Venerdì gnocolar: una tradizione tutta veronese

Oggi a Verona si festeggia il Bacanàl del Gnoco e si mangiano gli gnocchi di patate.
Di gnocchi di patate ho parlato più volte: il 24 agosto 2013, il 2 febbraio 2014, il 6 ottobre 2014, il 28 novembre 2014 proponendone diverse versioni.
Oggi dunque mi limito a ricordare le dosi dei classici gnocchi di patate che oggi in Piazza San Zeno saranno cucinati e distribuiti in piatti di plastica e in quasi tutte le famiglie veronesi si mangeranno a pranzo. Perché il Venerdì Gnocolar a Verona è una tradizione seria che rispettiamo tutti.
I nostri saranno conditi col ragù di carne, il parmigiano grattugiato e la cannella in polvere, immancabile.

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Per 1 kg di patate ci vogliono circa 300 gr di farina, 1 pizzico di sale ed è facoltativa l’aggiunta di un uovo.
Si lessano le patate, si sbucciano, si schiacciano, si mescolano alla farina, brevemente, si formano dei cordoni, si tagliano ogni 2 cm circa, si passano questi tronchetti sul retro di una grattugia e si allineano su un canovaccio.
Si mette a bollire una grossa pentola d’acqua salata, si calano gli gnocchi e si raccolgono con una schiumarola appena vengono a galla, si condiscono subito e se ne mangia una quantità spropositata, come quando si era piccoli.

E quando si era piccoli, appena finito di mangiarli (non era previsto il secondo) si trangugiava una mela, ci si metteva una mascherina perché solo i più fortunati avevano un vero costume, le mamme ci riempivano le tasche del cappotto di coriandoli e a piedi si andava a vedere i (pochi) carri allegorici che attraversavano il centro storico, ma soprattutto i personaggi e le maschere che da sempre erano il simbolo della nostra Verona, ognuno eletto in ciascuno dei quartieri della città, che lanciavano baci e caramelle ai bambini.
C’erano il Papà del Gnoco, la maschera più importante e festeggiata, il Duca de la Pignata che sfilava in carrozza, il dio de l ‘Oro riccamente ornato di gioielli falsi, il Principe Reboano Sire de l’Adese, Fra Canàpa dal grosso naso adunco, Bacco a cavallo di una botte, Tommaso da Vico alla testa di venti cavalieri, Madonna Verona somigliantissima alla statua di Piazza delle Erbe…
Adesso i carri allegorici sono bellissimi, enormi, numerosissimi. Io la sfilata non la seguo più, ma ne vedo qualche volta alcune immagini al TG Regionale, ma sono sicura che i personaggi in maschera della mia infanzia sfilano ancora, nonostante i tempi siano cambiati.

Crêpes Suzette… al forno

Forse non tutti sanno che le Crêpes Suzette probabilmente non hanno un’origine francese come siamo sempre stati indotti a pensare, ma a quanto pare sono un’invenzione, forse involontaria, del giovane apprendista Henry Charpentier, al servizio di Auguste Escoffier al Café de la Paix di Montecarlo.
Per non prendermi nessuna responsabilità cito però anche il maître Josèph del Restaurant Marivaux di Parigi che un’altra versione della storia vuole abbia creato queste crêpes per un’affascinante artista dell’Opéra, di nome Suzette, abituale frequentatrice del suo ristorante.
Quale sia la verità non lo sapremo mai, ma quello che conta è che sia arrivato fino a noi questo sofisticato dessert che personalmente adoro e che ho rivoluzionato: le mie crêpes Suzette non le faccio flambé, ma al forno e le farcisco di crema pasticciera. Probabilmente dovrei chiamarle con un altro nome a questo punto, ma così sono comunque riconoscibili.

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Non starò ad annoiarvi con la preparazione delle crêpes, perché come ho raccontato nel mio post del 17 ottobre scorso, io le faccio con l’apparecchio della Krupp, ma credo non avrete problemi a prepararne almeno una dozzina in modo tradizionale.
Quello che faccio a questo punto è di mettere su ognuna un cucchiaio di crema pasticciera (2 tuorli, 100 gr di zucchero, 30 gr di farina, 300 ml di latte, 1 pizzico di sale) e chiuderle in quattro a ventaglio.
Le accomodo leggermente sovrapposte in una pirofila e le copro di salsa all’arancia.
La salsa all’arancia per queste scandalose crêpes al forno si ottiene prelevando con il rigalimoni, oppure grattugiandola, la buccia di 2 grosse arance e di 1 limone, che poi si spremono.
Si filtra il succo e si versa in un pentolino.
Si aggiungono 80 gr di burro, 120 gr di zucchero a velo e 150 ml di Grand Marnier.
Si fa cuocere la salsa a fuoco basso, mescolando con un mestolino di legno fino a quando lo zucchero si sarà sciolto completamente.
Quando è pronta si versa sulle crêpes e si infornano sotto il grill per 5-6 minuti. Non si devono asciugare troppo.

Così si perde l’effetto scenico del flambé in tavola, lo so, ma con questo metodo le crêpes si possono preparare in anticipo, sistemare nella pirofila, coprire con la salsa che così le imbeve e infornarle solo pochi minuti prima di servirle.
Non serve precisare che arance e limone sono naturali, non trattati, vero?

C’era una volta la polenta col pesce fritto

Alla formidabile signora Filomena ho già accennato sia il 22 gennaio (Saltimbocca di sardine), che il 28 febbraio (Riso co’ l’ua: un insolito risotto con l’uva) dell’anno scorso.
Era la matriarca della famiglia e il vero boss dell’attività che la famiglia stessa svolgeva nei mesi estivi, quando la sua grande casa si trasformava in pensione e accoglieva i villeggianti.
Ufficialmente le era affidato il compito di cucinare, ma in realtà sovrintendeva a tutte le mansioni che i familiari e lo scarso personale svolgevano.
È stato in quel casale tra i vigneti, a forse meno di 200 metri dal mare, che mi sono vista offrire per la prima volta il pesce fritto accompagnato dalla polenta “brustolà”.
Anche a casa nostra si faceva la polenta ma la mia mamma la serviva, morbida, con lo spezzatino, il baccalà, il fegato alla veneziana, perché adatta ad assorbire il sugo abbondante, caratteristico di questi piatti.
Quella che avanzava, il giorno dopo si affettava e si abbrustoliva sulla griglia o in forno ed era completata da gorgonzola e soppressa, per esempio, insieme al radicchio da campo ripassato in padella con aglio e pancetta. Era straordinaria anche con le aringhe affumicate, grande piatto della nostra tradizione Veronese.
Ma con il pesce fritto non l’avevo proprio mai vista in tavola.
In realtà se ci si pensa, soprattutto nel dopoguerra la polenta e il pesce erano gli ingredienti poveri più facilmente reperibili nelle nostre zone.
Se noi Veneti siamo infatti definiti “polentoni” c’è un perché. Inoltre è dal mare che la gente dei paesi del litorale Adriatico attingevano la maggior parte delle loro risorse, quindi l’abbinamento è presto fatto. La scelta di friggere il pesce poi deriva probabilmente dal fatto che è il modo più sbrigativo ed economico di cucinare.
Ecco come dunque anche oggi in certi ristoranti a Venezia, il fritto misto è accompagnato da una fettina di polenta, spesso bianca, tipicamente veneziana.
La signora Filomena friggeva soprattutto i pesciolini di paranza, ma io sono più selettiva adesso: quella volta all’anno che faccio il pesce fritto con la polenta, mi limito ai calamari tagliati ad anelli che mi sembrano perfetti per la polenta abbrustolita.

20150126-014006.jpgPer rispettare la tradizione il pesce scelto per la frittura va semplicemente infarinato quando è ancora umido, dopo averlo sciacquato, e poi va fritto velocemente in olio d’oliva profondo.
Una volta scolato, va salato e servito con una o due fette di classica polenta fatta raffreddare, affettata e abbrustolita sulla griglia.
Accanto ci vuole l’immancabile ciotola di insalatina condita con la citronette.

La ricetta di oggi è solo una curiosità, un revival che ho voluto condividere. Non occorre che la proviate, ma se lo fate ricordatevi che potete usare qualunque tipo di piccoli pesci o di tranci adatti alla frittura e che contrariamente al solito una spruzzatina di limone qui ci starebbe proprio bene.

Mele fritte in pastella perché è già Carnevale

Lo so che credevate di essere al sicuro, che in molti state postando ricette depurative, che rimettono in forma, che cercano di rimediare a quello che tra dicembre e gennaio abbiamo pensato, cucinato e poi mangiato.
Ma vi siete dimenticati che siamo a Carnevale?! E le ricette di galani (ossia cenci, frappe, chiacchiere, bugie), fritole (frittelle di mele, di riso, di semolino, con le uvette o le noci) e favette (o castagnole, zeppole, tortelli) dove sono?
Sarò la prima allora a postare le classiche, semplici, squisite Mele fritte in pastella.

20150124-014930.jpgSi sbucciano 2 mele Golden Delicious, si toglie il torsolo e si affettano ad anelli.
Si spruzzano di rum e si lasciano in immersione finché si prepara la pastella con 150 gr di farina, 1 uovo, 50 gr di zucchero, 1 cucchiaino di lievito in polvere per dolci, l’immancabile pizzico di sale e tanto latte quanto ne occorre per ottenere una pastella fluida ma abbastanza densa da non scivolare sulla superficie delle fette di mela.
Insomma ci vuole un po’ di pratica, ma si impara presto a friggere in pastella, che secondo me è il modo più goloso per gustare i fritti.
Si sgocciolano le mele dal rum, si immergono dunque nella pastella, non più di 2-3 per volta e si friggono in olio abbondante di arachidi rigirandole con il ragno finché non diventano dorate.
Si scolano sulla carta da cucina e a me piace spolverizzarle di semplice zucchero semolato, che scricchiola un po’ sotto e denti e crea un piacevole contrasto con la morbidezza della mela, ma di può usare anche lo zucchero a velo.

Allora: con queste frittelle do ufficialmente il via al Carnevale!

Quando si dice “mangiare in bianco”…

Se i preparativi per Natale (e oltre a cucinare montagne di cibo, intendo anche gli ultimi giri in centro per l’acquisto dei regali, la tovaglia grande ancora da stirare, l’argenteria da lucidare, il servizio di cristallo da spolverare per bene, le decorazioni floreali ancora da decidere…) assorbono gran parte del vostro tempo e vi creano anche un leggero stato d’ansia, in questo periodo un po’ frenetico conviene scegliere di nutrirsi in modo semplice e delicato.
Per bypassare lo scontatissimo panino al prosciutto, veloce soluzione per i momenti a volte convulsi di questo festoso periodo, suggerisco di dedicare qualche minuto alla realizzazione di una torta salata leggera, salutare, insolita e a mio avviso molto ghiotta.

20141204-102559.jpgSi copre di carta forno leggermente unta di burro una tortiera e si stende con il mattarello una pasta brisè che io faccio con 200 gr di farina, 80-100 gr di burro freddo tagliato a pezzettini, 1/2 cucchiaino di sale e circa 75 ml di acqua gelata (oppure se proprio non avete tempo si può usare quella pronta che si trova al supermercato).
Si fodera la tortiera e si bucherella il fondo con i rebbi della forchetta.
Se la tenete in freezer per 15-20 minuti, potete procedere alla cottura “cieca” in forno senza riempirla di fagioli secchi. Vedrete che non si gonfia.
Si inforna a 180 gradi finché non risulta dorata.
Nel frattempo si divide a cimette un bel cavolfiore e si lessa in acqua bollente salata per una decina di minuti. Si scola e si fa asciugare.
Si lava, si priva del torsolo, si sbuccia e si taglia a dadini una mela Golden Delicious.
Si riducono a cubetti circa 300 gr di formaggio Brie.
Con questi tre ingredienti si riempie il guscio di pasta brisè, si aggiusta di sale e pepe e si inforna sotto il grill solo il tempo necessario a far fondere il formaggio.

Si gusta tiepida e a noi, che pure non siamo dei grandi fans delle torte salate, questa soluzione “in bianco” è piaciuta molto.

Biscottini morbidi al limone

Ieri ho fatto una cosa semplice e golosa: i biscottini al limone.
Questi biscottini, insieme alle scorzette d’arancia e alle meringhette sono eccezionali a fine pranzo insieme ad una tazza di ottimo caffè.

20141213-014223.jpgCon le fruste elettriche si sbattono 120 gr di burro a temperatura ambiente con 150 gr di zucchero. Quando il composto è gonfio e spumoso si aggiunge 1 uovo intero e sempre continuando a sbattere, il succo di 1 limone e la sua buccia grattugiata, poi poco alla volta 250 gr di farina setacciata con 1/2 bustina di lievito per dolci e 1 pizzico di sale.
Si impasta adesso con le mani e quando è liscio e omogeneo, si fa un panetto e si ripone nel frigorifero per almeno mezz’ora.
Si versano in un piatto fondo 50 gr circa di zucchero vanigliato, lo stesso si fa con 50 gr di zucchero semolato e si tengono da parte.
Si toglie la pasta dal frigorifero, con la punta della dita si prelevano delle palline di pasta grosse come nocciole, si lavorano pochissimo tra i palmi delle mani, si appiattiscono leggermente e si passano prima nello zucchero semolato e poi nello zucchero vanigliato premendo dolcemente.
Si infornano questi dischetti appoggiati ben distanziati su una teglia foderata di carta forno a 180 gradi per una decina di minuti.
Si lasciano raffreddare prima di staccarli con una spatola per non correre il rischio di romperli.

Raccomando di non superare i dieci minuti di cottura se non di un soffio, in modo che questi biscottini non perdano la loro caratteristica morbidezza.

Sono arrivate le renne: allora è quasi Natale

Nel periodo Natalizio è consuetudine preparare dolcetti e biscotti che possono essere mangiati a colazione, offerti con il tè, oppure appesi all’albero con un nastrino rosso.
Dato che sono una collezionista di larghissime vedute, ho un’infinità di stampini taglia-biscotti che nel corso degli anni ho comprato un po’ dappertutto e li ho utilizzati in mille modi.
I più belli credo siano quelli che abbiamo acquistato a Monaco di Baviera: degli animaletti molto accurati, mentre da un antiquario di Saint Moritz ho trovato una scatola di latta che ne contiene una dozzina di misure diverse, tutti tondi coi bordi sagomati, che non ho mai avuto il coraggio di usare.
Un Natale ho fatto i segnaposto di pasta brisè a motivi Natalizi, uno diverso dall’altro e un Calendario dell’Avvento con 25 formine differenti.
Quest’anno invece è toccato a una mandria di renne (che forse però sono alci) allietare la “pausa caffè” di chi prepara l’albero e gli addobbi, decora le porte, appende i biglietti d’auguri degli anni scorsi e fa tutte quelle cose insomma che a Natale sono irrinunciabili e liete.

20141203-000255.jpgIn una ciotola si versano 400 gr di farina 00 setacciata, si aggiungono 125 gr di zucchero semolato, 1/2 cucchiaino di lievito in polvere e 1 pizzico di sale.
Si miscela, si fa la fontana e al centro si sgusciano 2 uova intere e si tagliuzzano 150 gr di burro molto freddo.
Si impasta velocemente prima con una forchetta e poi con le mani e si divide il composto in due metà.
Con una si fa una palla e si mette a riposare in frigorifero avvolta nella pellicola.
All’altra metà si amalgamano 1 cucchiaino di cannella, 1/2 cucchiaino di zenzero in polvere e una grattata di noce moscata.
Si ripone anche questo impasto in frigorifero per una mezz’ora, trascorsa la quale si stendono separatamente i due composto con il mattarello e si ritagliano con lo stampino a forma di renna due serie di biscotti.
Si infornano a 180 gradi per 10-12 minuti controllando che non scuriscano.
A cottura ultimata si sfornano e si fanno raffreddare su una griglia. Si spolverizzano di zucchero e di zucchero misto a cannella.

Se non vi piacciono le renne, naturalmente potete utilizzare qualsiasi altra forma di taglia-biscotti abbiate in casa.
L’impasto non è proprio quello del ginger bread, ma i biscotti sono aromatici e molto festosi e chi non ama le spezie, si può servire di quelli di semplice pastafrolla.

Eleganti mini flan

Qualche giorno fa stavo pensando che forse dovrei contrassegnare quelle ricette che reputo adatte ad essere servite durante uno dei pranzi o delle cene inevitabili del periodo delle Feste con un piccolo simbolo Natalizio o finirò col non trovarle più…
Mi riferisco soprattutto agli antipasti, che sono i più numerosi soprattutto in questo periodo.
Facendo le consuete “prove generali”, per esempio, ho pensato ad un antipastino tiepido a cui farne seguire uno freddo, quale, vi saprò dire e ho preparato questi piccoli flan piuttosto golosi di cui adesso vi racconto.

20141107-012459.jpgFriggo nell’olio 200 gr di cipolle affettate sottili, le scolo e le salo.
A 1/2 litro di besciamella incorporo 3 uova, una alla volta, poi 100 gr di fontina a cubetti, 100 gr di parmigiano grattugiato, 100 gr di prosciutto cotto e 50 gr di speck tritati grossolanamente.
Aggiungo le cipolle e mescolo con cura.
Regolo di sale e pepe e aggiungo una grattata di noce moscata e verso il composto in alcuni stampini da forno imburrati e infarinati riempiendoli fino a 2/3.
Li inforno a bagnomaria a 200° per 25 minuti circa. Li sforno, li lascio intiepidire appena e li sformo direttamente sui piattini dell’antipasto decorandoli con un rametto di prezzemolo.

Volendo dare una connotazione classica a questi piccoli flan, si può dire che assomigliano alle quiche, ma senza la pasta intorno.
Secondo me “nudi” sono più adatti ad essere impiattati, mentre vedo le quiche più indicate con gli aperitivi, prima di sedersi a tavola, insieme ai vol-au-vent e alle tartine, dei classici finger food insomma. Sbaglio?

Gli gnocchetti verdi di Francesco

20141123-225723.jpgTra le molte ghiotte ricette che l’altra nonna di mio nipote Francesco prepara per lui, ci sono anche degli squisiti gnocchetti verdi che il piccoletto gradisce moltissimo.
Le ricette della nonna Giulietta sono sempre sostanziose e tradizionali, richiedono una certa abilità e molta pazienza, nonostante lei minimizzi con modestia sulla sua bravura.
L’esecuzione di questa ricetta è piuttosto semplice e il risultato grandioso.

Si lessano 300 gr di spinaci e una volta cotti si strizzano per eliminare tutta l’acqua.
Si lessano anche, separatamente, 1 kg di patate, si pelano e finché sono ancora calde si passano allo schiacciapatate.
Si aggiungono circa 200 gr di farina, ma potrebbe volercene si più, dipende dall’umidità del composto, 1 uovo, 100 gr di Parmigiano grattugiato, 1 pizzico di sale e una grattata di noce moscata.
Si tritano finemente gli spinaci e si aggiungono all’impasto.
Si amalgama bene il composto. Si formano i classici filoncini e si tagliano a pezzetti di circa 1 cm.
Si tuffano in acqua bollente salata e quando vengono a galla sono pronti.
Si raccolgono con la schiumarola, si distribuiscono nei piatti e si condiscono generosamente con burro fuso, meglio se di malga, salvia e Parmigiano.

Francesco li adora, ma è un piatto che anche il resto della famiglia gradisce moltissimo!

Torta al cioccolato col peperoncino

Per concludere in bellezza, e anche con un certo stile, una cena tipica Messicana si può prevedere di offrire un dessert che conservi l’impronta della patria di Pancho Villa e Speedy Gonzales: un dolce magnifico a base di cioccolato, con un tocco di peperoncino e alcune altre sfumature che si rivelano boccone dopo boccone e lasciano scoprire poco alla volta, come in un gioco di seduzione, i suoi segreti.

20141108-172012.jpgSi fondono a bagnomaria o a microonde, come siete abituati, 150 gr di cioccolato fondente spezzettato, con 200 ml di panna.
Si toglie dal fuoco e si aggiunge 1/4 di cucchiaino di peperoncino in polvere, 1 bicchierino di Tequila, 1 cucchiaio di estratto di vaniglia e si lascia raffreddare.
Si aggiungono poi 100 gr di burro fuso e 1 uovo +1 tuorlo montati con 75 gr di zucchero di canna.
Si setacciano insieme 250 gr di farina 00, 1 bustina di lievito per dolci, 1 cucchiaio di cacao amaro, 1 cucchiaino di cannella e 1 pizzico di sale e si amalgamano al composto a base di cioccolato, mescolando dolcemente.
Si versa in una tortiera ben imburrata e si inforna 170 gradi per 35-40 minuti.
Una volta sfornata si lascia raffreddare, si sforma, si copre di riccioli di cioccolato semi-dolce oppure si spolverizza con lo zucchero a velo e si decora con qualche peperoncino fresco, di cui sconsiglio l’assaggio.

Questa torta è una bomba. Il calore del peperoncino si percepisce solo dopo il primo boccone perché viene mitigato dal profumo persistente della cannella e dalla dolcezza intensa della vaniglia. Il tocco brioso del liquore si avverte appena ma è presente e resta in bocca anche dopo aver inghiottito.
Insomma personalmente ho trovato questa torta una rivelazione.
La dedico a mio marito, che ha in fondo le stesse caratteristiche.