Scrigno di savoiardi

Voglio inaugurare il mese di ottobre con un dolce speciale.
Dei savoiardi ho parlato anche in altre occasioni (https://silvarigobello.com/2013/06/17/i-savoiardi-uninvenzione-generosa/) ma questo è il debutto di un dolce che sarà senz’altro il momento clou di qualsiasi invito.
Chi vuole cimentarsi, utilizzando i savoiardi preparati la settimana scorsa (https://silvarigobello.com/2015/09/23/savoiardi-home-made/) in un dolce esagerato, goloso da far invidia a quelli di Nigella Lawson, Csaba dalla Zorza e Lorraine Pascale, qui sotto troverà pane per i suoi denti!

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Prima di tutto preparo un cerchio di cartoncino, proprio come quello dei pasticceri quando confezionano la torta che abbiamo scelto, prima di incartarla e consegnarcela perché la portiamo a casa, e lo fermo con lo scotch.
La misura sarà quella che abbiamo deciso di fare a seconda delle porzioni che ci servono.
Le dosi che indico sono quelle adatte a un cerchio di circa 20-24 savoiardi, meglio se fatti in casa secondo la ricetta che vi ho dato, quindi per 10-12 persone direi, ma tutto dipende da quanto sono golosi i vostri ospiti…
Comincio spezzettando 120 gr di cioccolato bianco in una ciotolina e lo faccio fondere a bagnomaria.
Poi, sempre mantenendo la ciotola nell’acqua calda fino alla fine dell’operazione, incollo fra loro i primi due savoiardi, spennellando i lati a contatto e li appoggio al cerchio di cartoncino posizionato su un bel piatto da dolce.
Proseguo con pazienza, facendo attenzione ad incollarli tutti bene abbondando col cioccolato bianco fuso, fino a completare il cerchio.
La “palizzata” di savoiardi dovrebbe reggersi in piedi da sola una volta che il cioccolato si è solidificato.
Pesto quindi nel mortaio 250 gr di amaretti e li verso in una ciotola.
Trito 150 gr di scorzette d’arancia e le aggiungo agli amaretti.
Faccio tostare in forno 70 gr di mandorle spellate e trito anche queste.
Faccio sciogliere in un pentolino a fuoco dolcissimo 200 gr di cioccolato fondente e 200 gr al latte con 125 ml di panna.
Fuori dal fuoco unisco 1 bicchierino di Grand Marnier (o di Cointreau) e verso tutto sul composto di amaretti e scorzette.
Mescolo e appena si è intiepidito lo trasferisco all’interno del cerchio di savoiardi e lo livello.
Metto il dolce in frigorifero perché si solidifichi.
Preparo intanto i riccioli di cioccolato per completarlo.
Faccio fondere 120 gr di cioccolato amaro e lo verso su un foglio di carta forno spalmandolo con un coltello in uno strato sottile qualche millimetro.
Lo lascio raffreddare e poi, con la lama del coltello, lo stacco dalla carta forno creando dei riccioli irregolari che andranno a completare il dolce, tolto dal frigo.
Solo al momento di servirlo taglio il cerchio di cartoncino e lo tolgo con delicatezza: non fidatevi a sfilarlo dall’alto perché il disastro è in agguato.

Per sicurezza, se temete che possa aprirsi, potreste circondare i savoiardi con un bel nastro di un colore abbinato a quello della tovaglia, completandolo con un elegante fiocco, che toglierete in tavola prima di affettarlo.
Non succederà niente perché oltre al cioccolato bianco che ha incollato fra loro i savoiardi, il composto tiepido versato all’interno, solidificandosi sigillerà tutto alla perfezione.

Savoiardi Home Made

Molti anni fa, negli anni Novanta, ho frequentato alcuni Corsi di Cucina.
Mi pare che almeno due fossero di Pasticceria, o forse tre, non ricordo, ma di sicuro uno era anche di solo cioccolato.
A questo mi ci aveva iscritto direttamente mio marito.
Una delle cose che ho imparato è stato fare i savoiardi, che servono anche come base per molte altre ricette dolci.
Oggi dunque trascrivo la ricetta di questi biscotti antiquati e straordinari, che mi fanno venire in mente un salotto un po’ soffocante troppo pieno di mobili, un sofà damascato, tavolini coperti da tovagliette con le nappine, tazzine su vassoi di silver plated, l’acqua fresca nella caraffa e non in bottiglia e piatti decorati con delicati tralci di rose. La casa di mia nonna Emma a Garda insomma, quando ero bambina.
Lei mi offriva sempre a merenda i savoiardi che cucinava personalmente, biscottoni friabili adatti ad essere intinti nel latte o nel tè.
Gli stessi con cui preparava la sua leggendaria Zuppa Inglese (https://silvarigobello.com/2014/09/25/la-vera-zuppa-inglese-secondo-mia-nonna/).
Mi dispiace che non mi abbia lasciato la ricetta, ma grazie ai Corsi di Cucina che dicevo, ho comunque imparato a farli anch’io e anche ad abbinarli al cioccolato.

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Si lavorano con le fruste elettriche 6 tuorli con 150 gr di zucchero e 1 cucchiaio di estratto di vaniglia.
Quando il composto è gonfio e spumoso si aggiungono 150 gr di farina setacciata e si mescola con una spatola.
Si montano a neve ferma i sei albumi con 1 pizzico di sale e si incorporano delicatamente al composto, che con una sac-à-poche a bocchetta liscia, si distribuisce sulla placca del forno imburrata e spolverizzata di zucchero a velo, distanziando bene i biscotti, che in cottura aumenteranno di volume.
Si infornano a 180 gradi per 15-20 minuti: i savoiardi devono restare chiari e non asciugare troppo.

Si possono servire con il caffè oppure utilizzarli per uno dei dolci al cucchiaio che ne richiedano l’uso come la zuppa inglese o il tiramisù, oppure per il più goloso dei dolci al cioccolato: lo scrigno di savoiardi.
Prometto che ve ne parlo!

Pie ai frutti di bosco

Questa è la stagione perfetta per le gite in battello.
Prima di chiudere la casa del lago, raggiungiamo almeno una volta Riva del Garda in battello, partendo da Salò ed è un’esperienza bellissima.

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Navigare sul lago a noi piace molto, ma non sempre ci prendiamo tutta la giornata per questo tipo di svago.
Non abbiamo una barca ma ogni tanto andiamo a mangiare un gelato o a bere il caffè attraversando il lago.
Dunque, lasciamo l’auto a Desenzano e prendiamo l’aliscafo per Sirmione: è un modo molto più agevole e affascinante di raggiungere questa storica, splendida località anziché viaggiare sulla provinciale.
Ma tornando a Riva del Garda, gita che richiede tutta la giornata, nonostante si affacci sull’acqua come i nostri paesi della sponda Veronese e Bresciana, è inconfondibilmente una cittadina pedemontana, con caratteristiche architettoniche e gastronomiche tipicamente trentine.

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Si mangiano gelati e dolci favolosi nelle pasticcerie della piazza principale e adesso si possono acquistare funghi freschissimi e frutti di bosco dolci e saporiti in vecchie botteghe delle suggestive stradine interne.
Se ne comprate tanti, potreste fare anche voi, una volta a casa, questa magnifica pie: un vero trionfo di sapori.

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Nel vaso del food processor si versano 300 gr di farina 00, 120 gr di burro molto freddo a pezzettini, 2 cucchiai di zucchero a velo, 2 cucchiai di aceto di mele, 100 ml di latte e una bella presa di sale.
Si frulla fino a che le briciole che si formano per prime non accennano a diventare una palla.
Si toglie l’impasto dal vaso e si fa riposare in frigorifero avvolto nella pellicola: si deve intravedere ancora il burro.
Nel frattempo si fanno saltare in padella 300 gr di frutti di bosco (lamponi, mirtilli e more) con 50 gr di zucchero di canna e il succo di 1/2 limone.
Si aggiungono 2 cucchiai di maizena miscelati a 2 cucchiai di sciroppo di granatina, si toglie il tegame dal fuoco e si fa intiepidire.
Si riprende la pasta, si divide in due e si stende col mattarello senza manipolarla troppo. Con metà si fodera una tortiera ben imburrata, si punzecchia il fondo e si versa il composto di frutti di bosco.
Si copre con l’altra metà e si sigillano bene i bordi aiutandosi con una forchetta.
Si spennella tutta la superficie con il latte e si spargono sopra 75 gr di zucchero semolato.
Si inforna a 180 gradi per 40-45 minuti e si sforma solo quando si è raffreddata.

Ho già utilizzato questa pasta con l’aggiunta di latte e aceto di mele soprattutto per le crostate, ma devo dire che è perfetta anche per questa pie.

Dolce frangipane ai fichi

Ormai occorre rassegnarsi: ci saranno ancora giornate calde e soleggiate, ma quando cominciano le scuole l’estate è proprio finita, indipendentemente da quello che dice il calendario.
E si porta via molti degli ingredienti che ho amato e utilizzato nelle mie ricette, primi fra tutti i fichi, che ormai anche il fruttivendolo Pakistano, specializzato in primizie e prodotti tardivi, vende con riluttanza in cestini di dimensioni ridotte per accontentare tutti i clienti.
Gli ultimi che ho trovato sono quelli piccolini, scuri, dolcissimi, che danno l’impressione di essere già lievemente appassiti. Hanno un sapore e una consistenza straordinari, che si faranno ricordare per un anno, perché tanto bisognerà aspettare prima di poterli assaporare di nuovo!
Questa settimana li ho usati sia in una ricetta dolce che in una salata.
Questa è la torta.

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Si prepara la crema frangipane montando con le fruste elettriche 150 gr di burro con 150 gr di zucchero a velo.
Si aggiungono 2 uova, una alla volta, sempre mescolando, poi è la volta di 50 gr di farina 00, 150 gr di farina di mandorle e 1 pizzico di sale.
Si fodera con una confezione di pasta sfoglia pronta uno stampo rettangolare imburrato, si bucherella con una forchetta, si farcisce con questa crema e sopra si accomodano 3-4 fichi a fettine sottili sovrapponendole leggermente
Si inforna a 180 gradi per 30-35 minuti.

È un dolce facile e squisito, che si farà ricordare.
Naturalmente con la crema frangipane del ripieno stanno benissimo anche i lamponi, che miscelo delicatamente al composto anziché accomodarli sulla superficie.

Peccati di gola: la torta gianduia

Faccio raramente i dolci, ormai non è più un segreto, però la volta che mi ci metto… ci si accorge che valeva la pena di aspettare.

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Si fanno sciogliere a bagnomaria 250 gr di cioccolato fondente tagliato a piccoli pezzi con 200 gr di burro a temperatura ambiente, 1 tazzina di caffè ristretto e 1 bicchierino di rum.
Poi fuori dal fuoco si aggiungono 250 gr di nocciole pelate, fatte asciugare in forno per qualche minuto e ridotte in polvere finissima con il frullatore, 200 gr di zucchero di canna, 1 cucchiaio di estratto di vaniglia e 6 tuorli d’uovo leggermente battuti.
Si montano a neve ferma i 6 albumi e gentilmente si incorporano al composto di cioccolato.
Si versa in una tortiera, meglio se a cerniera, foderata di carta forno inumidita, strizzata e ben imburrata e si inforna a 170 gradi per 45-50 minuti, dipende dal forno.
Quando è cotta, la superficie si presenta leggermente crepata, mentre il centro sarà ancora un po’ appiccicoso. È la caratteristica di questa torta.
Si sforna, si sforma e si lascia intiepidire. Intanto si prepara la copertura.
Si scaldano a fuoco dolce 120 ml di panna fresca, si uniscono 150 gr di cioccolato fondente grattugiato e mescolando si fa sciogliere completamente.
Si versa sulla torta e si spalma su tutta la superficie.
Si spargono sopra 50 gr di nocciole tostate come quelle utilizzate nell’impasto, premendole leggermente con la punta delle dita perché restino “intrappolate” nel cioccolato di copertura

A me piacciono intere, ma si possono anche spezzettare oppure usare le nocciole pralinate componendo un disegno ordinato su tutta la torta, soluzione molto chic. Scegliete voi.

Torta con tre diversi tipi di noci

La torta con le noci è un dolce molto popolare in America, o meglio lo è nella versione con le noci Pecan, magari con il ripieno arricchito dal cioccolato. Ne parlo anche nel mio libro U.S.A. e Jet, aggiungendo la ricetta. L’avete letta?
L’unica volta in cui sono andata alle Hawaii, l’ho mangiata anche col ripieno di noci macadamia, che crescono solo lì e in Polinesia: straordinaria!
Questa volta ho invece aggiunto alla ricetta originale altri due tipi di noci e garantisco che il risultato è una vera favola.

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Preparo il guscio di pasta inserendo nel food processor 220 gr di farina, 120 gr di burro, 1 uovo, 60 gr di zucchero semolato e 1 pizzico di sale.
Quando fa la palla recupero l’impasto, lo stendo sottile con il mattarello e fodero una tortiera ben imburrata.
La metto nel freezer per almeno 20 minuti. Quando la recupero bucherello il fondo e inforno a 200 gradi per 10 minuti, la sforno e la faccio raffreddare.
Nel frattempo spezzetto 70 gr di gherigli di noci di Sorrento e 70 gr di noci Pecan, affetto con un coltello robusto 70 gr di noci brasiliane e le metto in forno per qualche minuto, appoggiate su un foglio di carta forno. Non devono scurire ma solo asciugarsi tostandosi leggermente.
Riunisco in un pentolino 100 gr di zucchero scuro di canna, 1 cucchiaino di estratto di vaniglia, 50 gr di burro, 200 ml di sciroppo d’acero e scaldo tutto a fuoco basso finché il burro non è fuso e lo zucchero completamente sciolto.
Verso questo composto in una ciotola, lo lascio intiepidire.
Poi unisco 3 uova grandi, una alla volta, 1 pizzico di sale, 2 cucchiai di rum e 1 cucchiaino di estratto di vaniglia.
Aggiungo tutte le noci, mescolo e riempio il guscio di pasta semi cotto. Le noci verranno tutte a galla. Niente panico, va bene così.
Inforno di nuovo a 160 gradi per circa 50 minuti.
Se scurisce troppo, copro la torta con un foglio di alluminio e finisco la cottura.
La sforno, la lascio raffreddare completamente e per sformarla passo la lama di un coltello tutto intorno e la sollevo con delicatezza aiutandomi con una larga spatola.

Come dicevo, la ricetta che sta all’origine di questo dolce prevede l’utilizzo delle noci macadamia, che io ho sostituito con quelle brasiliane perché sono molto più facili da reperire.

Torta “svizzera” cioccolato e pistacchio

Questa è la ricetta di una torta farcita senza tempo e senza stagione.
L’origine è inconfondibilmente siciliana comunque, ma è talmente, assolutamente divina da essere diventata internazionale!! L’ho infatti assaggiata la prima volta ad una festa ai piedi dell’Etna e ritrovata con sorpresa e gioia in Svizzera.
Molti anni fa un amico catanese ci aveva accompagnati alla festa di San Rocco di Linguaglossa, dove sotto l’albero della cuccagna abbiamo assistito alla corsa con i sacchi e a molti altri giochi popolari, come se il tempo si fosse fermato qualche secolo indietro.
Abbiamo mangiato il falsomagro al sugo e insieme ai mastazzoli una fetta di incredibile torta al pistacchio, che nonostante le molte altre vacanze in Sicilia, non avevo più avuto occasione di gustare.
Molti anni dopo in occasione di una delle visite annuali per gli acquisti del negozio al Salon International de la Haute Horlogerie di Ginevra, mentre bevevo un delizioso café viennois ho riconosciuto, nella vetrina davanti al banco della pasticceria, la stessa torta di Linguaglossa.
È stato un po’ come partecipare a “Carramba che sorpresa” perché ho parlato con il proprietario e lui mi ha fatto conoscere suo padre, per scoprire che la famiglia era originaria di Zafferana Etnea e aveva portato in Svizzera molte delle deliziose tradizioni siciliane in fatto di dolci. Pensate che nonostante vivessero nel Paese del cioccolato, quello per i loro dolci se lo facevano mandare da Modica.
Incredibilmente, la ricetta l’ho rubata lì.

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Si prepara il guscio esterno del dolce con 250 gr di burro a temperatura ambiente, 175 gr di zucchero, 2 uova intere, 50 gr di farina di mandorle, 30 gr di cacao amaro, 350 gr di farina setacciata, 1 pizzico di sale.
Si impasta velocemente, si avvolge nella pellicola e si mette in frigorifero per almeno mezz’ora.
Intanto si prepara la crema al pistacchio per farcire la torta. Si può utilizzare il food processor inserendo nel vaso 150 gr di burro morbido, 150 gr di zucchero, 4 uova, 150 gr di farina di mandorle, 75 gr di pasta di pistacchio (oppure 100 gr di pistacchi pelati leggermente tostati in forno e tritati) e 30 gr di farina 00.
Si frulla finché il composto non diventa uniforme e omogeneo.
Si preleva la pasta al cacao dal frigorifero, si divide in due e con un po’ più di metà si fodera una tortiera, bordo compreso, leggermente imburrata.
Si bucherella con una forchetta e si farcisce con la crema al pistacchio.
Si stende con il mattarello l’altra metà scarsa di pasta e si copre la torta sigillando bene i bordi.
Si inforna a 180 gradi per 30 minuti, poi si abbassa a 160 gradi e si prosegue la cottura per altri 15 minuti.
Mentre cuoce, si prepara una golosa copertura setacciando in un pentolino 100 gr di confettura di lamponi per eliminare i fastidiosi semini, e si scioglie a fuoco dolce con 1 bicchierino di rum e una tavoletta di cioccolato fondente da 50 gr grattugiata.
Quando si sforna, mentre è ancora calda, si spennella la torta con lo sciroppo di confettura, cioccolato e rum e si copre tutta la superficie con granella di mandorle e pistacchi tostati.

È un dolce irresistibile: morbido, burroso, con una piacevole consistenza data dal ripieno e una golosa copertura al cioccolato.
Non posso dire che quello mangiato in Sicilia fosse uguale a quello di Ginevra, ma erano entrambi notevoli… come il mio!

Torta Delizia

Sono nata, con l’aiuto della levatrice del paese natale della mia mamma, in casa dei nonni materni, come era tradizione in quegli anni.
Era un paese minuscolo, ormai inglobato come periferia nel Comune di Verona. Infatti dista non più di 6 o 7 km dal centro della città.
La casa dei miei nonni era accanto a quella della mia bisnonna, che viveva con il figlio primogenito e la sua famiglia. Le due case avevano un grande cortile in comune con un fico e il pollaio e si affacciavano direttamente sulla strada Provinciale, non lontano dalla fontana con il lavatoio comune ormai scomparso, insomma “in centro”.
La Parrocchia (di cui un mio prozio era il campanaro) sorge invece nella località “Molini” dove il mio trisavolo aveva la sua attività di mugnaio, ma ve ne ho già spesso accennato.
Fino al 1958 la Valpantena era servita da un tramway che partiva da Porta Vescovo e andare a trovare i parenti con “il trenino” era una vera avventura per una bambina cresciuta in pieno centro storico.

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Oltre a passare a salutare tutti i parenti, una sosta d’obbligo era quella dalla signora Gigia: una delle persone più ricche e influenti del paese. Più che una visita era un dovere per renderle omaggio: retaggio d’infanzia della mia mamma.
La sua domestica preparava un dolce indimenticabile che ci è stato servito per moltissimi anni, ogni volta con un bicchierino di vino passito che anch’io dovevo assaggiare per compiacerla.
L’eredità di questa ricetta è arrivata a me attraverso la cortese figlia della signora Gigia, ex compagna di scuola della mia mamma, ma solo dopo la sua morte.
Questa è la Torta Delizia e adesso capirete il perché del nome, seguendo la mia ricetta modernizzata.

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Si prepara il guscio di questa delizia con 200 gr di farina 00, 100 gr di burro molto freddo tagliato a cubetti grandi come piselli, 1 cucchiaio di zucchero, 1 pizzico di sale e 2-3 cucchiai di acqua gelata.
Si impasta velocemente con la punta delle dita, si fa una palla, si incarta con la pellicola e si mette in frigorifero.
Intanto si prepara la crema frangipane classica come ripieno.
Con le fruste si battono 100 gr di burro questa volta a temperatura ambiente, dunque morbido, con 80 gr di zucchero. Quando il composto è gonfio si incorpora 1 uovo, si miscela col frullino e poi si aggiunge 1 altro uovo.
Si uniscono adesso 80 gr di farina di mandorle e 50 gr di farina autolievitante e si mescola accuratamente.
Si toglie la pasta dal frigo, si impasta velocemente e si stende con il mattarello tra due fogli di carta forno della misura della tortiera, compreso il bordo.
Si trasferisce così com’è nella tortiera scelta, leggermente imburrata. Si inforna per 10 minuti a 180 gradi.
Trascorso questo tempo si toglie il foglio superiore e si cuoce per altri 5 minuti, finché la pasta non risulta dorata.
Si sforna, lasciando il forno acceso, e si lascia intiepidire.
Si spalma il fondo con 200 gr di confettura di prugne e si versa delicatamente la crema frangipane. Si livella, si cosparge di lamelle di mandorle e si inforna di nuovo per altri 40 minuti circa.
Quando si sforma, la carta forno inferiore va tolta con delicatezza per non rompere la torta.

È una torta veramente deliziosa, che a me piace servire con un bicchiere di Recioto Bianco di Soave, contravvenendo alle regole ferree della signora Gigia.

Lemon bars: burrosi biscotti al limone

Csaba dalla Zorza, esile e perfetta padrona di casa, anzi di casale in Toscana, esperta di cucina e di bon ton, fa dei dolci veramente deliziosi.
È da un pezzo ormai che l’ho persa di vista, ma per anni ho seguito con molto interesse i suoi programmi, anche dopo la migrazione da un Net Work ad un altro. Anzi, se qualcuno potesse indicarmi se e dove è al momento raggiungibile (via cavo, ovviamente) gliene sarò molto grata. Ho infatti esaurito ormai tutte quelle ricette che mi sembravano interessanti e mi piacerebbe sapere se si è rinnovata o è rimasta fedele alle sue/mie Pavlove (silvarigobello.com/2014/04/07/le-pavlove-dolci-gusci-di-puro-piacere) e poco altro.
I Lemon Bars, per esempio, sono un altro dei suoi cavalli di battaglia, ma mentre delle Pavlove abbiamo parlato in più occasioni, per me questi eleganti biscottini al limone sono una piacevolissima novità.

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Naturalmente li ho rivisitati un po’, ma ognuno è libero di adottare una propria versione, basta che segua almeno la traccia originale.
La signora dalla Zorza utilizza come base una prelibata pasta frolla veramente voluttuosa, nonostante l’ulteriore corposa crema di copertura: il risultato non sarà light, ma l’esperienza straordinariamente golosa e gioiosa.

Per la base utilizzo per comodità il food processor: verso nel vaso 280 gr di farina 00, 100 gr di zucchero, 220 gr di burro morbido, 1 uovo intero e 1 pizzico di sale.
Frullo finché l’impasto non diventa una palla, lo prelevo, lo avvolgo nella pellicola e lo lascio riposare in frigorifero.
Dopo una mezz’oretta lo impasto velocemente e lo stendo in una teglia quadrata o rettangolare foderata di carta forno imburrata.
Lo punzecchio con una forchetta, lo copro con un foglio di alluminio e i soliti fagioli secchi.
Inforno a 180 gradi per 20 minuti
Nel frattempo preparo la crema al limone di copertura.
Sbatto con le fruste elettriche 6 tuorli, 300 gr di zucchero semolato, la scorza grattugiata di 1 grosso limone bio, 200 ml di succo di limone e 140 gr di farina setacciata.
Tolgo dal forno la pasta frolla, che deve risultare leggermente dorata, la libero dai fagioli e dall’alluminio e la lascio raffreddare.
Poi verso la crema sulla base, livellandola con una spatola e inforno di nuovo per altri 30-35 minuti, fino a quando il ripieno si sarà rappreso.
La sforno, la sformo aiutandomi con la carta forno e la faccio intiepidire su una griglia.
Quando si è completamente raffreddata, la taglio a quadrati (o a rettangoli) e li cospargo di zucchero a velo.

Sono biscotti squisiti ed eleganti, si possono preparare anche con la pasta brisè, ma con la frolla sono veramente goderecci.

Torta al cioccolato con pere affogate

Les Poires au Chocolat sono in realtà una torta, la specialità di nostra cugina Thérèse, che passava il mese di agosto in una vecchia casa ristrutturata di grande fascino, con bassi soffitti a volta e camini in ogni stanza, a qualche chilometro dal lago di Garda.
Il resto dell’anno viveva in una cittadina dell’Île-de-France, sulla riva destra della Senna, alla periferia di Parigi e quando si trasferiva qui per le vacanze si portava dietro tutto il fascino, i sapori, lo charme e l’eleganza di una vera parisienne. Oltre a due barboncini bianchi sempre tosati alla perfezione.
Questo è uno dei fantastici dolci che mi ha insegnato a preparare ed è veramente delizioso.
Come si vede infatti, si tratta di un dessert piuttosto insolito e molto invitante.

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Si lavano con cura senza sbucciarle 8 piccole pere, che possono essere della varietà coscia oppure Santa Lucia, per esempio.
In una ciotola, si mischiano 280 gr di farina, 150 gr di zucchero, 40 gr di cacao amaro, 1 pizzico di sale, 1 abbondante cucchiaino di cannella e 1 bustina di lievito per dolci.
Si forma un incavo e al centro si sgusciano 3 uova.
Si fanno sciogliere in un pentolino a fuoco dolcissimo 120 gr di burro con 100 ml di panna e appena si è raffreddato si unisce alle uova.
Si aggiunge un bicchierino di Cognac e si mescola con una spatola, amalgamando tutti gli ingredienti.
Quando l’impasto è liscio e morbido, si versa in uno stampo a cerniera dai bordi alti, imburrato e infarinato.
Si inseriscono con attenzione le pere intere all’interno del composto, con una certa simmetria, facendole “affogare”. Anche se al momento sporgeranno molto, durante la lievitazione in cottura, verranno coperte per almeno 3/4 e il risultato finale sarà molto carino.
Si inforna a 180 gradi per circa 45 minuti.
Si sforma solo quando si è raffreddata.

Thérèse l’avrebbe servita con un fresco Pommeau, una miscela di succo di mela e calvados, appoggiando accanto ai piattini dei minuscoli tovagliolini di lino con un angolo ricamato. Tutto très chic.