Baccalà mantecato

Ho già parlato sia del classico baccalà alla Veneta che della brandade, ricetta francese molto golosa.
Sono due piatti stupendi a base di stoccafisso, molto conosciuti e apprezzati.
Nella mia rosa di ricette di baccalà mancava ancora quello mantecato alla Vicentina, raffinato e delicato. Una ricetta che ne esalta il gusto e trasforma un piatto che nasce “povero” in un vero piatto da Gourmet.
A Verona non è così comune come quello classico della ricetta del 21 gennaio scorso, è molto più conosciuto a Vicenza, dove nasce, e a Venezia, dove si trova sempre tra i “cicheti” in quasi tutti i “bàcari”.

20141105-184603.jpgSi toglie la pelle e si eliminano tutte le spine a 750 gr di stoccafisso “ragno”, che è il più pregiato, perfettamente ammollato per almeno due giorni.
Si taglia a pezzi e si adagia in un tegame coperto con 1/2 litro di latte intero e 1 litro e 1/2 di acqua. Di aggiunge una foglia di alloro e si porta a bollore.
Si abbassa quindi la fiamma e si cuoce per una mezz’oretta.
Poi si scola, conservando circa 1/2 litro di liquido, e si fa raffreddare.
Si frullano quindi i tranci di baccalà e poco alla volta si aggiungono a filo, frullando a velocità ridotta, il liquido di cottura messo da parte e 250 ml di olio, come nella preparazione di una maionese.
Alla fine si aggiusta di sale e pepe, si aggiunge un trito di aglio e prezzemolo, si mescola col cucchiaio di legno e si mette a raffreddare in frigorifero.
Il baccalà mantecato si serve in genere come antipasto accompagnato dalla polenta bianca, tipica del Veneto, ma anche la tradizionale polenta gialla abbrustolita sul grill o in forno va più che bene.

Il cicheto è uno spuntino a base di crostini di pane o di polenta accompagnati da pesce, carne o verdure (tipo tapas insomma). Sono eccezionali con lo Spritz.
I bacari sono le osterie tipiche di Venezia dove rifocillarsi senza troppe pretese dopo le lunghe camminate per le calli e i campielli. Quasi tutti sono forniti di bancone per cicheti. Nella prossima visita a Venezia consiglio vivamente di visitarne almeno uno: sarete sorpresi dall’insospettabile genuinità dei prodotti che offrono.

Maccheroncini alla Cubana, questi sconosciuti

Ve lo ricordate quando la settimana scorsa ho pubblicato il risotto al nero di seppia? Era il 31 ottobre.
Dato che come sempre non mi sono limitata ad esporre la ricetta ma ho fatto al post il solito “cappello” di vita vissuta, ho accennato a due di quelli che negli anni Settanta erano i must in fatto di primi piatti citando i Maccheroncini alla Cubana e il Risotto allo Champagne.
Oltre a queste due pietre miliari della cucina del boom economico, a quell’epoca si portavano in tavola i tortellini alla panna, le pennette alla Vodka, le tagliatelle panna e prosciutto, il già nominato risotto allo Champagne e quello con le fragole.
Erano questi i primi piatti speciali dei miei primi anni di matrimonio, delle cene con gli amici, degli inviti ai genitori, piatti che molti di voi non conoscono, come dimostra la curiosità manifestata nei confronti dei maccheroncini di oggi, dove per maccheroncini si intendono anche le pipe rigate, i sedani o le mezze penne.
Accontento volentieri quanti hanno chiesto di saperne di più sperando di non deluderli con una ricetta tutto sommato senza tante pretese, che a me è piaciuto comunque preparare… in ricordo dei bei tempi andati, quelli della mia giovinezza.20141031-214113.jpgSi trita una cipolla e si fa imbiondire in un tegame con 2-3 cucchiai di olio, 1 peperoncino e 1 spicchio d’aglio.
Si aggiungono 300 gr di funghi champignon affettati piuttosto sottili e si fanno cuocere finché non si è asciugata la loro acqua di vegetazione.
Si uniscono adesso 100 gr di prosciutto cotto in una sola fetta tagliato a cubetti, qualche cucchiaiata di passata di pomodoro e una confezione di panna da cucina.
Si amalgama tutto insieme, si insaporisce con una grattata di pepe e fuori dal fuoco si completa con 1 cucchiaio di prezzemolo tritato e abbondante parmigiano grattugiato.
Si scolano al dente 300 gr di pasta corta e si ripassano nel tegame con il sugo che deve risultare cremoso ma non troppo fluido.
Volendo si aggiunge ancora un pizzico di peperoncino in polvere.

Tutto qua. Questa è la semplice ricetta dei Maccheroncini alla Cubana. Niente di speciale, d’accordo, ma fa parte delle ricette che da mio nipote per esempio, quando sarà grande, potranno essere considerate una sorta di “modernariato” da accostare a quelle antiche e tradizionali delle mie nonne.

Clafoutis ai lamponi

Vanto una parentela francese un po’ complicata, ma solo per gli estranei.
Noi di famiglia invece ci siamo sempre mossi con disinvoltura fra i tanti cugini di diverso grado, a volte piuttosto lontano o praticamente inesistente e abbiamo considerato tutti dei veri congiunti.
Capitava infatti che un quarto cugino sposasse in seconde nozze una donna che aveva già una figlia da un precedente matrimonio, che si integrava però perfettamente e veniva ospitata e nutrita durante le vacanze estive presso una qualunque delle nostre famiglie senza tante cerimonie,
La mia vera cugina francese preferita (di quinto grado) era Jocelyne.
Quando ci siamo sposati e siamo andati in Luna di miele a Parigi siamo stati una sera ospiti a cena a casa sua e oltre ad una eccellente choucroute, ci ha offerto un clafoutis di lamponi di cui mi ha dato la ricetta e che rifaccio tale e quale da 45 anni!

20141027-000930.jpgSi sciacquano 400 gr di lamponi, si tamponano con la carta da cucina e si spolverizzano con 1 cucchiaio di zucchero.
Si imburra abbondantemente una pirofila (o una classica tortiera) e si distribuiscono sul fondo i lamponi.
Si mescolano insieme 80 gr di farina, 100 gr di zucchero , 1 cucchiaio di estratto di vaniglia e 1 pizzico di sale.
Si uniscono 2 uova intere e 2 tuorli battuti e si mescola accuratamente.
Si incorporano 250 ml di panna da cucina densa e si versa il composto sui lamponi cercando di non scombinarli troppo.
Si inforna a 180 gradi per 35 minuti. Quando è cotto si lascia leggermente intiepidire e si spolverizza di zucchero a velo.

Per gustarlo con immenso piacere non occorre avere cugini francesi né dolci ricordi… basta un cucchiaio!

Sformato di pesce effetto “WOW!”

Ecco un altro esempio di un piatto che può rendere particolarmente goloso un buffet o costituire un secondo o un antipasto squisiti, col solito vantaggio di poter essere preparato in anticipo.
Sono certa concordiate infatti sull’effetto “Wow!” di questo sformato di coda di rospo (oppure di nasello o di merluzzo), perfetto per un buffet.
E di buffet mi sentirete parlare spesso perché sto (da un po’) pensando già alle Feste imminenti, che non ci devono trovare a corto di idee.

20141021-190531.jpgSi portano a ebollizione circa 2 litri di acqua con 1 bicchiere di vino bianco e 1 carota, 1 costa di sedano, 1 foglia di alloro, qualche gambo di prezzemolo, 5-6 grani di pepe e 1/2 cucchiaino di sale grosso.
Si immergono in questo brodo circa 8-900 gr di coda di rospo e si fanno cuocere per circa 15 minuti.
Quando è cotta si estrae e si scola e al suo posto si mettono a lessare 400 gr di code di gambero.
Dopo 5 minuti da quando cambiano colore, si scolano e si sgusciano.
Si condiscono col succo di 1/2 limone, la buccia grattugiata, 1 filo d’olio, sale e pepe.
Si affetta sottile 1 porro e si fa stufare con 40 gr di burro aggiungendo qualche cucchiaiata d’acqua finché non diventa una crema.
Si priva la coda di rospo della lisca centrale e delle eventuali spine, si passa al mixer con i porri, 1/2 confezione di panna da cucina, 2 albumi montati a neve soda, 1 pizzico di sale e una grattata di pepe.
Si imburra uno stampo rotondo, si dispongono sul fondo alcune fette sottili di limone formando un disegno concentrico e si fa uno strato con metà del composto premendo bene per non lasciare vuoti.
Si adagiano sopra tutti i gamberi scolati e si coprono con l’altra metà del composto.
Si copre lo stampo con un foglio doppio di alluminio e si inforna a 180 gradi per circa un’ora.
Quando è trascorso questo tempo, si sforna e si lascia intiepidire. Si capovolge sul piatto da portata e si serve a temperatura ambiente con la maionese passata a parte.

La maionese è proprio indispensabile perché questo sformato è piuttosto asciutto: bellissimo, buonissimo, ma decisamente asciutto. Appunto.

Da non crederci: un altro Liebster Award. Grazie!

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Il mio palmares si arricchisce oggi di un nuovo premio: Pamela (cucinaconpamela.wordpress.com/) mi ha assegnato un altro Liebster Award con una motivazione molto carina: “un premio dedicato ai blog e ai blogger promettenti, con meno seguaci di quanti meriterebbero”.
Ringrazio Pamela per la gentilezza e l’attenzione che rivolge al mio Blog e sono molto orgogliosa di accettare la sua nomination.
Rispondo globalmente alle 10 domande che ha formulato perché di me ho raccontato già quasi tutto in molte altre occasioni.
Credo si nasca già con una particolare inclinazione a curare la preparazione del cibo, se poi si ha la fortuna di avere accanto fin dall’infanzia persone che cucinano con passione, il gioco è fatto.
Amare la cucina significa anche desiderare di condividere gli sforzi e i risultati che si ottengono, con le persone che fanno parte della nostra realtà e in questa era telematica la blogosfera ci consente di avere intorno alla tavola non solo gli ospiti consueti ma tanti nuovi amici.
Dedicarsi alla cucina materialmente e sotto forma di pubblicazione delle ricette è molto impegnativo e altrettanto gratificante.
Personalmente, facendo entrambe le cose, ci metto costanza, fantasia, ironia, esperienza, tradizione, creatività e molto amore.
Quasi tutte le mie ricette hanno una storia, come quelle di molti altri blogger in fondo, ma io la racconto e credo questo sia uno dei motivi per cui il mio blog è sempre più seguito oltre naturalmente all’affetto, la simpatia, la confidenza e la considerazione che mi riservate e che giorno dopo giorno assomigliano sempre più ad una vera amicizia.
A tutti voi che mi seguite dunque, dedico la condivisione di questo gradito Liebster Award.
Buona domenica e un grosso abbraccio.
Silva.

Bombe alla pesarese

Nel mio libro racconto che da ragazzina un anno sono andata coi miei genitori in villeggiatura a Pesaro, dove sono tornata in diverse occasioni anche da adulta.
Pesaro era una bella cittadina, con dintorni storici e paesaggistici molto interessanti, una cucina straordinaria, una discreta scelta di divertimenti serali e trattandosi di una vera città, offriva una mondanità balneare decisamente più soft ed elegante rispetto a quella più aggressiva e modaiola della limitrofa Riviera Romagnola.
Come dicevo la cucina Marchigiana è fantastica e non solo quella di pesce, che è sublime.
Non ho ancora dimenticato le famigerate “bombe”, (che assomigliano un po’ alle Uova alla Scozzese) gustate a casa di un’amica Pesarese, che sospetto venissero chiamate così non per la loro forma, ma piuttosto perché erano delle vere bombe caloriche.
Ma a quei tempi chi ci pensava: la cellulite allora era lontanissima dalle nostre menti e anche dai nostri glutei!
Quando la “nostalgia gastrica” che di tanto in tanto mi assale, diventa insopportabile, me le preparo e le assaporo con immenso piacere, persa nei ricordi dell’adolescenza felice e lontana.

20140917-005153.jpgFaccio rassodare per 6 minuti 6 uova, le lascio raffreddare e le sguscio.
Preparo un impasto con 50 gr di grana grattugiato e 50 gr di pangrattato, 1/2 spicchio d’aglio, 1 cucchiaio di prezzemolo tritato, 150 gr di mortadella di Bologna passata al frullatore con 1 panino raffermo ammollato nel latte e strizzato, pochissimo sale e abbondante pepe nero.
Allineo 6 fettine sottili di prosciutto e su ognuna spalmo il composto, dividendolo equamente e le avvolgo con precisione intorno ad ogni uovo, ripiegando subito i lati verso l’interno, così in cottura il ripieno non esce.
Passo ogni “bomba” prima nella farina, poi in 2 uova sbattute con un po’ di latte, le faccio rotolare nel pangrattato, poi di nuovo nella miscela di uova e latte e ancora nel pangrattato facendolo aderire bene.
Le friggo in olio profondo ben caldo fino a quando non assumono un bel colore dorato.
Le servo indifferentemente calde o fredde e mi piacciono con la salsa di mirtilli e un’insalatina di rucola.

Le bombe dei miei ricordi di adolescente venivano fritte nello strutto, ma personalmente non ho una grande familiarità con questo grasso, quindi uso l’olio.
Non illudetevi, il vostro fegato vi odierà lo stesso!