranzato a casa di nostro figlio a Treviso. Nostra nuora aveva preparato come dessert una torta deliziosa, soffice e profumata.
Prossimamente vi parlerò anche degli arrosti di pollo disossato e farcito che abbiamo gustato come portata principale, ma oggi vorrei condividere questa semplice focaccia ingannevolmente rustica, servita con una crema Chantilly che le ha dato un tocco subito elegante.

20150215-000518.jpgL’esecuzione è quella semplice di una classica torta morbida di mele.
Si montano 3 uova con 100 gr di zucchero di canna, si aggiungono 1 pizzico di sale, 140 gr di burro fuso e poi a pioggia 300 gr di farina setacciata con 1 cucchiaino di cannella e 1 bustina di lievito per dolci. Il tocco da maestro è l’aggiunta di 100 gr di amaretti pestati nel mortaio che danno al dolce un insolito sapore molto stuzzicante.
Si mescola bene e si incorporano 4 mele Golden delicious sbucciate e affettate sottili.
Si versa il composto in una tortiera ben imburrata, si spolverizza con altri 50 gr di zucchero di canna mischiati a 1 altro cucchiaino di cannella, che creerà un’invitante crosticina, e si inforna a 180 gradi per 50 minuti.
Quando si sforna la torta, si lascia intiepidire prima di servirla a fette, come si diceva accompagnata dalla crema Chantilly.

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A proposito della Crema Chantilly: si prepara alleggerendo una classica crema pasticciera con della panna montata ben soda. Per non farci mancare niente mia nuora aggiunge anche 1 bicchierino di Marsala.
In Francia, dove è nata, la crema Chantilly è invece semplice panna montata con lo zucchero.

Composta di cipolle rosse di Tropea

Per una delle cene degli auguri che hanno preceduto il Natale ho fatto anche la Composta di cipolle rosse di Tropea, quella varietà dalla forma allungata che si trova in genere in reste molto decorative ed è decisamente più dolce di qualunque altra cipolla, anche se rossa.
È stata Marina (lericettedibaccos.wordpress.com) che con un suo post di qualche settimana prima mi ha ricordato che avrei dovuto prepararla già da un po’. Comunque ho rimediato proprio per inserirla fra gli ingredienti di un semplice, ma coreografico antipasto di cui parleremo magari domani.
L’importante prima di tutto è avere a disposizione la composta.
Il procedimento è semplice e non si piange nemmeno… a meno che non si abbiano motivi personali per farlo.

20141216-142321.jpgSi sbuccia 1 kg di cipolle, come si diceva, quelle rosse di Tropea e si affettano.
Si trasferiscono in una casseruola con le fettine di un’arancia pelata a vivo e il succo sgocciolato durante l’operazione di taglio, 2 cucchiai di aceto balsamico, 150 gr di zucchero di canna, 1/2 cucchiaino di sale e abbondante pepe.
Si aggiunge una tazzina di acqua e si cuoce a fiamma bassa per circa un’ora, rimestando spesso con un cucchiaio di legno.
Quando la composta risulta lucida e asciutta, si versa nei vasetti, si chiudono ermeticamente col loro coperchio, si ripongono capovolti e si conservano al fresco. Per sicurezza si possono comunque sterilizzare.

Naturalmente questa composta è l’ideale per accompagnare i formaggi ed è eccellente servita con le altre classiche salse da bollito.

Un felice Natale a tutti!

Gli auguri ve li faccio a modo mio, con la ricetta della salsa ai peperoni che accompagna questo insolito albero di Natale.
Possiate tutti godere serenamente accanto i vostri cari la gioia del Natale, spartendo anche i piaceri della tavola!

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Salsa ai peperoni.
Per spellare i peperoni potete usare il metodo al quale siete abituati, quale che sia. Io ultimamente mi servo del microonde.
Si tagliano a metà 4 peperoni rossi, si privano dei semi e delle parti bianche, si appoggiano su un piatto e si passano al microonde alla massima potenza per un paio di minuti. Si sfornano e si coprono ermeticamente con la pellicola.
Quando si sono intiepiditi, si toglie la pelle, che verrà via con molta facilità.
Si affettano 2 peperoncini piccanti, ai quali vanno tolti i semi (o lasciati se si apprezzano i gusti decisamente molto piccanti) e poi si tritano insieme ai peperoni, 1 piccola cipolla bianca e 1 spicchio d’aglio.
Si versano in un tegame dal fondo spesso, si aggiungono 100 gr di zucchero di canna, 1/2 cucchiaino di sale e 4 cucchiai di aceto balsamico.
Si lascia sobbollire a fuoco molto dolce mescolando spesso finché passando il cucchiaio di legno tra la salsa e le pareti del tegame non si sente uno sfrigolio molto musicale: questo è il momento di spegnere il fuoco. Per farla breve, ci vorrà una ventina di minuti.

È una salsa che si accompagna bene a formaggi morbidi saporiti (meglio se stasera li decorate con semplici motivi Natalizi vegetali come il Camembert della fotografia…), crackers o nachos.
Un felice Natale a tutti!

Il pane di mais

A proposito del Thanksgiving Day, mi sono accorta che alcuni blog, che in nei giorni scorsi hanno proposto festose ricette a base di tacchino ripieno o tacchino al forno, hanno commesso un grosso errore di data.
In realtà negli Stati Uniti il Giorno del Ringraziamento si celebra l’ultimo giovedì di Novembre, che quest’anno cade il 27, cioè oggi.
Dunque auguri di cuore a tutti gli amici Americani che seguono il mio blog.
Mi sa che la storia la sapete tutti, ma lasciatemela raccontare lo stesso…
I Nativi Americani (come è politicamente corretto chiamare gli Indiani, ossia i Pellerossa) delle zone di Nord Est vivevano cacciavando cervi e tacchini selvatici, in più coltivavano mais e fagioli, pescavano nei fiumi, estraevano lo sciroppo dalla corteccia degli aceri e raccoglievano il miele.
E mentre nel Nuovo Mondo si svolgeva questa bucolica esistenza, circa un centinaio di quelli che chiamiamo Padri Pellegrini sebbene fossero civili e non religiosi, partiti da Immingham, salparono sul Mayflower alla volta dell’America dal porto di Plymouth il 6 Settembre 1620 e raggiunsero la Baia di Cape Cod circa due mesi dopo, l’11 Novembre.
E una volta lì, dopo essere quasi morti di fame, impararono dai saggi indigeni Wampanoag ad utilizzare gli alimenti spontanei del territorio e cominciarono a cucinare con gli ingredienti locali, oltre che con quelli che si erano portati dall’Europa e facevano parte da secoli delle loro abitudini gastronomiche .
La tradizione del Giorno del Ringraziamento nasce proprio dal desiderio di festeggiare l’essere riusciti a superare quel primo durissimo inverno.
Il tacchino ripieno è il piatto simbolo di questa festa, insieme alla salsa di mirtilli, le patate dolci, il purè, le carote glassate, la torta di zucca e il pane di mais.
Noi non festeggiamo il Giorno del Ringraziamento, però mi piace ogni tanto fare il Pane di Mais che servo con certi arrosti, specialmente di petto di tacchino e di pollo che sono sempre un po’ asciutti, mentre questo pane “focaccioso” è morbidissimo e leggermente umido.
Credetemi, per una come me che in pratica non si avventura quasi mai nelle ricette lievitate, ottenere questo risultato è una grande soddisfazione.20141114-015256.jpgPer prima cosa preparo il latticello, che non è facilmente reperibile in commercio: in una tazza miscelo 100 ml di yogurt magro con 100 ml di latte scremato e 1 cucchiaio di succo di limone e lo metto a riposare in frigorifero per 10-15 minuti.
Nel frattempo frullo 1 barattolo di mais sgocciolato, lo verso in una ciotola, aggiungo 1 cucchiaio di zucchero di canna, il latticello, 1 cucchiaio di sciroppo d’acero e infine 1 uovo intero.
Deve risultare un composto granuloso.
Setaccio insieme 200 gr si farina di mais, 150 gr di farina 00, 1/2 cucchiaino di bicarbonato, 1 bustina di lievito di birra disidratato e 1 cucchiaino raso di sale.
Incorporo questi ingredienti secchi al composto umido preparato in precedenza e per ultimo aggiungo 100 gr di burro fuso fatto raffreddare.
Mescolo con cura con una spatola e verso in una tortiera imburrata.
Inforno a 200 gradi per circa mezz’ora.
Quando lo sforno, lo lascio raffreddare e poi lo taglio a cubotti.

Mi pare che adesso il latticello si trovi anche all’Auchan e da NaturaSì.
Se usare il burro vi spaventa, potete sostituirlo con 50 ml di olio… di mais ovviamente.

Torta al cioccolato col peperoncino

Per concludere in bellezza, e anche con un certo stile, una cena tipica Messicana si può prevedere di offrire un dessert che conservi l’impronta della patria di Pancho Villa e Speedy Gonzales: un dolce magnifico a base di cioccolato, con un tocco di peperoncino e alcune altre sfumature che si rivelano boccone dopo boccone e lasciano scoprire poco alla volta, come in un gioco di seduzione, i suoi segreti.

20141108-172012.jpgSi fondono a bagnomaria o a microonde, come siete abituati, 150 gr di cioccolato fondente spezzettato, con 200 ml di panna.
Si toglie dal fuoco e si aggiunge 1/4 di cucchiaino di peperoncino in polvere, 1 bicchierino di Tequila, 1 cucchiaio di estratto di vaniglia e si lascia raffreddare.
Si aggiungono poi 100 gr di burro fuso e 1 uovo +1 tuorlo montati con 75 gr di zucchero di canna.
Si setacciano insieme 250 gr di farina 00, 1 bustina di lievito per dolci, 1 cucchiaio di cacao amaro, 1 cucchiaino di cannella e 1 pizzico di sale e si amalgamano al composto a base di cioccolato, mescolando dolcemente.
Si versa in una tortiera ben imburrata e si inforna 170 gradi per 35-40 minuti.
Una volta sfornata si lascia raffreddare, si sforma, si copre di riccioli di cioccolato semi-dolce oppure si spolverizza con lo zucchero a velo e si decora con qualche peperoncino fresco, di cui sconsiglio l’assaggio.

Questa torta è una bomba. Il calore del peperoncino si percepisce solo dopo il primo boccone perché viene mitigato dal profumo persistente della cannella e dalla dolcezza intensa della vaniglia. Il tocco brioso del liquore si avverte appena ma è presente e resta in bocca anche dopo aver inghiottito.
Insomma personalmente ho trovato questa torta una rivelazione.
La dedico a mio marito, che ha in fondo le stesse caratteristiche.