Per variare un po’: un sandwich con il branzino

Nei giorni scorsi di grande caldo, che ci ha sorpreso perché in qualche modo forse non ce l’aspettavamo più, a volte ho cucinato a giorni alterni.
Intendo dire che ho ottimizzato i tempi ai fornelli preparando spesso qualcosa da poter poi riutilizzare facendolo diventare l’ingrediente principale del pasto successivo.
È quello che ho fatto per esempio con quegli spaghetti conditi col sugo di recupero che ho postato il 10 agosto e l’ho rifatto ieri, con quello che era rimasto di un magnifico branzino al sale cucinato la sera prima a cena.
La ricetta del branzino (o meglio dell’orata) al sale è di mia nuora, che al sale aggiunge un albume montato a neve e farcisce la pancia dei pesci con rosmarino, alloro, salvia, prezzemolo e buccia di limone.
È così che faccio anch’io, ma dal mio pescivendolo, oltre a farlo eviscerare faccio anche togliere la testa: non sopporto di essere osservata mente cucino…
Comunque, una volta cotto al forno, frantumata la crosta di sale, prelevati i filetti (senza bisogno di rimuovere la pelle) ed eliminate le erbe aromatiche e la lisca centrale, basta condire con pepe e olio e la cena è in tavola.
Be’ naturalmente ci vuole vicino anche una patata, ma quella non richiede nessun impegno: basta infilarla in forno con la buccia leggermente bucherellata ed è fatta.
Ma non era questa la ricetta di oggi.
La ricetta è il solito panino che spesso mi preparo per pranzo, imbottito fino a scoppiare di ingredienti squisiti.
L’ingrediente principale di oggi è dunque un filetto di branzino avanzato, morbido e appetitoso.

20140812-011126.jpgHo semplicemente affettato sottile un piccolo gambo di sedano, tagliato a pezzettini mezza mela, tritato grossolanamente qualche mandorla e mescolato tutto con il filetto di branzino spezzettato.
Ho condito con olio, succo di limone, sale, yogurt bianco e paprika affumicata, che col suo sapore intenso e dolce conferisce a questo mix un gusto particolare.
Ho farcito due belle fette di pane e mi sono goduta un signor pranzetto con una birra fresca.
Una Bud bionda e leggera.

Quello che mi è piaciuto particolarmente di questo sandwich è la croccantezza degli ingredienti aggiunti alla morbidezza del pesce, che hanno dato al ripieno una interessante combinazione di consistenze diverse.

Sandwich di pollo

L’insalata di pollo è un piatto che faccio abbastanza spesso d’estate perché si prepara in anticipo e si gusta quando si rientra da una mattina, un pomeriggio o una giornata intera fuori casa, che si sia passata al mare, in un Centro Commerciale, al lago, al cinema, ai monti, in palestra o in piscina.
Come molte altre “insalate” anche questa senza dubbio da il meglio di sé in un panino… era inutile dirlo, ormai mi conoscete!

20140720-232352.jpgPer quanto riguarda questa preparazione, ci sono due scuole di pensiero: alcuni prelevano il petto da un pollo cotto allo spiedo, altri lo fanno lessare con i classici odori, così resta anche un buon brodo da surgelare negli stampi dei cubetti del ghiaccio e utilizzare quando serve.
Qualunque sia la vostra scelta, l’importante è che quando la utilizzate, la carne sia fredda.

Preparo per primo il condimento unendo a una tazza di maionese il succo di 1/2 limone, un cucchiaino di prezzemolo tritato, un cucchiaio di salsa Worcester, un pizzico di sale e una bella macinata di pepe.
Lavo un gambo di sedano, lo libero dei filamenti e ne ricavo dei cubetti.
Taglio un petto di pollo già cotto a dadini, lo sistemo in una ciotola, copro con la salsa che ho preparato, aggiungo 50 gr di filetti di mandorle leggermente tostati e la dadolata di sedano.
Mescolo con cura ma con delicatezza.
Faccio tostare sulla piastra 8 fette di pancarrè, ne copro 4 con alcune belle foglie di lattuga e distribuisco sopra l’insalata di pollo.
Copro con le altre 4 fette di pane e taglio a metà i sandwich per facilitarne il primo morso.
Il resto è come andare in bicicletta: viene da sé!

Una “semplice” frolla farcita di fragole

Di torte ne faccio veramente poche e difficilmente le considero così speciali da scegliere di pubblicarne la ricetta.
Molti di voi sono infinitamente più bravi di me e si cimentano con successo, molto più spesso di quanto non faccia io, nella preparazione di focacce, crostate, torte farcite e lievitate.
C’è però una torta che mi piace preparare e farcire: una “semplice” frolla con le fragole.
Se vogliamo è poco più che una crostata, con una base di frolla friabile arricchita di farina di mandorle nell’impasto, oltre a zabaione e frutta fresca come farcitura e proprio queste caratteristiche così contrapposte la rendono estremamente gradevole.

20140315-221409.jpgHo scelto le fragole per completare questa frolla leggermente croccante soprattutto perché sono di stagione.
Più avanti verrà benissimo anche con le pesche a fettine ed è straordinaria con la frutta tropicale come il mango e la papaya o con i frutti di bosco.

Si frullano 150 gr di mandorle pelate fatte raffreddare in freezer per una mezz’ora, così le lame del food processo non le riscaldano evitando quindi l’emissione dell’olio che ne altererebbe il sapore (oppure si usa lo stesso peso di “farina” di mandorle acquistata pronta).
Si uniscono 200 gr di farina 00, 120 gr di zucchero, 150 gr di burro a temperatura ambiente, 1 uovo intero e 1 tuorlo, 1/2 cucchiaino di lievito, la buccia grattugiata di 1 limone e 1 pizzico di sale.
Quando si è formata una palla, si impasta velocemente, si avvolge nella pellicola e si fa riposare in frigorifero almeno mezz’ora.
Si riprende la pasta e la si divide in due parti.
Con il mattarello si ottengono due dischi alti circa 1/2 cm che si appoggiano sulla placca del forno coperta di carta forno. Solo uno si cosparge con circa 30 gr di mandorle a filetti, poi si infornano entrambi a 170 gradi per una decina di minuti.
Nel frattempo si lavano, si eliminano i piccioli e si affettano 200 gr di fragole. In una ciotola si mescolano con il succo di 1/2 limone e 50 gr di zucchero a velo.
Si prepara anche lo zabaione: in una piccola casseruola si lavorano con le fruste 2 tuorli con 60 gr di zucchero fino a ottenere un composto bianco e spumoso. Sempre mescolando, si aggiunge poco alla volta 1 bicchierino di Moscato.
Si mette la casseruola in una più grande piena a metà di acqua calda e si cuoce a bagnomaria, a fiamma molto bassa, continuando a mescolare senza mai raggiungere l’ebollizione finché il composto comincia a gonfiarsi e a montare.
Questo è il momento di ritirare lo zabaione dal fuoco e di lasciarlo intiepidire.
Si sfornano i 2 dischi di pasta frolla e si fanno raffreddare.
Si accomoda quello senza granella in superficie su una alzata o su un piatto da portata, si versa lo zabaione, si accomodano sopra le fragole sgocciolate e si copre con l’altro disco.
Tutto qui, semplicemente e senza altre aggiunte.

È un dolce molto gradevole grazie alla croccantezza della pasta contrapposta alla morbida freschezza delle fragole.
E per non farsi mancare niente, a me piace passare a parte un bricchetto col succo emesso dalle fragole unito ad un altro bicchierino di Moscato e a qualche cucchiaiata di panna fresca con cui si potrà arricchire la propria porzione.
Lo so: sono tremenda!

Con queste piccole ghirlande è subito Natale

Entro oggi devo proprio completare il menù del pranzo di Natale, mi sto ancora gingillando con diverse opzioni senza aver preso una decisione definitiva.
Lo so, sono un po’ in ritardo quest’anno, ma i regali sono quasi tutti sotto l’albero, i segnaposto sono finiti, uno degli arrosti è già nel freezer, agli stipiti delle porte il mio famoso marito ha già appeso le coccarde di velluto rosso con i campanelli delle renne, ci hanno consegnato il Prosecco e ho ripetutamente spulciato i vecchi quaderni delle mie ricette per trovare ispirazione.
Sfogliando proprio l’archivio fotografico dei piatti più interessanti, ho trovato queste divertenti piccole ghirlande, molto natalizie e, se non ricordo male, anche molto buone.
Le avevo fatte (in tempi ancora non sospetti, quando l’idea di un blog di cucina non era nemmeno in embrione) con la stessa pasta delle cosiddette “favette dei morti”, quei deliziosi dolcetti che ai primi di novembre si trovano in tutte le pasticcerie, le latterie e le panetterie e poi scompaiono di botto e non si trovano più fino all’anno successivo.

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Per le nostre piccole ghirlande si procede in questo modo:
– si frullano molto finemente 200 gr di mandorle pelate e 150 gr di pinoli con 50 gr di zucchero;
– si sbattono 1 uovo e 2 tuorli con altri 100 gr di zucchero;
– alla farina di mandorle e pinoli, si mescolano 150 gr di farina 00 setacciata e 1 pizzico di sale, si forma la fontana e al centro si versano il composto di uova e zucchero e alcune gocce di colorante alimentare verde;
– si impasta con le mani inumidite di acqua di fiori d’arancio fino a che non si ottiene un panetto morbido ma compatto da cui si ricavano dei cordoni di circa 1 cm di diametro;
– come quando si fanno gli gnocchi, si tagliano in tocchetti lunghi 1 cm e si formano delle palline;
– si copre la placca del forno con la carta forno imburrata, sulla quale si disegnano dei cerchi per aiutarsi a comporre le coroncine della misura desiderata, spennellando le palline con dell’albume leggermente battuto;
– con la punta dell’indice si preme al centro di ognuna per creare un leggero avvallamento;
– si infornano a 180 gr per non più di 15 minuti. Non devono colorarsi troppo ma dorarsi appena;
– quando si sfornano e sono ancora calde si completano con 1 pezzetto di ciliegia rossa candita inumidita con una goccia di albume, posizionandola nell’avvallamento centrale di ciascuna pallina.
Prima di staccarle delicatamente con una paletta dalla carta forno, assicuratevi che siano completamente fredde altrimenti correte il rischio che si rompano.

Lo so che non avete tempo, che anche a voi restano da fare miliardi di cose prima di Natale (che quando abbiamo cominciato a parlarne pareva lontanissimo), che ognuno deve preparare i suoi dolcetti collaudati, tradizionali, graditi dalla famiglia, ma questi non potete proprio lasciarveli sfuggire: le ghirlande sono il più classico dei simboli Natalizi!
Magari abbondate pure col colorante perché queste mi sembra siano venute proprio pallidine.

Il “Nadalin”, un dolce medievale

C’era una volta un’amica blogger che mi aveva chiesto di fare il Pandoro… ma non l’ho accontentata.
Ho però in serbo un’altra ricetta tradizionale Veronese che vale la pena di farle conoscere perché è veramente un dolce delizioso. Spero le piaccia.
La mamma di Giorgio, il mio consuocero, ha lasciato in eredità a Luisa Anna la ricetta del vero Nadalin Veronese, antichissimo dolce nato ancora prima del più famoso e diffuso Pandoro, creato solo nella seconda metà dell’Ottocento.
La tradizione popolare fa risalire invece l’origine del Nadalin addirittura al 1260, all’epoca dei festeggiamenti per l’investitura degli Scaligeri come Signori di Verona.
Molti Veronesi preferiscono ancora questo dolce casalingo medievale ai dolci industriali più famosi.
La cosa importante è ricordare che il Nadalin necessita di uno stampo particolare per mantenere la tradizione Veronese dei dolci Natalizi a forma di stella.
La ricetta esatta di questa meraviglia, appena sfornata dalla Luisa Anna, secondo me non andrebbe divulgata, come accade per quelle di certi prodotti cult, tipo la Coca Cola o la Nutella, ma dato che generosamente oggi mi ha dato sia la ricetta che il dolce, almeno la ricetta, la condivido con voi.

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Con lo sbattitore elettrico si lavorano in una ciotola 200 gr di zucchero, 150 gr di burro morbido, 3 uova, la buccia grattugiata di 1 limone e 1 pizzico di sale.
Intanto si scioglie 1 cubetto di lievito di birra in 1/2 tazza da tè di acqua tiepida e si unisce al composto.
Si aggiungono poi 1/2 kg di farina setacciata e 2 fialette di essenza di vaniglia, continuando a mescolare.
Si versa l’impasto nel caratteristico stampo a stella e si lascia lievitare coperto con un canovaccio, in luogo tiepido, per 4 ore.
Quando la lievitazione è completa, si cosparge la superficie con 50 gr di zucchero semolato, 60 gr di pinoli e 60 di mandorle a filetti.
Si inforna a 180 gradi per circa un’ora.
Una volta tolto dal forno si cosparge con 100 gr di zucchero a velo.

È tradizione mangiare il Nadalin al rientro dalla Messa di mezzanotte accompagnato da una tazza di cioccolata calda e densa o un bicchiere di vino Recioto.

Un’insalata casuale e compulsiva

Sono certa che capita anche a molti di voi di fare acquisti compulsivi, fortunatamente il più delle volte di modesta entità, perfino al Supermercato e di ritrovarvi con qualche pacchetto di salmone, pesce spada e storione affumicati in frigorifero senza avere in programma una cena, che sia formale o meno.
Siamo d’accordo che un carpaccio di pesci affumicati conditi con olio, limone, erba cipollina, finocchietto e rafano, per esempio, apre con molta eleganza una cena a base di pesce, vero? Ok, teniamolo quindi presente per il futuro. Natale è alle porte…
Però intanto c’è da utilizzare parte del mio “incauto acquisto” che è quindi diventato semplicemente l’ingrediente principale di un’insalata, una di quelle insalate che a mezzogiorno costituiscono ogni tanto un gradito e fantasioso piatto unico.

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Dunque mi sono trovata con questo storione affumicato a fettine, che non aveva un programma per la serata, e per prima cosa l’ho tagliato a quadrettini.
Ho affettato molto sottilmente con la mandolina del cavolo cappuccio
Ho fatto rinvenire una cucchiaiata di uva sultanina nell’aceto di mele tiepido.
Ho tostato alcune mandorle a scaglie in una padella antiaderente.
Ho sbucciato e tagliato a cubetti una piccola mela.
Ho riunito tutto in una ciotola e ho preparato il condimento.
In un vasetto Quattro Stagioni Bormioli (ma va bene anche uno della marmellata recuperato) ho riunito olio, succo di limone, peperoncino frantumato, sale, pepe e ho shakerato finché il condimento non si è perfettamente emulsionato.
L’ho versato sugli ingredienti che pazientemente attendevano nella ciotola, ho mescolato e mi sono seduta a tavola.

L’ho già detto che il mio famoso marito non ama troppo i voli di fantasia e preferisce un piatto di “normale” pastasciutta ad alcune delle mie estrose creazioni estemporanee?
Quindi mentre lui mangiava una piccola carbonara di salmone affumicato (di cui vi ho parlato il 28 giugno scorso)…
Lo so, vi aspettavate una conclusione romantica come quella degli spaghetti con i gamberi di venerdì scorso, vero?
In verità durante il pranzo pensavo prosaicamente ad un’altra soluzione per il pacchetto di pesce spada affumicato che ancora ho nel frigorifero e che vorrei utilizzare prima della scadenza.
Che ci posso fare: sono una sentimentale coi piedi per terra!

Amaretti morbidi

Questi deliziosi biscotti, o pasticcini se preferite, insomma queste squisitezze sono, contro ogni previsione, estremamente facili da fare e vale proprio la pena di approfittare di una domenica di pioggia e prepararne un po’, tanto si conservano a lungo in una scatola di latta o in un barattolo di vetro.

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Basta innanzi tutto frullare 300 gr di mandorle, pelate e leggermente tostate in forno, con 50 gr di zucchero, che assorbirà l’olio delle mandorle.
Ottenuta questa “farina”, la si trasferisce in una ciotola e si aggiungono altri 250 gr di zucchero, 1 cucchiaio di farina 00 e 1 di fecola di patate o di maizena.
Si montano a neve molto soda 4 albumi con 1 pizzico di sale e 1 cucchiaino di succo di limone.
Si miscelano con cura agli altri ingredienti cercando di non smontarli.
Si ottiene un panetto col quale, maneggiandolo il meno possibile, si formeranno delle palline che andranno posizionate, piuttosto distanziate, su una teglia da forno imburrata e cosparsa di zucchero a velo. Altro abbondante zucchero a velo dovrà essere cosparso sugli amaretti, servendosi di un colino.
È bene a questo punto farli riposare per qualche ora, prima di infornarli a 160 gradi per 20-25 minuti.
Non si devono colorire troppo, ma essere perfettamente dorati e soprattutto restare morbidi al centro. Ocio quindi, come sempre.
Per non rischiare di romperli, bisogna staccarli con l’aiuto di una spatola solo quando saranno freddi.

Si può anche usare lo stesso peso di “farina” di mandorle che si trova in commercio, ma dato che le cosiddette mandorle amare sono tossiche ed è meglio quindi non usarle, la tostatura dona alle mandorle un lieve aroma più intenso.
Al limite si può aggiungere una di quelle fialette aromatiche, ma lo trovo superfluo.

Il riso del sultano

Quando si sente dire: Riso all’Orientale, si pensa subito al Riso alla Cantonese, vero? O almeno a me era sempre successo così.
Ma esiste anche una versione poco conosciuta dello squisito riso Basmati (il cui nome deriva dalla fusione delle parole Hindi: “bas” che significa fragrante e “mati” che significa prodotto dalla terra) che ho ribattezzato Riso del Sultano, perché ha origini Persiane. Se siete curiosi, vi consiglio di prenderlo in considerazione con o senza le varianti che ho introdotto rispetto alla ricetta originale. È insolito e profumato, stuzzica e sazia, è adatto anche ai pic nic.
Come sempre, di questo piatto esistono tante versioni quante sono le famiglie Iraniane, Siriane o Turche che lo cucinano. Questa non è che la mia. Italianizzata al massimo.

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Prima di tutto sciacquo 2 tazze di riso Basmati sotto l’acqua corrente fresca e lo lascio a bagno per una decina di minuti.
Nel frattempo faccio appassire in olio e burro 1 cipolla affettata sottile e 1 spicchio d’aglio grattugiato senza farli imbiondire troppo. Aggiungo 3 tazze di brodo vegetale nel quale ho fatto sciogliere 1 bustina di zafferano e aggiunto cannella, curry in polvere, 2 chiodi di garofano e porto a bollore.
A questo punto aggiungo il riso (che ho scolato e poi asciugato tamponandolo), copro e faccio cuocere 20 minuti senza mai sollevare il coperchio. Passato questo tempo il liquido sarà completamente assorbito.
Verso il riso in un contenitore piuttosto basso, che possa andare in tavola e lo sgrano con due forchette, aggiungo 1 mela a cubetti, 1 petto di pollo cotto alla piastra tagliato a pezzetti, 50 gr di mandorle spezzettate e 50 gr di uvetta ammollata, aggiusto di sale e pepe e mescolo.

Naturalmente scelgo la Sultanina, dato il titolo della ricetta! Però se avete in casa uvetta di Corinto, di Smirne o di Malaga, va bene lo stesso, anzi a me piace utilizzarne anche due tipi insieme. È bello il contrasto tra i chicchi grossi e biondi e quelli piccoli e scuri.

A questo punto vi potete fermare, perché avrete un piatto “comme il faut”, ma io introduco anche una nota Mediterranea di casa nostra, aggiungendo funghetti champignon crudi affettati sottili, qualche falda di peperone arrostito e spellato ridotto a striscioline e alcune olive verdi farcite e altre nere aromatizzate.

La sbrisolona

La sbrisolona (probabilmente in Italiano: “Torta di briciole” e in Inglese forse: “Crumbs cake”) è un dolce rustico e buonissimo di origine mantovana. Data la vicinanza comunque, è molto popolare anche a Verona.
È una torta che faccio più spesso in inverno, ma realmente non ha stagione. Bisogna osservare un’unica imprescindibile regola: NON SI TAGLIA. Mai. Ma si spezza rigorosamente con le mani, come la frolla di Roverè.

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Per farla, bisogna mescolare velocemente con la punta delle dita 250 gr di farina 00, 150 gr di farina di mais (quella sottile che si chiama “fioretto”), 150 gr di zucchero, 200 gr di burro, 2 tuorli, 200 gr di mandorle tritate grossolanamente, la buccia grattugiata di 1 limone e 1 pizzico di sale.
Si imburra una tortiera bassa e si distribuisce questo impasto a pioggia senza compattarlo. Si inforna a 180 gradi per circa un’ora. Quando si toglie dal forno si cosparge con altri 50 gr di zucchero e si fa raffreddare.
Si porta in tavola e si spezza con un leggero pugno dato al centro del dolce.

Vi diranno che va servita con il Passito di Pantelleria, ma non cascateci. È fantastica col Recioto bianco di Soave.

Ma cos’è l’insalata?

Quando ero piccola io, per “insalata” si intendeva un contorno di lattuga. Toh, al massimo lattuga, pomodoro e rucola. Tutto qua. In Italia non c’era l’abitudine infatti di nutrirsi a pranzo con una sostanziosa combinazione di ortaggi e (volendo) molto altro.
Anche da giovane non è che abbia avuto tutto questo rapporto privilegiato con le insalate intese come pasto completo. Però, avevo una conoscente francese che quando ormai ero sulla trentina mi ha fatto assaggiare la mia prima “nizzarda”.
E mi è piaciuta così tanto che in Francia la ordino spessissimo e la preparo anche a casa, come piatto unico, naturalmente, proprio come fanno in Costa Azzurra!

Da questa prima esperienza ho imparato a destreggiarmi con molta disinvoltura tra ingredienti diversi e a modificare addirittura le versioni originali.
Devo dire però che sono stati i viaggi in America ad aprirmi il maggior numero di orizzonti prima inesplorati. Una delle insalate più gettonate dai miei figli quando erano ragazzini era quella di pollo.

Insalata di pollo

È una ricetta che non presenta assolutamente nessuna difficoltà. Vi do la mia versione, semplice, saporita e perfino relativamente ipocalorica, da provare adesso che con la stagione calda (appena arriva!) si ha voglia di cibi freschi e la prova costume è in agguato.

Si taglia a listarelle un petto di pollo bollito, si affetta un gambo di sedano, si riduce a striscioline qualche foglia di lattuga, si mescola tutto in una ciotola e si condisce con sale, pepe, lamelle di mandorle (segreto dello chef!) e una salsa composta di maionese, senape, olio e succo di limone.

Come consiglio nel mio libro, il brodo che ricavate dalla cottura del petto di pollo, surgelatelo dopo averlo filtrato, che non si sa mai quando potrà tornare utile.