Fajitas nei bicchieri. No tortillas? Ahi, ahi, ahi!

La cucina etnica che va per la maggiore a casa nostra, anche se spesso con cautela, è quella Messicana.
Quando ancora mio figlio viveva in famiglia era piuttosto quella Cinese e durante i pasti a base di spaghettini di riso, gamberi al curry, maiale in agrodolce e riso fritto il nucleo familiare si spaccava in due perché mio marito e nostra figlia si cibavano di semplice carne alla griglia, insalate e riso al pomodoro.
Con l’introduzione saltuaria delle specialità della cucina Messicana nei nostri menù, abbiamo fortunatamente recuperato un altro membro della famiglia, mentre mio marito continua a dissociarsi e resta fedele alla semplice cucina… diciamo caucasica.
Comunque burritos, fajitas, tacos, chili, empanadas e enchiladas sono ormai più o meno entrati a far parte del nostro lessico culinario.
Chi mi conosce sa che non riesco a riprodurre semplicemente una ricetta, ma devo metterci del mio e dunque ecco dei divertenti bicchieri “messicani” che adesso che molti mangiano in giardino o sul terrazzo, diventano un simpatico e gustoso piatto unico o un antipasto, questo decidetelo voi.
Quello che ho fatto in pratica è stato accomodare a strati nei bicchieri il classico ripieno delle fajitas, eliminando le tortillas.
La fotografia illustra chiaramente gli strati, ma vi do alcune spiegazioni, anche se sono magari superflue.

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Si inizia distribuendo sul fondo dei bicchieri (i più adatti naturalmente sono i tumbler bassi, data la loro forma) qualche cucchiaiata di guacamole che si ottiene semplicemente schiacciando con la forchetta la polpa degli avocado maturi e insaporendo con cipolla tritata finemente, succo di lime, pepe, sale e peperoncino in polvere.
Si copre la salsa guacamole con fettine di petto di tacchino prima fatto marinare in frigorifero per circa 8 ore (in pratica tutta la notte) con succo di limone, peperoncino piccante a fettine, origano secco, semi di cumino e paprica dolce e poi cotto alla piastra e tagliato a pezzettini.
Si prosegue con una cucchiaiata abbondante di bacon reso croccante come sempre in padella antiaderente, sulla piastra o a microonde, sminuzzato.
Si copre con una dadolata di peperone giallo le cui falde sono state scottate in padella e condite con olio e sale, poi con cubetti di pomodori sodi e maturi privati dei semi e insaporiti con sale e succo di limone.
Alla fine si completa con formaggio Edam, per esempio, oppure provolone dolce a filetti: basta usare la grattugia a fori grossi.
Per la decorazione finale si utilizzano due fettine di avocado o di lime e qualche nacho.

Lo so che sembra una preparazione laboriosissima, ma in realtà i vari passaggi sono piuttosto semplici.
Come sempre basta organizzarsi con le diverse fasi, cominciando dalla marinatura del petto di tacchino già il giorno precedente, passando poi alla sua veloce cottura alla piastra, quindi a quella del peperone giallo (non rosso perché così il colore contrasta con quello della dadolata di pomodoro), alla rosolatura del bacon e alla preparazione del guacamole.
Basta poi assemblare il tutto, conservare i bicchieri in frigorifero coperti di pellicola e passare alla decorazione solo quando si portano in tavola.

Spada alla mediterranea

Vado pazza per il pesce a tranci alla griglia. Mi piace servirlo con una salsa fresca e piccante a base di pomodoro, come il pico de gallo, per esempio, che è adattissimo ad accompagnare questo piatto.
Ma senza arrivare fino in Messico, si può creare anche una squisita salsa di gusto un po’ più mediterraneo che col pesce spada alla griglia, per esempio, è eccezionale.

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Si affettano per tempo dei bei pomodori maturi e si trita mezza cipolla rossa dolce. Si mettono in una ciotola prima passata all’interno con uno spicchio d’aglio tagliato a metà, per dare profumo ma senza aggiungerlo al condimento.
Si condisce con sale, pepe, un pizzico di peperoncino in polvere, olio abbondante, succo di limone, capperi sott’aceto sciacquati e abbondante basilico.
Si mescola e si conserva in frigorifero almeno una mezz’oretta.
Si cuociono alla griglia delle belle fette di pesce spada, private della pelle, pochi minuti per parte. Si aggiusta di sale e pepe e si serve con la nostra salsa mediterranea.

È un condimento fresco, squisito, gustoso e facilissimo. Mia nonna ci condiva il lesso avanzato e io ho ampliato lo share!

Melanzane al forno con sorpresa

Questa ricetta viene dalla felice intuizione di “maritare” le Melanzane alla Parmigiana con il risotto alla Parmigiana: due preparazioni diversissime fra loro, nonostante il nome, che sono diventate un abbinamento perfetto.
Devo confessare che il tarlo che poi ha portato a creare questa ricetta me l’ha instillato un po’ di tempo fa Angiola di Piatti coi tacchi, che aveva equivocato sulla definizione appunto di risotto alla Parmigiana trovata nel mio blog.
Sulla scorta di quell’osservazione, quando ho deciso di preparare una teglia di classica Parmigiana, mi sono allargata e ne è uscito un primo piatto molto goloso.
La ricetta è laboriosa, ma non complicata. Insomma, un po’ di pazienza ci vuole, ma il risultato vale, secondo me, la fatica.

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Si affettano le melanzane, si salano, si mettono in un colapasta e si depurano dal liquido amarognolo che contengono, poi di sciacquano e si asciugano perfettamente.
Si friggono poche alla volta in olio extravergine e si fanno sgocciolare sulla carta da cucina.
Si prepara un sugo di pomodoro abbondante facendo restringere dell’ottima passata con sale, zucchero, cipolla tritata sottile e basilico.
Si cucina un classico risotto alla Parmigiana facendo imbiondire la cipolla, tostando il riso, sfumandolo di vino bianco e coprendolo con una quantità di brodo pari al doppio del suo volume.
Senza mai mescolarlo si porta a cottura piuttosto al dente a pentola scoperta perché non deve essere troppo “all’onda”. Si manteca fuori dal fuoco con burro e parmigiano e si fa intiepidire.
Si trita o si grattugia una grossa scamorza (volendo anche affumicata) e si mescola al riso ormai quasi freddo aggiungendo altro basilico spezzettato con le mani.
Sul piano di lavoro si stendono le fette di melanzane fritte, si salano appena e si spolverizzano di pepe.
Su ognuna si appoggia una quenelle di risotto, si arrotolano e si sistemano in una pirofila unta d’olio uno accanto all’altro fino a riempire tutta la teglia.
Si coprono con abbondante sugo di pomodoro, si distribuisce sopra un’altra cucchiaiata di scamorza grattugiata e si infornano a 200 gradi per una ventina di minuti.
Sono un fantastico primo piatto dal sapore intenso e mediterraneo che a me è piaciuto molto.

Qualche precisazione: non ci sono indicazioni circa le quantità perché non posso regolarmi non sapendo la dimensione delle vostre melanzane, ma consiglio di friggerne parecchie. Quelle che non saranno utilizzate per questa ricetta serviranno per una pasta alla Norma per esempio.
Per il riso suggerisco di considerare la stessa quantità che prevedete di solito per due, quattro o sei persone, a seconda del numero dei vostri commensali.
Si può usare anche la mozzarella, ma la scamorza, più stagionata, resta più asciutta.

Sugo di gamberi al succo di lime e peperoncino

Avevo bisogno di un po’ di spazio nel freezer, perciò ho tolto l’ultimo sacchetto di code di gamberi, le solite, che sono la base di moltissimi dei miei piatti, quelle che avete imparato ad apprezzare anche voi a forza di leggere le mie ricette, che acquisto il mercoledì mattina al mercato, dal mio pescivendolo di fiducia. Capito, no?
Questa volta ho fatto un sugo per la pasta dal sapore insolito e intrigante, vagamente Caraibico, che vale davvero la pena di provare o almeno di leggere la ricetta.

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Si prepara il fondo per il sugo facendo stufare a fuoco dolcissimo con qualche cucchiaiata di olio una piccola cipolla bianca tritata e 1 peperoncino affettato.
Si aggiungono 1 bicchierino di rum, il succo di 2 lime, 1/2 bicchiere di vino bianco, una generosa grattata di pepe alla creola, 1 pizzico di sale e 1 foglia di alloro.
Si fa restringere il sugo e amalgamare tutti i sapori quindi si aggiungono 400 gr di code di gambero sgusciate, si alza la fiamma e appena i gamberi cambiano colore di toglie la padella dal fuoco altrimenti diventano gommosi, si aggiustano eventualmente di sale e si spolverizzano con un trito di prezzemolo, menta e poca buccia grattugiata di lime.

Io ci condisco il riso pescato (o pilaf), ma si può usare anche come una zuppetta e versarlo sui crostoni di pane casereccio tostati in forno.

Il Grand Canyon, Beep Beep e i Chili Hot Dog

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Come racconto nel Cap.7 di U.S.A. e Jet, Parchi e Parcheggi, il Grand Canyon è uno spettacolo stupefacente, che noi purtroppo abbiamo goduto solo marginalmente dalla terrazza panoramica con vista sul fiume Colorado del Lodge dove abbiamo pranzato, dopo un volo un po’ avventuroso di circa un’ora da Las Vegas a bordo di un aereo che ricordava lo Spirit of Saint Louis di Charles Lindberg!
Quelli che invece, arrivati indenni all’aeroporto del South Rim, hanno usufruito dell’intero pacchetto, durante il tour in navetta, la breve passeggiata a piedi o il percorso a dorso di mulo, hanno avuto la possibilità di incontrare puzzole, marmotte, scoiattoli, aquile reali, falchi e alcuni anche Wile Coyote e Beep Beep, ossia l’uccello Road Runner che esiste veramente, anche se è lievemente diverso da quello creato da Chuck Jones per la Warner Bros.
Lo riconoscete, no?!

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E questo è invece il vero uccello Road Runner, che di Beep Beep ha il ciuffo e l’inconfondibile camminata veloce.

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Per saperne di più sulla nostra escursione al Grand Canyon però dovrete leggervi U.S.A. e Jet…
Quello che state per scoprire oggi invece è che chi se l’è sentita di pranzare al ristorante del piccolo aeroporto, ha ordinato Chili Hot Dog, sentendosi molto country, o western, o comunque come la gente di frontiera e i pionieri che attraversavano l’America sui carri coperti.

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Fino ad allora gli hot dog io li avevo sempre chiamati würstel e mangiati scaldati nell’acqua o sulla bistecchiera semplicemente con la senape. Inoltre non avevo mai assaggiato il chili e l’abbinamento mi ha fatto andare fuori di testa!
Quando preparo il chili con carne, cerco sempre di avanzarne un po’ per rifare questi stravaganti hot dog, che almeno una volta nella vita vanno assaggiati.
La ricetta del vero Chili con carne è quella che ho postato il 17 febbraio 2014 (https://silvarigobello.com/2014/02/17/chili-con-carne/), ma per una preparazione meno complessa va bene anche quella del 19 marzo scorso (https://silvarigobello.com/2015/03/19/un-angolo-di-Messico-a-Los-Angeles-e-nel-piatto/).
Si fanno scaldare gli hot dog senza che l’acqua arrivi mai a ebollizione, si sgocciolano e si asciugano con la carta da cucina.
Si tagliano dei panini adatti e si farciscono con gli hot dog. Si aggiunge una cucchiaiata di chili su ognuno, si completano con del formaggio Cheddar a filetti e poca cipolla tritata.
Si passano sotto il grill e si mangiano subito.

Dopo che li avrete assaggiati, il concetto di hot dog nemmeno per voi sarà più lo stesso!

Risotto allo zafferano con gamberi al bacon

Quando penso a un piatto unico davvero sostanzioso, mi viene in mente subito il riso.
Il riso si presta sia a ricette rustiche che sofisticate ed è molto versatile grazie alle sue molte e diverse varietà, anche esotiche, che oggi si trovano facilmente in molti Supermercati.
Per i risotti per me niente batte il Carnaroli, comunque ognuno ha le sue abitudini.
Ed è proprio con il Carnaroli che cucino questo grande piatto: un risotto allo zafferano arricchito da splendide code di gambero al bacon.

20150227-235642.jpgIl risotto alla Milanese si fa come al solito: ognuno ha il proprio metodo.
Io faccio imbiondire a fuoco dolcissimo con un pezzetto di burro una piccola cipolla bianca, aggiungo il riso, lo faccio tostare, lo sfumo con 1/2 bicchiere di vino bianco e quando sfrigola aggiungo il brodo caldo (il doppio del volume del riso) nel quale ho sciolto lo zafferano e porto a cottura senza più mescolare, ma scuotendo di tanto in tanto la casseruola.
Come al solito, alla fine e fuori dal fuoco aggiungo burro e poco parmigiano, completo con prezzemolo tritato, mescolo con cura e suddivido il risotto giallo nei piatti individuali.
E qui viene il bello, perché sopra sistemo qualche coda di gambero che ho sgusciato, mondato e avvolto nel bacon.
Le ho poi passate in padella antiaderente ben calda senza condimenti, con 1 rametto di salvia, e spruzzato con 1 bicchierino di Cognac, fino a far dorare bene il bacon.
La quantità di gamberi dipende solo da voi: più ne mettete più questo primo piatto diventa piatto unico.

Ed è unica anche la sua bontà.

Un angolo di Messico a Los Angeles e nel piatto

Il primo insediamento urbano di Los Angeles è stato il Pueblo, che si sviluppa intorno a Olvera Street e alla chiesa di Nuestra Señora la Reina de Los Àngeles de la Porciuncula, che dà il nome alla città.

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Vale la pena di visitarlo anche se in realtà non è che un mercato che offre souvenir, abbigliamento in stile messicano e cianfrusaglie pseudo etniche, ma ci sono anche i Mariachi che suonano chitarre, violini e trombe e cantano struggenti canzoni in Spagnolo, ricreando un’immagine dei secoli scorsi, mentre i ristoranti messicani ti stordiscono col profumo di cibo piccante e speziato che arriva fino in strada.
Ci sono anche negozietti che vendono terrecotte smaltate, abiti lunghi dai colori stupefacenti e irresistibili camicette di cotone, scollate sulle spalle, con le maniche a sbuffo come quelle che indossavano le mogli dei peones nelle haciendas.
Insomma in una città come Los Angeles fa anche piacere scoprire qualcosa che non sia super moderno.
Dato che ci si trova già a Nord Est del Down Town, una volta che si è nelle vicinanze conviene anche dare un’occhiata alla Union Station perché essendo Los Angeles grande quasi come la Lombardia, in quella zona ci si va una volta sola durante il soggiorno!

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La principale stazione ferroviaria della città è una bellissima costruzione del 1939 in stile Mission all’esterno e Art déco nell’immensa sala d’aspetto. Dunque per gli standard californiani è quasi antica.
Con tutto questo andare in giro vi sarà sicuramente venuta fame, allora potreste concedevi un invitante spuntino di sapore messicano al Cielito Lindo, o a La Noche Buena, ma anche godervelo a casa.

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Quello che non so è se queste sono fajitas, tacos, burritos, empanadas o enchiladas… chiamiamole dunque semplicemente tortillas ripiene.
Per il ripieno si fanno imbiondire con 2 cucchiai di olio una grossa cipolla e 1 spicchio d’aglio grattugiato.
Si aggiungono 400 gr di macinato di manzo, o di maiale e si fanno rosolare. Poi si uniscono 1 peperone rosso a cubetti, privato dei semi, 2 peperoncini freschi piccanti tritati e 400 gr di pomodori pelati sgocciolati e tagliati a pezzetti.
Si completa con 1 cucchiaino di semi di cumino, 1 cucchiaio di coriandolo fresco tritato, sale e pepe.
Si fa sobbollire piano per circa un’ora.
Si scaldano le tortillas dando loro una forma adatta a contenere la carne, si farciscono e si completano con pomodori e insalata freschi spruzzati di lime per contrastare il sapore “caldo” del ripieno.

Insomma questa è la dimostrazione che Los Angeles non è soltanto Beverly Hills!

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Jambalaya

Come definire la Jambalaya?
Insieme al Gumbo è uno dei più famosi piatti della cucina creola. Le sue origini sono provenzali ma si è nel tempo arricchita di molte successive varianti grazie alle influenze spagnola e africana.
Si potrebbe dire, semplificando giusto per dare un’idea, che è la versione della Paella che si mangia in Louisiana perché si cucina tradizionalmente con riso, carne, verdure e gamberi.
Non sono mai stata in Louisiana, ma la tipica cucina Cajun si gusta anche in Florida per esempio, e lì sì che ci sono stata, più volte e sempre divertendomi un sacco, facendo esperienze sensoriali diverse e interessanti: passeggiando con Topolino a Orlando, abbronzandomi a Miami Beach, quasi sfuggendo a un uragano a Key West, cercando la Fonte dell’eterna giovinezza di Ponce de Leon, raccogliendo conchiglie a Sanibel Island e mangiando specialità della cucina creola e molto altro un po’ dappertutto: sulla Costa Atlantica e sul Golfo del Messico.
Questa è la mia Jambalaya.

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In una larga padella si fanno saltare con 4 cucchiai di olio una grossa cipolla tritata, 2 spicchi d’aglio grattugiati, 1 peperone verde a cubetti, le foglioline di 2 rametti di timo e 2 gambi di sedano affettati sottili.
Quando sono appassiti, si aggiungono 200 gr di petto di pollo (oppure di prosciutto cotto) a dadini e 200 gr di salsiccia piccante tagliata a fette di circa 1/2 cm, si fanno dorare e si cuociono per una decina di minuti abbassando la fiamma.
Si uniscono 1 scatola di pomodori pelati sgocciolati e spezzettati con una forchetta, 200 gr di riso parboiled, 1/2 cucchiaino di sale, 1 foglia di alloro, 1/2 cucchiaino di chiodi di garofano pestati, 1 cucchiaino di peperoncino a scaglie, 1 cucchiaino di origano secco e 1 cucchiaio di prezzemolo tritato.
Si mescola, si fa insaporire poi si versa 1/2 litro di brodo e si fa cuocere coperto per circa 30 minuti, tanto questo riso non scuoce, ma diventa tenero e assorbe quasi tutto il liquido.
A questo punto si aggiungono 500 gr di code di gambero pulite e sgusciate e si prosegue la cottura per altri 5 o 6 minuti.
Il risultato è un riso morbido e profumato, caldo, speziato, piccante e ricco di sapore. Indimenticabile.

Quello che si avvicina di più al chorizo, la salsiccia piccante della ricetta originale, è il salamino napoletano o la salsiccia calabra al peperoncino non troppo stagionati, ma piuttosto morbidi, che sono decisamente più facili da reperire.

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Crespelle con gli asparagi

Come sempre, per non sfiancarmi nei preparativi quando ho pranzi o cene importanti, scelgo quei menù che almeno in parte possano essere preparati in anticipo.
Come primo piatto quest’anno a Pasqua vorrei fare le crespelle col sugo di asparagi, che devono solo essere infornate appena 20 minuti prima di sedersi a tavola.
Ho scelto di presentarle non arrotolate e non a fagottino, ma distese e coperte a strati con il sugo e la besciamella come se fossero sfoglie di pasta fresca all’uovo, sempre per snellire i tempi.

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Le crespelle, lo sapete, le preparo con veramente largo anticipo quando prendo in mano la mia macchinetta elettrica della Krupp e ne faccio fino a non poterne più, per poi congelare quelle che non utilizzo (post: Le crêpes, del 17 ottobre scorso).
Per le classiche 6 persone ce ne vorranno 12 del diametro di circa 20 cm. Che è la misura della mia pseudo “padella”.
Ma andiamo con ordine. Se non ce le avete già congelate, le potete fare anche 1-2 giorni prima e conservarle in frigorifero.
Per il sugo, si lavano sotto l’acqua corrente 6-700 gr di asparagi bianchi (a Verona siamo abituati così), si elimina la parte terminale più dura, si pelano i gambi con un pelapatate e si tagliano a rondelle lasciando interi circa 2 cm di punte, più delicate.
Si fa imbiondire con 30 gr di burro 1 piccola cipolla bianca tritata finemente, si aggiungono gli asparagi, 1 mestolo di brodo vegetale e si portano a cottura mescolando di tanto in tanto.
Si prepara la besciamella con 1/2 litro di latte, 30 gr di burro, 30 gr di farina, 1 pizzico di sale e una grattata di noce moscata. Fuori dal fuoco si aggiungono 1 uovo intero e 200 gr di Taleggio a pezzettini. Mescolando si incorpora l’uovo e si fa sciogliere il formaggio, poi si incorpora al sugo di asparagi.
Si aggiungono 2 cucchiaiate di parmigiano grattugiato e si compone la teglia che poi andrà in forno.
Si unge la pirofila scelta con una noce di burro e si accomodano 4 crespelle leggermente sovrapposte al centro e ripiegate ai bordi per rivestire abbastanza uniformemente tutto il fondo.
Si coprono completamente con abbondante besciamella arricchita dal sugo di asparagi e dal Taleggio e si ripete l’operazione altre due volte per ottenere tre strati.
Si infornano a 180 gradi per una ventina di minuti e dopo averle sfornate si attendono almeno 5 minuti prima di preparare le porzioni.

Io la trovo una bella ricetta per Pasqua: stagionale, classica, rivisitata con l’utilizzo delle crespelle, con la possibilità di essere preparata in anticipo e soprattutto davvero deliziosa.

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Umido di mare con le patate

Durante il periodo invernale mi piace molto cucinare gli umidi.
Adoro gulasch, ossobuco, brasato, spezzatino, tutto quello insomma che si cuoce e si serve con una dose abbondante di sugo denso e profumato che si può accompagnare magari con la polenta.
Alla luce di questa mia predilezione ho cucinato in umido della coda di rospo a bocconcini che si è rivelata un piatto davvero interessante.

20141123-180636.jpgIl procedimento e gli ingredienti sono quelli che tradizionalmente utilizzo per lo spezzatino di vitello con le patate.
Ho fatto appassire con qualche cucchiaio di olio un abbondante trito di sedano, carota e cipolla. Ho aggiunto 1 spicchio d’aglio in camicia, 1 foglia d’alloro, qualche pezzetto di buccia di limone, 2 chiodi di garofano e gli aghi tritati di 1 rametto di rosmarino.
Ho privato della lisca centrale e dei residui di pelle una coda di rospo di circa 600 gr. L’ho sciacquata, asciugata e tagliata a grossi dadi. L’ho leggermente infarinata e versata nel tegame del sugo e poi spruzzata con 1/2 bicchiere di vino bianco.
Ho aggiunto 1 tazza di sugo di pomodoro, 2 grosse patate lessate a metà tagliate a pezzetti e ho regolato di sale e pepe.
Ho cosparso di prezzemolo tritato e portato a cottura.

Volendo si può preparare una polenta morbida (meglio se bianca) e sistemarla come base per una generosa porzione di questo “spezzatino” di mare.
La coda di rospo può essere sostituita per esempio con il merluzzo. Un pesce più modesto ma molto adatto a queste preparazioni.