C’era una volta la polenta col pesce fritto

Alla formidabile signora Filomena ho già accennato sia il 22 gennaio (Saltimbocca di sardine), che il 28 febbraio (Riso co’ l’ua: un insolito risotto con l’uva) dell’anno scorso.
Era la matriarca della famiglia e il vero boss dell’attività che la famiglia stessa svolgeva nei mesi estivi, quando la sua grande casa si trasformava in pensione e accoglieva i villeggianti.
Ufficialmente le era affidato il compito di cucinare, ma in realtà sovrintendeva a tutte le mansioni che i familiari e lo scarso personale svolgevano.
È stato in quel casale tra i vigneti, a forse meno di 200 metri dal mare, che mi sono vista offrire per la prima volta il pesce fritto accompagnato dalla polenta “brustolà”.
Anche a casa nostra si faceva la polenta ma la mia mamma la serviva, morbida, con lo spezzatino, il baccalà, il fegato alla veneziana, perché adatta ad assorbire il sugo abbondante, caratteristico di questi piatti.
Quella che avanzava, il giorno dopo si affettava e si abbrustoliva sulla griglia o in forno ed era completata da gorgonzola e soppressa, per esempio, insieme al radicchio da campo ripassato in padella con aglio e pancetta. Era straordinaria anche con le aringhe affumicate, grande piatto della nostra tradizione Veronese.
Ma con il pesce fritto non l’avevo proprio mai vista in tavola.
In realtà se ci si pensa, soprattutto nel dopoguerra la polenta e il pesce erano gli ingredienti poveri più facilmente reperibili nelle nostre zone.
Se noi Veneti siamo infatti definiti “polentoni” c’è un perché. Inoltre è dal mare che la gente dei paesi del litorale Adriatico attingevano la maggior parte delle loro risorse, quindi l’abbinamento è presto fatto. La scelta di friggere il pesce poi deriva probabilmente dal fatto che è il modo più sbrigativo ed economico di cucinare.
Ecco come dunque anche oggi in certi ristoranti a Venezia, il fritto misto è accompagnato da una fettina di polenta, spesso bianca, tipicamente veneziana.
La signora Filomena friggeva soprattutto i pesciolini di paranza, ma io sono più selettiva adesso: quella volta all’anno che faccio il pesce fritto con la polenta, mi limito ai calamari tagliati ad anelli che mi sembrano perfetti per la polenta abbrustolita.

20150126-014006.jpgPer rispettare la tradizione il pesce scelto per la frittura va semplicemente infarinato quando è ancora umido, dopo averlo sciacquato, e poi va fritto velocemente in olio d’oliva profondo.
Una volta scolato, va salato e servito con una o due fette di classica polenta fatta raffreddare, affettata e abbrustolita sulla griglia.
Accanto ci vuole l’immancabile ciotola di insalatina condita con la citronette.

La ricetta di oggi è solo una curiosità, un revival che ho voluto condividere. Non occorre che la proviate, ma se lo fate ricordatevi che potete usare qualunque tipo di piccoli pesci o di tranci adatti alla frittura e che contrariamente al solito una spruzzatina di limone qui ci starebbe proprio bene.

Il baccalà

La patria Veneta del baccalà è senza discussioni Vicenza.
In città e in provincia ci sono un’infinità di trattorie, osterie, gastronomie da asporto e rinomati ristoranti che propongono la loro versione (tradizionale o mantecata) del baccalà.
Una volta l’ho mangiato perfino come ripieno dei fiori di zucca in un locale elegante del Centro Storico, una domenica che si andava al mercatino dell’Antiquariato di Vicenza, nei dintorni di Piazza dei Signori.
Essendo limitrofi e avendo grosso modo le stesse caratteristiche di città senza affaccio al mare, che nei secoli passati potevano contare quindi maggiormente sui pesci conservati per poterli gustare, anche per noi Veronesi il baccalà è un piatto della cucina tradizionale del territorio.
È inutile insistere per farci riconoscere che il merluzzo, una volta pescato, se fatto essiccare assume la denominazione di stoccafisso, oppure di baccalà se salato e conservato in barile.
Per noi la differenza è ininfluente: è comunque e sempre “el bacalà”!
Il perfetto “bacalà” Veronese dunque, si fa con lo stoccafisso di qualità Ragno, che si può acquistare (già perfettamente ammollato) in quelle poche, stupende rivendite di generi alimentari di vecchia tradizione che ancora resistono in centro storico, quelle dove trovi anche le acciughe sotto sale nelle scatole tonde di latta, le olive in salamoia nei barili e le soppresse appese.

In uno di questi negozi quindi si acquistano quindi 8-900 gr di stoccafisso ammollato e 2 grosse acciughe sotto sale. Si passa dal fruttivendolo e si prendono 250 gr di cipolle bianche e 1 bel ciuffo di prezzemolo. Latte, Parmigiano, farina, olio, sale e pepe in casa ci sono di sicuro e allora facciamo il “bacalà” senza stare tanto a pensarci su.
Questo è il risultato. Naturalmente la polenta “brustolà” non può mancare.

20140121-150042.jpgSi dissalano e si diliscano le acciughe, si tagliano a pezzettini e si fanno sciogliere in un tegame con 4 cucchiai di olio, si aggiungono le cipolle tritate e si fanno appassire dolcemente. Fuori dal fuoco si unisce il prezzemolo tritato.
Nel frattempo si eliminano la pelle e le lische e si tagliano a pezzi i tranci di stoccafisso, si infarinano e si dispongono in un unico strato un un tegame sul cui fondo sono state distribuite alcune cucchiaiate di soffritto.
Si insaporisce con pepe bianco e poco sale e si copre con il resto del soffritto.
Si aggiunge 1/2 litro di latte, un generosissimo giro d’olio e si cosparge con 50 gr di Parmigiano grattugiato.
La cottura, all’inizio a tegame coperto, deve durare un’eternità, vale a dire almeno 3 ore e 1/2 o anche 4, a fuoco dolce, senza mai mescolare, scuotendo semplicemente il tegame perché non si attacchi.

Probabilmente questa è la medesima ricetta del Baccalà alla Vicentina, ma a noi piace pensare che sia la nostra.
Si può anche cuocere in forno, ma io preferisco farlo sul fornello, in un tegame dal fondo pesante: controllo meglio la cottura.
Immancabile sulla tavola una ciotola di radicchio rosso affettato e condito con olio, sale, pepe, aceto balsamico e una generosa cucchiaiata di Parmigiano, Parmigiano con cui volendo si cosparge anche la propria porzione si baccalà.
A Vicenza non lo so, da noi si mangia così.