Facile: il dessert in cocotte

Avevo in freezer proprio un pezzetto piccolo di pastafrolla avanzata da una crostata di qualche tempo fa. Diciamo 120-150 gr, troppo poca per foderare una tortiera, dunque ho fatto delle cocottine. Veloci, semplici, golosissime.

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Non è il caso che vi ricordi come si prepara la pastafrolla, vero? Quindi passerei oltre.
Ho miscelato in un pentolino: 1 vasetto di confettura di lamponi con il succo di 1/2 limone, 2 cucchiai di maizena, 1 bicchierino di Marsala, 1 cucchiaio di zucchero e 50 gr di burro. Ho fatto addensare questa salsa a fiamma dolce e fuori dal fuoco ho aggiunto 2 cestini di lamponi mescolando delicatamente
Ho versato il composto in sei cocottine.
Con la pastafrolla ho creato la classica griglia per crostate e le ho delicatamente coperte sigillando la pasta ai bordi con il latte. Le ho spennellate, sempre con il latte, e ho infornato a 180 gradi per 15 minuti.
Al momento di sfornare, la griglia di pasta era dorata e fragrante.

È un dolcetto che si serve caldo, ma non ustionante ed è divertente presentarlo anche con una pallina di gelato alla vaniglia al centro che si scioglierà piano piano penetrando fino al ripieno.
La marmellata di lamponi può essere sostituita con altre di qualsiasi gusto, così come al posto dei lamponi si possono usare le fragoline di bosco o i mirtilli, ma a me questa volta è piaciuto creare una ricetta lineare, con sapori affini fra loro e la trovo anche piuttosto chic.

Savoiardi Home Made

Molti anni fa, negli anni Novanta, ho frequentato alcuni Corsi di Cucina.
Mi pare che almeno due fossero di Pasticceria, o forse tre, non ricordo, ma di sicuro uno era anche di solo cioccolato.
A questo mi ci aveva iscritto direttamente mio marito.
Una delle cose che ho imparato è stato fare i savoiardi, che servono anche come base per molte altre ricette dolci.
Oggi dunque trascrivo la ricetta di questi biscotti antiquati e straordinari, che mi fanno venire in mente un salotto un po’ soffocante troppo pieno di mobili, un sofà damascato, tavolini coperti da tovagliette con le nappine, tazzine su vassoi di silver plated, l’acqua fresca nella caraffa e non in bottiglia e piatti decorati con delicati tralci di rose. La casa di mia nonna Emma a Garda insomma, quando ero bambina.
Lei mi offriva sempre a merenda i savoiardi che cucinava personalmente, biscottoni friabili adatti ad essere intinti nel latte o nel tè.
Gli stessi con cui preparava la sua leggendaria Zuppa Inglese (https://silvarigobello.com/2014/09/25/la-vera-zuppa-inglese-secondo-mia-nonna/).
Mi dispiace che non mi abbia lasciato la ricetta, ma grazie ai Corsi di Cucina che dicevo, ho comunque imparato a farli anch’io e anche ad abbinarli al cioccolato.

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Si lavorano con le fruste elettriche 6 tuorli con 150 gr di zucchero e 1 cucchiaio di estratto di vaniglia.
Quando il composto è gonfio e spumoso si aggiungono 150 gr di farina setacciata e si mescola con una spatola.
Si montano a neve ferma i sei albumi con 1 pizzico di sale e si incorporano delicatamente al composto, che con una sac-à-poche a bocchetta liscia, si distribuisce sulla placca del forno imburrata e spolverizzata di zucchero a velo, distanziando bene i biscotti, che in cottura aumenteranno di volume.
Si infornano a 180 gradi per 15-20 minuti: i savoiardi devono restare chiari e non asciugare troppo.

Si possono servire con il caffè oppure utilizzarli per uno dei dolci al cucchiaio che ne richiedano l’uso come la zuppa inglese o il tiramisù, oppure per il più goloso dei dolci al cioccolato: lo scrigno di savoiardi.
Prometto che ve ne parlo!

Dolce frangipane ai fichi

Ormai occorre rassegnarsi: ci saranno ancora giornate calde e soleggiate, ma quando cominciano le scuole l’estate è proprio finita, indipendentemente da quello che dice il calendario.
E si porta via molti degli ingredienti che ho amato e utilizzato nelle mie ricette, primi fra tutti i fichi, che ormai anche il fruttivendolo Pakistano, specializzato in primizie e prodotti tardivi, vende con riluttanza in cestini di dimensioni ridotte per accontentare tutti i clienti.
Gli ultimi che ho trovato sono quelli piccolini, scuri, dolcissimi, che danno l’impressione di essere già lievemente appassiti. Hanno un sapore e una consistenza straordinari, che si faranno ricordare per un anno, perché tanto bisognerà aspettare prima di poterli assaporare di nuovo!
Questa settimana li ho usati sia in una ricetta dolce che in una salata.
Questa è la torta.

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Si prepara la crema frangipane montando con le fruste elettriche 150 gr di burro con 150 gr di zucchero a velo.
Si aggiungono 2 uova, una alla volta, sempre mescolando, poi è la volta di 50 gr di farina 00, 150 gr di farina di mandorle e 1 pizzico di sale.
Si fodera con una confezione di pasta sfoglia pronta uno stampo rettangolare imburrato, si bucherella con una forchetta, si farcisce con questa crema e sopra si accomodano 3-4 fichi a fettine sottili sovrapponendole leggermente
Si inforna a 180 gradi per 30-35 minuti.

È un dolce facile e squisito, che si farà ricordare.
Naturalmente con la crema frangipane del ripieno stanno benissimo anche i lamponi, che miscelo delicatamente al composto anziché accomodarli sulla superficie.

Peccati di gola: la torta gianduia

Faccio raramente i dolci, ormai non è più un segreto, però la volta che mi ci metto… ci si accorge che valeva la pena di aspettare.

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Si fanno sciogliere a bagnomaria 250 gr di cioccolato fondente tagliato a piccoli pezzi con 200 gr di burro a temperatura ambiente, 1 tazzina di caffè ristretto e 1 bicchierino di rum.
Poi fuori dal fuoco si aggiungono 250 gr di nocciole pelate, fatte asciugare in forno per qualche minuto e ridotte in polvere finissima con il frullatore, 200 gr di zucchero di canna, 1 cucchiaio di estratto di vaniglia e 6 tuorli d’uovo leggermente battuti.
Si montano a neve ferma i 6 albumi e gentilmente si incorporano al composto di cioccolato.
Si versa in una tortiera, meglio se a cerniera, foderata di carta forno inumidita, strizzata e ben imburrata e si inforna a 170 gradi per 45-50 minuti, dipende dal forno.
Quando è cotta, la superficie si presenta leggermente crepata, mentre il centro sarà ancora un po’ appiccicoso. È la caratteristica di questa torta.
Si sforna, si sforma e si lascia intiepidire. Intanto si prepara la copertura.
Si scaldano a fuoco dolce 120 ml di panna fresca, si uniscono 150 gr di cioccolato fondente grattugiato e mescolando si fa sciogliere completamente.
Si versa sulla torta e si spalma su tutta la superficie.
Si spargono sopra 50 gr di nocciole tostate come quelle utilizzate nell’impasto, premendole leggermente con la punta delle dita perché restino “intrappolate” nel cioccolato di copertura

A me piacciono intere, ma si possono anche spezzettare oppure usare le nocciole pralinate componendo un disegno ordinato su tutta la torta, soluzione molto chic. Scegliete voi.

Sogliola impanata

La cotoletta rappresenta per la nostra famiglia un vero comfort food.
Sarà per la presenza dell’uovo e del suo inconscio significato ancestrale, sarà per la panatura che racchiude qualcosa che può sorprendere nel momento in cui si morde, oppure sarà che, senza stare a raccontarci tante storie, la cotoletta è sempre gradita perché è buona, croccante, saporita e sa proprio di casa.

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Questa volta ho impanato e fritto i filetti di sogliola (ma si può usare anche la platessa), che nelle intenzioni dovevano essere invece cucinati alla mugnaia, ma così abbiamo pranzato con molta più soddisfazione.
I passaggi sono sempre quelli, si potrebbero veramente fare ad occhi chiusi: farina, uovo sbattuto con un cucchiaio di latte, pangrattato, uovo e latte, pangrattato.
La doppia panatura garantisce una doppia croccantezza!
Forse l’unica variante questa volta è l’aggiunta di buccia grattugiata di limone ed erba cipollina tritata finissima nella panatura.
Naturalmente, nostro malgrado, le cotolette vanno fritte nel burro spumeggiante.
Si portano in tavola dopo a averle leggermente tamponate con la carta da cucina, salate, pepate, cosparse di erba cipollina tagliuzzata e decorate con fettine di limone.

… ma è tutta scena: le cotolette sono buone sempre, anche senza decorazioni!

Muffin di orata e gamberi

Spesso mi chiedono quali sono i piatti che mi riescono meglio.
Mi viene spontaneo citare gli arrosti perché sono in sostanza il mio cavallo di battaglia, ma se ci penso su un attimo, in realtà forse sono gli antipasti.
Quelli che banalmente definisco “antipasti” però possono essere sia amuse bouche da servire con l’aperitivo, finger food adatti ad un buffet, o golose soluzioni per pranzi informali.
Se siete alla ricerca di una di queste idee, fate un giro da me, prima di decidere il menù: sul mio sito le sezioni sia Aperitivi che Antipasti possono fornire utilissimi suggerimenti.
Oggi parliamo di una ricetta nuova e squisita. Secondo me è perfetta anche per camuffare e trasformare dei filetti di pesce bianco che possono essere stati semplicemente cucinati in tegame con burro e limone.
Quando mi capita di cucinare porzioni troppo abbondanti di questo o di quello, cibo che il giorno successivo nessuno ha voglia di mangiare di nuovo, ecco che con un po’ di fantasia cerco di ricreare piccole, squisite magie come questa.

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Per queste tortine monoporzione ho spezzettato con la forchetta 3 filetti di orata già cotti in padella con burro e limone, ho aggiunto circa 2 cucchiai di piselli e carotine baby passati al burro, 150 gr di gamberetti al naturale sgocciolati dal liquido di conservazione, 1 cucchiaino di prezzemolo tritato, 2 cucchiai di parmigiano grattugiato, 1 uovo battuto con sale e pepe e circa 100 ml di panna leggermente montata.
Ho mescolato tutto, versato negli stampini da muffin unti con poco olio e infornato a 200 gradi per 15-18 minuti, dipende dal forno.

Li ho sformati dopo qualche minuto che li avevo sfornati, così non si sono rotti, e ho servito questi tortini con una piccola misticanza condita con una raffinata e delicata citronette, usando succo di pompelmo rosa anziché di limone.

Torta con tre diversi tipi di noci

La torta con le noci è un dolce molto popolare in America, o meglio lo è nella versione con le noci Pecan, magari con il ripieno arricchito dal cioccolato. Ne parlo anche nel mio libro U.S.A. e Jet, aggiungendo la ricetta. L’avete letta?
L’unica volta in cui sono andata alle Hawaii, l’ho mangiata anche col ripieno di noci macadamia, che crescono solo lì e in Polinesia: straordinaria!
Questa volta ho invece aggiunto alla ricetta originale altri due tipi di noci e garantisco che il risultato è una vera favola.

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Preparo il guscio di pasta inserendo nel food processor 220 gr di farina, 120 gr di burro, 1 uovo, 60 gr di zucchero semolato e 1 pizzico di sale.
Quando fa la palla recupero l’impasto, lo stendo sottile con il mattarello e fodero una tortiera ben imburrata.
La metto nel freezer per almeno 20 minuti. Quando la recupero bucherello il fondo e inforno a 200 gradi per 10 minuti, la sforno e la faccio raffreddare.
Nel frattempo spezzetto 70 gr di gherigli di noci di Sorrento e 70 gr di noci Pecan, affetto con un coltello robusto 70 gr di noci brasiliane e le metto in forno per qualche minuto, appoggiate su un foglio di carta forno. Non devono scurire ma solo asciugarsi tostandosi leggermente.
Riunisco in un pentolino 100 gr di zucchero scuro di canna, 1 cucchiaino di estratto di vaniglia, 50 gr di burro, 200 ml di sciroppo d’acero e scaldo tutto a fuoco basso finché il burro non è fuso e lo zucchero completamente sciolto.
Verso questo composto in una ciotola, lo lascio intiepidire.
Poi unisco 3 uova grandi, una alla volta, 1 pizzico di sale, 2 cucchiai di rum e 1 cucchiaino di estratto di vaniglia.
Aggiungo tutte le noci, mescolo e riempio il guscio di pasta semi cotto. Le noci verranno tutte a galla. Niente panico, va bene così.
Inforno di nuovo a 160 gradi per circa 50 minuti.
Se scurisce troppo, copro la torta con un foglio di alluminio e finisco la cottura.
La sforno, la lascio raffreddare completamente e per sformarla passo la lama di un coltello tutto intorno e la sollevo con delicatezza aiutandomi con una larga spatola.

Come dicevo, la ricetta che sta all’origine di questo dolce prevede l’utilizzo delle noci macadamia, che io ho sostituito con quelle brasiliane perché sono molto più facili da reperire.

Torta “svizzera” cioccolato e pistacchio

Questa è la ricetta di una torta farcita senza tempo e senza stagione.
L’origine è inconfondibilmente siciliana comunque, ma è talmente, assolutamente divina da essere diventata internazionale!! L’ho infatti assaggiata la prima volta ad una festa ai piedi dell’Etna e ritrovata con sorpresa e gioia in Svizzera.
Molti anni fa un amico catanese ci aveva accompagnati alla festa di San Rocco di Linguaglossa, dove sotto l’albero della cuccagna abbiamo assistito alla corsa con i sacchi e a molti altri giochi popolari, come se il tempo si fosse fermato qualche secolo indietro.
Abbiamo mangiato il falsomagro al sugo e insieme ai mastazzoli una fetta di incredibile torta al pistacchio, che nonostante le molte altre vacanze in Sicilia, non avevo più avuto occasione di gustare.
Molti anni dopo in occasione di una delle visite annuali per gli acquisti del negozio al Salon International de la Haute Horlogerie di Ginevra, mentre bevevo un delizioso café viennois ho riconosciuto, nella vetrina davanti al banco della pasticceria, la stessa torta di Linguaglossa.
È stato un po’ come partecipare a “Carramba che sorpresa” perché ho parlato con il proprietario e lui mi ha fatto conoscere suo padre, per scoprire che la famiglia era originaria di Zafferana Etnea e aveva portato in Svizzera molte delle deliziose tradizioni siciliane in fatto di dolci. Pensate che nonostante vivessero nel Paese del cioccolato, quello per i loro dolci se lo facevano mandare da Modica.
Incredibilmente, la ricetta l’ho rubata lì.

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Si prepara il guscio esterno del dolce con 250 gr di burro a temperatura ambiente, 175 gr di zucchero, 2 uova intere, 50 gr di farina di mandorle, 30 gr di cacao amaro, 350 gr di farina setacciata, 1 pizzico di sale.
Si impasta velocemente, si avvolge nella pellicola e si mette in frigorifero per almeno mezz’ora.
Intanto si prepara la crema al pistacchio per farcire la torta. Si può utilizzare il food processor inserendo nel vaso 150 gr di burro morbido, 150 gr di zucchero, 4 uova, 150 gr di farina di mandorle, 75 gr di pasta di pistacchio (oppure 100 gr di pistacchi pelati leggermente tostati in forno e tritati) e 30 gr di farina 00.
Si frulla finché il composto non diventa uniforme e omogeneo.
Si preleva la pasta al cacao dal frigorifero, si divide in due e con un po’ più di metà si fodera una tortiera, bordo compreso, leggermente imburrata.
Si bucherella con una forchetta e si farcisce con la crema al pistacchio.
Si stende con il mattarello l’altra metà scarsa di pasta e si copre la torta sigillando bene i bordi.
Si inforna a 180 gradi per 30 minuti, poi si abbassa a 160 gradi e si prosegue la cottura per altri 15 minuti.
Mentre cuoce, si prepara una golosa copertura setacciando in un pentolino 100 gr di confettura di lamponi per eliminare i fastidiosi semini, e si scioglie a fuoco dolce con 1 bicchierino di rum e una tavoletta di cioccolato fondente da 50 gr grattugiata.
Quando si sforna, mentre è ancora calda, si spennella la torta con lo sciroppo di confettura, cioccolato e rum e si copre tutta la superficie con granella di mandorle e pistacchi tostati.

È un dolce irresistibile: morbido, burroso, con una piacevole consistenza data dal ripieno e una golosa copertura al cioccolato.
Non posso dire che quello mangiato in Sicilia fosse uguale a quello di Ginevra, ma erano entrambi notevoli… come il mio!

Torta Delizia

Sono nata, con l’aiuto della levatrice del paese natale della mia mamma, in casa dei nonni materni, come era tradizione in quegli anni.
Era un paese minuscolo, ormai inglobato come periferia nel Comune di Verona. Infatti dista non più di 6 o 7 km dal centro della città.
La casa dei miei nonni era accanto a quella della mia bisnonna, che viveva con il figlio primogenito e la sua famiglia. Le due case avevano un grande cortile in comune con un fico e il pollaio e si affacciavano direttamente sulla strada Provinciale, non lontano dalla fontana con il lavatoio comune ormai scomparso, insomma “in centro”.
La Parrocchia (di cui un mio prozio era il campanaro) sorge invece nella località “Molini” dove il mio trisavolo aveva la sua attività di mugnaio, ma ve ne ho già spesso accennato.
Fino al 1958 la Valpantena era servita da un tramway che partiva da Porta Vescovo e andare a trovare i parenti con “il trenino” era una vera avventura per una bambina cresciuta in pieno centro storico.

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Oltre a passare a salutare tutti i parenti, una sosta d’obbligo era quella dalla signora Gigia: una delle persone più ricche e influenti del paese. Più che una visita era un dovere per renderle omaggio: retaggio d’infanzia della mia mamma.
La sua domestica preparava un dolce indimenticabile che ci è stato servito per moltissimi anni, ogni volta con un bicchierino di vino passito che anch’io dovevo assaggiare per compiacerla.
L’eredità di questa ricetta è arrivata a me attraverso la cortese figlia della signora Gigia, ex compagna di scuola della mia mamma, ma solo dopo la sua morte.
Questa è la Torta Delizia e adesso capirete il perché del nome, seguendo la mia ricetta modernizzata.

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Si prepara il guscio di questa delizia con 200 gr di farina 00, 100 gr di burro molto freddo tagliato a cubetti grandi come piselli, 1 cucchiaio di zucchero, 1 pizzico di sale e 2-3 cucchiai di acqua gelata.
Si impasta velocemente con la punta delle dita, si fa una palla, si incarta con la pellicola e si mette in frigorifero.
Intanto si prepara la crema frangipane classica come ripieno.
Con le fruste si battono 100 gr di burro questa volta a temperatura ambiente, dunque morbido, con 80 gr di zucchero. Quando il composto è gonfio si incorpora 1 uovo, si miscela col frullino e poi si aggiunge 1 altro uovo.
Si uniscono adesso 80 gr di farina di mandorle e 50 gr di farina autolievitante e si mescola accuratamente.
Si toglie la pasta dal frigo, si impasta velocemente e si stende con il mattarello tra due fogli di carta forno della misura della tortiera, compreso il bordo.
Si trasferisce così com’è nella tortiera scelta, leggermente imburrata. Si inforna per 10 minuti a 180 gradi.
Trascorso questo tempo si toglie il foglio superiore e si cuoce per altri 5 minuti, finché la pasta non risulta dorata.
Si sforna, lasciando il forno acceso, e si lascia intiepidire.
Si spalma il fondo con 200 gr di confettura di prugne e si versa delicatamente la crema frangipane. Si livella, si cosparge di lamelle di mandorle e si inforna di nuovo per altri 40 minuti circa.
Quando si sforma, la carta forno inferiore va tolta con delicatezza per non rompere la torta.

È una torta veramente deliziosa, che a me piace servire con un bicchiere di Recioto Bianco di Soave, contravvenendo alle regole ferree della signora Gigia.

Lemon bars: burrosi biscotti al limone

Csaba dalla Zorza, esile e perfetta padrona di casa, anzi di casale in Toscana, esperta di cucina e di bon ton, fa dei dolci veramente deliziosi.
È da un pezzo ormai che l’ho persa di vista, ma per anni ho seguito con molto interesse i suoi programmi, anche dopo la migrazione da un Net Work ad un altro. Anzi, se qualcuno potesse indicarmi se e dove è al momento raggiungibile (via cavo, ovviamente) gliene sarò molto grata. Ho infatti esaurito ormai tutte quelle ricette che mi sembravano interessanti e mi piacerebbe sapere se si è rinnovata o è rimasta fedele alle sue/mie Pavlove (silvarigobello.com/2014/04/07/le-pavlove-dolci-gusci-di-puro-piacere) e poco altro.
I Lemon Bars, per esempio, sono un altro dei suoi cavalli di battaglia, ma mentre delle Pavlove abbiamo parlato in più occasioni, per me questi eleganti biscottini al limone sono una piacevolissima novità.

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Naturalmente li ho rivisitati un po’, ma ognuno è libero di adottare una propria versione, basta che segua almeno la traccia originale.
La signora dalla Zorza utilizza come base una prelibata pasta frolla veramente voluttuosa, nonostante l’ulteriore corposa crema di copertura: il risultato non sarà light, ma l’esperienza straordinariamente golosa e gioiosa.

Per la base utilizzo per comodità il food processor: verso nel vaso 280 gr di farina 00, 100 gr di zucchero, 220 gr di burro morbido, 1 uovo intero e 1 pizzico di sale.
Frullo finché l’impasto non diventa una palla, lo prelevo, lo avvolgo nella pellicola e lo lascio riposare in frigorifero.
Dopo una mezz’oretta lo impasto velocemente e lo stendo in una teglia quadrata o rettangolare foderata di carta forno imburrata.
Lo punzecchio con una forchetta, lo copro con un foglio di alluminio e i soliti fagioli secchi.
Inforno a 180 gradi per 20 minuti
Nel frattempo preparo la crema al limone di copertura.
Sbatto con le fruste elettriche 6 tuorli, 300 gr di zucchero semolato, la scorza grattugiata di 1 grosso limone bio, 200 ml di succo di limone e 140 gr di farina setacciata.
Tolgo dal forno la pasta frolla, che deve risultare leggermente dorata, la libero dai fagioli e dall’alluminio e la lascio raffreddare.
Poi verso la crema sulla base, livellandola con una spatola e inforno di nuovo per altri 30-35 minuti, fino a quando il ripieno si sarà rappreso.
La sforno, la sformo aiutandomi con la carta forno e la faccio intiepidire su una griglia.
Quando si è completamente raffreddata, la taglio a quadrati (o a rettangoli) e li cospargo di zucchero a velo.

Sono biscotti squisiti ed eleganti, si possono preparare anche con la pasta brisè, ma con la frolla sono veramente goderecci.