Ancora a proposito di gnocchi di patate

Ma non si dice che l’Epifania tutte le feste si porta via?
E teoricamente si porta via anche l’attitudine e l’abitudine ai pasti pantagruelici del mese di dicembre.
Fosse vero! Invece non c’è mai pace. Pensateci.
Finite le Feste per antonomasia infatti, praticamente comincia il Carnevale e da noi a Verona (per non parlare delle frittelle) c’è la consuetudine di preparare più volte in questo periodo gli gnocchi di patate, che amiamo così tanto da averne fatto il tradizionale emblema della sfilata dei carri allegorici dell’ultimo venerdì prima delle Ceneri.
Vi rimando al mio post del 24 agosto nel quale ho parlato profusamente degli gnocchi di patate, se avete voglia sia di conoscere le varianti dei sughi più popolari a Verona, sia di approfondire la tradizione del nostro “Venerdì gnocolar”.
In quell’occasione, oltre a suggerire un intrigante condimento dal sapore “estivo”, ho accennato a degli gnocchi di patate conditi in modo particolare.
Sono una memoria lontana di certi pranzi in famiglia a Garda, a casa di mia nonna Emma, la nonna paterna, ai quali accenno anche nel capitolo “Pelle d’oca e zampe di gallina” del mio ormai conosciutissimo libro di ricordi, ricette e viaggi “I tempi andati e i tempi di cottura (con qualche divagazione)” che potete acquistare anche su Amazon.
Sempre che siate interessati.

20140127-000748.jpgLa ricetta è presto detta.
Per 1 chilo di patate occorrono circa 300 gr di farina, 1 pizzico di sale e metteteci pure 1 uovo, se siete abituati così.
Amalgamate, formate i cordoni, tagliate gli gnocchi e passateli sul retro della grattugia, così avranno proprio la forma di quelli di mia nonna.
Tuffateli nell’acqua salata in ebollizione e raccoglieteli con il mestolo forato a mano a mano che vengono a galla.
Divideteli nei piatti, conditeli subito con abbondantissimo burro nocciola e spolverizzateli con una miscela preparata con moltissimo Parmigiano grattugiato, una generosissima quantità di cannella macinata e pochissimo zucchero semolato.
Tutto qua.

A me una volta tanto piace mangiarli di nuovo conditi così.
Potrebbe perfino essere un piatto di sapore vagamente Siciliano, di derivazione Araba, no?
Invece è originario della Bassa Veronese, dove si è sempre coltivata e lavorata la barbabietola e dove lo zucchero si reperiva abbastanza agevolmente anche nei periodi di difficoltà e ristrettezze.
Magari alla borsa nera, chissà?!
Comunque, se non avete ricordi alimentari (non si può definirli gastronomici quelli del dopoguerra!) da rinverdire o se non amate una punta di dolce nei piatti tradizionali, lasciate perdere. Per mangiare i miei gnocchi aspettate magari di sentire la ricetta con gamberi e pomodorini come li fanno a Jesolo!
Appena li rifaccio ne parliamo, promesso.

L’acquacotta di Manciano

Molti anni fa siamo andati per qualche giorno alle Terme di Saturnia, all’inizio dell’inverno.
Ci siamo immersi nelle acque solforose che sgorgano alla temperatura costante di 37 gradi nelle piscine dell’hotel, abbiamo tratto beneficio dalle cascatelle puzzolenti di questa Hot Spring in piena Maremma Toscana, ci siamo rilassati visitando le necropoli Etrusche e i paesini medievali dei dintorni e assaggiato tutte le specialità che vi vengono in mente.
Una sera a cena, davanti al camino acceso di una locanda di Manciano abbiamo dato fondo ad un immenso vassoio di salamini, salsicce e prosciutto di cinghiale, pecorini, bruschette e il tipico paté locale che chiamano “antipasto del buttero” annaffiati da un eccellente Morellino di Scansano e completato poi la cena con il nostro primo assaggio di acquacotta.
I Toscani, che ne sanno certamente più di me, chissà quante varianti di questa zuppa conoscono, ma la ricetta che vi do oggi è quella dei miei ricordi di quel primo viaggio in Maremma. Accettatela così com’è.

20140129-001916.jpgSi fanno stufare a fuoco dolcissimo 3 cipolle affettate a velo salandole appena perché restino morbide, si aggiungono 3 patate a cubetti, 3 coste di sedano a piccoli pezzi, 3 rape tagliate a fettine, 3 pomodori (anche pelati) privati dei semi, a filetti, 1 dado per brodo, 1 macinata di pepe, 1 cucchiaio di prezzemolo tritato, qualche foglia di basilico e 750 ml d’acqua.
Si porta a bollore e si cuoce col coperchio per un’oretta.
Quando la minestra è pronta, si prepara 1 uovo in camicia per commensale, nel solito modo, si raccoglie con un mestolo forato, si depone nel piatto e ci si versa sopra l’acquacotta.
Ognuno completerà il proprio piatto con pecorino grattugiato, altro pepe e qualche crostino fritto e col cucchiaio romperà il proprio uovo all’interno della minestra.
Naturalmente l’albume sarà ben cotto e il tuorlo ancora liquido.
Questa minestra si serve con bruschette di pane Toscano, sciapo per compensarne la sapidità.

L’ho fatta ieri sera. È sempre squisita.
A questa minestra, che per via degli ortaggi presenti e dell’uovo è già un piatto importante, ho fatto semplicemente seguire dei formaggi con miele e mostarde.

E vai con le minestre!

Indubbiamente il clima di questi giorni invita alla preparazioni di cibi caldi: zuppe, minestre e vellutate di verdura.
Infatti in quasi tutti i blog di cucina che seguo c’è un gran proliferare di minestroni e affini.
A mangiare a pranzo un’insalata anche d’inverno mi sa che sono rimasta solo io!
Comunque nemmeno io tralascio certo la preparazione dei miei must invernali tradizionali.
La minestra di patate è uno dei più gettonati e graditi in famiglia.
Si tratta di uno dei pochi piatti che cucino utilizzando la pentola a pressione, che di solito snobbo perché non mi da la possibilità di controllare costantemente le preparazioni.
In questo caso invece (e in tutti gli altri che richiedono lunghe cotture senza rischi, come la mia “Pasta e fagioli senza pasta”) trovo che la pentola a pressione aiuti a raggiungere un risultato ottimale in un tempo molto più breve di quello necessario con la cottura tradizionale.
Il risultato è una minestra che ha la consistenza delle vellutate (a cui vengono invece aggiunti anche latte e panna), ma è molto più semplice, familiare, rassicurante.

20140115-102019.jpgSi fanno stufare con 2-3 cucchiai di olio e un pizzico di sale, 2 cipolle bianche affettate a velo, con pazienza infinita. Di tanto in tanto si rimestano con un cucchiaio di legno.
Si aggiunge se occorre un goccino d’acqua per non farle colorire. Io ci metto circa 20 minuti per ottenere delle cipolle perfettamente trasparenti. In questo modo il sapore di fondo non è né forte né acido.
Si tritano grossolanamente 100 gr di speck e si uniscono alle cipolle con gli aghi di 1 bel rametto di rosmarino.
Si mescola e dopo un minuto si aggiungono 4 patate a cubetti e 3/4 di litro di brodo vegetale.
Si chiude la pentola a pressione e dal fischio si fa cuocere 40 minuti.
Si sfiata, si aggiusta di sale e di pepe e si frulla accuratamente col minipimer a immersione.
Il risultato è una zuppa molto densa e profumata.
Si serve nelle ciotole con una piccola aggiunta di listarelle di speck rese croccanti al microonde e qualche fogliolina di timo fresco (ma va bene anche il prezzemolo tritato).

Se non dite niente a nessuno, può passare per la molto più sofisticata Zuppa Parmentier, vanto della cucina Francese.
Quello che faccio per alimentare questa impressione è, anziché servire i soliti crostini fritti nell’olio, usare il burro per dorare da entrambe le parti delle fette di pancarrè tagliate a triangolo e cospargendo solo un lato di grana grattugiato perché si formi una bella crosticina dorata.
Fidatevi, i Francesi in cucina ci sanno proprio fare!

Minestra con le castagne

L’anno scorso, più o meno in questo periodo, ho organizzato una cena con i miei quattro cugini (due maschi e due femmine), mogli e mariti, che nonostante siano quanto di più vicino a dei fratelli io possa immaginare, vedo raramente.
Penso succeda in tutte le famiglie: ognuno ha impegni, interessi, passatempi, svaghi, passioni e preoccupazioni diverse e finisce che tutto questo ci fa prendere nel tempo strade diverse, che ci allontanano.
Comunque, in occasione di quella riunione di famiglia ho preparato una deliziosa vellutata di castagne che mi è tornata in mente mentre frugavo in archivio alla ricerca di altre idee da condividere con voi.
Trovo che servire a cena una vellutata, una zuppa o una minestra sia un’abitudine raffinata e molto gradevole, specialmente d’inverno, per prepararsi ad un secondo ghiotto e succulento, lasciando un po’ di posto anche per il dessert.

20131206-122734.jpgLa mia minestra di castagne la faccio così:

– per prima cosa preparo i “peladei” sbucciando a crudo e poi lessando in acqua salata 600 gr di castagne o marroni con abbondante salvia fresca;
– affetto 1 cipolla bianca e la faccio appassire a fuoco dolcissimo con poco olio, salo appena e se si asciuga troppo in fretta, aggiungo qualche cucchiaiata d’acqua;
– quando è morbida metto nella pentola 150 gr di prosciutto crudo tritato a coltello e lascio insaporire;
– sbuccio 800 gr di patate e le taglio a cubetti, le unisco alla cipolla con gli aghi di 2 rametti di rosmarino e le castagne cotte;
– rimescolo, pepo abbondantemente e copro con 1 litro di brodo vegetale;
– lascio cuocere col coperchio finché le patate risultano tenere (40 minuti circa);
– aggiungo 250 ml di panna da cucina e col frullatore a immersione ottengo una crema;
– la servo caldissima accompagnata da crostini.

È una minestra straordinaria, densa e saporita, perfetta per questa stagione.
È anche assolutamente semplice, se si esclude la preparazione dei peladei che invece è decisamente complicata.
Come dicevo le castagne vanno pelate da crude, liberandole dalla buccia esterna ma lasciando il delicato rivestimento vellutato che avvolge il frutto e andrà rimosso a cottura ultimata.
È un lavoraccio, concordo, al quale si può ovviare utilizzando delle castagne cotte al forno, tipo caldarroste, ma vi verrà a mancare il caratteristico aroma della salvia che impregna i peladei.
Comunque, la vellutata di castagne è una minestra squisita, un po’ antiquata, povera e insieme raffinata, insolita ma di antica tradizione contadina.
L’ho trovata perfetta per una riunione di famiglia.

Believe it or not

La ricetta di oggi è per persone molto avanti, giovani dentro, che amano pane, amore e fantasia piuttosto che pane, praticità e abitudine, persone fantasiose e fantastiche. Quelle, per intenderci, che anche se a volte hanno poco tempo, troveranno il modo di stupire e rallegrare chi dipende da loro per cibarsi.
Che ci crediate o meno… questa è una cotoletta alla Milanese con patate!

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È stata destruttarata e poi ricomposta in un mosaico. Per puro divertimento. Per mettersi alla prova. E per passione.

Se guardate bene vi accorgerete che si tratta effettivamente di:
5 cubi di vitello di circa 2,5 cm di lato passati nella farina, nell’uovo, nel pangrattato e poi fritti nel burro spumeggiante;
4 cubi della stessa dimensione ricavati da una patata lessata a metà, sbucciata e ripassata in padella per rosolarla alla perfezione;
3 cubi di pane nero (di segale, integrale o di cereali misti, fate voi ma devono avere una certa croccantezza) fatti saltare in padella con poco olio.
Si sala tutto dopo la cottura, prima di impiattare.

Questa naturalmente è una sola porzione, moltiplicate per il numero dei commensali, otterrete tanti piatti quanti ve ne servono e il gioco è fatto.
Una volta imparato il trucco potrete sbizzarrirvi con mille altri abbinamenti (proponendoli sempre a mosaico perché il divertimento è tutto lì), tipo polenta abbrustolita, gorgonzola e soppressa (che impegnano pochissimo) oppure salmone, branzino e zucchine (tutti e tre al vapore).
E avanti così. Con allegria.

Filetti di merluzzo al pesto

L’arredamento della casa al lago si ispira liberamente allo stile Provenzale.
Sarà forse questo il motivo per cui spesso cucino piatti che, anche loro liberamente, si ispirano alla cucina del Midi. O a quella ligure.
Faccio, per esempio, dei filetti di pesce bianco in salsa al pesto (o al pistou) che hanno sempre un certo successo in famiglia.
È in fondo un grande piatto, semplice ma saporitissimo e ricco di aromi.
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Preparo un classico trito di cipolla, sedano e carota e lo faccio soffriggere dolcemente in poco olio, aggiungendo 1 cucchiaiata di pinoli.
Intanto sbollento alcune patate, sbucciate e tagliate a spicchi, e le tengo da parte.
Aggiungo nel tegame i filetti di merluzzo. Li salo leggermente, li insaporisco con una macinata di pepe, sfumo con dell’ottimo vino bianco e li faccio cuocere qualche minuto per parte.
Aggiungo le patate, qualche cucchiaiata di pesto, mescolo delicatamente e porto a cottura.
Lascio riposare cinque minuti, a tegame coperto, prima di servire, completando con alcune foglie di basilico spezzettate con le mani.

Il sapore intenso e aromatico del sugo, valorizza enormemente il merluzzo, pesce di non grande personalità, che a me piace però molto per le sue carni sode e compatte.
Potete scegliere comunque di cucinare allo stesso modo anche dei filetti di nasello, spigola, orata e perfino cernia. Quello che preferite o che trovate al mercato.

Gnocchi di patate in versione estiva

Gli gnocchi sono conosciuti in tutto il mondo in numerose varianti e preparati con ingredienti diversi.
I più diffusi in Italia sono senz’altro quelli di patate.
A Verona sono una consuetudine irrinunciabile. In occasione della sfilata dei carri allegorici di Carnevale, guidata proprio dal “Papà del Gnoco”, sorridente e panciuta maschera che impugna uno scettro a forma di forchetta, vengono allestiti numerosi banchi di degustazione, attorno ai quali si può socializzare e aspettare che inizi la sfilata in compagnia.
Chi non ha voglia di mescolarsi alla folla in maschera per assaggiare quelli proposti a prezzo politico in Piazza San Zeno, sa che comunque li troverà a casa perché ogni famiglia veronese li prepara almeno per il “Venerdì Gnocolar”.
Tradizionalmente vengono conditi con ragù di carne o “pastissada de caval”, pomodoro o anche con burro fuso, zucchero, cannella e parmigiano.
Gli gnocchi di patate sono un piatto povero e facile da realizzare. Le dosi che vi do sono solo orientative perché la quantità di farina richiesta dipende dall’umidità delle patate.

Occorrono circa 300 gr di farina ogni kg di patate (lessate e sbucciate) passate allo schiacciapatate, 1 uovo intero e 1 pizzico di sale.
Si impasta senza lavorare troppo a lungo fino ad ottenere un composto compatto ma morbido, che però non si deve appiccicare alle dita. Si formano dei cordoni spessi in paio di cm, si tagliano a cilindretti lunghi 2 cm e si fanno scivolare, premendo appena col pollice, sul retro della grattugia per dargli la tipica, inconfondibile forma. Si tuffano in acqua salata in ebollizione, si raccolgono con un mestolo forato a mano a mano che vengono a galla e si condiscono a piacere.

E qui vi voglio! Vi ho citato prima i condimenti Veronesi della tradizione, senza prendere in considerazione gli gnocchi alla Valdostana, alla Parigina, alla Sorrentina, al gorgonzola, al pesto, alla bottarga… insomma ogni zona ha la sua specialità.
Io d’estate li condisco con una freschissima crema al limone.

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È facile. Faccio imbiondire 2 spicchi d’aglio in olio e burro, li elimino e nel tegame stempero a fuoco bassissimo 1 formaggio caprino schiacciato, 200 ml di panna, il succo e la buccia grattugiata di 1 limone biologico, sale e pepe.
Dopo 2 minuti verso nella padella gli gnocchi appena scolati e li rigiro delicatamente perché si insaporiscano. Li servo con abbondantissimo parmigiano grattugiato.

È una ricetta dedicata a chi ama le novità.

Non è la Nizzarda

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Questa della foto non è un’insalata Nizzarda classica, perché mancano i fagiolini e le olive nere.
È semplicemente un’insalata, un piatto unico estivo, fresco, veloce. Anche un po’ da single, se vogliamo.
Quello di cui vale la pena parlare invece sono l’infinità di salsine con cui si può condire un insieme di ingredienti a volte persino banali come questi.
Per preparare i miei condimenti per le insalate, inserisco in un barattolo (Bormioli se ho ospiti o anche di recupero della marmellata Bon Maman se mangiamo da soli…) tutti gli ingredienti e shakero come una matta: è il modo più semplice per ottenere emulsioni perfette.

L’insalata di oggi (lattuga, pomodori, patate lesse, tonno, alici e uova sode) l’ho condita con olio, aceto balsamico, senape, pasta d’acciughe, pasta di olive nere, sale e pepe.
Pomodorini, cipolla rossa, sgombri, cetrioli e provolone li condisco invece con olio, succo di limone, origano, semi di sesamo, peperoncino frantumato, sale e pepe bianco.
Prosciutto cotto, emmental, finocchio e noci invece con olio, Marsala, succo d’arancia, sale e pepe.
Gamberetti, ananas e insalata iceberg, con maionese, ketchup, peperoncino in polvere, succo di ananas e di limone, sale e pepe.
Soncino, petto di pollo grigliato, pinoli, mela e bacon fritto, con aceto balsamico, olio, sale e pepe.
Fagioli cannellini, tonno, cipolla, uova sode con peperoncino, aceto bianco, olio, sale e pepe.
Carote, cavolo cappuccio, zucchine a julienne e cipollotto fresco con miele, aceto, olio, sale e pepe e copro con fettine di prosciutto crudo dopo aver mescolato l’insalata.

Insomma piatti unici semplici ma stuzzicanti se ne possono preparare all’infinito, con ingredienti sempre diversi. Questi solo solo alcuni esempi di preparazioni adatte al caldo estivo, che non necessitano di cottura. Insalate “easy” che in genere tutti gradiscono.