Mica pizza e fichi…

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E invece sì, proprio pizza e fichi. E l’abbinamento è di una bontà unica.
Naturalmente per questo piatto dovete sentirvi audaci e avventurosi, perché ha un gusto deciso ed esce dai soliti schemi.
Se siete interessati (e non ve ne pentirete) vi racconto come faccio la mia personale versione di “pizza e fichi”.

Preparo velocemente con la punta delle dita una pasta brisè con 200 gr di farina, 80 gr di burro, 75 ml di acqua molto fredda e 1 pizzico di sale, l’avvolgo nella pellicola e la faccio riposare in frigorifero. Quando la riprendo, la tiro con il mattarello, fodero una teglia e faccio una cottura cieca (con i fagioli secchi) a 200 gradi finché la pasta non è dorata.
Nel frattempo faccio stufare con 1 cucchiaio di olio 1-2 belle cipolle affettate, le salo leggermente ed eventualmente aggiungo 1 cucchiaiata d’acqua per farle appassire senza che coloriscano troppo.
Cospargo di cipolle il fondo della brisè, sopra distribuisco 6-8 fichi tagliati a spicchi, completo con del formaggio di capra (chevre), che è molto saporito ed è perfetto per contrastare la dolcezza dei fichi, aggiungo qualche rametto di timo e inforno giusto 2 minuti perché il formaggio si fonda leggermente e i fichi appassiscano appena appena.

Io adoro questa… pizza? Torta salata? Comunque la si chiami è squisita.
È adatta ad un pranzo improvvisato, ad una piccola cena tra amici, ad un raffinato buffet e se non vi piace lo chevre, suggerisco di sostituirlo con il taleggio.

La mia pissaladière

Quando il 13 luglio scorso ho postato la “Pizzalandrea e pissaladière” ho pubblicato una fotografia in cui questa saporitissima focaccia nizzarda ricordava un po’ una crostata e concludevo l’articolo dicendo appunto: “A me piace completare la mia pissaladière con striscioline di pasta come farei per una crostata, oppure se non utilizzo le alici arrotolate, faccio una grata proprio con le acciughe distese e al centro di ogni rombo metto un’oliva: versione molto sofisticata!”
Ecco, stavolta ho proprio realizzato questa versione e ve la ripropongo.

20140411-234653.jpgHo preparato l’impasto di base con 500 gr di farina, circa 250 ml di acqua, 1/2 cucchiaino di sale, 25 gr di lievito di birra e 2 cucchiai di olio che ho lasciato lievitare per circa 3 ore.
Nel frattempo ho fatto appassire con 2 cucchiai di olio 800 gr di cipolle bianche affettate sottili con un pizzico di sale, aggiungendo qualche cucchiaiata d’acqua se occorre. Devono diventare morbidissime ma non imbiondire. Ci vorrà un po’ di tempo ma ne sarà valsa la pena, fidatevi.
Trascorso il tempo previsto, ho ripreso la pasta e l’ho lavorata brevemente, l’ho stesa col mattarello dandole la forma rettangolare della teglia da pizza, l’ho bucherellata e ho distribuito sopra le cipolle stufate.
Con circa 150 gr di acciughe sott’olio distese, non quelle arrotolate col cappero insomma, ho creato una grata a rombi e al centro di ogni rombo, come dicevo anche a luglio, ho posizionato un’oliva (ci vorranno circa 100 gr di olive taggiasche).
Ho infornato a 200 gradi per una ventina di minuti, finché i bordi non sono risultati belli dorati e croccanti.

Questa saporita e felice variante di focaccia, naturalmente verrà una favola con uno di quegli impasti a base di lievito madre che tanto spesso vi sento citare, quella specie di Tamagotchi che a me metterebbe ansia e che finirei con l’odiare per le troppe cure e attenzioni di cui ha bisogno.
Come dico sempre comunque, ammiro e invidio moltissimo chi impasta abitualmente e con successo pane, focacce, pizze e via discorrendo.
Con questa semplice base lievitata comunque ho fatto anch’io un figurone, ma solo grazie agli ingredienti che l’hanno guarnita!

Il mio pollo saporito

Infornare una teglia di carne (o pesce, come ho già raccontato) e verdura è un modo piuttosto facile e sbrigativo di cucinare un piatto completo, molto saporito, senza troppo stress ma col quale si fa sempre un figurone.
Per esempio, il mio Pollo saporito è veramente semplice e veloce, se non si tiene conto del tempo di cottura, ma dato che è appunto cucinato al forno, mentre cuoce si può fare qualsiasi altra cosa!
Come faccio spesso con il pollo, amo farlo marinare e quindi maggiormente insaporire, per qualche ora (o anche tutta la notte) in frigorifero insieme agli ingredienti con i quali verrà poi cotto.
In realtà infatti il pollo non è fra le carni più gustose del mondo, ma con questo accorgimento quasi quasi lo diventa…

20140331-204445.jpgDunque, si fa marinare 1 pollo fatto tagliare in 8 pezzi (oppure 8 cosce, così non c’è da litigare per la scelta della porzione…) in un sacchetto da freezer con 2 cipolle rosse tagliate a grossi spicchi, 6-7 foglie di salvia tagliuzzate con la forbice, 125 ml di olio, 1 cucchiaio di salsa di soia, il succo di 1 limone e abbondante pepe.
Si “massaggia” il sacchetto perché tutti gli ingredienti vadano ad insaporire uniformemente la carne e si ripone in frigorifero.
Trascorso il tempo previsto per la marinatura, si versa tutto in una teglia da forno (pollo e marinata), si uniscono 4 salsicce tagliate a tocchetti, 4 patate a cubetti, 2 spicchi d’aglio, gli aghi di 1 rametto di rosmarino tritati e 2-3 rametti di timo.
Si mescola tutto (con le mani, che sono gli strumenti più adatti a questo scopo) e si inforna a 200 gradi per 1 ora circa.
Bisogna fare un po’ di attenzione perché cuocia restando morbido, eventualmente si copre con la stagnola. Se si ha l’impressione che si asciughi un po’ troppo, è bene spruzzarlo con del vino bianco.

Eccolo qua: questo è il mio pollo saporito, ma proprio saporito, saporito eh!

Stracotto all’Amarone della Valpolicella

Quello che in Piemonte chiamano Brasato e cucinano con il pregiato Barolo, a Verona lo chiamiamo Stracotto (pronunciandolo con una sola T) e lo anneghiamo in quella che è l’eccellenza dei nostri vini: l’Amarone della Valpolicella.
Lo stracotto è un piatto che non faccio più molto spesso.
Lo associo piuttosto agli anni in cui abbiamo vissuto sulle colline del Lago di Garda, a una sala da pranzo dalle travi a vista, con un grande camino, le tende pazientemente fatte all’uncinetto, una madia, una credenza con l’alzata, gli oggetti di rame, i piatti alle pareti, il lungo tavolo da osteria.
Un piatto insomma da condividere con amici un po’ chiassosi e dallo stomaco robusto, mangiato bevendo con consapevolezza e reverenza lo stesso Amarone con cui si cucina.
Un piatto invernale, saporito, pieno di aromi e di profumi, da mangiare con la polenta, le verdure cotte e il radicchio, meglio se fa freddo o fuori nevica.
Un piatto che starebbe bene anche in un racconto di Charles Dickens. Scommettiamo?

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Il giorno precedente si mette in una terrina capiente un pezzo di scamone di manzo di circa 1 chilo con 1 costa di sedano e 1 carota affettati, 1 cipolla tagliata in quarti steccata con 4 chiodi di garofano, 1 pezzetto di stecca di cannella, 1 spicchio d’aglio, 1 foglia di alloro e 4 bacche di ginepro. Si copre con 750 ml di Amarone (1 bottiglia) e si conserva in frigorifero per almeno 12 ore.
Il giorno successivo si sgocciola la carne, si infarina e si fa rosolare in olio e burro da tutti i lati. Si toglie dal tegame e si conserva al caldo.
Intanto si filtra la marinata, si eliminano l’alloro, la cannella, i chiodi di garofano e le bacche di ginepro, il resto si versa nel tegame in cui si è rosolato lo scamone. Si fa appassire, si aggiunge la carne, si sala, si pepa e si versa il liquido della marinata.
Appena alza il bollore si copre e si cucina a fuoco lento per circa 3 ore.
A cottura ultimata si toglie la carne e la si affetta.
Si passa al setaccio il sugo con le verdure, si rimette nel tegame con altri 40 gr di burro per ottenere una bella salsina densa e si rimettono le fette di carne nel tegame, al caldo, fino al momento di servire.

Alcuni chiamano il brasato, oltre che stracotto, anche stufato.
Credo che grosso modo si usino gli stessi ingredienti in tutte e tre le preparazioni ma cambi leggermente il procedimento di cottura.
Nel blog Fornellopazzo troverete notizie più dettagliate sulle denominazioni e i diversi metodi di cottura.

L’acquacotta di Manciano

Molti anni fa siamo andati per qualche giorno alle Terme di Saturnia, all’inizio dell’inverno.
Ci siamo immersi nelle acque solforose che sgorgano alla temperatura costante di 37 gradi nelle piscine dell’hotel, abbiamo tratto beneficio dalle cascatelle puzzolenti di questa Hot Spring in piena Maremma Toscana, ci siamo rilassati visitando le necropoli Etrusche e i paesini medievali dei dintorni e assaggiato tutte le specialità che vi vengono in mente.
Una sera a cena, davanti al camino acceso di una locanda di Manciano abbiamo dato fondo ad un immenso vassoio di salamini, salsicce e prosciutto di cinghiale, pecorini, bruschette e il tipico paté locale che chiamano “antipasto del buttero” annaffiati da un eccellente Morellino di Scansano e completato poi la cena con il nostro primo assaggio di acquacotta.
I Toscani, che ne sanno certamente più di me, chissà quante varianti di questa zuppa conoscono, ma la ricetta che vi do oggi è quella dei miei ricordi di quel primo viaggio in Maremma. Accettatela così com’è.

20140129-001916.jpgSi fanno stufare a fuoco dolcissimo 3 cipolle affettate a velo salandole appena perché restino morbide, si aggiungono 3 patate a cubetti, 3 coste di sedano a piccoli pezzi, 3 rape tagliate a fettine, 3 pomodori (anche pelati) privati dei semi, a filetti, 1 dado per brodo, 1 macinata di pepe, 1 cucchiaio di prezzemolo tritato, qualche foglia di basilico e 750 ml d’acqua.
Si porta a bollore e si cuoce col coperchio per un’oretta.
Quando la minestra è pronta, si prepara 1 uovo in camicia per commensale, nel solito modo, si raccoglie con un mestolo forato, si depone nel piatto e ci si versa sopra l’acquacotta.
Ognuno completerà il proprio piatto con pecorino grattugiato, altro pepe e qualche crostino fritto e col cucchiaio romperà il proprio uovo all’interno della minestra.
Naturalmente l’albume sarà ben cotto e il tuorlo ancora liquido.
Questa minestra si serve con bruschette di pane Toscano, sciapo per compensarne la sapidità.

L’ho fatta ieri sera. È sempre squisita.
A questa minestra, che per via degli ortaggi presenti e dell’uovo è già un piatto importante, ho fatto semplicemente seguire dei formaggi con miele e mostarde.

Pizzalandrea e pissaladière

La pizzalandrea è la versione ligure della pissaladière francese, la differenza sta nell’aggiunta di polpa di pomodoro (e qualche volta capperi) nella ricetta italiana.
Mi sono tornate in mente queste straordinarie focacce visitando qualche giorno fa un blog molto carino: lefrivolezzedisimo.
L’ispirazione mi ha obbligata ad agire immediatamente!

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Per fare la pissaladière come in Costa Azzurra ci vogliono:
500 gr di farina, 250 ml di acqua, 1/2 cucchiaino di sale, 25 gr di lievito di birra e 2 cucchiai di olio con cui fare la solita pasta (come per la pizza o la focaccia) che si lascia poi lievitare per circa 3 ore.
Nel frattempo si fanno appassire in 2 cucchiai di olio e 2 di acqua, 800 gr di cipolle bianche affettate sottili con un pizzico di sale. Devono diventare morbidissime ma non imbiondire. Ci vorrà un po’ di tempo, ma siccome ci metteranno comunque meno delle tre ore necessarie per la lievitazione della pasta, nel frattempo vi potrete anche abbronzare sul balcone…!
Trascorso il tempo previsto, si stende la pasta, si bucherella, si distribuiscono sopra le cipolle stufate, 100 gr di acciughe sott’olio, 100 gr di olive taggiasche, una macinata di pepe e le foglioline di un rametto di timo tritate con una foglia di alloro.

A me piace completare la mia pissaladière con striscioline di pasta come farei per una crostata, oppure se non utilizzo le alici arrotolate, faccio una grata proprio con le acciughe distese e al centro di ogni rombo metto un’oliva: versione molto sofisticata!

Solo per Cipolle Lovers

Mio marito ride sempre quando usciamo insieme perché mentre lui è una persona estremamente riservata, io attacco bottone praticamente con tutti.
L’ultima volta che siamo andati al supermercato, completata la nostra spesa, mentre risalivamo verso il parcheggio ho notato nel carrello di una coppia in ascensore con noi una confezione di zucchine tonde.
Ora, la settimana scorsa, quando avevo comprato i fiori di zucca, le avevo prese anch’io e infornate ripiene di uno di quei miscugli polivalenti che possono diventare indifferentemente farce, polpettoni, croquetas o croquettes. Capito no?
Non è stato un gran successo, erano un po’ anonime insomma, quindi ho chiesto alla signora (una mia elegante coetanea in tailleur con un marito molto distinto) come intendeva utilizzarle, sperando in un suggerimento interessante.
Mi ha detto che le avrebbe messe nel minestrone.
A mio avviso però non sono adatte a questo uso perché hanno troppi semi e sono un po’ acquose, ma “nella propria cucina ognuna è regina”, come diceva mia nonna, quindi non le ho detto niente.
Mi ha invece confidato che ripiene, più o meno come me, fa quelle lunghe e anche i peperoni e le melanzane e li serve con una focaccia di cipolle fatta con la pasta di pane.

Focaccia alle cipolle

Ogni tanto l’ho fatta anch’io, ma con una base di pasta brisè cotta in bianco (o alla cieca) coperta di fettine di provola e 1/2 kg di cipolle bianche affettate e fatte consumare molto, molto lentamente in olio e qualche cucchiaiata d’acqua, sale, pepe e salvia spezzettata che ho sistemato sul formaggio e infornato di nuovo per 15-20 minuti.
È squisita, ma assicuratevi che la mangino tutti i commensali perché le cipolle possono creare problemi relazionali!