Quando ero ragazzina, un anno siamo andati al mare a Pesaro.Le famiglie come la nostra, agiate ma che non potevano permettersi un soggiorno in albergo di un intero mese, a Pasqua o al massimo il Primo Maggio, facevano una … Continua a leggere
Quando ero ragazzina, un anno siamo andati al mare a Pesaro.Le famiglie come la nostra, agiate ma che non potevano permettersi un soggiorno in albergo di un intero mese, a Pasqua o al massimo il Primo Maggio, facevano una … Continua a leggere
Questo non è un articolo di cucina ma l’ultimo brano scritto da Silva nel libro appena iniziato , e rimasto incompiuto, dal titolo ” Dalla Tavola al Tablet (una storia vera per nostalgici e golosi di mezza età )”
Si intitola “buseta e boton”.
Buseta e boton sono le parole veronesi che identificano l’asola e il bottone, e vengono usate per esaltare due persone che stanno sempre insieme in una unione ideale, continua ,complice, indispensabile.
Silva scrive dell’amicizia, quella profonda , duratura, dei valori che la contraddistinguono , di come negli anni rimanga intatta , fresca e spontanea .
Scrive poi dell’amore tra due persone, del vero amore, quello che dura una vita e che ti da ogni giorno la voglia di vivere. Scrive del suo miglior amico , di noi e del nostro amore.
E’ la notte di Natale e io voglio dedicare questo suo ultimo brano a tutte le sue amiche del blog e a tutti gli altri amici che lo leggeranno e che hanno, o avranno, la fortuna di avere una vita di coppia , con l’augurio di raggiungere lo stesso grado di felicità , di valori, di empatia ,complicità e di amore che abbiamo avuto noi.
Silva racconta:
“Non ho mai avuto una vera amica del cuore, di quelle con cui andare per mano alla toilette, condividere la passione per lo stesso irraggiungibile ragazzo, scambiare gli abiti e le confidenze più intime.
Ho avuto molte buone amiche, ma nessuna ” migliore amica”.
Col passare degli anni ho frequentato, come la maggior parte di voi ritengo, ambienti diversi e gruppi eterogenei di persone,per necessità , per scelta, per convenienza, in vacanza, in palestra o sul posto di lavoro, conoscenze a volte maturate davanti alle scuole dei figli, durante una cena a casa di amici, nel corso di un avvenimento o di un evento, mentre facevo un viaggio. Ma c’è una grande differenza fra amicizia e conoscenza, come tra relazione e frequentazione.
Amo la gente, mi piace conoscerla ed entrare in confidenza,ma l’amicizia è un’altra cosa . Molti dei nostri più cari amici, quelli di vecchissima data, sono compagni di squadra di calcio o ex avversari di mio marito e questo dimostra come lo spogliatoio e in generale lo sport facciano da collante fra le persone.
Anche in Valtur partecipare ai corsi e tornei sportivi creava un legame particolare fra gli ospiti, che spesso si trasformava in amicizia, tanto da indurli anno dopo anno a scegliere lo stesso Villaggio per le vacanze successive e continuare a vedersi anche una volta rientrati nelle rispettive città di provenienza. L’abbiamo fatto anche noi.
Personalmente ritengo che la vera amicizia sia quando, anche dopo anni che non ci si vede, non c’è imbarazzo, non c’è ricerca delle cose da dire, i discorsi fluiscono con naturalezza come se l’ultima chiacchierata l’avessimo fatta solo due giorni fa.
Agli amici ci si rivolge per un consiglio, un aiuto, la condivisione di qualcosa che ti è accaduto, la voglia di un abbraccio, uno scambio di battute, per verificare, per spartire, per donare e per ricevere.
Un amico è un supporto, un rifugio, il bisogno di ridere insieme o di sperimentare la commozione, la voglia di cercare sempre qualcosa che ci accomuna.
Mio marito è finito negli anni col diventare il mio migliore amico.
Siamo stati compagni di scuola alle Superiori e dopo un avvio un po ‘ macchinoso, siamo riusciti a far funzionare il nostro rapporto in modo invidiabile.
Insieme ne abbiamo passate tante e il nostro legame ne è uscito non solo indenne ma rafforzato.
Un rapporto importante è come il Tai Chi, che richiede concentrazione, rigore, fluidità , coinvolgimento, sintonia, attenzione e consapevolezza.
In alcune circostanze della nostra vita di coppia siamo stati soci oltre che coniugi, e non mi riferisco solo a quando mio marito si occupava dell’aspetto finanziario del nostro negozio.
Ci siamo sempre rimboccati le maniche e dati da fare per superare ostacoli, affrontare un dolore, operare le scelte giuste riguardo il futuro, in molte circostanze supportandoci a vicenda e a volte anche sopportandoci.
Ho amiche che da quando i mariti hanno raggiunto l’agognata età della pensione, si sono create gli hobby più variegati e stravaganti pur di non restare in casa con loro, all’insegna del motto: “ti ho sposato nel bene e nel male ma non per averti a pranzo a casa tutti i giorni”
Comunque so anche di uomini in pensione che si sono cercati delle alternative professionali, a volte perfino scarsamente retribuite o sport da praticare da soli, per gli stessi motivi.
Certo è molto triste aver passato la maggior parte della vita in compagnia di qualcuno che non ti interessa avere vicino….
Ci capita spesso al ristorante di essere seduti al tavolo accanto a quello di un’altra coppia che non ha proprio niente da dirsi. Consultano il menù , ordinano, assaggiano il vino e danno l’impressione di parlare più volentieri col cameriere che fra loro.
Sono situazioni che mettono un po’ di malinconia, vero? A noi per fortuna non succede mai. Più passa il tempo più ho l’impressione che ci siano sempre altre cose da dire, problemi da sviscerare, decisioni da prendere insieme.
Anche appena svegli al mattino cominciamo a parlare di piccole cose quotidiane, di figli, nipote, gatti, sogni appena fatti, sogni da concretizzare. E la notte ci addormentiamo come i cucchiai nel cassetto delle posate.
Quest’anno abbiamo festeggiato già quarantasei anni di matrimonio.Sono passati in fretta, con le inevitabili difficoltà delle salite che affrontano tutti quelli che hanno voluto la bicicletta…ma a differenza di altri, ecco, il nostro per fortuna è un tandem.
Abbiamo condiviso la casa, spesso il parrucchiere, il conto in banca, i mutui, le gioie, l’orgoglio e le preoccupazioni per i figli, l’amore per nostro nipote, la tenerezza per gli animali che hanno fatto parte della nostra famiglia, l’attenzione per le persone care, i restauri e i traslochi, il calcio giocato e seguito,il piacere del cibo , dei viaggi, della vita, la reciproca ansiosa attenzione verso i nostri rispettivi malanni.
A volte ho persino l’impressione che stiano finendo col piacerci le stesse cose, che i nostri interessi, partiti da direzioni tanto lontane, stiano convergendo e che le differenze relative ai nostri gusti personali stiano attenuandosi.
Sono stata la prima a prendere lezioni di golf, ma mentre io l’ho subito abbandonato, prima ancora che si trasformasse in un hobby, per mio marito è diventata un’evasione in mezzo al verde, più che un esercizio fisico, che lo appaga per tutto il resto della settimana.
Lo pratica da molti anni con un compagno che come lui, non ha bisogno di misurarsi nelle gare per divertirsi, quindi le loro performance sono diventati incontri del terzo tipo con lepri e fagiani, un bird watching occasionale, lunghe passeggiate a seguito del” pic e pac” di rigore con la paletta, discorrendo di chissà che cosa. Hanno sempre qualcosa da raccontarsi. Saranno cose da uomini.
Sono sempre stata una lettrice insaziabile , una vera divoratrice di romanzi. A volte arrivo anche a leggerne due contemporaneamente. Se quello che ho iniziato non è abbastanza interessante, smetto di leggerlo per un po’, né iniziò un altro e poi lo riprendo di tanto in tanto (perché non sia mai che lasci un libro a metà ) così distrarmi con la lettura di quello più appassionante mi aiuta ad arrivare alla fine di entrambi.
Da ragazzo mio marito leggeva veramente pochissimo ( e questo è un eufemismo). Divorava due quotidiani, un settimanale sportivo, un mensile di viaggi e occasionalmente uno di automobilismo è un po’ più avanti anche più di un giornale finanziario, ma non sceglieva mai un romanzo. Lo prendevo in giro dicendogli che se mai un libraio gli avesse offerto un libro, avrebbe risposto: “No grazie, ne ho già uno.”
Da qualche anno invece si è divorato tutto quello che ha trovato nelle nostre librerie e aspetta con ansia che io finisca il romanzo che sto leggendo per appropriarsene, quando non è lui che compra e sfoglia per primo un libro dei ” nostri” autori preferiti. Perché ci piacciono anche gli stessi romanzi, ormai.
Ma non lasciatevi trarre in inganno da questa nostra specie di simbiosi. Come i francesi anche noi siamo per il motto “Vive la difference “!
……………………………..
Buon Natale, amore mio
Lino
Da “I tempi andati e i tempi di cottura (con qualche divagazione)”
Chi c’era se lo ricorda: gli anni ’70 sono stati anni di trasgressione e libertà, dei jeans a campana, delle Brigate Rosse, del Watergate, il referendum sul divorzio, il terremoto del Friuli, l’elezione di Giovanni Paolo II, la Disco Music, gli anni di piombo durante i quali si indossavano i Ray Ban e ci si vestiva come gli Inti Illimani, anni che hanno decretato l’inizio della crisi energetica.
E mentre gli americani finalmente si ritiravano dal Vietnam, noi Italiani circolavamo a targhe alterne e la domenica andavamo a piedi.
L’inflazione galoppava come un purosangue ad Ascot, al ritmo della colonna sonora di Happy Days e l’aumento del prezzo del petrolio deciso dall’OPEC ebbe come risultato il razionamento del carburante.
Mi sa che ne’ Lino ne’ io saremo mai ricordati per la nostra tempestività . Proprio nell’estate del ’79 decidemmo di passare le vacanze in Sicilia: l’avremmo raggiunta con la nostra Golf Diesel.
Ancora non so come sono riuscita , presentandomi in “500 L”, a farmi riempire dai benzinai di quattro diversi distributori della Z.A.I. quattro taniche di gasolio razionato.
Probabilmente un po’ pietendo è un po’ civettando.
Al momento della partenza abbiamo stivato le taniche nel bagagliaio con sopra qualche borsone. Tra la nonna e Simone, sul sedile posteriore, ci abbiamo fatto stare una valigia morbida, un’altra sotto i suoi piedini è una terza più piccola sul tappetino davanti a me, su cui appoggiavo i polpacci.
Siamo partiti la sera, dopo una cena anticipata e veloce, per poter viaggiare con il fresco della notte- mica c’era il climatizzatore sulla nostra Golf allora!- e arrivare in mattinata a Villa San Giovanni, dove ci saremmo imbarcati sul “ferri botte” per Messina.
A causa della mancanza di carburante, i distributori erano chiusi perfino in Autostrada e nelle Aree di servizio c’erano lunghe file di TIR in attesa dei probabili rifornimenti alle pompe del mattino successivo. Durante la notte abbiamo rabboccato il serbatoio un paio di volte ai margini di queste Aree, dove c’era un po’ di luce, terrorizzati di svegliare i camionisti, essere scoperti e venire come minimo insultati, se non rapinati del nostro gasolio.
Siamo comunque miracolosamente arrivati a destinazione senza essere tamponati – col rischio di esplodere a causa delle taniche nel bagagliaio. – ne’ malmenati da nerboruti ed esasperati autotrasportatori.
Era l’anno in cui Gloria Gaynor cantava “I will survive” e mi sa che faceva parte del coro anche il nostro Angelo Custode!
A Giardini Naxos il Dott. Armando Sicoli, un mio collega Collaboratore Scientifico di Messina, ci aveva trovato in affitto un appartamento fronte mare, con un balcone da cui si godeva di una vista mozzafiato su Taormina, Castel Mola e il lido “La Romantica” , regno del bagnino Salvatore: indigeno bruno, ricciuto, muscoloso, abbronzatissimo e galante. L’abbiamo rivisto di sfuggita nel ’94, ancora atteggiato a Signore della Spiaggia, ingrigito ma riconoscibilissimo.
Il proprietario del nostro appartamento -cieco pensate, non orbo, ma proprio cieco- possedeva anche un ristorante con un piccolo dehors di fronte alla spiaggia e cucinava personalmente e divinamente arancini di riso, caponata di melanzane, spaghetti con la mollica, sarde a beccafico, spado in salmoriglio, braciolette di tonno e anche la pizza.
Quell’anno abbiamo visitato gran parte della Sicilia Orientale, siamo saliti sull’Etna, ammirato a Siracusa la Fonte Aretusa e le Latomie, fatto escursioni nei vari “Aci” lungo la costa, passeggiato per Taormina, comprato litri di vino di mandorle e rischiato la dipendenza dalle granite di gelso di Lettojanni, dove c’erano il Ciccio e la Graziella, che già allora ci sembravano dei temerari perché avevano il camper. O forse a quell’epoca la roulotte, ma per noi erano comunque scelte di vacanza assolutamente azzardate e avventurose.
Per quanto riguarda i dolci conoscevamo già i pasticcini di mandorle e canditi, la frutta martorana, la cassata e i cannoli, ma durante quella vacanza abbiamo scoperto e assaggiato con grandissima soddisfazione la Pignolata , il Bianco mangiare , la torta Gianduja con le nocciole e il Gelu i muluni
Si, c’era l’Austerity, ma pareva che la Sicilia ne fosse immune, mentre l’omertà era presente un po’ ovunque. Un giorno avevamo programmato di visitare le Gole dell’Alcantara, ma probabilmente ad un certo punto dobbiamo aver sbagliato strada perchè ci siamo ritrovati in un piccolissimo agglomerato di case e ovili dove abbiamo chiesto ad un tale di età indefinibile, in gilè nero e coppola regolamentare (non posso dire se stesse suonando anche uno schiacciapensieri ma potrebbe essere) se quella era la strada giusta, ma la risposta è stata semplicemente uno schiocco delle labbra accompagnato da uno scatto del mento verso l’alto. E non gli abbiamo cavato altro.
Alla fine le abbiamo raggiunte comunque le Gole, anche senza le indicazioni dei locali, ma solo perché io sono una medium.
Anzi no, ero una medium….adesso sono una extra large.
BRACIOLETTE DI TONNO
400 gr di tonno a fettine, 50 gr pecorino grattugiato, 150 gr di pangrattato, 1 cucchiaio di capperi sotto sale,1 ciuffo di prezzemolo, 1 cucchiaino di origano secco, 2 alici sotto sale, 1 cucchiaio di pinoli, 1 cucchiaio di uvette, olio,sale e pepe.
Mescolo insieme in una ciotola il pangrattato ( tenendone da parte un paio di cucchiaiate), il prezzemolo tritato, le alici e i capperi dissalati e tritati, il formaggio, i pinoli, le uvette ammollate in acqua tiepida e l’origano.
Aggiungo l’olio e distribuisco questo composto sulle fettine di tonno ben battute, le arrotolo come degli involtini, le fermo con gli stuzzicadenti e le accomodo sul fondo di una pirofila leggermente unta.
Salo appena,condisco con abbondante pepe,cospargo col pangrattato e irroro d’olio.Inforno a 200 gradi per 10-12 minuti.
SUGO ALLA MOLLICA
75 gr di pangrattato,2 dl abbondanti di olio,10-12 filetti di alici sott’olio, 2 spicchi di aglio, 1 peperoncino piccante intero.
Prima di tutto faccio tostare il pane in un largo tegame perché si asciughi bene e lo metto da parte.
Nello stesso tegame verso l’olio, aggiungo l’aglio schiacciato e il peperoncino. Li faccio imbiondire e poi fumare appena, li tolgo e aggiungo le alici sgocciolate e ridotte a crema. Mescolo brevemente, aggiungo il pangrattato e condisco della pasta scolata al dente.
GELU I MULUNI
1 kg di polpa d’anguria privata dei semi, 200 gr di zucchero, 100 gr di maizena, 2 cucchiai di acqua di fiori d’arancio.
Frullo la polpa d’anguria ( U muluni appunto) e la verso in un tegame con lo zucchero, la maizena e l’acqua di fiori d’arancio.
Faccio addensare questo composto a fuoco basso, rigirandolo con un mestolo di legno attenta a non farlo attaccare, per una quindicina di minuti.
Lo verso poi in stampini da creme caramel e li faccio raffreddare in frigo.
Quando sforno questi freschissimi semifreddi sui piattini da dessert, mi piace decorarli con alcune di quelle gocce di cioccolato fondente che assomigliano ai semini di anguria.

Copyright by Pennino
da “I tempi andati e i tempi di cottura (con qualche divagazione)”

Un po’ come le briciole che riportarono a casa Pollicino,soprattutto quando organizzo una cena,chiamiamola formale, i miei piatti sono un susseguirsi di ingredienti e sapori che danno loro un carattere,un senso,un gusto particolare e riconoscibile che in un certo qual modo cerca di condurti da qualche parte: verso un angolo della memoria, tipo un giardino di Sorrento che profuma di zagare e limoni, una terrazza sul mare in Costa Azzurra che odora di erbe Provenzali, un Taco Bell in California con l’aroma pungente di Chipote, da Giggi Er Sozzone al Testaccio dove la cucina è vicina alla toilette….ma qui passerei oltre. In generale, sono tutti ricordi ed emozioni che si possono mettere in tavola.
C’è chi le chiama cene a tema, ma io non sarei tanto generica e qualunquista. Insomma non è che a settembre mi metto in mente di fare dei funghi la colonna sonora prevedibile e scontata di un menù a base di ovoli,porcini,finferli e chiodini.
Si può fare,certo,e sarebbe senz’altro tutto squisito…. ma che noia! La mia amica Melina avrebbe detto di sicuro: “Mi scoccio!” dovendo cucinare cose così banali.Tanto vale fare una gita sulle Dolomiti,dove i funghi li fanno benissimo dappertutto e risparmiarsi la fatica.
Insomma quello che voglio dire è che mi piace – e vorrei che finisse col piacere anche a voi, così ne possiamo parlare quando avrò un blog – lavorare intorno a un’idea e svilupparla con fantasia.
Dunque,il tema di una cena di settembre non saranno i funghi e morta lì,ma una gustosa rievocazione di una gita al lago di Carezza,di una passeggiata in pineta a Folgaria,della vista delle Tre Cime di Lavaredo.Capito cosa intendo?
Quindi comincerei col servire un’insalatina di porcini e mele,seguita da maltagliati con pinoli e formaggio di malga,involtini di maiale al ginepro e un gelato alla nocciola con del miele di castagno. Che ne dite?
Adesso non è che per forza vi dovete intestardire su ricette dell’Alto Adige, ma era solo un’idea per mettere in tavola il sapore di un ricordo e condividerlo.
E poiché i ricordi sono come le ciliegie e uno tira l’altro, mi è venuta in mente un’esperienza piuttosto recente vissuta proprio in Trentino.
La regina Vittoria, sovrana molto illuminata, con grande liberalità diceva che “Ognuno può fare quello che vuole, basta che non lo faccia per strada e non spaventi i cavalli”.
Trovo che sia un grande pensiero, di cui avrebbe dovuto tener conto un certo ristoratore, con velleità alberghiere, al quale una Stella Michelin e un trofeo televisivo hanno un po’ dato alla testa,tanto da indurlo ad aprire un Hotel che credo sia il Relais più kitsch delle Tre Venezie ,nonostante le sue 5 Stelle Lusso.
Si tratta di un piccolo Albergo a ridosso di un bellissimo bosco,che vanta lussuosissime suite sontuosamente arredate,ricche di incredibili optional,tipo soffitti di cristallo che ti consentono di guardare le stelle,ampia zona Jacuzzi,biblioteca ben fornita e raccolta di film e CD notevole,oltre a proporre una squisita cena gourmet servita in camera e un massaggio con oli essenziali da eseguire a lume di candela,inclusi nel pacchetto.
Detto così sembra suggestivo vero? Ci avevamo creduto anche noi quando l’abbiamo prenotato l’anno scorso a fine Agosto,dopo che da un pezzo davo il tormento a mio marito per indurlo a passare un weekend in Trentino.
Quando ci siamo decisi,abbiamo scelto la Val di Non un po’ perché è vicina e un po’ perché ci intrigava quello che avevamo letto di questo Hotel.
In realtà la vantata Villa e il Ristorante sorgono in una viuzza decentrata, accanto a piccoli condomini di appartamenti da affittare e casette a due piani decorate col bucato steso ad asciugare, con biciclette e altri giochi per bambini abbandonati in giardinetti mal tenuti. Un quartiere modesto,poco in linea con la ricerca del lusso e raffinatezza inseguita dai proprietari dell’hotel
Il “benessere” era affidato ad un estetista molto dolce ma un po’ improvvisato e mentre Lino si godeva lo splendido Golf Club Dolomiti,per il mio massaggio, anziché rilassarci in camera, sono dovuta scendere in accappatoio al Centro estetico del sotterraneo, dove faceva anche freddino.
Il menù del famoso Ristorante il giorno successivo si è rivelato privo di grandi possibilità di scelta per noi, che avendo goduto la sera precedente della luculliana degustazione compresa nella proposta “Romantica”, in pratica avevamo già assaggiato tutti i piatti più significativi durante una cena servita nella suite e durata un po’ troppo a causa della lentezza del servizio.Abbiamo scelto comunque due proposte abbastanza interessanti, ma non certo indimenticabili ,che ci sono state servite con sussiego e una certa diffidenza dall’arcigna madre del già citato chef, mentre i vini ci venivano consigliati dal gemello sommelier.
Non ho niente contro le conduzioni familiari ,anzi a volte sono proprio vincenti , ma le preferisco meno pretenziose e decisamente meno salate di quella, a mio avviso sopravvalutata, dell’Orso Grigio (Villa e Ristorante). Peccato però , perché le intenzioni erano buone, ma mancava forse quel pizzico di classe, di esperienza e di eleganza che avrebbero fatto la differenza.
INSALATINA DI PORCINI E MELE
300gr di funghi porcini- 2 mele Granny Smith,1 cipollotto,1 gambo di sedano,aglio e prezzemolo,1/2 bicchiere di latte,succo di limone,olio,sale e pepe.
Pulisco benissimo i funghi porcini- che ho scelto con cura dal Mariano- e li affetto. Poi affetto anche il cipollotto e lo metto a bagno nel latte.
Intanto trito insieme il prezzemolo ,il sedano e l’aglio(io ne metto appena una scaglietta, ma se ne può utilizzare anche mezzo spicchio : va a gusti.)
Lavo e sbuccio le mele, le affetto sottili sottili e le spruzzo con il succo del limone perché non anneriscano.
Poi comincio ad assemblare l’insalata ,direttamente nei piatti individuali così non c’è da mescolare e non si corre il rischio di frantumare sia i funghi che le mele.
Dunque, faccio uno strato di fettine di mela, sopra appoggio qualche rondellina di cipollotto scolato dal latte e tamponato con la carta da cucina e sopra ancora distribuisco i porcini.Preparo una citronette classica ma non troppo acida e la miscelo al composto di aglio,sedano e prezzemolo.
Condisco con questa salsina le insalatine e le servo come antipastino….Ma che carino!
INVOLTINI AL GINEPRO
12 fettine sottili di lonza di maiale,150 gr di polpa di maiale macinata, 1 salsiccia, 100 gr di prosciutto cotto a cubetti, bacche di ginepro, 1 rametto di rosmarino, qualche foglia di salvia,olio e burro,sale e pepe, poca farina, 1 bicchierino di gin.
Pesto nel mortaio qualche bacca di ginepro, diciamo 5 o 6 e le mescolo agli aghi di rosmarino tritati,poi unisco il macinato, la salsiccia spellata e i cubetti di prosciutto.
Suddivido questo composto sulle fettine di lonza,le chiudo a involtino e le fermo con uno stuzzicadenti.
Le infarino leggermente ,poi le cuocio in olio e burro con la salvia.
Verso la fine della cottura le spruzzo con il gin e lo lascio evaporare.
Prima di portarle in tavola ,elimino gli stuzzicadenti.
Se non siete patiti del Cocktail Martini, non state a fare spese in più. Se in casa non avete il Gin,usate pure della buona grappa:vengono bene comunque ed hanno una rustica ed apprezzabile aria montanara.

Copyright by Pennino
da “I tempi andati e i tempi di cottura con qualche divagazione”
Nel 1985 sono andata per la prima volta negli Stati Uniti
Sognavo di riuscirci fin da bambina , da quando, verso la metà degli anni Cinquanta, nel nostro quartiere abitavano le famiglie dei militari della SETAF di stanza alla caserma Passalacqua e io subivo il fascino esotico di Cadillac, Chevrolet, Buick ,Ford, sconfinate Station Wagon, biciclette super accessoriate, abiti con le sottogonne, guantoni da baseball e ragazzine che sembravano tutte figlie di Doris Day.
Sono tornata negli Stati Uniti altre dodici volte e restano sempre una delle mie mete preferite.
Contrariamente alla maggioranza dei miei coetanei o quasi- tanto per stabilire un punto fisso generazionale vi ricordo che sono del ’47 – non ho mai associato l’idea di “America” a New York.
Per me l’America è la California. Lo è sempre stata. In fondo sono venuta su a pane e Hollywood, data la professione del mio papà e la mia idea di America è sempre stata la West Coast, senza ripensamenti.
Ormai adesso tutti fanno viaggi intercontinentali con molta facilità , spesso a costi competitivi ed estremamente ragionevoli e poi internet – a saperlo usare – ti da’ la possibilità di prenotare voli e alberghi senza passare dalle Agenzie Viaggi e ti consente di accedere sia tour virtuali che a tariffe scontate, ma negli anni Ottanta era tutto un po’ più complicato e molto più avventuroso.
Noi eravamo tra pochi a non scegliere i viaggi organizzati, ne’ allora ne’ mai, anzi proprio “vade retro”!
Per affrontare quel primo viaggio mi ero procurata il maggior numero possibile di depliant e tutte le brochure che ero riuscita a racimolare e sera dopo sera, creavo il mio itinerario, lo modificavo, lo ampliavo o lo riducevo tenendo conto dei desideri e delle esigenze degli altri partecipanti alla nostra avventura, delle mete da raggiungere, dei luoghi da visitare, del chilometraggio giornaliero-anzi del “mileage”- e degli orari dei “domestic flies”, se previsti.
A questo punto ero pronta a confrontarmi vis-à- vis col mio referente dell’Agenzia Viaggi, che alla fine mi consegnava i biglietti aerei, la ricevuta dell’Autonoleggio, il blocchetto di Voucher dei Travelodge e le prenotazioni pre-pagate degli Hotel nelle grandi città, le metropoli, dove non puoi mica dormire nei Motel ,scherziamo?
Il più era fatto , praticamente si poteva partire. Immaginare e comporre come un mosaico quella prima avventura Americana è stato bellissimo. E anche un po’ pionieristico. Quante aspettative, quante illusioni ,quanta eccitazione, quante speranze!
Sono emozioni che riesco a provare ancora, anche adesso che sono cintura nera di viaggi in U.S.A.
Pensate: ogni volta che sbarco a Los Angeles mi manca il fiato.Lo so ,probabilmente non dipende dall’emozione ma piuttosto dal monossido di carbonio presente nell’aria ma, che vi devo dire, per me è sempre una sensazione fantastica.
Sono affetta da una memoria di ferro,che a volte è proprio una maledizione perché non dimentico proprio niente e non riuscendo ad essere selettiva, purtroppo spesso vengo assalita da reminiscenze anche sgradevoli, ma nel complesso riesco a ripescare e rivivere momenti che vale proprio la pena di ricordare.
Di quel primo viaggio in America, il più classico dei cosiddetti Coast to Coast (Los Angeles-San Diego-Las Vegas-Parco delle Sequoia-Monterey-San Francisco-New York) non ho buttato via niente ,nemmeno fisicamente,anche se ho dovuto ridurre la quantità di ricordi cartacei perché entrassero nell’album delle memorabilia,album con poche foto ma tutte le matrici degli ingressi ai Parchi,gli scontrini di Macy’s e di Saks Fifth Avenue, i tovagliolini di carta col logo dei Fast Food- che non erano ancora arrivati in Italia- e perfino le Guide TV. E sono solo degli esempi.
Quello che non sono riuscita a mettere nell’album me lo ricordo comunque:Aldo che si gonfiava, la Fanou che preferiva la “piscine” alla Seventeen Miles Drive, la Melodie che si annoiava a See Word, la felicità di Simone che ha passato il decimo compleanno dentro il Toys “R” Us di Visalia, il mio primo pranzo a base di insalata al Blue Bayou di Disneyland.
Ho vissuto quelle prime tre indimenticabili settimane negli Stati Uniti anche come esperienza culinaria, mentre mio marito si è cibato praticamente solo di New York steak, qualche T-Bone steak e baked potatoes.Solo occasionalmente si è adattato all’assunzione di un sandwich, rigorosamente al prosciutto,ignorando le zuppe e le insalate.
In fatto di cibo era sempre stato molto abitudinario e anche un pochino diffidente.Adesso è cambiato, ampliando enormemente i suoi orizzonti culinari e oggi appoggia con fervore molte specialità gastronomiche prima disdegnate, anche Statunitensi.
Dovreste sentirlo in America, come ordina ormai con disinvoltura e senza grossi errori di pronuncia, Clam chowder,Prime Rib, Pancake,Sea food,Hashbrown e soprattutto steamed,baked o broiled Lobster, il tutto con l’entusiasmo del neofita che è uscito dal tunnel della falsa convinzione che gli Americani mangino solo Hamburger e Hot Dog.
CLAM CHOWDER
(Le dosi sono a tazze perché la ricetta è quella originale)
2 confezioni di vongole surgelate sgusciate, 6 tazze di acqua, 1/2 tazza di bacon tritato grossolanamente, 1 tazza e 1/2 di cipolle bianche tritate, 2 tazze e 1/2 di patate a cubetti, 2 tazze di latte tiepido, 1 confezione di panna da cucina, 1 foglia di alloro, sale e pepe bianco , prezzemolo tritato.
Faccio scongelare le vongole,quelle veraci quando le trovo, filtro il liquido che si è formato nel sacchetto e lo tengo da parte. Sciacquo le vongole e le conservo a temperatura ambiente.
In una casseruola piuttosto grande faccio rosolare il bacon a fuoco basso finché non rilascia tutto il suo grasso e comincia ad abbrustolire ed è allora che aggiungo le cipolle e le faccio cuocere salando appena e mescolando spesso perché diventino morbide ma non colorite.
Unisco il liquido delle vongole, le patate, l’alloro e l’acqua e dopo una decina di minuti aggiungo le vongole e continuo la cottura per una mezz’oretta :le patate devono essere morbide. Verso il latte e la panna e aspetto che la zuppa riprenda il bollore mescolando di tanto in tanto con delicatezza, abbasso la fiamma e faccio cuocere altri dieci minuti.
Elimino l’alloro (non vorrei mai che qualche commensale mangiasse la foglia e poi scoprisse la ricetta!) e la clam chowder è pronta.Regolo di sale e pepe la porto in tavola.
Mi piace servirla in ciotole individuali, cosparsa di prezzemolo tritato e accompagnata dai cracker all’acqua,proprio come fanno nel New England. E anche in tutto il resto degli Stati Uniti per la verità.
CAESAR SALAD
Lattuga romana, 1 spicchio d’aglio,2 cucchiai di succo di limone, 1 cucchiaio di salsa Worcestershire, 1 cucchiaio di senape, 3 cucchiai di panna da cucina, 1 tazzina di olio d’oliva, sale e pepe, parmigiano a scaglie, filetti di alici sott’olio,crostini fritti.
Riduco a crema l’aglio e lo lavoro con la senape, il succo di limone e la Worcester .Un po’ alla volta unisco la panna e l’olio, salo e ottengo un’emulsione ben montata con la quale condisco la lattuga prima lavata e poi spezzettata con le mani.
Mescolo delicatamente e poi cospargo di pepe nero appena grattugiato e di scaglie di parmigiano.
Completo con i filetti d’acciuga e un cucchiaio di crostini e l’insalata e’ pronta.
Negli Stati Uniti la propongono come entree prima del Main course, ma diventa un piatto unico a pranzo se si arricchisce con un petto di pollo alla griglia tagliato a listarelle , oppure con una tazza di gamberetti al vapore.
La panna e’ una variante che preferisco all’uovo crudo o in camicia che spesso si trova nelle ricette originali e che crea una specie di maionese: se volete provate anche questa versione, ma come la faccio io è proprio buona.

Copyright by Pennino

Prefazione
Questo non è un libro di ricette o di consigli dietetici, ne’ un saggio gastronomico.
Quindi, se cercate delle vere ricette, non cominciate nemmeno a leggere ma compratevi “Il Cucchiaio d’argento” o abbonatevi
a “La Cucina Italiana”.Oppure andate dal vostro Medico di Base.
Vi confermo inoltre di non essere in grado di dare consigli dietetici che implichino la capacità di utilizzare ingredienti poco calorici:
sotto casa mia staziona permanentemente un picchetto di Weight Watchers.
Nell’elaborazione di un saggio infine , sono necessari rigore e precisione, dunque questo è piuttosto un as-saggio! Assaggio di
divertissement culinari, episodi e ricordi buffi o malinconici, insomma momenti di vita da condividere con chi, come me, vive,viaggia,
cucina e mangia facendo tesoro delle esperienze, almeno nelle intenzioni.
Se l’idea non vi piace o cercate qualcosa di diverso, scusate se ho pensato a voi, magari preferivate “Le ricette di Suor Germana”.
Se invece decidete di andare avanti nella lettura, non aspettate di ritrovare con facilità le ricette che vi hanno intrigato o incuriosito:
Sono sparse qua e la’ secondo un mio personale criterio di archiviazione.
Intendo dire che non esiste un raggruppamento di Primi piatti,Secondi di carne o pesce e Dessert.Non l’ho proprio previsto.
Quindi ,se vi venisse in mente di provare una ricetta specifica, dovrete sfogliare tutto il malloppo.
Prendere o lasciare.
Infine, essendo solo io autore, impaginatore,grafico,correttore di bozze ed editore, vi sarà facile perdonare gli errori fatti involontariamente, in un’unica soluzione.

Copyright by Pennino
Da poco il cielo ha un nuovo Angelo, salito troppo presto per chi è rimasto, ma chiamato a donare tutto il suo splendore, la bellezza e il fascino della figura, la gentilezza dei modi, la bontà dell’animo e la grande abilità di cuoca.
Sofisticata e delicata, attenta, tradizionale e innovativa, Silva diceva che preparare un pasto era per lei fonte di gioia e soddisfazione.
La cucina era evasione e divertimento, un modo per esprimere affetto, amicizia ,devozione, per ricreare atmosfere speciali da non dimenticare o coinvolgere in una golosa scoperta le persone care.
Così cucina un Angelo.

I miei figli ed io abbiamo immaginato che tutti coloro che hanno frequentato il suo blog o l’hanno incontrata su Facebook, e tutti quelli che in futuro lo faranno, potrebbero aver piacere di conoscere più a fondo questa donna meravigliosa che abbiamo avuto la fortuna di avere con noi.
Silva ha scritto tre libri bellissimi, un altro era in preparazione, diversi tra loro per sentimenti e contenuti, introspettivi e pieni di ricordi, sempre ricchi di vita vissuta.
Ecco, noi desideriamo, in suo onore e ricordo, condividere con voi questi libri che esprimono quello che Silva era e mettono in luce la sua bravura e sensibilità di scrittrice e di cuoca, regina della tavola e dei cuori, maestra di vita e di passioni.
Questo è un blog di cucina e Silva vorrebbe essere ricordata come grande amica Foodblogger, amata da tutti in un gioco iniziato per caso ma finito prima che la sua anima dolce potesse dare tutto il bene e l’amore che aveva dentro.
Cosa direbbe Silva con il suo stile inconfondibile?
“Avviso ai naviganti! Le ricette non sono finite!”
Appuntamento alle prossime settimane
Lino,Lisa,Simone
Dico spesso che per me l’America è la California, dove siamo stati un numero maggiore di volte rispetto agli altri Stati che abbiamo visitato.
È in realtà un luogo nel quale mi piacerebbe vivere, dove ho più volte abitato in piccoli appartamenti e ho potuto cucinare, fare la spesa, frequentare i locali nei dintorni, fare shopping e perfino andare dal parrucchiere.
Anche l’accento e l’intonazione dell’American-English californiano mi sono più familiari rispetto a quelli di altre zone, come il Nord-Est per esempio, il perché è spiegato nel primo capitolo del mio libro U.S.A. e Jet ed è realistico e divertente.
Ma anche la Florida può dare grandi emozioni con i suoi tramonti e i suoi cieli tormentati, le spiagge, la suggestione caraibica, il clima vacanziero e rilassato che attira sia le persone della terza età che i giovani, le occasioni di divertimento varie e differenziate, adatte a tutti i gusti e alle caratteristiche personali. Perché la Florida non è solo Miami, ma per fortuna è anche Miami.
È anche Key West, il punto più meridionale degli Stati Uniti.

È Daytona Beach, dove percorri la spiaggia in auto
KEY LIME PIE
Specialità di Key West
Per la crosta. 150 gr. di biscotti tipo Digestive frullati
70 gr. di burro fuso
1. cucchiaino di zucchero
Per il ripieno 4 tuorli
I scatola di latte condensato zuccherato
125 ml di succo di lime
buccia di lime grattugiata finemente
Si mescolano con cura biscotti, burro e zucchero e si comprime il composto sul fondo e le pareti di una tortiera a cerniera imburrata.
Si inforna a 180 gradi per 10 minuti.
Intanto si incorporano i tuorli al latte condensato e si diluisce con il succo di lime, si unisce la buccia grattugiata, si mescola con cura e si versa nella tortiera sul guscio di biscotti.
Si inforna ancora per 15 minuti, poi si lascia raffreddare e si mette in frigo fino al momento di servire.
La mia ricetta è differente: utilizza gli albumi anziché i tuorli,non passa in forno e si mette in freezer e non in frigo, ma questa viene
dal ristorante Nine One Five di Key West e magari li ne sanno più di me.
Entrambe comunque si servono con ciuffi di panna montata leggermente zuccherata.
Questa ricetta è tratta dal libro “U.S.A e JET. ovvero come sopravvivere ai viaggi fai da te in America ” scritto da Silva Avanzi
Rigobello
È stata da me trascritta a corredo dell’articolo non potuto completare dalla mia adorata moglie
Lino Avanzi

Non è che a me la Grande Mela piaccia poi così tanto.
Però ammetto che va comunque visitata e una sola volta non basta, perché New York City ha in sé molte cose da ricordare, siano storie reali o racconti di fantasia.
Mi spiego: quello che a me è veramente piaciuto, visto che sono una gran patita dei film datati, è stato scoprire per esempio che Manhattan è un luogo perfetto dove ritrovare le scene di molti film famosi.
La seconda volta che ci siamo andati, è stata una specie di pellegrinaggio: ho cercato quanti più luoghi possibile mi ricordassero i set di alcuni dei film che mi erano piaciuti.
È stato un modo come un altro per visitare una città così complessa e complicata nonostante il semplicissimo assetto urbano a griglia di Streets e Avenues.
Vorrei che mi accompagnaste in questo tour, dove strade, grattacieli, ponti e negozi hanno qualcosa da raccontare.
L’edificio di granito e pietra calcarea Art Deco le cui porte in acciaio sono sovrastate dalla statua in bronzo di Atlante che ospita il negozio di Tiffany & Co. si trova all’angolo tra la 57th Street e Fifth Avenue, anche se ogni tassista vi ci saprebbe portare senza l’indicazione dell’indirizzo.

Davanti alle sue straordinarie vetrine, ha sognato l’indimenticabile Audrey Hepburn accanto a George Peppard in Colazione da Tiffany.
Mi sono seduta su quella che è considerata la panchina di Woody Allen, a Sutton Place con vista sul Queensboro Bridge, la stessa che appare nella locandina in bianco e nero del celebre film del 1979 Manhattan, con Woody Allen e Diane Keaton.

L’attore-regista è riuscito comunque ad inserire molti angoli significativi della sua città in quasi tutti i suoi film.
Sono entrata nella bellissima Libreria Rizzoli dopo però che si era già trasferita dal prestigioso indirizzo al 912 Fifth Avenue dove era avvenuto l’incontro-scontro con relativo scambio di libri tra Merryl Streep e Robert De Niro nel film Innamorarsi, al n.31 West della 57th, in una storica town house a pochi passi da Central Park e dalla zona dello shopping newyorkese.

Il famosissimo bookstore è stato riallestito, utilizzando i medesimi materiali e un’analoga disposizione interna, ma proprio a luglio di quest’anno ha cambiato nuovamente sede ed ora aprirà fra Broadway e la 26ma strada, in un palazzo del 1896 capace di ospitare anche eventi, presentazioni, mostre e concerti, mentre la storica sede sulla 57esima strada, sta per cedere il posto a un grattacielo.
Però il grattacielo più famoso di New York è senz’altro l’Empire State Building, al n.350 di Fifth Avenue e vi assicuro che il panorama da lì vale il costo del biglietto.
Dalla terrazza dell’ottantaseiesimo piano si vede la città a 360 gradi e, in giornate particolarmente limpide, anche i quattro stati confinanti: Massachusetts, Connecticut, New Jersey e Pennsylvania.

Il Cinema l’ha reso famoso prima con King Kong e poi con numerosi film tra cui Un amore splendido con Deborah Kerr e Cary Grant, il suo remake Love affair con Warren Beatty e Annette Bening e Insonnia d’amore con Tom Hanks e Meg Ryan.
Sono entrata nella hall del maestoso hotel Waldorf-Astoria al 301 di Park Avenue, come Jack Lemmon e Sandy Dennis nel film del 1970 Un provinciale a New York dove sono stati informati che la loro prenotazione, assicurata solo se si arriva prima delle 22.00, è stata cancellata e l’hotel è al completo, dando inizio ad una serie infinita di peripezie.

Il Waldorf-Astoria ha ospitato nel 1988 anche il re di Zamunda, interpretato da James Earl Jones, il seguito e la sua famiglia nel film Il Principe cerca moglie con Eddie Murphy.
Ho visto anche l’interno del maestoso e lussuosissimo hotel-icona The Plaza al 768 di Fifth Avenue, prima del recente riammodernamento, che si affaccia su Central Park, dove gli indimenticabili Jane Fonda e Robert Redford hanno trascorso i cinque giorni della loro luna di miele nel film A piedi nudi nel Parco del 1967.

Nei panni dell’intraprendente Kevin Mc Callister, anche Macaulay Culkin alloggia al Plaza usando la Carta di Credito del padre nel sequel del 1992 di Mamma ho perso l’aereo.
Ma fra tutti, il posto che mi ha emozionato di più si trova al 590 di Lexington Avenue, dove nel 1955 fotografi e curiosi scattavano foto della scena che diventerà famosa, verrà citata e parodiata innumerevoli volte fino a diventare un’icona del cinema del XX secolo: la scena in cui, all’uscita da una sala cinematografica, su una griglia di aerazione, la gonna dell’abito bianco di Marilyn Monroe viene sollevata vorticosamente dallo spostamento d’aria provocato dal passaggio di un treno della metropolitana.

La scena fu girata come trailer del film Quando la moglie è in vacanza, mentre quella che si vede al cinema fu girata in studio a Hollywood.
Infine, per fare uno spuntino “il posto” è il Katz’s Deli, al 205 di East Houston nel Lower East Side, dove in Harry ti presento Sally del 1989, Meg Ryan simula un orgasmo seduta a un tavolo di fronte a Billy Crystal.
Scrivo questa lettera per tutti coloro che hanno apprezzato gli scritti e le ricette della mia adorata Silva, donna eccezionale, dolce sposa e unico mio grande amore.
Silva si è addormentata improvvisamente ieri notte lasciandoci soli con il nostro grande dolore.
Avrebbe voluto continuare il dialogo con voi che per tanto tempo avete riempito le sue giornate, e aveva ancora tante cose da dirvi e da raccontarvi perché era piena di gioia di vivere, di amore ed aveva grande talento in cucina.
Io le dicevo sempre che non volevo andare al ristorante perché mangiavo meglio a casa mia ed era vero, ma tutte le sue esperienze di vita sono state fantastiche, nel lavoro, in famiglia e adesso con voi.
So che molti di voi le volevano bene, anche lei voleva bene a voi e questo hobby era diventato un motivo di grosso impegno, di grande ricerca, di ritrovo di ricordi di vita e di cucina.
Non lasciatela ora, continuate a seguire quello che ha fatto, nel suo ricordo.
Troverete ancora qualche ricetta nei prossimi giorni, le aveva preparate da tempo e io le pubblicherò.
Poi se troverò il coraggio e la forza vi invierò anche tutto quello che troverò nei sui libri e nei suoi ricordi.
Grazie per quello le avete dato con i vostri commenti, il vostro gradimento e il vostro continuo seguito.
Lei vi saluta così, infinitamente bella, sorridente con il cuore pieno di gioia.
Lino