Bigoli in salsa di acciughe

I bigoli sono una pasta lunga all’uovo tipica del Veneto.
Mia nonna Emma li faceva a mano, ma dato che non possedeva il tradizionale torchio, li otteneva facendo passare la pasta attraverso i fori del tritacarne al quale toglieva le lame. Il risultato erano degli spaghettoni sodi e ruvidi perfetti per trattenere il condimento.
Il sugo con cui li condiva era quello con le sarde d’acqua dolce sotto sale: un pesce economico e facilmente reperibile dato che viveva a Garda, sulla sponda Veronese dell’omonimo Lago.
A me non piacevano mica tanto, quando ero bambina. Li ho rivalutati da adulta, con una salsa di acciughe anziché di sarde, che li rende veramente una grande ricetta della tradizione Veneta.

20140525-000837.jpgNaturalmente i bigoli li acquisto pronti, quelli trafilati al torchio “bigolaro”, incartati a mano con un’elegante carta blu di vecchia fattura, che trovo in quelle botteghe di nicchia, piuttosto esclusive che mi sono tanto care.
Una volta o l’altra ne parliamo più a fondo, ma oggi parliamo della salsa di acciughe con cui condire i tradizionali bigoli al torchio.

Si affettano sottili sottili 2 belle cipolle bianche e si fanno appassire, senza che coloriscano, con 1/2 bicchiere di olio, 2 spicchi d’aglio interi e 1 foglia di alloro.
Nel frattempo si dissalano con cura sotto l’acqua corrente 8 acciughe, si privano della lisca e si tagliuzzano a pezzettini.
Si aggiungono alle cipolle e si fanno sciogliere completamente mescolandole con il mestolo di legno.
Si insaporiscono con una bella macinata di pepe e si eliminano gli spicchi d’aglio e la foglia di alloro.
Si lessano al dente 400 gr di bigoli, si scolano e si buttano nel tegame dove è stata preparata la salsa alle acciughe, aggiungendo qualche cucchiaiata di acqua di cottura.
Si lasciano insaporire per un minuto a fuoco vivace, facendoli abilmente saltare (!) e si servono subito.

Come vedete sono una preparazione semplice, genuina ed economica, frutto della tradizione dell’arte culinaria della mia Regione.
I bigoli conditi con la salsa di acciughe venivano preparati per le ricorrenze in cui era richiesto mangiare “di magro” come la Vigilia di Natale, il Mercoledì delle Ceneri e il Venerdì Santo.
Molto diffusa nel Veneto è anche la ricetta dei “bigoli co’ l’anara”, da consumarsi invece in tutti gli altri periodi dell’anno.
In casa di mia nonna Emma però con il sugo d’anatra si condivano le tagliatelle e non i bigoli. Storia e ricetta si trovano nel capitolo “Pelle d’oca e zampe di gallina” del mio libro: la storia è divertente e la ricetta accurata.

Il baccalà

La patria Veneta del baccalà è senza discussioni Vicenza.
In città e in provincia ci sono un’infinità di trattorie, osterie, gastronomie da asporto e rinomati ristoranti che propongono la loro versione (tradizionale o mantecata) del baccalà.
Una volta l’ho mangiato perfino come ripieno dei fiori di zucca in un locale elegante del Centro Storico, una domenica che si andava al mercatino dell’Antiquariato di Vicenza, nei dintorni di Piazza dei Signori.
Essendo limitrofi e avendo grosso modo le stesse caratteristiche di città senza affaccio al mare, che nei secoli passati potevano contare quindi maggiormente sui pesci conservati per poterli gustare, anche per noi Veronesi il baccalà è un piatto della cucina tradizionale del territorio.
È inutile insistere per farci riconoscere che il merluzzo, una volta pescato, se fatto essiccare assume la denominazione di stoccafisso, oppure di baccalà se salato e conservato in barile.
Per noi la differenza è ininfluente: è comunque e sempre “el bacalà”!
Il perfetto “bacalà” Veronese dunque, si fa con lo stoccafisso di qualità Ragno, che si può acquistare (già perfettamente ammollato) in quelle poche, stupende rivendite di generi alimentari di vecchia tradizione che ancora resistono in centro storico, quelle dove trovi anche le acciughe sotto sale nelle scatole tonde di latta, le olive in salamoia nei barili e le soppresse appese.

In uno di questi negozi quindi si acquistano quindi 8-900 gr di stoccafisso ammollato e 2 grosse acciughe sotto sale. Si passa dal fruttivendolo e si prendono 250 gr di cipolle bianche e 1 bel ciuffo di prezzemolo. Latte, Parmigiano, farina, olio, sale e pepe in casa ci sono di sicuro e allora facciamo il “bacalà” senza stare tanto a pensarci su.
Questo è il risultato. Naturalmente la polenta “brustolà” non può mancare.

20140121-150042.jpgSi dissalano e si diliscano le acciughe, si tagliano a pezzettini e si fanno sciogliere in un tegame con 4 cucchiai di olio, si aggiungono le cipolle tritate e si fanno appassire dolcemente. Fuori dal fuoco si unisce il prezzemolo tritato.
Nel frattempo si eliminano la pelle e le lische e si tagliano a pezzi i tranci di stoccafisso, si infarinano e si dispongono in un unico strato un un tegame sul cui fondo sono state distribuite alcune cucchiaiate di soffritto.
Si insaporisce con pepe bianco e poco sale e si copre con il resto del soffritto.
Si aggiunge 1/2 litro di latte, un generosissimo giro d’olio e si cosparge con 50 gr di Parmigiano grattugiato.
La cottura, all’inizio a tegame coperto, deve durare un’eternità, vale a dire almeno 3 ore e 1/2 o anche 4, a fuoco dolce, senza mai mescolare, scuotendo semplicemente il tegame perché non si attacchi.

Probabilmente questa è la medesima ricetta del Baccalà alla Vicentina, ma a noi piace pensare che sia la nostra.
Si può anche cuocere in forno, ma io preferisco farlo sul fornello, in un tegame dal fondo pesante: controllo meglio la cottura.
Immancabile sulla tavola una ciotola di radicchio rosso affettato e condito con olio, sale, pepe, aceto balsamico e una generosa cucchiaiata di Parmigiano, Parmigiano con cui volendo si cosparge anche la propria porzione si baccalà.
A Vicenza non lo so, da noi si mangia così.