Mousse al limone con salsa di limoni caramellati

L’altra sera, dopo esserci riappacificati col mondo e rilassati finendo quello che restava della bottiglia di Gewurztraminer utilizzato per sfumare i gamberi per il risotto (https://silvarigobello.com/2015/10/15/gamberi-in-salsa-di-prezzemolo-su-riso-cremoso-di-mare/), come dicevo ci siamo concessi un piccolo dessert che ha degnamente completato la cena.
Anche per questo post mio marito aveva suggerito un titolo poetico e ridondante, ma mi sono rifiutata di chiamare il dessert “Poesia al sapore di limone” perché è proprio solo una mousse accompagnata da una salsa gradevolmente asprigna che ha ridato freschezza al palato dopo il burroso risotto ai gamberi.

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Si fanno ammollare in acqua fredda 2 fogli di gelatina e poi si fanno fondere nel succo leggermente riscaldato di 1 limone.
Mentre si raffredda si montano con le fruste elettriche 250 gr di ricotta, 1 vasetto di yogurt al limone, e 75 gr di zucchero a velo.
Si montano a parte 125 ml di panna fresca e si amalgamano al composto con una spatola.
Si incorpora delicatamente anche la gelatina e si suddivide la mousse in 6 stampini foderati di pellicola che si conservano in frigorifero per almeno 4 ore.
Al momento di servire si capovolgono sui piatti da dessert e si decorano con una cucchiaiata di salsa di limoni caramellati.

Per la salsa si toglie la scorza a 600 gr di limoni, meglio se del Garda (https://silvarigobello.com/2015/10/12/spiedini-di-salmone-coi-limoni-del-garda/) e si taglia la polpa a cubetti, recuperando il succo ed eliminando i semi.
Si versa tutto in una casseruola dai bordi alti, si aggiungono 400 gr di zucchero, il succo di un altro limone, i semi di un baccello di vaniglia e si fa bollire per una decina di minuti, muovendo delicatamente i cubetti con una forchetta, finché non assumeranno un aspetto lucido e caramellato.
La salsa che eventualmente avanza si conserva in un vasetto di vetro ben chiuso in frigorifero.
Se i limoni utilizzati non sono stati trattati, con le scorzette si può fare un liquorino.

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La torta a sorpresa di Odette

Oggi sto per raccontarvi una fiaba e vi darò anche una ricetta che con la fiaba ha molto a che vedere.

La bella e capricciosa contessina Odette era da tempo assiduamente corteggiata da tre nobiluomini ricchi e attraenti e tutti e tre, follemente invaghiti di lei, l’avevano chiesta in sposa.
Ognuno aveva almeno una dote che li rendeva affascinanti agli occhi della giovane Odette, che non era in grado quindi di operare una scelta definitiva e concedere la sua mano ad uno solo dei tre.

20140317-205151.jpgIl premuroso Visconte Ludovico l’ascoltava con dedizione infinita quando lei lo intratteneva suonando il liuto e le suggeriva con amore le strofe delle più dolci ballate romantiche.

20140317-205618.jpgL’appassionato Barone Manfredi, agile ballerino, le insegnava pazientemente a danzare il Rigodon perché durante le feste che si tenevano nei Palazzi signorili fosse la più brava e la più ammirata.

20140317-210449.jpgIl sofisticato Marchese Nicodemo la educava a riconoscere i vini più pregiati e le parlava di poesia durante i pomeriggi in cui non era impegnata con la danza e la musica e le offriva tazze di cioccolata calda, vero status Symbol dell’epoca.
Le attenzioni dei tre uomini erano così assidue e gradite a Odette che la giovane non riusciva a sciogliere gli indugi. Decise quindi di lasciar fare al caso e fece preparare un dolce all’interno del quale ordinò di introdurre un suo anello.
Il nobiluomo che l’avesse trovato nella fetta a lui destinata, sarebbe stato il prescelto.
La torta che il Mastro Pasticcere scelse per questo scopo era costituita da un morbido ripieno trattenuto da 2 dischi di pasta sfoglia.
Fece quindi montare al suo primo aiutante 100 gr di burro con 150 gr di zucchero, poi personalmente aggiunse 2 tuorli, uno alla volta, i semi di 1 baccello di vaniglia, 1 bicchierino di Cognac, 1 pizzico di sale, la buccia grattugiata di 1 limone e 150 gr di mandorle pelate, tritate così finemente nel mortaio dal secondo aiutante da sembrare farina.
Ordinò che venissero montati a neve fermissima i 2 albumi e li incorporò con attenzione dal basso verso l’alto.
Foderò con 1 disco di pasta sfoglia, che aveva già pronto, una teglia tonda, versò il composto preparato e lasciò cadere al suo interno l’anello che gli aveva consegnato la Contessina.
Coprì con un secondo disco di sfoglia che rigò con un coltello a striscioline perché uscisse il vapore, sigillò accuratamente i bordi e spennellò tutta la superficie con una tazzina di latte.
Fece infornare il dolce con una lunga pala ad una temperatura che ai nostri giorni si aggirerebbe sui 200 gradi per 30 minuti.
Trascorso questo tempo, quando la torta ebbe preso un bel colore dorato, la fece togliere dal forno e appena si fu intiepidita la sformò e la fece portare nel salotto dove Odette attendeva intrattenendo i suoi tre spasimanti, tra i quali divise la torta.
La storia non narra chi fu a trovare l’anello, ma colui che assolutamente all’oscuro del piano della sua amata, addentò il boccone contenente il gioiello, si scheggiò irreparabilmente due denti e non volle più saperne di lei.
Offesi da questo sotterfugio anche gli altri due innamorati l’abbandonarono.
Non ci è dato di sapere cosa ne fu di lei.
Se la torta di Odette fosse fatta ai giorni nostri, avrebbe più o meno questo aspetto:

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