Bambini, merenda!

Nostro nipote è decisamente troppo piccolo per fare merenda con una fetta di torta. I nostri figli, da anni fuori casa, ormai troppo grandi… forse.
Quindi spesso mi capita di ripensare con un filo di nostalgia al periodo (breve) in cui non lavoravo e vivevamo in campagna, sulle colline della sponda Veronese del Lago di Garda.
Allora preparavo praticamente tutti i giorni un dolce per la merenda dei bambini, che si finiva poi la mattina successiva a colazione.
Erano focacce, torte, biscotti di ogni tipo il cui profumo riempiva la cucina e il cuore, un fragrante, dolce, rassicurante profumo di casa, di pazienza, d’amore.
Adesso però meglio darsi una scrollantina o la malinconia per le cose passate potrebbe perfino ostacolare la lievitazione!
Dunque, facevo queste torte con la frutta, la marmellata, le uova del contadino, il cacao, torte che non faccio più da anni, ma oggi me ne è venuta in mente una perfetta per questo periodo, che tra l’altro non ha lievito nell’impasto… così non corriamo rischi!

20131115-094031.jpgSi tratta di una torta di zucca: un involucro di pasta brisé con un soffice, insolito ripieno.

Per prima cosa si prepara la brisé con 220 gr di farina, 140 gr di burro, 1 cucchiaino raso di sale e circa 1 dl di acqua molto fredda. Si fa la solita palla e si conserva in frigorifero avvolta nella pellicola.
Nel frattempo si monda, si affetta e poi si riduce a dadi 1 chilo circa di zucca. Si fa asciugare in forno a 200 gradi per una ventina di minuti e poi si passa al setaccio e si raccoglie in una ciotola.
Si uniscono alla polpa di zucca 100 gr di amaretti frullati, 2 uova, 100 gr di zucchero di canna, 200 gr di ricotta setacciata, 50 gr di uvetta sultanina, 1 pizzico di sale, la buccia di 1 arancia grattugiata e 1/2 cucchiaino di cannella.
Si riprende la pasta, si divide in due, se ne stende metà e si fodera una tortiera imburrata. Si bucherella il fondo e si riempie con la farcia di zucca, si livella e si copre con la seconda metà dalla pasta stesa col mattarello.
Si pratica una serie di tagli (proprio come quelli delle torte di Nonna Papera!) per permettere al vapore di fuoruscire durante la cottura e si inforna a 180 gradi per 45 minuti circa.

Come sempre 45 minuti “circa”, perché ognuno conosce le caratteristiche del proprio forno e se ne deve assumere la responsabilità.
Il risultato comunque deve essere una torta dalla superficie dorata come quella della foto.
Ovviamente si possono apportare mille modifiche a questo ripieno, ma vi suggerirei, se ne avete voglia, di provarla così: è una torta collaudata, piena di sapore e di ricordi. Questi sono solo i miei, ma potete sempre cominciare a crearvene di nuovi, tutti vostri, magari proprio con questo dolce semplice e stagionale.

I savoiardi: un’invenzione generosa

Eh sì, se nel tardo Medioevo (verso il 1350) il re di Francia (che non so bene chi fosse perché si era nel periodo che portò alla Guerra dei Cent’Anni, di grande confusione politica e dinastica) non avesse fatto visita ai Duchi Sabaudi, il mastro pasticcere di corte non si sarebbe sforzato di creare un dolce nuovo da offrire al sovrano.
L’eclettico, spumoso, versatile e antiquato biscotto savoiardo prende il nome appunto dalla Savoia, la Regione che ne vide la nascita. Mi pare una storia di tutto rispetto.
In uno dei Corsi di Cucina a cui ho partecipato molti anni fa, ho anche imparato a farli, ma questo atout lo riservo alla preparazione dei dolcetti per i miei famosi thè delle cinque. Se invece voglio fare una tiramisù, una zuppa inglese o una charlotte uso quelli in commercio, però quelli buoni che sono prodotti qui nel Veronese.
Coi savoiardi preparo ogni tanto anche un dolce che adoro perché mi ricorda le fantastiche ricette di mia nonna. Di lei parlo anche nel mio libro, con nostalgia e affetto.
Il dolce è una specie di scrigno.

Savoiardi

Occorrono dei savoiardi imbevuti di Alchermes che si sistemano sulla pareti e sul fondo di uno stampo da charlotte, l’interno si riempie semplicemente con un composto a base di budino al cioccolato arricchito di amaretti pestati, Marsala e qualche cucchiaiata di confettura di albicocche.

Mia nonna lo preparava senza dosi fisse, l’unica costante era il 1/2 litro di latte per il budino, poi la quantità di amaretti, vino e di marmellata era sempre calcolata a occhio, ma non sbagliava mai il bilanciamento dei diversi sapori.
Beata lei, se io non avessi la bilancia elettronica…