La polenta

Ci sono alcuni piatti che fanno talmente parte delle abitudini di famiglia che non ci si fa quasi più caso. Quando si preparano spesso è perché non si ha voglia di impegnarsi, di stare a pensarci su più di tanto. Ci sono, no, le sere in cui si mette insieme una cena che non richiede tutto ‘sto sforzo?!
La polenta è uno degli elementi che appartengono a questa filosofia di cucina.
Una bella polenta condita con ingredienti diversi è appagante e risolve felicemente la cena. Almeno per noi Veneti… per i quali fare la polenta è un’abitudine che richiede sì tempo e attenzione, ma è nel nostro DNA da secoli.

20140511-000745.jpgSi fa dunque la polenta portando a bollore 1 litro d’acqua salata con 1 cucchiaino di sale grosso, abbassando la fiamma e versando a pioggia 250 gr di farina di mais “bramata” sempre mescolando con una frusta.
Quando tutta la farina è assorbita, si alza di nuovo il fuoco, ma facendo attenzione che il bollore non sia troppo vivace.
Ci vorranno 40 minuti perché la polenta sia pronta. Durante questo periodo si mescola ma non in continuazione, soprattutto all’inizio. Si intensifica “l’unto di gomito” verso la fine, quando inizia ad addensarsi. Bisogna fare molta attenzione perché non si attacchi. La polenta è pronta quando mescolandola inizia a staccarsi dalle pareti sfrigolando.
A questo punto si versa su un vassoio da portata o sul tagliere e si condisce come si desidera.

Questa è arricchita con funghi porcini saltati semplicemente in padella con aglio e prezzemolo, rosmarino e lardo di Arnad, che a contatto con la polenta calda si fonde un po’ e rende l’insieme fantastico.
Naturalmente si può scegliere di condirla con un qualsiasi altro ingrediente come salsiccia rosolata, formaggio Gorgonzola, perfino ragù o qualunque altra cosa vi suggeriscano l’esperienza e la fantasia.
Un chiarimento tecnico: la polenta “bramata” è quella a grana leggermente più grossa ed è perfetta per queste preparazioni o per accompagnare gli umidi; il “fioretto” è quella macinata molto fine ed è più adatta per i dolci come gli zaletti per esempio (post del 23 ottobre scorso).

Reuben: ricordo di un viaggio a New York

Ogni tanto mi piace raccontarvi qualcosa su come ci siamo nutriti le molte volte in cui siamo andati negli Stati Uniti. Prendiamo New York, per esempio.
Quando si visita Manhattan, il modo più semplice per pranzare è comprarsi un panino in un Deli (contrazione di Delikatessen), in pratica una paninoteca, spesso a conduzione familiare che costituisce un’eccellente alternativa a McDonald’s e Burger King, al confronto decisamente più unti e calorici.
In un Deli si possono sia personalizzare le proprie richieste che affidarsi ai suggerimenti del locale.
All’inizio anche noi ci siamo fatti guidare dalle proposte standard del menù, ma poi abbiamo imparato a spaziare liberi e felici fra maionese e fantasia e ormai non ci ferma più nessuno.
Una delle tante esperienze culinarie fatte dunque in un Deli, è stata assaggiare un sandwich stravagante, diverso dai soliti Club, BLT, chicken, egg o tuna: il Reuben.

20140426-191856.jpgVi do la ricetta, non si sa mai. Magari qualcun altro, come me, ha ogni tanto la voglia di rivivere i ricordi di viaggio!

Si fanno tostare 2 fette di pane di segale o integrale, si spalmano con 1 cucchiaio di burro morbido e si farciscono con 2 fette di formaggio gruviera, 80-100 gr di pastrami* e 1 forchettata di crauti.
Si passa sotto il grill per un paio di minuti e si completa, una volta tostato, con la salsa Thousand Island o con la più piccante Russian dressing.
Di quest’ultima vi darei la ricetta che è semplice, intensa e pungente:
si mescolano insieme 1 tazza di maionese, 4 cucchiai di ketchup, 1 spruzzata di Tabasco, 1 cucchiaio di salsa di rafano (cren) e un cucchiaio di cipolla tritata.
Il Reuben si mangia preferibilmente su una panchina di Central park… senza addentrarsi troppo nei vialetti.

*Naturalmente, il pastrami, succulenta carne di manzo speziata e affumicata proveniente dall’Est Europa, è quasi introvabile da noi se non in alcune macellerie kosher nei quartieri ebraici delle grandi città, ma questi insoliti panini si possono preparare anche con fette sottili di “carne salada” Trentina e ottenere quasi lo stesso risultato.

Risotto con gli asparagini

Negli anni in cui ho abitato sulle colline del Garda, ogni tanto ricevevo in omaggio da qualche vicina di casa un mazzetto di quelli che venivano erroneamente chiamati asparagi selvatici, mentre il più delle volte si trattava dei germogli del luppolo o anche dei getti del pungitopo che con gli asparagi non c’entrano niente. Ma questo lo so adesso.
A quell’epoca mi fidavo ciecamente di quello che mi veniva raccontato da chi pensavo che dei prodotti di campagna, lago e collina ne sapesse molto più di me, che arrivavo dalla città, avevo sempre lavorato nel Marketing di un’importante Casa Farmaceutica e non avrei riconosciuto un bruscandolo da un’ortica.
Non che adesso sia migliorata molto…
Quello che per una decina d’anni è stato il mio paese ospitava a maggio la Festa degli asparagi con stand gastronomici dove gustare specialità locali, degustare ottimi vini del territorio e acquistare olio e appunto asparagi, quelli bianchi, grossi, carnosi e succulenti caratteristici delle nostre zone.
La Sagra degli Asparagi era un appuntamento importante, che richiamava anche gli abitanti dei paesi limitrofi e dopo il tramonto si arricchiva di una band con un repertorio di canzoni che inducevano a ballare. Oppure ci si poteva aggregare al coro degli Alpini che si esibiva in canonica.
Ovviamente c’era anche la pesca di beneficenza.
E adesso la pianto se no questa diventa un’altra storia e non la ricetta del sugo di asparagini verdi, molto più saporiti di quelli bianchi e più adatti ai sughi perché meno acquosi, con cui condisco il risotto di cui parliamo oggi.
Questa è una ricetta basica e semplicissima, ma ugualmente saporita, da tener presente proprio per queste caratteristiche.

20140503-012514.jpgTrito una cipollina oppure un paio di scalogni e li faccio rosolare con 30 gr di burro. Aggiungo 1/2 chilo di asparagi verdi sottili sottili, che assomigliano molto a quelli selvatici e tra l’altro costano molto meno di quelli più grossi, per non parlare dei bianchi, e hanno un sapore molto intenso, leggermente erboso che a me piace moltissimo.
Naturalmente questi asparagi sono stati mondati, sciacquati e mentre affetto i gambi finché il coltello non incontra una certa resistenza, tengo interi 3-4 cm di punte.
Mescolando aspetto che si insaporiscano per qualche minuto, poi aggiungo un mestolino scarso di brodo e completo la cottura in modo che gli asparagi risultino ancora leggermente croccanti. Li spolverizzo con il prezzemolo tritato e li aggiusto di sale e pepe.
In una casseruola faccio scaldare, come sempre, il doppio del volume di brodo rispetto al riso. Quando bolle verso il riso, scuoto leggermente per distribuirlo e lo faccio cuocere semi coperto.
Quando è pronto, fuori dal fuoco anziché burro e parmigiano, aggiungo qualche cucchiaiata di ricotta e poi tanto sugo di asparagini quanto ne serve per condirlo riccamente.
Impiatto e servo bello caldo.

Questa è la breve e golosa stagione degli asparagi, conviene quindi darci dentro a cucinarli e gustarli in quanti più modi possibile per non avere rimpianti nei prossimi mesi.

Zucchine col fiore farcite di gamberi

L’ultima volta che abbiamo parlato dei fiori di zucca, anzi dei “Fleurs de courgette farcis” che avevo assaggiato a Ginevra, dove li preparano con un delicato ripieno di filetti di di pesce persico del Lago Lemano è stato il 25 febbraio. Ve li ricordate?
Mi sono resa conto oggi, scrivendo questo articolo, che in realtà io i fiori di zucca li farcisco sempre con il pesce. Vedi “Fiori, ma non opere di bene” dell’1 settembre, da considerare una ricetta di recupero e prima ancora (era uno dei miei primi post) “Fiori di zucca ripieni di riso” pubblicata il 26 maggio dell’anno scorso, che avevo definito: Una ricetta ipocalorica, seria, raffinata… ma che nella blogosfera non aveva a suo tempo ottenuto il successo che secondo me merita questo piatto unico delicato e chic, profumato di curry.
Oggi comunque parliamo di saporite e ghiotte zucchine col fiore farcite con i soliti gamberi, che nel mio freezer, lo sapete, non mancano mai.
Credetemi, ne vale la pena.

20140429-014221.jpgCalcolate da 1 a 4 zucchine a testa a seconda che intendiate servirle come antipasto e secondo piatto, vedete voi. Io ne ho preparate per noi due 6 in totale.
Erano freschissime, intatte e perfette.
È bastato soffiare all’interno dei fiori perché si aprissero così da permettermi di togliere il pistillo, che altrimenti avrebbe reso amaro l’insieme.
Le ho spuntate, sciacquate con estrema delicatezza e affettate nel senso della lunghezza, senza staccarle dal fiore
Ho preparato la farcia sgusciando e privando del filo intestinale una ventina di code di gambero, le solite di cui mi sentite parlare sempre, che acquisto il mercoledì al mio banco del pesce di fiducia qui al mercato rionale.
Ho fatto soffriggere 50 gr di bacon a cubetti con 2 scalogni tritati e 1 spicchio d’aglio schiacciato, che poi ho eliminato. Ho fatto saltare brevemente le code di gambero e le ho spruzzate di vermut.
Appena hanno cambiato colore le ho tolte dal fuoco. Ne ho tenute da parte 8 e le altre 12 le ho tritate grossolanamente.
Ho versato tutto in una ciotola, ho aggiunto 1 piccola patata lessa schiacciata, 1 pomodoro ramato sbucciato, privato dei semi e ridotto a cubetti, 1 cucchiaino di curry, una macinata di pepe e ho aggiustato di sale.
Ho mescolato tutto, farcito delicatamente i fiori delle mie zucchine e allineate su una teglia coperta di carta forno, le ho irrorate d’olio e infornate a 200 gradi per 10-12 minuti.
Come sempre controllate che non si asciughino troppo, perché solo voi conoscete il vostro forno.
Le ho servite nei piatti, completate con le code di gambero tenute da parte e spruzzate di prezzemolo tritato.

Come avete visto questa volta non erano semplicemente fiori di zucca, ma zucchine col fiore. Non che faccia una gran differenza, ma a me piacciono molto di più per via delle consistenze diverse in ogni boccone.

Cannolicchi o cappelunghe

I cannolicchi, che noi Veneti chiamiamo cappelunghe – o meglio capelunghe, senza doppie come le capesante – sono deliziosi frutti di mare dal sapore delicato che non richiedono ricette troppo elaborate.
Quando da piccolina, come vi ho raccontato, passavo le vacanze sul litorale Veneziano, ne trovavamo parecchie camminando il pomeriggio con la bassa marea lungo le secche infinite armati di secchiello e paletta, ma occorreva essere velocissimi nell’individuare i forellini nella sabbia o le capelunghe si ritraevano in profondità dileguandosi rapide come schegge.
Molto più semplice era infatti la raccolta delle telline… adesso comunque con i ricordi basta così e passiamo invece alla mia ricetta favorita.

20140228-092223.jpgQuesti molluschi, molto meno facili da reperire al mercato rispetto alle vongole e alle cozze, hanno tempi di cottura piuttosto brevi, infatti si preparano molto velocemente, se non si tiene conto del tempo che occorre per farli spurgare.
Essendo anche loro molluschi bivalvi che si nutrono filtrando l’acqua marina, richiedono quindi molta attenzione e cura nell’eliminazione della sabbia che contengono. Ma i risultati sono sorprendenti.
A me piacciono manipolati il meno possibile: li trovo deliziosi e talmente sofisticati da non aver bisogno di essere arricchiti da ingredienti particolari o intingoli elaborati.
Si usano anche per preparare i sughi per la pasta, ma io li preferisco come antipasto, cucinati brevemente.

Si mettono a spurgare 800 gr di cannolicchi in acqua molto salata per qualche ora, anche per tutta la notte se se ne ha la possibilità, poi si risciacquano lasciandoli sotto l’acqua corrente per almeno mezz’ora.
In una capace padella si fa leggermente soffriggere un battuto abbondante di prezzemolo e aglio con 3-4 cucchiai di olio e si aggiungono i molluschi, si pepa generosamente, si mette il coperchio, si alza leggermente il fuoco e si fanno aprire.
Tutto qua, la ricetta è bella e finita: si appoggiano sul piatto da portata e si coprono con il loro sughetto.

Io ne vado pazza e quando li trovo li acquisto immediatamente. Invidio Marina di Le ricette di Baccos per il suo ultimo week end in Sardegna e chiunque viva nelle città di mare in cui ci sono quegli stupendi mercati dove si trova veramente ogni qualità di pesci, molluschi, crostacei e via dicendo: il sogno dei gourmet, dei gourmand, degli chef e delle casalinghe ambiziose…

Paccheri ai frutti di mare

Non è che i paccheri siano un formato di pasta che utilizzo tanto spesso, ma li adoro. Almeno quanto adoro i crostacei e i molluschi.
La ricetta di oggi prevede l’utilizzo di tutti questi ingredienti, ma siccome vado un po’ di fretta, lascio che siano soprattutto le foto a parlarne: sono eloquentissime e poi tanto questo sugo lo sapete fare di sicuro e chissà come viene bene anche a voi!

20140306-014559.jpgQui si riconoscono canestrelli e code di scampi e poi code di gambero e cozze. Naturalmente tutto sgusciato e sciacquato bene.

20140306-014923.jpgNel tegame ci sono: pomodorini Pachino, aglio, peperoncino, olio, basilico e tutti i frutti di mare della foto precedente, sale e pepe.

20140306-015055.jpgEd ecco i paccheri lessati, senza foto, scolati leggermente al dente, versati nel sugo della foto precedente (al quale ho aggiunto a fine cottura una bustina di zafferano) e fatti saltare brevemente.
La fase successiva è naturalmente l’impiattamento come da foto, e a seguire la degustazione… non immortalata!
Buon appetito e scusate la fretta.
A domani. Se qualcosa vi sfugge, sono qua.

Ancora di antipasti: uova sode e non solo


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Come dico sempre, gli antipasti sono un biglietto da visita con il quale ci si presenta agli ospiti dando un’idea abbastanza precisa di quello che si possono aspettare dalle successive portate.
Ce ne sono alcuni che ripeto abbastanza spesso o perché sono particolarmente stuzzicanti o perché so essere graditi più di altri ad alcuni commensali.
È il caso delle cupole di salmone per esempio, che ho offerto anche a Natale e riproposto a Pasqua, con lo stesso indice di gradimento (“Un antipasto chic” del 31 maggio 2013 ).
Anche i bicchierini al gorgonzola li avevo già proposti in occasione di una cena fra amici, la variante in questo caso sono i pinoli tostati che hanno completato la presentazione al posto dei gherigli di noce dell’altra volta (“Un insolito antipasto” del 22 ottobre scorso).
Essendo questo il pranzo di Pasqua, non poteva mancare il simbolo di questa festa, l’uovo. Lo stesso uovo ripieno di tonno di cui ho parlato l’altro giorno, con la variante del gambero al vapore in un nido di maionese allo zenzero.
Di nuovo quindi in questi assaggi molto sfiziosi, ci sono solo le scodelline di pasta brisè ripiene di salsa agli asparagi, che essendo ortaggi di stagione non potevano mancare nel mio menù di Pasqua.
Ed è proprio di queste che vi darò la ricetta.

Ho creato delle scodelline di pasta brisé utilizzando gli stampi multipli per i muffin e le ho infornate per 7-8 minuti a 180 gradi, ma si può usare anche la pasta fillo: vengono più croccanti e meno friabili. Fate voi.
Il ripieno è semplicissimo.
Ho fatto soffriggere con una noce di burro 1 piccola cipolla bianca tritata, ho aggiunto le punte di un mazzo di asparagi bianchi “di Bassano”, ma di Verona e lasciato cuocere aggiustando di sale e pepe finché non sono diventate tenere. A metà cottura ho aggiunto qualche cucchiaiata di brodo vegetale per non farle asciugare.
Ho tolto il tegame dal fuoco, ho fatto raffreddare questo sugo di asparagi, ho aggiunto 1 cucchiaio di prezzemolo, 200 gr di robiola, qualche cucchiaiata di parmigiano grattugiato, una leggera grattata di noce moscata e ho riempito le scodelline.
Le ho ripassate in forno per qualche minuto, le ho decorate con una filanger di prosciutto crudo saltato in padella e le ho servite con gli altri antipasti.

Ok, tutto insieme è un signor antipasto, ma era il pranzo di Pasqua!
Si può sempre scegliere di servire solo una o due per volta di queste quattro proposte e si farà comunque un figurone.

Pesche Melba

Auguste Escoffier è forse il più celebre fra gli chef Francesi, colui che ha consacrato la cucina d’Oltralpe al ruolo di migliore gastronomia al mondo.
Tra il 1892 e il 1896 creò a Londra un delizioso dessert per la famosissima soprano Australiana Nellie Melba, nome d’arte di Helen Porter Mitchell, che ammirava moltissimo. In suo onore lo chiamò Pesca Melba. Appunto.
Per preparare le classiche, squisite pesche di Escoffier occorrono semplicemente: pesche, gelato alla vaniglia, lamponi e zucchero.
Tutto qua.
Si tratta dunque di un dessert raffinato e di una facilità estrema.
Ma andiamo con ordine.

20140501-014447.jpgSi tuffano in acqua bollente 2 belle pesche mature. Dopo 1 minuto si scolano, si fanno raffreddare in acqua e ghiaccio, si tagliano a metà, si pelano e si eliminano i nòccioli.
Si fanno sciogliere in una piccola casseruola 100 gr di zucchero con 250 ml d’acqua e si ottiene uno sciroppo nel quale si immergono le pesche. Si fanno bollire per 5 minuti e si lasciano raffreddare nel loro liquido.
Si scolano e si mettono in frigorifero.
Si frullano intanto 200 gr di lamponi, si uniscono allo sciroppo in cui sono state cotte le pesche e si passano al setaccio per eliminare i semini.
Si distribuiscono in 4 coppette 600 gr di gelato alla vaniglia, si appoggia su ognuno 1/2 pesca e si completa con la purea di lamponi.
Si possono decorare con qualche lampone intero e alcune lamelle di mandorle leggermente tostate.

Volendo fare subito questo gradevole e storico dessert, data la stagione si possono utilizzare direttamente le pesche sciroppate, così la fatica più grossa sarà quella di frullare i lamponi con qualche cucchiaiata di sciroppo di conservazione delle pesche e la sua realizzazione sarà ancora più veloce. Meglio di così.

Risotto alla Parmigiana

20140425-000019.jpgIl risotto alla Parmigiana, cremoso e saporito, è squisito già così, come lo vuole la tradizione, solo con quei quattro ingredienti che lo caratterizzano: riso, burro, brodo e parmigiano grattugiato.
Ne parlavo l’altra settimana con Angiola di Piatti coi tacchi.
Questo risotto in particolare è fra i miei preferiti. È quello che preparo quando voglio mettere insieme qualcosa di veloce e appagante. È un po’ il mio Aglio, olio e peperoncino insomma e poi volendo, con poche, piccole aggiunte diventa subito tutto un altro piatto.
Pensate solo al risotto alla Milanese, a quello al gorgonzola, allo Champagne o al salmone per esempio: se non si fosse in grado di preparare come fondo un buon risotto alla Parmigiana sarebbe impossibile ottenere queste altre specialità.
A me in genere i risotti riescono piuttosto bene, sia quelli di carne, che quelli di verdura o di pesce, ma ho un mio modo per cucinarli che spesso si scontra con altre scuole di pensiero e magari anche con qualche scuola di cucina…

Trito molto finemente una piccola cipolla e la faccio soffriggere con 50 gr di burro.
Appena inizia a colorirsi verso nel tegame 500 gr di riso e lo faccio leggermente tostare senza smettere di mescolarlo.
Aggiungo quindi tutta in una volta una quantità di brodo caldo di pollo o di carni miste, pari al doppio del volume del riso, che dopo aver pesato ho misurato in un contenitore graduato.
Copro parzialmente con un coperchio e lascio sobbollire piano finché tutto il liquido non è stato completamente assorbito dal riso, senza mai mescolare.
Tolgo il risotto dal fuoco, lo manteco con altri 70 gr di burro e 80 gr di parmigiano grattugiato e lo servo subito caldissimo.

Non sfumo col vino perché il risotto alla Parmigiana mi piace delicato e senza quella punta di acidità, altre volte gradita, che necessariamente gli conferisce la spruzzata di vino.
Anche questo risotto, come vedete lo cucino senza mai mescolare e viene sempre perfetto.
Provare per credere!

Fritto misto di verdurine

Come se di mio non avessi abbastanza fantasia… mi lascio anche influenzare dai blog che seguo!
Con l’acquolina in bocca leggevo qualche giorno fa il post di Master of Cook sui suoi Asparagi croccanti. Facendogli i complimenti già anticipavo che sarebbero stati perfetti in uno di quei piatti misti di verdure fritte che adoro… be’ ho esagerato!
Non nei complimenti, ma nella realizzazione della mia versione.

20140424-181854.jpgHo preparato la pastella setacciando 180 gr di farina in una ciotola. Ho aggiunto 1 uovo intero e 1 tuorlo, 1 cucchiaio di olio extravergine e 1 pizzico di sale.
Sbattendo con la frusta ho incorporato 1 dl di birra poca per volta e poi ho messo la pastella a riposare in frigorifero.
Nel frattempo ho preparato tutte le verdure:
– ho tagliato 1 cipolla ad anelli non troppo sottili;
– ho raschiato e tagliato 2 carote a bastoncini e li ho lessati per 5 minuti;
– ho sbianchito 200 gr di cimette di broccoletti nella stessa acqua di cottura delle carote;
– lo stesso ho fatto con 3 cuori di carciofo, che poi ho tagliato a grossi spicchi;
– ho pulito 6 champignon e li ho affettati;
– ho spuntato 2 zucchine e le ho tagliate a bastoncini;
– ho eliminato la parte terminale più dura di 200 gr di asparagi verdi sottili e li ho portati a metà cottura a vapore;
– ho sbollentato per qualche istante 1 foglia di porro e l’ho tagliata a striscioline.
Naturalmente, mano a mano che le diverse verdure erano pronte le ho fatte scolare ed asciugare.
Ho fatto 4 mazzetti con i bastoncini di carota e li ho legati con una strisciolina di porro.
Lo stesso ho fatto con le zucchine.
Infine ho formato 6 mazzetti di asparagi e li ho avvolti in altrettante fettine sottili di bacon.
Ho montato a neve l’albume avanzato e l’ho incorporato delicatamente alla pastella tolta dal frigorifero.
Ho infarinato leggermente tutte le verdure, le ho passate nella pastella e le ho fritte in olio ben caldo, un tipo alla volta, scolandole con il ragno e facendole sgocciolare sulla carta da cucina.

Naturalmente le ho servite subito, caldissime.
Volendo si possono friggere anche bastoncini di peperone, il cuore di un finocchio affettato, dei fagiolini e via dicendo.
Io ne avevo abbastanza così… di verdurine e di pazienza!